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Mentalità statica Vs. Mentalità dinamica

20 Dicembre 2020 by Redazione

mentalità statica dinamica

"La vita è per il 10% ciò che ti accade e per il 90% come reagisci."

Voglio iniziare questo articolo con due domande.

Non esiste risposta giusta o sbagliata, ma quello che credi o non credi.

Campioni si nasce o si diventa?

E' più importante il talento o l'impegno?

Hai risposto? Benissimo, voglio fare qualche riflessione a riguardo.

Mentalità statica e mentalità dinamica

Recentemente ho letto il libro "Mindset. Cambiare forma mentis per raggiungere il successo", scritto dalla docente di psicologia della Stanford University, Carol Dweck, che ha scoperto che una delle nostre convinzioni più radicate riguarda il modo in cui vediamo le abilità e come questa nostra convinzione può avere influenza positiva oppure negativa sul nostro successo.

Come risultato dei suoi studi, la Dweck avrebbe individutao due tipologie di mentalità ricorrenti nelle persone:

  • La mentalità statica (“fixed mindset”)
  • La mentalità dinamica (“growth mindset”).

Cosa significherebbe avere una mentalità statica o dinamica, ma soprattutto perché può essere importante esserne a conoscenza se siamo degli allenatori oppure atleti?

La tua mentalità è statica quando...

Per la Dweck se hai una mentalità statica significa che sei convinto che abilità come intelligenza, creatività, forza di volontà, talento sportivo, e tutte le varie abilità importanti per il successo dipendano dal "fato", dalla fortuna o dal patrimonio genetico.

In parole povere credi che al momento della nascita ti ritrovi tali qualità oppure no e sei convinto che queste rimarranno invariate per tutta la vita.

Se hai una mentalità statica penserai “il talento è tutto” e considererai il successo come conseguenza delle abilità ereditate dai tuoi genitori.

Allo stesso modo se  hai una “fixed mindset” avrai paura degli errori e dei fallimento, in quanto consideri la sconfitta la prova di uno scarso talento.

La tua mentalità è statica quando...

Se hai una mentalità dinamica, invece, sarai convinto che le abilità non sono innate e che una costante pratica è l’unica strada per far fuoriuscire il nostro potenziale.

Insomma, se hai una mentalità dinamica credi nel “nel duro lavoro” e consideri il successo come la conseguenza dell'impegno, e non della grazia divina.

Un “growth mindset” vede in modo diverso i fallimenti e li sfrutta come feedback per comprendere cosa può fare meglio (e quindi imparare da essi), come aggiustare il tiro per provare nuove strategie e per trovare maggiore volontà nel raggiungere un determinato risultato.

Ma come si forma la nostra mentalità?

La nostra mentalità e le nostre convinzioni si instaurano nei primi anni di vita e sono influenzate da tutte quelle che sono le nostre figure di riferimento: genitori, insegnanti, educatori sportivi e tutte quelle persone alle quali è demandata la nostra educazione nella primissima infanzia.

Ogni bambino, infatti, quando viene al mondo ha una naturale predisposizione verso la “growth mindset”.

I neonati sono come delle “spugne” e ogni nuovo giorno è per loro una nuova possibilità per crescere ed apprendere.

I genitori, parenti, insegnanti ed allenatori (se fanno sport) che hanno una mentalità dinamica stimoleranno ulteriormente questa naturale predisposizione.

Al contrario, le figure con una mentalità statica spesso giudicando i bambini, dicendo loro "sei bravo a fare questo", "non sei bravo a fare quello" "sei proprio un talento a correre", "sei proprio negato per la matematica" porteranno a far credere ai piccoli di essere così e di non poter far nulla se non comportarsi "come se" realmente fossero come indicato dagli adulti.

Diverso modo di comportarsi da parte di chi ha mantalità dinamica oppure statica. Tratto e adattato da Mindset. Cambiare forma mentis per raggiungere il successo di Carol S. Dweck

Se hai una mentalità statica devi accettarla o puoi modificarla?

La Prof.ssa Dweck ha dimostrato che ognuno di noi può sviluppare una mentalità dinamica.

Anche da adulti è possibile tornare a credere di poter migliorare praticando qualcosa, ma questo riporta tante questioni sulla nostra responsabilità: è colpa nostra se non otteniamo qualcosa, non di un destino infame o addirittura delle altre persone che ci odiano.

Per modificare la propria mentalità da statica a dinamica per prima cosa dobbiamo diventare consapevoli dell'esistenza di queste due tipologie di atteggiamento mentale e del fatto che tutti noi abbiamo un sempre un mix delle due componenti, non siamo completamente statici o completamente dinamici.

Ognuno di noi ha sia tratti dinamici sia tratti statici, qualcuno più sbilanciato da un lato della bilancia e qualcuno dall'altro.

Ti è mai capitato di dedicarti con tutto te stesso in un progetto e portarlo a termine alla grande? Molto probabilmente, prova a ripensarci, in quel momento eri in modalità dinamica.

Ti è mai capitato invece di iniziare a imparare una nuova abilità, sport, etc e nel momento che ti sei sentito in difficoltà hai iniziato a pensare: "per questo non sono proprio portato" e hai smesso quasi immediatamente dandoti quell'etichetta?  Hai già compreso che molto probabilmente in questo secondo caso il tuo atteggiamento mentale era statico. Ma cosa sarebbe successo invece se ti fossi impegnato come nel primo caso?

Esempi di mentalità statica nella vita reale.

Mentalità statica e studio

Nel libro “Mindset” c'è un passaggio nel quale viene posta una domanda simile a quella che ti ho fatto all'inizio di questo articolo.

"Intelligenti si nasce o si diventa?"

Questa è la risposta che una persona ha dato a questa domanda:

“Penso che l’intelligenza sia qualcosa per cui bisogna lavorare, non qualcosa che ti viene semplicemente dato. Molti bambini, se non sono sicuri della risposta, non alzano la mano. Io invece la alzo quasi sempre, perché anche se la mia risposta è sbagliata, la maestra mi dirà come correggerla. Spesso poi alzo la mano per chiedere come sia possibile risolvere un problema o farmi spiegare un passaggio che non ho capito bene. Facendo così, la mia intelligenza aumenta.”

La cosa sorprendete è che queste parole non sono state scritte dall'autrice o da un altro suo collega, ma è la risposta di una bambina di 7 anni.

Questa bambina a 7 anni aveva capito che nessuno di noi è “nato imparato” e che per eccellere nello studio non bisogna aver paura di sbagliare o di chiedere aiuto.

Dall'altra parte ci saranno ovviamente bambini, ma anche adulti convinti che per una data materia, per lo studio e per la scuola "o ci sei portato o non ha senso impegnarsi"

Come detto dalla bambina sopra "Intelligenti si diventa, giorno dopo giorno."

Faccio l'esempio con la matematica, visto che spesso già da piccoli veniamo etichettati come portati oppure no.

Con la mentalità statica se nella matematica credi di non essere portato probabilmente non ci proverai affatto, non ti impegnerai e resterai sempre "negato" per i calcoli. In questo modo avrai anche una buona scusa quando qualcuno ti chiederà qualcosa a riguardo: "Guarda, sono proprio negato per la matematica"  in modo da togliere da te stesso la responsabilità di come sei.

Al contrario se invece tu provassi ad avere un approccio dinamico alla matematica, visto che ti senti indietro rispetto ai tuoi compagni, ti impegneresti di più e cercheresti di lavorare sulle tue lacune, dedicandole più tempo, esercitandoti, andandoca ripetizioni, trovando strategie per migliorare. In poche parole decidendo di impararla!

Di base non esistono materie per cui siamo portati o meno, ma solo materie su cui dobbiamo impegnarci.

Un esercizio difficile, un problema a cui non si sa dare risposta, un esame sbagliato, non sono vanno considerati la conferma di una nostra presunta inferiorità di intelligenza, ma un’opportunità per “aumentare la nostra intelligenza”.

Mindset statico nello sport

Durante il periodo del Lockdown di marzo anche io ho avuto modo di vedere il documentario di Netflix che racconta la storia del campione di pallacanestro Michael Jordan.

Jordan è stato l'esempio lampante di giocatore con una mentalità dinamica straordinaria.

Sicuramente Jordan era dotato di talento, struttura fisica, altrimenti probabilmente non sarebbe entrato in NBA, ma la sua mentalità è quella che lo ha reso la star dell'NBA che è stato.

Quando Jordan sbagliava un tiro decisivo durante una partita non trovava scuse come molti altri sportivi, ma tornava sul campo da Basket e riprovava quello stesso tiro più e più volte.

Sua la frase "Nella mia vita ho sbagliato più di novemila tiri, ho perso quasi trecento partite, ventisei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l’ho sbagliato. Ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto"

Quando si pratica uno sport, soprattutto a livello agonistico, avrai giornate perfette, altre meno perfette e altre disastrose: quelle in cui tutto sembra andare storto.

E' proprio nelle giornate no che lo sportivo con una mentalità statica inizia subito a cercare scuse: è colpa del meteo, è colpa del vento, è colpa della corsia in cui ho corso, etc...

Chi ha una mentalità dinamica invece si comporta in modo saggio: torna ad allenarsi, lavora e smussa i propri punti di debolezza, cerca di esaltare i suoi punti di forza. Fa pratica, pratica e ancora pratica.

Ma allora tu cosa farai la prossima volta che sbaglierai un esercizio? Ritenterai fino ad impararlo o mollerai al primo tentativo?

Come ti comporterai la prossima volta che una gara andrà peggio delle aspettative? Ti lamenterai della corsia o tornerai ad impegnarti per migliorare te stesso?

Pensi di avere un punto debole? Che ne so, sei un ostacolista e credi di essere nato con scarsa mobilità? Ti impegnerai ogni giorno per migliorarla o accetterai come sei fatto limitando così le performance?

Un altro esempio nello sport è Cristiano Ronaldo.

Premetto che non sono un amante del calcio e nemmeno esperto e le mie ultime informazioni riguardo alle formazioni delle squadre di calcio riguardano il periodo di Roberto Baggio.

Ma Ronaldo è sicuramente un esempio di giocatore con la mentalità dinamica. Nel tempo ha sempre cercato di limare i propri difetti, di migliorarsi sia dal punto di vista fisico che tecnico, anche in ambiti spesso trascurati nel calcio.

Nel video sotto lo vediamo con Francis Obikwelu che si fa insegnare una partenza dai blocchi, e da quanto si può vedere non sembra nemmeno così male tecnicamente.

Allenatori, insegnanti ed educatori: come fare ad avere un atteggiamento dinamico ?

Allenatori, insegnanti ed educatori dovrebbero avere una mentalità dinamica e soprattutto cercare di insegnarla ai propri "allievi".

Si dice che l'esempio è il primo vero modo per insegnare qualcosa e quindi comportarsi in modo dinamico porta già di per se ad insegnare questa mentalità.

Perché è così importante insegnare ad essere dinamici?

Un passaggio del testo tratta di uno studio nel quale erano state poste a dei bambini dei complimenti, ad alcuni di loro in modo statico e ad altri in modo dinamico e, oltre al fatto che le performance dei bambini trattati da dinamici erano migliorate del 30% e quelle dei bambini statici peggiorate del 20% (una differenza del 50%) la cosa più allarmante è che "i bambini che ricevettero i complimenti statici iniziarono a considerare le imperfezioni qualcosa di cui vergognarsi al punto di dire le bugie".

Ciò che è sconcertante, afferma la Dweck, è che abbiamo preso bambini normali e li abbiamo trasformati in bugiardi.

Inoltre i bambini statici tendono a non correre rischi, a scegliere le strade semplici, non cercano le sfide e tentano di dimostrare costantemente quanto sono talentuosi, bravi ed intelligenti.

Quali sono i meccanismi che portano ad instillare una mentalità statica o dinamica?

Dipende tutto da come si lodano o si sgridano i giovani.

Complimenti di tipo statico fanno breccia sul talento:

  • "Ottimo risultato, sei davvero un bambino intelligente"
  • "Bravissimo, sei proprio portato per questo sport"
  • "Grande, ti è venuto naturale. Hai un talento per questa attività"
  • "Sei speciale"
  • "Hai sbagliato, sei proprio negato per la matematica"
  • "Quanti errori, sei proprio stupido"
  • "Non sei portato per quello sport. Perché non ne provi un altro?

Complimenti di tipo dinamico esaltano il processo, l'impegno e la determinazione:

  • "Ottimo risultato, si vede che ti sei impegnato molto"
  • "Bravissimo, se ti impegnerai potrai diventare ancora più bravo in questo sport"
  • "Hai fatto un ottimo lavoro"
  • "Grande, ti sei impegnato e hai ottenuto un ottimo risultato"
  • "Hai sbagliato, rivedi quello che hai fatto e cerca di imparare dai tuoi errori"
  • "Per te questa materia è difficile, ma impegnandoti e lavorando sodo con costanza potrai diventare sempre più abile"
  • "Ti piace questo sport? Impegnati e nel tempo diventerai sempre più bravo!"

John Wooden, la mentalità statica nell'allenamento

Chiudo il discorso sulla mentalità statica parlandovi ancora di un piccolo passaggio del libro, quello in cui si parla di John Wooden, allenatore che ha prodotto uno dei maggiori record nel Basket NCAA con la squadra dell'UCLA, con alcune stagioni memorabili e imbattute (una con 88 vittorie di fila).

Tutto questo per gli appassionati del Basket forse è risaputo.

Quello che non si conosce, come spesso accade, è la storia del suo successo: Wooden non voleva andare a lavorare all'UCLA ma per una serie di "sfortunate" situazioni (di linea telefonica) le comunicazioni con il Minnesota dove intendeva avere il posto non avvenirono e per non restare senza lavoro accettò la proposta peggiore.

L'Ucla aveva impianti fatiscenti, senza campo da gioco e i giocatori erano decisamente "scarsi".

Dopo il primo allenamento John si sentì distrutto, pensando di trovare un modo onorevole per ritirarsi. La stampa pronosticava per l'UCLA l'ultimo posto.

Cosa successe poi?

Wooden si rimboccò le maniche e la squadra a fine anno vinse la divisione e l'anno successivo andarono alle eliminatorie NCAA.

Cosa aveva fatto Wooden?

Aveva modificato il loro Mindset, concentrandosi sul processo, sulle competenze di base, impostando dei vincoli e togliendo focus dal risultato fine a se stesso.

Questa la sua regola:

"Ti devi applicare ogni giorno per diventare un poco migliore. Applicandoti per migliorare un po' ogni santo giorno per un certo lasso di tempo, diventerai molto migliore."

Non pretendeva mancanza di errori, nessuna sconfitta.

Era però intransigente nella preparazione e nell'impegno che dovevano essere totali.

Ho perso? Ho vinto? Due domande sbagliate, la domanda giusta per John era "Ho fatto del mio meglio?" In tal caso puoi essere stato superato ai punti man non perderai mai.

Wooden non tollerava scarso impegno e scarso atteggiamento mentale.

Equità di trattamento

Il coach dell'UCLA trattava tutti i giocatori allo stesso modo, indipendentemente dalle loro abilità iniziali. Ci tengo a precisare che questo non significa che quelli meno bravi venivano trattati bene, ma con un gap di preparazione dovevano sgobbare per raggiungere gli altri. Niente scuse, zero morbidezze. Stesso trattamento per tutti. Questo non significava far giocare tutti in egual misura anche se non pronto, ma dava lo stesso trattamento in allenamento a tutti, anche ai meno pronti.

La cosa interessante è che Wooden non si reputava un super allenatore, ma un allenatore nella media dal punto di vista tattico e strategico, ma sapeva far esprimere potenziale ai giocatori sia in campo che nella vita.

E noi come possiamo, in atletica, far si che gli atleti sviluppino un atteggiamento dinamico?

Conclusioni. Il talento non serve proprio a nulla?

Voglio chiudere questo articolo facendo un passo indietro.

Nella vita non è tutto bianco o nero, ci sono varie sfumature e sarei poco saggio ad affermare che con perseveranza ed impegno tutti possono diventare Campioni Olimpici.

Di base nasciamo tutti con una dote genetica che non può essere cambiata, il cosiddetto talento.

Un ragazzo che da cadetto corre in 10" gli 80 metri  probabilmente non potrà mai pensare di strappare il record del mondo nei 100 piani a Usain Bolt,  ( e in ogni caso non sarebbe quello il momento per pensare al record del mondo) ma potrà, dedicandosi con impegno e costanza migliorarsi, diventando ogni giorno migliore e imparando che nella vita se in una cosa si vuole migliorare lo si può fare con l'impegno e l'atteggiamento giusto.

Allo stesso modo un talento, in qualsiasi ramo della vita non può diventare un campione se non si rimbocca le maniche e non lavora sodo in modo costante, anche quando le cose non vanno come vorrebbe.

Per diventare un premio Nobel in fisica probabilmente servono alcune doti, ma per prendere una Laurea in ingegneria ( che comunque non è sicuramente una cosa da poco!) forse l'impegno e la tenacia possono bastare.

Sono molte le storie di persone che nella storia hanno fatto la differenza pur partendo svantaggiate e ritenute poco capaci.

Avevano una mentalità dinamica o comunque la applicavano nell'ambito del loro o dei loro interessi.

E sono molte di più le storie di persone talentuose che non sono riuscite a diventare Campioni!

"Io non ho fallito 2000 volte nel fare una lampadina. Semplicemente ho trovato 1999 modi su come non va fatta una lampadina" Thomas Edison

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Filed Under: News, Psicologia Tagged With: mentalità dinamica, mentalità statica

Come allenare la forza nel calcio?

17 Dicembre 2020 by Redazione

allenare la forza nel calcio preparazione atletica

Foto di Ratna Fitry da Pixabay

Allenare la forza nel calcio

L’allenamento della forza nel calcio è stato, è, e sarà un tema molto dibattuto in cui ogni preparatore (e purtroppo anche ogni allenatore) ha la possibilità di dire la sua, scegliendo giustamente mezzi e metodi propri.

Il problema nasce quando tali scelte non sono frutto di studio, riflessione delle evidenze pratiche o scientifiche, ma di credenze popolari e retaggi culturali sull’uso di determinati mezzi.

Proprio per questo, riporto un passo tratto un libro del prof Carmelo Bosco in cui dice:

“L’essenza dell’allenamento sportivo consiste nel suo essere finalizzato a stimolare le modificazioni dell’organismo con l’ausilio di esercizi appropriati”

(Bosco . La forza muscolare 1997).

Dunque, per perturbare l’organismo dei nostri atleti, inducendo adattamenti che possano migliorare le prestazioni, deve essere applicato un carico coerente con ciò che vogliamo allenare e che rispetti i criteri di intensità, durata, volume e recupero.

Quando l'allenamento della forza nel calcio è una perdita di tempo?

Nel calcio, il lavoro con sovraccarichi viene frequentemente relegato ad una mera abitudine da dover svolgere perché la programmazione lo richiede.

Troppo spesso però, tale allenamento viene svolto con carichi e volumi che non sono per nulla allenanti e pertanto potrebbe anche non essere svolto.

La diatriba più grande che si ripropone costantemente in questo sport, circa l’utilizzo dei sovraccarichi, ricade sull’intensità (da intendere come sovraccarico) da utilizzare:

  • chi propone esercitazioni con bassi sovraccarichi che per alcuni atleti di alta qualificazione non sono per nulla allenanti;
  • chi prova a mettere in crisi l’omeostasi dei nostri atleti utilizzando sovraccarichi che inducono adattamenti utili alla prestazione.

Attenzione all'allenamento "funzionale"!

Negli ultimi anni c’è stato un crescente incremento dell’utilizzo del termine “funzionale” che ha nettamente confuso le idee, creando una corsa all’utilizzo di attrezzature sempre più strane e destabilizzanti nella ricerca di una funzionalità che funzionale non è.

Probabilmente la peggiore frase che ha portato in dote l’allenamento funzionale è stata:

“allenare i movimenti, non i singoli muscoli”

Tale pensiero, che ritengo giustissimo e che applico da anni, è stato travisato da molti addetti ai lavori, i quali hanno spostato l’attenzione esclusivamente sul movimento, dimenticando il carico e trasformando, di conseguenza, la frase in “allenare i movimenti a basso carico, non i singoli gruppi muscolari”.

Questa ricerca di funzionalità ha portato all’uso spropositato di bosu e similari, inseriti nei lavori di forza, dimenticando che tutto ciò che viene svolto in destabilizzazione dovrebbe essere inserito classificato come allenamento propriocettivo perché, come dimostrano molti lavori scientifici, in una condizione instabile, si riducono picchi di forza, potenza e velocità.

Inoltre, l’esagerato utilizzo degli elastici e delle macchine con volano, seppur vantaggiose per l’allenamento eccentrico (che può essere sempre svolto anche senza tali macchine), non possono e non dovrebbero essere l’unico mezzo da utilizzare.

Nel termine “funzionale” e nel box comprendente gli esercizi utili a tale scopo, non sono state incluse solo queste categorie di mezzi di allenamento.

Molti esercizi potrebbero essere validi se venissero proposti con l’utilizzo di sovraccarichi, in grado di mettere sotto tensione i muscoli coinvolti e richiedendo al sistema nervoso centrale di “lavorare ad alti giri”.

Se il principio di utilizzare esercizi multi articolari, con ampi rom e velocità esecutive controllate, può essere vincente in una fase di apprendimento motorio, di adattamento muscolare e di lavoro finalizzato alla coordinazione intermuscolare, sicuramente non sarà altrettanto vincente quando i si passerà ad un lavoro orientato alla forza massima o esplosiva, come è risaputo, le richieste sono nettamente diverse.

La forza massima, quale è l'utilità nel calcio?

Molti sport richiedono la capacità di produrre quantità elevate di forza in periodi di tempo breve.

La capacità di esprimere tassi elevati di sviluppo della forza è spesso correlata a livelli generali della forza di un atleta e alla capacità di esprimere alta potenza (Haff 2012).

Queste capacità sono considerate tra le caratteristiche più importanti della prestazione sportiva, soprattutto nelle attività che si correlano alla capacità di salto, ai cambi di direzione e/o allesecuzione di sprint (Haff 2012)

Riprendendo un passo del libro “Total Training” di Bompa del 2013, l’autore sostiene che potenza, agilità e rapidità sono tra le abilità più importanti per i giocatori degli sport di squadra.

Tali abilità non sono a sé stanti, ma strettamente connesse e dipendenti dalla forza massima dei calciatori.

La potenza è l’abilità di applicare FORZA nel più breve tempo possibile e, per raggiungere alti livelli di velocità di contrazione (e potenza), è necessario un allenamento NEUROMUSCOLARE che implichi elevati livelli di adattamento neurale.

Questa definizione, corretta e da me condivisa pienamente, è in contrasto con la credenza popolare che vede come unico obiettivo del lavoro con sovraccarichi quello ipertrofico.

Semplificando il concetto ,spesso ci si chiede se sia possibile svolgere un lavoro di forza massima nel calcio.

Dal mio punto di vista la risposta è affermativa perché, nonostante il poco tempo a disposizione, delle pillole di forza massima ben incastrate nella programmazione, se affiancate ad esercitazioni di più alto dinamismo, possono essere la chiave di sviluppo della forza esplosiva e di un maggior atletismo dei nostri calciatori.

L'importanza della forza massima relativa nello sviluppo della potenza

La bibliografia internazionale è sempre stata molto attenta a studiare le correlazioni tra livelli di FORZA (massima e relativa) e di POTENZA con prestazioni su alcune azioni sport-specifiche (salti , sprint e cambi di direzione); ora sappiamo che coloro che hanno più forza, o che riescono ad esprimerla più velocemente, sono anche più prestativi in tali azioni motorie.

Oltre alle correlazioni, sono tanti gli studi in cui determinati protocolli di allenamento con sovraccarichi hanno fatto registrare miglioramenti su sprint di varie distanze (tra 5m e 30m), salti e cambi di direzione, sia in adulti che in giovani atleti.

I protocolli di lavoro utilizzati, pur essendo molteplici, hanno tutti in comune l’uso del bilanciere con i suoi esercizi fondamentali (squat, jump squat con sovraccarico, stacco , hip thrust e stacco rumeno).

Riempiamo il "cassetto vuoto"!

E’ risaputo che per migliorare la forza massima sono necessari lunghi cicli di lavoro e alti volumi, ma, relativamente alla forza, mi piace paragonare e definire il calciatore come “UN CASSETTO VUOTO” (sia per competenze motorie, che per parametri di forza assoluti e relativi).

Di conseguenza, anche piccole dosi spalmate su brevi, medi e lunghi periodi potranno portare dei miglioramenti, che avranno ricadute positive a cascata su tutte le atre espressioni di forza e sulla prevenzione degli infortuni.

Ciò perché tanto più è bassa la qualificazione dei nostri atleti, tanto più uno stimolo generale con volumi e frequenze normali potrà apportare benefici e migliorare la capacità che stiamo allenando.

Allenare la forza nel calcio non è tutto...

Ovviamente, chi conosce il calcio sa bene quanto la forza assoluta non sia l’aspetto più importante da raggiungere e da allenare, ma le ricerche scientifiche indicano una strada segnata che mostra come un lavoro orientato su tale espressione di forza, possa essere funzionale al miglioramento di alcune azioni motorie grazie alla capacità di aumentare la forza relativa, parametro chiave per eccellere in tutte le azioni di alta esplosività e velocità.

Come sottolineato nel testo di Buzzichelli e Bompa del 2017, l’utilità del miglioramento della forza massima si fonda sui miglioramenti della forza relativa.

Proprio quello della prestazione è un punto importante del discorso: i sovraccarichi per il calciatore non sono il fine, come per atri sport, ma un mezzo per accrescere le proprie potenzialità e provare ad avere un transfert sulle azioni motorie di gara.

Possiamo dunque riassumere dicendo che la forza è un presupposto per cercare di essere più efficienti e performanti nelle azioni specifiche dello sport praticato.

Allenare soltanto la forza massima?

Come abbiamo potuto intuire dalla definizione del testo di Bompa, oltre al livello di forza massima che il nostro atleta riesce a raggiungere, è importante anche la velocità con la quale essa viene espressa.

Entra in gioco, dunque, un parametro che ritengo di primaria importanza: il TASSO DI SVILUPPO DELLA FORZA (Rate of force development).

Il Rate of force developement

Proprio per questo, il Rate of force development (RFD), diviene l’obiettivo principale da perseguire e massimizzare nella nostra programmazione e prevede due step separati che devono essere, però, integrati tra loro, soprattutto nel periodo competitivo.

Se il primo step è sicuramente l’innalzamento dei parametri di FORZA MASSIMA, che permetterà di aumentare il numero di unità motorie coinvolte durante la contrazione (reclutamento), il secondo è quello del miglioramento della FORZA ESPLOSIVA, che determinerà adattamenti sulla capacità di reclutare tutte le fibre nello stesso tempo o con latenza minima (sincronizzazione).

Muovere tutti i carichi alla massima velocità

Ovviamente, i due obiettivi utilizzano parametri e metodi di lavoro differenti  ma sono accomunati dalla stessa richiesta di velocità di contrazione massimale, anche nei lavori di forza massima.

L’intenzione deve essere quella di imprimere la massima velocità anche con quei carichi che impongono velocità di contrazione basse.

Detto ciò, se da un lato ci ritroveremo a lavorare con un carico alto (80% di 1rm), dall’altro ne avremo uno più basso e, per enfatizzare la richiesta di velocità di contrazione, sarà possibile richiedere anche una fase balistica (pensando ad un squat jump con bilaciere o quadra bar).

La pesistica olimpica per allenare la forza esplosiva nel calcio

Oltre a tutti i classici esercizi balistici trattati in precedenza, un ruolo importante nello sviluppo del tasso di sviluppo della forza, può essere ricoperto dagli esercizi della pesistica olimpica che permettono lo sviluppo di alte velocità di contrazione, un lavoro globale sul tutto il corpo, grande stimolo coordinativo ed enfasi sulla tripla estensione .

Le difficoltà nel proporle non sono poche, in quanto dovrebbero essere movimenti impostati già nel settore giovanile, questo renderebbe più semplice il compito una volta arrivati in prima squadra saltando la fase apprendimento tecnico.

Oltre ai limiti tecnici dei calciatori, che con il tempo possono essere colmati, c’è il poco tempo a disposizione per poterci lavorare.

Nonostante questi ostacoli qualcosa si può fare, io personalmente mi affido alle varianti degli esercizi fondamentali (strappo e slancio) modificando angoli di partenza rendendolo più agevoli ai calciatori e ai parziali delle alzate complete ( in modo particolare jerk e split jerk).

Il vantaggio di inserire questi mezzi nel programma di allenamento, oltre ad avere effetti su esplosività e coordinazione intermuscolare, permette di allenare le frenate ad alta velocità sotto carico effettuando così anche un lavoro eccentrico ad alta velocità.

Analisi della prestazione nel calcio

In questo articolo non tratterò l’aspetto metabolico della prestazione del calciatore ma esclusivamente  le azioni motorie che necessitano di grande richiesta di forza in breve tempo per spostare o frenare il corpo del calciatore.

Analizzando in modo dettagliato la prestazione, risulta semplice arrivare alla conclusione che le espressioni di forza richieste sono tante, con tempi di espressione sempre brevi, interventi muscolari complessi, con più o meno richiesta di elasticità muscolare.

Le azioni motorie tipiche del calcio sono:

  • Sprint brevi e lunghi
  • Salti
  • Cambi di direzione e senso
  • Azioni tecniche svolte ad alta velocità.

Image by Keith Johnston from Pixabay

Ognuna di queste azioni potrebbe essere massimizzata grazie ad un allenamento svolto con o senza sovraccarichi, che riesca a coinvolgere tutte zone della curva forza/velocità e a convogliare al suo interno degli stimoli in grado di colpire tutti i vettori specifici di questo sport.

Sappiamo che un lavoro sulla forza massima può avere un transfert su sprint brevi e salti; anche un lavoro di forza esplosiva svolto con sovraccarichi (il lavoro può e dovrebbe prevedere in questo caso una fase balistica) o a carico naturale (per mezzo di esercitazioni di salti pliometrici e non), può svolgere lo stesso ruolo.

Sappiamo anche come, orientare l’allenamento verso la forza eccentrica, pliometrica e reattiva, possa migliorare ed essere da supporto a tutte le azioni che necessitano di forza eccentrica (cambi di direzione, senso e frenate) e/o elastica, come le fasi lanciate di uno sprint o un salto che preveda un caricamento.

L'allenamento isoinerziale

A proposito di forza eccentrica, ora è di gran MODA utilizzare le macchine a volano (isoinerziali) per stimolare questo tipo di contrazione.

Tali macchine, dall’indubbia efficacia, sono pur sempre della macchine (vincolate o semi vincolate) e, a mio parere, potrebbero essere tranquillamente sostitute da esercitazioni svolte con il bilanciere: oltre al miglioramento della forza eccentrica si otterrebbe contemporaneamente un miglioramento coordinativo, inteso come ampliamento delle capacità motorie e come capacità dei muscoli di “parlarsi” e trovare il giusto timing di attivazione per supportare il movimento, il muscolo target e per stabilizzare le articolazioni.

Ovviamente, tutto passa da una buona conoscenza dei mezzi e dei parametri del carico da utilizzare (carico e velocità di contrazione su tutto).

Dopo questa classificazione, che potrebbe sembrare semplicistica ma che ritengo molto utile per chi opera quotidianamente sul campo e dopo la divisione in BOX di appartenenza delle varie espressioni di forza con il relativo transfert che potrebbero avere, si potrebbe passare ad analizzare i mezzi che ritengo più utili, tenendo sempre a mente che i mezzi sono secondari alla progettazione dell’allenamento.

L'importanza degli esercizi multiarticolari

La mia scelta ricade sugli esercizi fondamentali multi-articolari che, come è noto, permettono di raggiungere adattamenti della parte neurale della forza e adattamenti prettamente muscolari grazie alla grande richiesta di coordinazione intermuscolare.

In questo caso, se i fondamentali saranno svolti in condizione bi-podalica, per via di una maggiore stabilità, utile ad imprimere più forza e velocità al carico, gli esercizi complementari, invece, che sono indubbiamente di supporto ai fondamentali, saranno svolti in condizione mono-podalica con carichi più bassi ed un numero di ripetizioni più alte.

Tali esercizi avranno la funzione di:

  • riequilibrare eventuali asimmetrie di forza tra i due arti
  • coinvolgere maggiormente il core per via della loro maggiore condizione destabilizzante
  • ampliare l’aspetto coordinativo e di complessità del movimento che, in una programmazione di uno sport di squadra, deve trovare il suo spazio insieme allo sviluppo di forza e potenza.

I mezzi per l'allenamento della forza nel calcio

I mezzi di allenamento dovrebbero essere noti a tutti.

Nel lavoro di forza massima annoveriamo:

1) esercizi bi-podalici fondamentali

  • Back e front squat
  • Deadlift con bilanciere o quadra bar
  • Romanian deadlift
  • Hip thrust

Lo stacco da terra classico. Nella foto Nazzareno Boldrini presso la palestra Arena di Travaglaito

2) Esercizi monopodalici complementari

  • Lunge
  • Reverse lunge
  • Walking lunge
  • Affondo bulgaro

Come possiamo notare, nella prima lista di esercizi sono presenti sia mezzi maggiormente orientati a stimolare i muscoli della catena anteriore sia altri maggiormente orientati per la catena posteriore.

Questo aspetto, che ritengo fondamentale nella strutturazione delle sedute, sarà trattato più avanti quando parlerò delle mie esperienze pratiche e delle sedute che propongo alle mie squadre.

I mezzi per l'allenamento della potenza nel calcio

Abbiamo visto in precedenza le scelte di mezzi nel periodo di forza massima.

Nel periodo orientato alla forza esplosiva, i mezzi non cambieranno ma cambieranno alcuni parametri del carico e la modalità esecutiva di alcuni mezzi.

Nello specifico, cambieranno questi parametri:

  • % di 1rm utilizzate
  • Tempo delle fasi eccentriche e concentriche
  • Angoli di lavoro
  • Introduzione di fasi balistiche

Nell’ultimo punto troveranno spazio esercizi di salto con e senza sovraccarichi e nello specifico:

  • squat jump e/o quadra bar con sovraccarico
  • salti pliometrici e non a carico naturale.

Come pianificare i lavori di forza massima e di potenza nel calcio?

In uno sport come il calcio, in cui la fase preparatoria è breve, non è semplice, e neanche opportuno, suddividere la fasi di forza massima con quelle di forza esplosiva, ma devono essere miscelate con cura nella seduta e nel microciclo.

La mia scelta nella fase preparatoria è stata quella di alternare una seduta con volumi più alti sulla forza massima ad una con volumi più alti alla forza esplosiva, tutto questo, dopo una fase di adattamento anatomico funzionale sia da un punto di vista muscolare che tecnico.

Riporto questo mix di obiettivi anche nei microcicli competitivi in cui, la seduta fondamentale, ad inizio settimana sarà costituita da un perfetto equilibrio tra forza massima ed esplosiva mentre la seconda, a ridosso della gara, sarà incentrata sulla forza esplosiva, cercando, però ,di limitare le contrazioni eccentriche ad alto impatto.

Come strutturare la seduta per allenare la forza nel il calcio?

Circa la seduta nello specifico, sia essa svolta in fase pre competitiva che competitiva, cerco di rispettare dei criteri per la strutturazione della stessa.

La scheda di lavoro dovrà contenere:

  • 1 esercizio bipodalico per la catena anteriore a carattere performance
  • 1 esercizio monopodalico per la catena anteriore a scopo compensativo e quindi un completare
  • 1 esercizio bipodalico selettevivo per i glutei (hip thrust) o 1 fondamentale per la catena posteriore ( stacco con bilanciere o quadra bar)
  • 1 esercizio anca dominante per gli hamstring che rispetti la sinergia glute/hamstring ( romanian deadlift, pull throuth, hyper extension, kettlebell swing)
  • 1 esercizio ginocchio dominante per gli hamstring (slider su slide board , assisted nordic hamstring o nordic hamstring)

La composizione della scheda, oltre ad una suddivisione tra catena anteriore e posteriore, cerca di avere equilibrio tra esercizi a vettore verticale ed altri a vettore orizzontale.

Alcuni esempi di sedute di allenamento della forza nel calcio

Le possibilità di scelta possono essere tante e di seguito due proposte di sedute:

Seduta di allenamento. Proposta N° 1

  1. BACK SQUAT 3X5 (75/80% 1RM o velocità tra 0,45 e 0,55 ms)
  2. AFFONDO BULGARO 3X8
  3. HIP THRUST 3X6
  4. CONCATENAZIONE NELLA CATENA ( SLIDER X 8 RIP + KETTELEBLL SWING X 6/8 RIP) . X 2/3 SERIE
NOTE SU QUESTA PROPOSTA:
  • PRESENTE UN ESERCIZO FONDAMENTALE CATENA ANTERIORE VERTICALE ( BACK SQUAT)
  • PRESENTE UN ESERCIZIO COMPLEMENTARE CATENA ANTERIORE VERTICALE ( AFFONDO BULGARO)
  • PRESENTE ESERCIZO SELETTIVO GLUTEI CON VETTORE ORIZZONTALE (HIP THRUST)
  • PRESENTI DUE ESERCIZI PER GLI HAMSTRING . SLIDER (ANCA DOMINANTE) E KETTLEBELL SWING (ANCA DOMINANTE, COORDINAZIONE GLUTEI /HAMSTRING, VETTORE ORIZZONTALE)

Una seduta di questo tipo può essere completata con un lavoro di salti pliometrici e non, per lavorare sulla componente veloce della forza e sul ciclo allungamento accorciamento

Seduta di allenamento. Proposta N° 2

  1. STACCO CON QUADRA BAR 3X5 (75/80% 1RM o velocità tra 0,45 e 0,55)
  2. BACK SQUAT 3X6( 50/60% 1RM O VELOCITA’ TRA 0,6 E 0,8)
  3. CONCATENAZIONE TRA CATENE . (AFFONDI X 10 + SLIDER X10) X 2/3 SERIE
  4. CONCATENAZIONE NELLA CATENA (HIP THRUST X 6 + KETTEBELL SWING X6 ) X 2/3 SERIE
NOTE SU QUESTA PROPOSTA:
  • PRESENTE UN ESERCIZO FONDAMENTALE CATENA ANTERIORE VERTICALE ( BACK SQUAT)
  • PRESENTE ESERCIZIO FONDAMENTALE CATENA POSTERIORE (STACCO)
  • PRESENTE UN ESERCIZIO COMPLEMENTARE CATENA ANTERIORE VERTICALE ( LUNGE)
  • PRESENTE ESERCIZO SELETTIVO GLUTEI CON VETTORE ORIZZONTALE ( HIP THRUST)
  • PRESENTI DUE ESERCIZI PER GLI HAMSTRING . SLIDER (ANCA DOMINANTE) E KETTLEBELL SWING (ANCA DOMINANTE, COORDINAZIONE GLUTEI /HAMSTRING, VETTORE ORIZZONTALE)
  • QUANDO PRESENTI SQUAT E STACCO NELLA STESSA SEDUTA UNO DEI DUE SARA’ SVOLTO CON CARICHI LEGGERI CON MAGGIORE VELOCITA’ (IN QUESTO CASO LO SQUAT)

Una seduta di questo tipo può essere completata con un lavoro di salti pliometrici e non, per lavorare sulla componente veloce della forza e sul ciclo allungamento accorciamento.

Questi due esempi si riferiscono a sedute che utilizzano il metodo degli sforzi ripetuti ma i metodi che ritengo altrettanto utili sono:

  • Metodo a costrasto tra carichi alti e carichi bassi
  • Complex training tra esercizi fondamentali con carichi medio/alti ed esercizi a carico naturale balistici
  • Clusters set

Soltanto l'allenamento in palestra per allenare la forza nel calciatore?

L’allenamento con sovraccarichi, per poter esplicare le sue funzioni, dovrà necessariamente essere incastrato in una programmazione che preveda anche sedute in campo senza l’utilizzo di sovraccarichi esterni e che possano essere di raccordo tra lo sviluppo della forza e il suo trasferimento verso le abilità specifiche.

Quindi se il fine ultimo della programmazione sarà migliorare accelerazione, velocità, salto e cambi di direzione, ci sarà la necessità di inserire mezzi idonei a facilitare tale processo.

Per questa fase le proposte che reputo più utili sono:

  1. Salti verticali e orizzontali
  2. Sprint con traino
  3. Sprint in salita

Il traino

Tra questi, l’allenamento che utilizzo molto è lo sprint con traino, il quale è stato oggetto, in questi anni, di numerosi studi che ne hanno sottolineato l’ importanza per lo sviluppo della forza orizzontale ( utile nella fase di accelerazione).

Questi studi hanno dato, altresì, delle regole per fare i modo  che tale allenamento possa essere efficace, tra tutte, quella di utilizzare carichi alti per migliorare la fase accelerativa e carichi bassi per lavorare sulla velocità.

Quale carico utilizzare con il traino nel calcio?

La difficoltà, nel calcio, di incastrare sovraccarichi con il lavoro con le slitte necessita di particolare attenzione per non creare conflitti e sovraccarichi muscolari che potrebbero vanificare l’allenamento ed esporre i calciatori ad infortuni.

Per superare queste difficoltà si potrebbe svolgere, all’interno della stessa seduta, prima il lavoro con traino e poi l’allenamento con sovraccarichi ma facendo attenzione, in questo caso, ad utilizzare sovraccarichi bassi per lavorare in regime “VELOCITA’”.

Una seconda opzione potrebbe essere quella di dedicare l’intera seduta al lavoro con traino e svolgere una seconda seduta con sovraccarichi a ridosso della gara sempre ad obiettivo “VELOCITA’”

Prendendo spunto da quanto detto in precedenza, circa la necessità di non esporre i propri atleti ad infortuni, la nostra responsabilità come  preparatori atletici è quella di evitare l’insorgere di condizioni predisponenti agli infortuni: una di esse è sicuramente è lo scarso equilibrio di forza tra la catena anteriore e posteriore della coscia.

L'importanza dell'allenamento della catena posteriore del calciatore

Il calciatore, come tutti gli atleti che accelerano e cambiano direzione velocemente è “QUADRICIPITE DOMINANTE” e, per tale motivo, le sedute di forza devono avere equilibrio tra esercizi per i muscoli anteriori e posteriori della coscia.

Questa strategia, oltre ad avere una ricaduta positiva sulle prestazioni, potrebbe ridurre la possibilità di infortuni agli hamstring.

Per raggiungere tale scopo i mezzi proposti dovranno avere determinate caratteristiche:

  • Sollecitare il grande gluteo (un deficit di forza o attivazione del gluteo espone gli hamstring alla possibilità di infortuni)
  • Enfatizzare la coordinazione glutei/hamstring in quanto lavorano insieme per estendere l’anca
  • Enfatizzare le fasi eccentriche del movimento
  • Enfatizzare la fase eccentrica simulando la fase di terminal swing con esercitazioni ginocchio dominanti

Come monitorare il lavoro con i sovraccarichi nel calcio?

Monitorare l’allenamento è fondamentale per capire se il processo di allenamento stia dando le risposte aspettate e per differenziare l’allenamento in base alle caratteristiche di ogni atleta.

Il monitoraggio del lavoro con sovraccarichi, permette di orientare l’allenamento verso l’espressione di forza che vogliamo allenare in quel periodo o seduta e/o per modificare velocemente il programma previsto.

Il Velocity based Training

Personalmente, per le mie squadre ,utilizzo come parametro la velocità di spostamento del bilanciere (VELOCITY BASED TRAINING . VBT) che mi permette di modificare i carichi in base alle caratteristiche di ogni calciatore e verificarne i miglioramenti .

Non dimentichiamoci di allenare gli arti superiori!

In questo articolo ho trattato in modo completo lo sviluppo dell’allenamento per gli arti inferiori, ma la medesima importanza deve essere data ai muscoli della parte alta del corpo.

Il lavoro per tronco e arti superiori lo propongo come allenamento di gruppo nel primo giorno di allenamento, cercando anche in questo caso di limitare l’uso delle macchine, e in forma individuale diluito durante tutto l’arco della settimana.

Nelle prime fasi del periodo preparatorio anche nella stessa seduta degli arti inferiori.

Letture consigliate

Hamstring. Dal rischio di infortunio alle strategie di prevenzione. Evidenze scientifiche, proposte pratiche

Total training. Allenamento integrale per gli sport di squadra

Periodizzazione dell'allenamento sportivo

La fuerza muscular, aspectos metodológicos

 

Paolo Traficante preparatore atletico calcio ilCoach

Paolo Traficante

Laureato Scienze Motorie | Preparatore atletico professionista FIGC
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Filed Under: Allenamento della forza, Preparazione atletica Tagged With: allenamento forza nel calcio, allenare la forza negli sport di squadra, allenare la forza nel calcio, forza e calcio, forza nel calcio, paolo traficante, preparazione atletica calcio

5 errori nell’allenamento della forza dello sprinter

13 Dicembre 2020 by Redazione

forza dello sprinter

Spesso quando si parla di allenamento della forza, anche per i saltatori e sprinter e quindi atleti che necessitano di sviluppare alti livelli di potenza e velocità, l'idea è ancora rivolta ad allenamenti in stile bodybuilding e all'idea che l'allenamento della forza è soltanto correlato ad un aumento di massa muscolare, riduzione del range articolare e utilizzo di serie ad esaurimento.

Questo è un approccio metodologicamente sbagliato nello sviluppo delle prestazioni di uno sprinter.

Ma gli errori nell'approccio dello sviluppo della forza sono molti e oggi ho intenzione di spiegarne 5 a mio avviso davvero importanti.

Errore N° 1. Lo squat è l'esercizio più importante per l'allenamento della forza nello sprinter.

Mi piace molto lo squat e lo reputo un ottimo esercizio multiarticolare per lo sviluppo della forza degli arti inferiori e che se allenato senza vincoli, quindi non al multipower (castello), aiuta a migliorare anche l'attivazione e il rinforzo del core, della stabilità e della mobilità dell'atleta.

Lo squat però può essere eseguito in vari modi: completo, sotto al parallelo, in 1/2 accosciata e in 1/4 squat.

Qual è la miglior variante di squat?

Dipende da cosa vogliamo ottenere.

Lo squat completo, quindi con i glutei che sfiorano le caviglie è molto utile per migliorare la forza generale e rinforzare anche tutta la muscolatura posteriore, i glutei e i femorali, oltre ai quadricipiti e alla muscolatura adduttoria.

E' inoltre un ottimo esercizio per migliorare la mobilità degli arti inferiori, ma risulta molto tecnico e se non si hanno grosse doti di mobilità potrebbe avere più svantaggi che vantaggi specie a carichi molto alti.

Tra le varianti parziali di squat quello sotto al parallelo è il più interessante in quanto non necessita dello sviluppo di una mobilità articolare estrema, permettendo in ogni caso comunque un rinforzo comunque completo della muscolatura.

Lo squat sotto il parallelo (indicato con "Squat PL" nell'immagine 1) è già più che sufficiente per far lavorare molto bene glutei, quadricipiti e femorali.

Immagine 1. Varianti di squat. Gentilmente concesso da Paolo Evangelista

Immagine 1. Varianti di squat. Gentilmente concessa da Paolo Evangelista

Gli squat "parziali"

Gli squat sopra al parallelo (1/2 squat, 1/3 squat e 1/4 squat) sono ovviamente ottimi esercizi per lo sviluppo della forza ad angoli più specifici e per lo sviluppo della potenza, ma se eseguiti male possono dare delle problematiche ed inoltre sono esercitazioni che fanno intervenire quasi unicamente la muscolatura quadricipite.

Inoltre per ottenere un transfer sullo sviluppo di forza e potenza andrebbero poi utilizzati con carichi molto elevati.

Gli allenatori di powerlifting probabilmente storceranno il naso (e l'immagine 1 lo può confermare, visto il nome dato al 1/4 squat da Paolo Evangelsita nel suo libro DCSS) a vedere le versioni di squat sopra al parallelo, ma credo che questo dipenda dalle influenze che hanno dal loro sport.

Questo non significa che siano meglio alcune varianti rispetto ad altre, ma che va analizzato il contesto, il livello dell'atleta e gli obiettivi che si vogliono raggiungere.

Sicuramente possiamo dire che squat parziali a carichi bassi non servono a nulla, se non a pensare che si sta facendo qualcosa.

Pensando a lungo termine, personalmente preferisco utilizzare le varianti di squat completo con i giovani e i principianti e man mano che i livelli di forza diventano interessanti iniziare ad aprire gli angoli facendoli diventare più specifici.

Nel video sotto vediamo il 1/4 squat eseguito da atleti della nazionale Cubana di salti, sotto l'attenta visione del Prof. Carlo Buzzichelli

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Il primo obiettivo in palestra dovrebbe essere costruire un fisico equilibrato

Un atleta, velocista o saltatore, necessita di uno sviluppo armonico di tutta la muscolatura sia di quella che interviene nell'azione specifica di gara (glutei, ischiocrurali e gastrocnemio sono i prime movers principali). In caso contrario potrebbero crearsi problemi di infortuni, ed eccessive masse muscolari in muscoli che sono importanti si per correre veloci ma in un ottica di costruzione completa (i quadricipiti sembrano avere un azione isometrica e di stabilizzazione nell'accelerazione).

Uno dei problemi più grossi che mi è capitato di vedere a questo proposito è nella pianificazione e programmazione dell'allenamento, con programmi di allenamento della forza che prevedono numerose varianti di squat in tutte le salse, portando nel tempo a questo problema.

Un allenamento della forza completo dovrebbe prevedere una costruzione armonica dell'atleta, meglio se a lungo termine, con l'utilizzo di esercizi che vadano a creare un rapporto ottimale tra forza di agonisti e antagonisti.

Immagine 2. Rapporto forza tra agonisti ed antagonsiti. Tratto e adattato da "Periodizzazione dell'allenamento sportivo"

Per fare l'esempio dello squat, che sviluppa molto la forza e l'ipertrofia dei quadricipiti, dovrebbe prevedere almeno lo stesso numero di serie e ripetizioni di un esercizio per lo sviluppo della forza degli antagonisti come ischiocrurali e glutei (ad esempio stacco da terra).

Alcuni autori oltreoceano indicano addirittura di dedicare 2 esercitazioni per la catena posteriore per ogni esercitazione per quella anteriore.

Ma questo per un atleta che non ha scompensi.

Un atleta che ha dedicato ha sviluppato in maniera eccessiva la muscolatura dei quadricipiti con l'utilizzo di squat in tutte le varianti è giusto che abbandoni per un periodo sufficientemente lungo questi esercizi e si dedichi a lavori per il rinforzo di muscoli molto importanti per la performance ma anche per la prevenzione infortuni.

Ricordiamo che la maggior parte degli infortuni negli sprinter avvengono agli ischiocrurali.

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Errore N° 2. Non conoscere il buffer ed allenarsi sempre ad esaurimento.

Le pratiche di cedimento muscolare sono famose nel Bobyduilding in quanto sono importati per lo sviluppo dell'ipertrofia dell'atleta.

Il velocista o il saltatore però, che devono spostare velocemente o "lanciare" lontano il proprio corpo, necessitano di ottimale rapporto peso-potenza.

Con alcuni soggetti, soprattutto i più giovani, potrebbe essere previsto un periodo di sviluppo ipertrofico utile a creare adattamenti strutturali (rinforzo di tendini e legamenti) ma senza la volontà di uno sviluppo spropositato delle masse muscolari che tra l'altro comunque aumentano anche con un allenamento di forza non improntato all'ipertrofia, e senza l'obiettivo primario dell'estetica.

Pensa a stimolare il SNC più che il muscolo in se!

Un altro motivo che dovrebbe spingere a non esagerare con lavori ad esaurimento è il fatto che nel velocista o saltatore l'obiettivo primario è stimolare il SNC per far si che sia in grado di migliorare sia la sua coordinazione intramuscolare che intermuscolare migliorando nel tempo la capacità di esprimere forza in tempi brevi.

Per questo è necessario per noi allenatori conoscere il concetto di buffer, ovvero il differenziale tra il numero di ripetizioni che potrebbero essere eseguite ad esaurimento ed il numero di ripetizioni programmate.

E' un parametro molto importante nell'allenamento della forza per il miglioramento della performance e fondamentale se si vuole che l'allenamento successivo in pista non sia compromesso da un affaticamento eccessivo del SNC.

Ti faccio un esempio.

Cos'è il buffer nella pratica?

Se prendiamo un intensità del 85% con il quale un atleta di potenza solitamente esegue 5 reps ad esaurimento potremmo chiedere al nostro atleta di fare:

  • 5 reps ad esaurimento - Buffer = 0 (allenamento di forza assoluta e quindi ipertrofia)
  • 3 reps - Buffer = 5% (allenamento di forza relativa)
  • 2 reps - Buffer = 10% (allenamento di forza relativa e potenza)
  • 1 reps - Buffer = 15% (allenamento di forza relativa e potenza)

Con un allenamento ad esaurimento a carichi elevati, come in questo caso, alleneremo principalmente la forza assoluta (aumento di forza accompagnata anche da aumento di peso corporeo), e la forza relativa (solo in caso di tempi di recupero molto molto elevati).

Più il buffer sale e più lavoreremo su adattamenti verso la forza relativa (aumento forza senza aumento ipertrofico) e la potenza.

Modulare gli stimoli variando il buffer

Conoscendo così il concetto di buffer, ampiamente spiegato nel libro "Periodizzazione dell'allenamento sportivo" potremo decidere di variare lo stimolo allenante nel corso della stagione con 3 strategie:

  • mantenendo il carico aumentiamo le ripetizioni, con aumento il volume e riduzione del buffer e maggiori adattamenti strutturali del muscolo (hyp), ad esempio 3 x 6 @ 75% (buffer 5%) --> 3 x 8 @ 75% (buffer 0)
  • mantenendo lo stesso buffer incrementiamo l'intensità e quindi riduciamo le ripetizioni, ad esempio da 3 x 6 @ 75% (buffer 5%) --> 3 x 3 a 85% (buffer 5%). Questa è la strategia in caso di ricerca di adattamenti nella forza massima
  • mantenendo la stessa intensità riduciamo le ripetizioni andando ad aumentare il buffer, es: 3 x 6 @ 75% (buffer 5% --> 3 x 3 @ 75% (buffer 15%). In questo caso siamo passati da un allenamento di forza relativa ad un allenamento di potenza

Diventa quindi importante saper conoscere e gestire al meglio questo parametro per gli adattamenti voluti ed in ottica velocità e salti è molto importante nella fasi di sviluppo della potenza saperlo modulare al meglio.

Quando è fondamentale utilizzare il buffer?

Risulta molto importante aumentare il buffer nella fase agonistica, dove l'allenamento della forza e della potenza entra nella cosidetta "fase di mentenimento": in questo caso come vedremo nel 4° punto l'obiettivo è quello di mantenere i livelli di forza acquisiti durante il periodo preparatorio, ridurre la fatica residua, stimolare il SNC senza affaticarlo e aumentare così la readiness (prontezza alla performance)

Errore N° 3. Pensare di poter "trasformare la forza"

In Italia, purtroppo, è ancora molto in voga la pratica della "trasformazione della forza", ovvero il far seguire ad esercitazioni di forza (a volte ad esaurimento) altri esercizi dinamici sport specifici alla massima velocità (andature, sprint o balzi) con l'idea che la forza guadagnata vada subito trasformata nel gesto sport specifico.

Vi confesso che anche io, quando più di 10 anni fa ho iniziato ad allenare, ho provato queste metodiche, ma nonostante l'inesperienza, usandole con gli atleti e a volte sperimentandole su me stesso mi accorgevo che qualcosa non andava e che non mi piaceva proporre allenamenti di velocità con la muscolatura affaticata.

Aggiornandomi e studiando mi sono accorto poi che i miei dubbi erano corretti e che si trattava di una teoria ormai ampiamente superata, che nel 2020 dovrebbe essere bandita da ogni sala pesi, e spesso confusa con la PAP, metodica invece molto interessante ed utile ma completamente diversa.

Perchè è sbagliato il concetto di trasformazione della forza?

La forza, per svilupparsi, necessita di uno stimolo (allenamento) e un tempo di recupero sufficientemente adeguato (24-72h a seconda del tipo di allenamento).

3 ripetizioni al 90% di un esercizio non mi aumentano nell'immediato la forza, al massimo mi affaticano il SNC e la muscolatura, andrò quindi a fare un esercizio alla massima velocità come uno sprint con un affaticamento con il rischio di incappare in infortuni.

La forza e la potenza necessitano inoltre di un certo tempo (in settimane) per essere sviluppate.

Pensare di trasformare la forza in potenza da un esercizio all'altro è assolutamente utopistico.

Lo abbiamo accennato nel punto sopra, ma è giusto rimarcarlo.

La velocità, le capacità di salto e di potenza vanno allenate in stato di freschezza del SNC e muscolare, farlo dopo aver pre-affaticato l'organismo no ha alcun senso, soprattutto con velocisti, saltatori e lanciatori.

Quindi, non ha mai senso fare esercizi con i sovraccarichi intervallati da esercizi di potenza, sprint o esercitazioni più esplosive?

Diciamo che dipende cosa vogliamo ottenere dal punto di vista dell'allenamento della forza.

Esistono alcuni metodi che sfruttano il così detto Post Activation Potentation (PAP), come il metodo a contrasto o Complex Training che effettivamente sembrano dare buoni risultati sullo sviluppo della potenza.

In pratica si è visto che dopo una stimolazione del SNC con sovraccarichi o esercitazioni pliometriche (anche il traino pesante da questo effetto), dopo un corretto tempo di recupero (>3') si registra una riduzione dei tempi di sprint breve (10-30 metri, un miglioramento nelle capacità di salto e in generale un miglioramento della capacità di esprimere potenza)

Ma anche in questo caso, e ci tengo a rimarcarlo, non si tratta di trasformazione della forza, ma dello sfruttamento di un meccanismo chiamato PAP, spesso sfruttato anche nel pre-gara per massimizzare le prestazioni.

La PAP, della quale magari parleremo meglio in un prossimo articolo, però non va considerata un vero e proprio allenamento di forza ma uno stimolo nervoso che permette di massimizzare la performance dell'esercitazione successiva, solitamente più specifica.

Per ottenere questo effetto l'esercizio di "forza" dovrebbe coinvolgere gli stessi muscoli motori che saranno usati nel secondo esercizio, utilizzare range di movimento abbastanza specifici, essere eseguito con carichi medio-alti e buffer molto alti (quindi mai ad esaurimento) ed essere seguito, come detto sopra, da un recupero che permetta di massimizzare l'effetto della stimolazione (>3').

Inoltre, essendo un esercitazione volta a massimizzare il secondo esercizio va impostato con poche esercitazioni, spesso soltanto una e poche serie (2-3).

Questo non lo porta sicuramente ad essere considerato il metodo d'eccellenza per migliorare in modo equilibrato i livelli di forza dell'atleta.

Personalmente considero i metodi che sfruttano la PAP evoluti e indicati per atleti con alle spalle già alcuni anni di allenamento con i sovraccarichi.

Errore N° 4. Allenare la forza in inverno ed abbandonarla in estate

Altra pratica utilizzata molto sulle piste di atletica è quella di dedicare l'inverno all'allenamento della forza (durante la preparazione generale) per poi abbandonarla totalmente nel periodo estivo (periodo pre-competitivo e competitivo), pensando che siano sufficienti le sole esercitazioni pliometriche per mantenerla.

Questo porta ad alcune problematiche sia a medio termine che a lungo termine:

  • calo delle performance;
  • difficoltà nel raggiungimento del picco nella gara clou della stagione;
  • stallo della performance nelle stagioni successive e decadimento tecnico

Vediamoli nel dettaglio.

Calo della performance

I benefici di un aumento dei livelli di forza nei confronti del miglioramento delle prestazioni atletiche durano fino a quando gli adattamenti del SNC causati dall'allenamento sono mantenuti.

Se interrompiamo l'allenamento si va incontro al tanto temuto deallenamento, gli adattamenti ottenuti e gli effetti positivi svaniscono abbastanza velocemente, questo porta ad una riduzione delle performance poi in gara.

Difficoltà nel raggiungimento del picco nella gara clou della stagione

Il lavoro di forza influisce positivamente sul raggiungimento del picco di forma nella gara clou negli sport di potenza.

Capita spesso che la migliore performance è ottenuta proprio nella prima gara della fase competitiva, poco dopo aver interrotto l'allenamento di forza.

Togliere totalmente l'allenamento della forza non permette un miglioramento successivo delle performance.

Stallo della performance nelle stagioni successive e decadimento tecnico

A lungo termine, se l'obiettivo è quello di portare l'atleta a migliorarsi in più stagioni, è controproduttivo eliminare l'allenamento della forza nel periodi competitivo, in quanto all'inizio della preparazione successiva probabilmente si troverà ad un livello di forza molto simile a quello dell'inizio preparazione della stagione appena trascorsa.

Questo porta ad uno stallo a lungo termine che non permette di avere una crescita costante delle abilità biomotorie dell'atleta.

Inoltre vi è anche un aspetto tecnico da considerare.

Spesso nelle esercitazioni di forza di un atleta che non sia un powerlifting (che deve cercare una tecnica perfetta) va trovato un compromesso tra una buona tecnica esecutiva, che permetta di massimizzare il reclutamento muscolare, di eseguire l'esercitazioni in sicurezza evitando infortuni inutili  e il tempo a disposizione.

Lo sprinter infatti dovrebbe dedicare tempo a migliorare la tecnica di corsa più che la tecnica esecutiva di uno squat.

Va ricercata quindi una tecnica esecutiva corretta che eviti infortuni e massimizzi gli adattamenti allenamenti.

Se però noi interrompiamo per svariati mesi l'allenamento di forza e quindi l'esecuzione di certi esercizi quando torneremo in sala pesi la stagione successiva probabilmente dovremo ricominciare da capo il processo di apprendimento, vanificando ancora una volta il lavoro fatto la stagione successiva.

Per evitare questi effetti negativi, durante tutto il periodo competitivo andrebbero pianificate e programmate sessioni di mantenimento della forza con l'obiettivo di stimolare il SNC e mantenere le proprietà contrattili della muscolatura.

Come impostare il "mantenimento della forza"?

Le sedute di mantenimento avranno volumi ridotti rispetto a quelle dei cicli di preparazione per evitare di creare eccessivo affaticamento che potrebbe poi portare a ridurre le performance nei gesti specifici.

Errore N° 5. Allenare la forza sempre con gli stessi carichi

Nell'allenamento capita spesso di lasciarsi andare a seguire le mode del momento.

Una cosa che di tanto in tanto noi allenatori dovremmo invece fare è andare a rivederci i principi dell'allenamento, le linee guida che dovrebbero essere alla base di ogni buon programma di allenamento.

Uno dei più antichi tra questi principi è quello dell'aumento progressivo dei carichi.

E qui arriva una delle storie più antiche nel mondo della metodologia dell'allenamento

Si narra che il primo a sfruttare questo principio fu Milone di Crorone, discobolo dell'Antica Grecia che, per diventare più forte, da ragazzo si caricò un vitello sulle spalle. Con il crescere del vitello, Milone diventava sempre più forte, fino a diventare l'uomo più forte al mondo quando il vitello divenne toro adulto.

Immagine 3. Milone da Crotone, tratta da Deipnosofista

Per creare adattamenti strutturali e fisiologici ma anche psicologici, i carichi di allenamento andrebbero incrementati in modo progressivo nel tempo, intervallando fasi di salita dei carichi a fasi di "scarico" (per massimizzare l'adattamento ed evitare l'overtraining).

Molti allenatori utilizzano invece il metodo del "carico standard", forse impauriti, in modo del tutto ingiustificato, che i carichi troppo elevati possano essere dannosi per la performance e per la salute dell'atleta.

Non volendo entrare nel dettaglio sul discorso prevenzione infortuni, nel quale l'allenamento della forza ricopre un ruolo molto importante e ormai scientificamente provato, mi soffermerò sui benefici di un aumento dei carichi nel miglioramento performance e sul fatto che mantenere sempre lo stesso carico potrebbe far decrescere la prestazione nel corso della stagione.

Se un atleta durante il suo allenamento di forza esegue sempre 5 ripetizioni di squat con 100 kg avrà degli adattamenti allenanti all'inizio della preparazione, ma a lungo andare l'allenamento diventerà sempre meno allenante e nel corso della stagione sarà addirittura controproducente, perdendo in realtà tempo nella sala pesi.

Se come allenatori abbiamo paura a far salire il carico sul bilanciere allora forse avrebbe senso non perdere tempo in una sala pesi e dedicarci alle cose che pensiamo più utili e meno dannose.

Ricordiamoci però che le forze di picco al contatto col terreno nella fase di appoggio della corsa a bassa velocità si attestano intorno a 2-2,5 volte il peso corporeo e ad alte velocità possono raggiungere 4 o 5 volte il peso corporeo.

Lascio a voi il calcolo di quanto peso su un bilanciere dovremmo mettere per ottenere le stesse sollecitazioni!

 

Letture consigliate

A. Roncari, P. Evangelista, A Biasci, Project Exercise. Biomeccanica applicata la fitness e al bodybuilding. Vol. 2, Project Invictus

A. Blazevich, F. Nardello, A. Monte, Biomeccanica dello sport. Le basi. Come ottimizzare la prestazione, Calzetti & Mariucci

G. Legnani, G. Palmieri, I. Fassi, Introduzione alla biomeccanica dello sport, Città Studi Edizioni
P. Evangelista - DCSS. Power mechanics for power lifters, Sandro Ciccarelli Editore

T. Bompa, C. Buzzichelli - Periodizzazione dell'allenamento sportivo, Calzetti & Mariucci

 

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Andrea Dell'Angelo

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Alimentazione nei 400 metri: come ottimizzare la performance

10 Dicembre 2020 by Redazione

Alimentazione nei 400 metri, Angelica Gergo
Fig. 1 Angelica Ghergo impegnata nei 400 metri ai Campionati Italiani di Ancona. Ph Roberto Passerini | Atl-Eticamente Foto

 

Per parlare di nutrizione sportiva, specie se ci riferiamo ad una disciplina in particolare, occorre sempre partire dalle sue caratteristiche specifiche, da quelle che sono le sue basi fisiologiche e le relative criticità.

In questo scritto noi ci occuperemo di discipline di sprint, dalle più brevi alle più lunghe (fino ai 400 metri) concentrandoci come abbiamo detto sugli aspetti nutrizionali che possono condurre l’atleta alla sua eccellenza prestativa.

Un errore da non fare nell'analisi delle richieste energetiche degli sprint

Data la natura breve degli eventi di sprint, in molti sono portati a pensare che la parte nutrizionale sia di importanza trascurabile.

La competizione si svolge in un lasso temporale compreso tra i 10 e i 60 secondi circa con ampio recupero tra una gara e l’altra.

E’ di fatto molto raro che un atleta si ritrovi con riserve muscolari esaurite anche nelle condizioni più estreme.

Tuttavia ci sono altri aspetti oltre a quella meramente ‘’energetica’’ che meritano di essere prese in considerazione.

Un esempio è offerto dall’ottimizzazione del comfort gastrointestinale o il prevenire un aumento di peso proprio durante l’evento più importante della stagione.

Ecco che allora la sfera Nutrizione con tutte le sue sfaccettature possibili, sale prepotentemente in cattedra giocando ancora una volta un ruolo da protagonista nella vita dell’atleta.

Ma facciamo un passo indietro e…

Quali fattori determinano una buona prestazione nello sprint?

Li elenchiamo qui

  • Tempo di reazione,
  • accelerazione,
  • velocità massima di corsa
  • capacità di sostenere tale velocità con il progressivo accumulo di fatica.

Analizzare queste componenti e le modalità di allenamento con cui queste verranno poi esercitate ci permette di capire come la pratica dietetica potrà essere d’aiuto e in quali contesti.

Un velocista d'élite si allena tipicamente 1,5–4 ore/giorno, 5–6 giorni la settimana, con uno o due di questi giorni destinati a sessioni rigeneranti a bassa intensità.

L'allenamento avrà l’obiettivo finale di sviluppare la massima potenza dei principali gruppi muscolari impegnati nello svolgimento della disciplina in sè, al fine di produrre la massima forza al suolo con il minor tempo di contatto con esso.

Alimentazione nei 400 metri: contributo dei sistemi energetici

Analizzando una disciplina sportiva con l’obiettivo di crearne una nutrizione specifica dobbiamo inoltre per forza apprezzarne il contributo dei vari sistemi energetici.

Nel nostro caso questo ovviamente varia tra gli eventi, in termini percentuali, ma come è ovvio immaginare, il sistema energetico anaerobico predomina.

Il contributo aerobico relativo diventa più importante all'aumentare della distanza, con circa il 40% dell'energia derivata dal metabolismo aerobico nei 400 m maschili e percentuali leggermente superiori in quelli femminili.

Fig. 2 Angelica Ghergo impegnata nei 400 metri ai Campionati Italiani di Ancona. Ph Roberto Passerini | Atl-Eticamente Foto

Composizione corporea nei 400 metri

Altro aspetto da tenere in forte considerazione nella strutturazione di un programma dietetico è la ricerca di una composizione corporea ottimale per la disciplina svolta.

Quali caratteristiche permettono di eccellere in questo sport?

Indice RPI.

La letteratura scientifica in merito alle caratteristiche corporee ottimali per gli sprinter ci viene in aiuto per cercare di capire l’ideale a cui tendere. In particolare si tira in ballo un indice detto RPI o reciprocal ponderal index, un indice predittivo delle potenzialità di uno/a sprinter, sulla base del suo peso, statura e conformazione antropometrica.

Questa la formula.

Ponderal Index RPI = Altezza (m) / Radice cubica del peso (kg)

Rapporto peso/potenza.

Nel tentativo di migliorare costantemente tale rapporto, non di rado gli atleti si sottopongono a personali strategie di restrizione calorica con l’intento di abbassare il loro peso corporeo o per meglio dire il loro livello di grasso corporeo, specialmente prima delle gare chiave.

Quando questa strategia è costruita in maniera razionale e ciclizzata sulla base degli obiettivi allenanti e stagionali garantendo il mantenimento di prestazioni e salute ottimale, è senza dubbio una valida strategia considerando che una perdita di peso di 2-3 kg può avere un impatto favorevole sulla potenza esplosiva e sulla velocità.

Se invece si perpetua in cronico finendo con il diventare una dieta a basso o bassissimo tenore calorico allora questa porta con sè più contro che pro.

Come linea guida potremmo in tal senso consigliare di non scendere mai sotto le 30kcal per kg di massa magra, ma anzi di orientarsi verso le 45kcal per kg di massa magra.

Aumentare le performance in gara

Ciò che tuttavia indubbiamente interessa l’atleta è essere performante in gara.

Ecco che negli ultimi anni sono nate tutta una serie di strategie da applicare in acuto per cercare di migliorare il rapporto peso potenza di cui sopra.

Tra questi nuovi approcci quella di seguire negli ultimi giorni prima di una competizione una dieta a basso residuo, tramite la riduzione/eliminazione di quelli che sono i cibi ad alto contenuto di fibre.

Questa strategia di per sè provoca una perdita di peso compresa tra i 300 e 700g.

Tranquilli che due o tre giorni senza o quasi frutta e verdura non minerà il vostro stato di salute.

Da sola tuttavia questa riduzione di peso non può impattare in maniera significativa sul rapporto peso potenza.

Modulare l'idratazione

Ecco che contestualmente si sta facendo sempre più strada la pratica delle disidratazione controllata.

Ma come l’idratazione non era importante?

Certo e non stiamo dicendo il contrario, semplicemente un calo peso derivato da perdita di liquidi entro un range compreso tra il 2-3% in acuto, cioè fatto specificatamente per l’evento agonistico e non protratto in cronico, non preclude la possibilità di essere performanti nello sprint, donando al contrario un vantaggio in termini di riduzione del peso, miglioramento del rapporto peso potenza specie se sommato alla precedente strategia.

Una doverosa specifica va ovviamente fatta.

Attenzione! Se desiderate cimentarvi in queste prove fatevi seguire da una figura sanitaria e fatelo con largo anticipo rispetto alla competizione.

Alimentazione nei 400 metri, come nutrirsi?

Sebbene il ruolo dei carboidrati nel migliorare le performance di endurance sia ormai cosa nota, le prove relativa al loro potenziale ergogenico nelle discipline di sprint è cosa ancora non interamente compresa.

E' vero che ci sono prove che il mantenimento di una dieta a bassissimo contenuto di carboidrati possa compromettere le prestazioni in eventi brevi come uno sprint di 30 secondi, ma questo si verifica presumibilmente a causa delle scarse riserve di glicogeno muscolare e della diminuzione dei tassi di glicolisi. Altre a quanto detto ci sono davvero poche altre certezze.

Quanti carboidrati assumere?

Le linee guida oggi tuttavia ci raccomandano un mantenimento di un assunzione glucidica compresa tra i 3 e i 6g pro kilo di peso al giorno, con il margine più elevato utile nei contesti della stagione caratterizzati da alto volume e quindi elevato dispendio calorico, mentre l’intake piu basso da preferire nelle fasi di scarico o generalmente quelle in cui in termini di volume si fa meno.

Quante proteine assumere?

Per la parte proteica invece le linee guida raccomandano un assunzione giornaliera 1,6–2,2 g per kilo di peso corporeo.

Assumerne di più non apporta alcun ulteriore beneficio ma promuove semplicemente un aumento del catabolismo degli amminoacidi e dell’ossidazione proteica.

La suddivisione giornaliera dovrebbe poter prevedere almeno 0,4 g / kg di peso di proteine ​​ad alto valore biologico ogni 3-5 ore.

L'importanza dell'idratazione

Come con tutti gli atleti, anche agli atleti sprint si consiglia di mantenere sempre uno stato di eu -idratazione.

Eppure poco sopra abbiamo parlato della possibilità di un taglio liquidi nel pre gara.

Ma come mai?

La natura breve degli eventi di sprint fa sì che uno stato di ipoidratazione controllata (2-3%) non vada ad influenzare negativamente sulla performance.

Quindi seppur il consiglio generale è quello di mantenersi sempre ben idratati durante tutto l’arco della stagione, periodiche fasi di taglio dei liquidi, in concomitanza con gli eventi principali, potrebbe essere vantaggioso per l’atleta.

Lo so ci sarebbero mille altre cose da dire e mille altri tecnicismi da prendere in considerazione, ma credo che per molti già queste poche cose possano iniziare a fare davvero la differenza.

 

Letture consigliate

Running Nutrition

 

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Allenamento e ciclo mestruale

7 Dicembre 2020 by Redazione

ciclo mestruale e allenamento 2

La performance in un perfetto connubio tecnico atleta

Pochi sono i tecnici che, nella pianificazione di un allenamento, tengono in considerazione le diverse caratteristiche fisiologiche tra atleta maschio e femmina, riducendo il tutto ad una programmazione standardizzata.

Molte sono le ricerche le quali hanno affrontato l’argomento attraverso studi sul training femminile.

Da tali ricerche è emerso che la donna, in allenamento, vive situazioni notevolmente diverse dai maschi, sia da un punto di vista biologico che psicologico.

Considerando che in un pianificazione, mirato al raggiungimento di una performance di alto livello, nulla deve essere lasciato al caso, perchè non prestare attenzione ad alcune variabili fisiologiche che giorno dopo giorno le donne si trovano ad affrontare?

Se solo l’1 % del risultato finale fosse intaccato da superficialità non sarebbe da considerare un fallimento?

L’allenatore in primis si dovrà cimentare nello studio, dei principali aspetti fisiologici e ormonali, del ciclo mestruale, e poi stabilire un rapporto di fiducia e rispetto con l’atleta, basato inizialmente solo sull’ascolto e l’osservazione, soprattutto con giovani atlete, e poi, man mano che il rapporto diverrà più solido, anche di confronto e dialogo.

Da qui si potrà iniziare un monitoraggio alla ricerca dei punti deboli e di forza dell’atleta.

Aspetti fisiologici del ciclo mestruale

In questo articolo vi presento alcune considerazioni che vogliono favorire in chi legge qualche riflessione.

Per una trattazione più dettagliata sull'argomento vi consiglio un buon testo di fisiologia tipo questo:

Fisiologia dell'uomo

Oligomenorrea e Amenorrea

Atlete praticanti sport d’endurance spesso incorrono in oligomenorrea o ancor peggio amenorrea.

L’amenorrea si manifesta quando la massa magra è inferiore al 20%.

Atlete con amenorrea presentano una densità ossea 20 volte inferiore ad atlete con cicli regolari.

Una prolungata amenorrea può causare, nella giovane donna, le stesse conseguenze della menopausa.

Le atlete più soggette ad amenorrea, sono quelle praticanti sport d’endurance, quindi maggiormente soggette a microfratture da stress.

Il progesterone

Dall’ovulazione subisce un notevole incremento da circa 100 a 800 ng/dl in pochissimi giorni determinando:

  • incremento di circa ½ grado della temperatura corporea. Incremento che interferisce sulla corsa perché si inizia a dissipare calore ad una temperatura corporea più alta;
  • aumento della ventilazione polmonare (determina una minor disponibilità di ossigeno per i muscoli);
  • maggiore ritenzione idrica responsabile di un aumento della viscosità muscolare. Viscosità che può essere la causa di traumi muscolari.

Molti altri sono gli ormoni che intervengono nell’arco del ciclo mestruale, ognuno con una sua peculiarità, tuttavia la loro trattazione non può essere affrontata in questo articolo in quanto complessa a articolata. 

Raccolta dei dati e pianificazione dell’allenamento

Inizialmente, la mia idea di pianificazione del training, era strutturata in modo che il mesociclo combaciasse con il ciclo mestruale, con un periodo di scarico di 5 giorni (ultimi due giorni della fase premestruale e primi 3 giorni della fase mestruale), e un altro periodo di riposi, di circa 3 giorni, nell’ipotetica fase ovulatoria.

Questo sistema non è ottimale poiché non permette una valutazione corretta sulla performance dell’atleta durante i periodi di riposo.

In seguito a questa errata pianificazione, la mia atleta si è trovata ad affrontare un impegno agonistico importante, in una perfetta condizione di forma, ma con le “gambe scariche”, poiché il suo punto debole sono alcuni giorni della fase mestruale, tendenzialmente dal 2/3° giorno in poi.

Il mio consiglio è di applicare una classica programmazione, riportando nell’agenda la data, in che fase del ciclo si trova l’atleta, il tipo di lavoro somministrato, i relativi risultati e infine un sistema di valutazione dello stato psicofisico e del livello di difficoltà che l’atleta attribuisce al lavoro svolto.

Per questo ultimo punto basta utilizzare una semplice scala di Borg, strutturata su 2 livelli.

Tabella 1. Esempio di periodizzazione dell'allenamento

In questo modo potrò confrontare lo stesso lavoro nelle varie fasi del ciclo e verificare dove l’atleta esprime la maggior performance.

Una volta individuato il periodo di miglior resa, si dovrà fare in modo che combaci con l’evento sportivo più importante.

Oggigiorno vi sono un’infinità di mezzi che, un buon ginecologo, potrà consigliare all’atleta.

Conclusioni

Per concludere la riflessione è la seguente: conoscete la vostra atleta, amate la vostra professione?

Bene, cercate di conoscere cosa succede in lei.

Le variazioni nell’arco del ciclo sono minime?

Meglio per voi, ma dovete saperlo.

Solo in questo modo, attraverso una accurata analisi e scelta metodologica, si potrà raggiungere il miglior risultato.

fabio lotti

Fabio Lotti

Tecnico 3° Livello Fidal - Velocità e ostacoli
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L’importanza del preparatore atletico nel rugby

3 Dicembre 2020 by Redazione

Preparatore atletico nel rugby. Rugby Perugia
Nell'immagine un momento di gioco del Rugby Perugia

Il ruolo del preparatore atletico nel rugby

Non è facile parlare di rugby, nel tempo capisci che è uno sport particolare dove l’attitudine mentale viene prima della prestanza fisica, qualcuno a questa considerazione salterà dalla sedia, ma lavorando da molti anni come preparatore atletico, ti accorgi che il rugby devi prima averlo dentro e poi creare i presupposti strutturali, tecnici e tattici per giocare al meglio.

Il preparatore varia notevolmente la sua proposta a seconda del livello in cui milita la squadra, dal rapporto con l’allenatore e dai mezzi a disposizione, e più ci si avvicini al professionismo e maggiore diventa la richiesta di un lavoro differenziato per individuo e per ruolo.

Nel passar del tempo ho visto evolversi molti sport.

Come è cambiato il gioco del rugby negli ultimi anni?

Nel rugby i cambiamenti di regole, di condizionamento e nutrizione, hanno contribuito a trasformare i suoi giocatori pesanti, con tempi di gioco effettivo bassi, a giocatori muscolosi e veloci con tempi di gioco raddoppiati.

Essere grandi non basta più.

Il rugby si è evoluto in uno sport di uomini e donne iper-in forma che spingono i confini delle capacità umane.

Dal punto di vista della formazione fisica molte cose sono cambiate, dalle metodiche da body building in palestra, alle corse lunghe e lente per il “fiato” o come riscaldamento.

Il rapporto tra allenatore e preparatore atletico

Altro cambiamento rilevante è il rapporto tra allenatore e preparatore, ritengo che quando funziona in modo ottimale, permette all’allenatore di migliorare la sua proposta tecnica e tattica, e al preparatore di accrescere le prestazioni nella sua competenza, ma soprattutto questo si riflette sulla squadra e sugli atleti individualmente.

Le richieste dell’allenatore è di avere sempre al meglio, sempre disponibili, sempre in forma i propri atleti.

Sappiamo che questo non è sempre possibile, ma è l’obiettivo per entrambi (obiettivo condiviso).

I miei principi base da preparatore atletico nel rugby

Nel tempo ho costruito dei principi che sono alla base del mio intervento, nulla di complesso o articolato, ma sono la base della mia proposta che di sicuro muterà nel tempo, adattandosi alle situazioni che si presenteranno.

  • Il primo step è pianificare, che serve a dare una direzione, con obiettivi chiari e misurabili, anche se le società sportive fanno fatica a programmare a lungo termine per tanti motivi (economici, strutture, staff ecc.), per poi costruire una periodizzazione con l’allenatore.
  • Al preparatore spetta lo sviluppo e il mantenimento delle capacità biomotorie integrandole con quelle tecniche e tattiche dell’allenatore. E’ importante avere un sistema equilibrato e integrato per facilitare, sviluppare, valorizzare e motivare le prestazioni atletiche individuali e di squadra.
  • Crescita e sostegno, creare cioè un ambiente che renda i giocatori responsabili del proprio sviluppo/miglioramento
  • Autoregolazione del carico
  • Importanza della tecnica esecutiva: prima di eseguire il carico prestabilito è richiesto il perfezionamento del gesto motorio
  • Richiedere al giocatore di prendere possesso del proprio stato fisico attraverso allenamenti, riabilitazione, recupero, alimentazione.
  • Costruire relazioni con i giocatori: fargli capire che ti interessa il loro sviluppo
  • Incoraggiarli a sostenersi a vicenda nel proseguimento degli obiettivi.

Un'azione di gioco del Rugby Perugia

Concetti chiave della programmazione

La forza si sviluppa in forma generale.

Tutto ciò che viene prescritto in palestra deve essere in funzione al miglioramento del gioco, in funzione all’individuo, e al ruolo con caratteristiche preventive e performanti.

La palestra è un mezzo, non un fine.

Lo sviluppo della resistenza (o endurance) può avere due finalità:

  • il miglioramento della forma fisica (corsa intervallata, intermittente ecc.)
  • il miglioramento della forma sportiva solo attraverso il gioco, che deve raggiungere i sistemi bioenergetici necessari per affrontare 80’ minuti al massimo livello.

La resistenza si sviluppa in forma specifica.

Ultimo, ma non per importanza.

La preparazione deve essere costruttiva, non distruttiva.

Il rugby è un gioco complesso

Il rugby sulla carta può sembrare un gioco semplice, ma risulta complesso nella sua applicazione pratica.

Il rugbista è sempre di più orientato su una formazione fisica eccellente dove tutte le capacità motorie (forza, velocità, resistenza, mobilità) vengono esaltate per rispondere al meglio al compito motorio e per incorrere alle esigenze di gioco fatte da fasi statiche (mischie, rimesse laterali) e dinamiche (sequenze di azioni in campo aperto).

Il rugby è uno sport particolare, difficile da descrivere, penso che l’essenza di tutto è racchiuso dentro questa frase che ho scoperto da un mio amico

“Un pallone rotondo te lo può restituire anche un muro. Un pallone ovale te lo può restituire solo un amico”.

 

Letture consigliate

Strength and Conditioning for Team Sports: Sport-Specific Physical Preparation for High Performance: Volume 5

 

Salvatore Turco preparatore atletico

Salvatore Turco

Tecnico ASA Fidal | Preparatore atletico | Docente Scienze Motorie
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Gli sprint contro resistenza per migliorare l’accelerazione

22 Novembre 2020 by Redazione

Sled-Corso-accelerazione-traino-Parma-2018

L’allenamento con resistenze negli ultimi anni ha ottenuto molte attenzioni da parte della comunità scientifica per via della sua complessità e della varietà che esso offre.

Durante la mia review della letteratura scientifica, effettuata come prova finale per la mia laurea, ho voluto provare a identificare quale fosse il miglior metodo di allenamento contro resistenza per poter migliorare la capacità di accelerazione per quanto riguarda l’atletica leggera.

Fattori che determinano una corretta accelerazione

Partiamo parlando di come l’accelerazione sia il rapporto del cambiamento di velocità di un oggetto rispetto al tempo, partendo da questo concetto si possono analizzare alcuni fattori che distinguono una buona capacità di accelerare che sono aspetti fisiologici, morfologici ed anatomici, come ad esempio:

  • l’antropometria di un atleta;
  • la lunghezza e la frequenza del passo nei primi appoggi.

All’interno dei primi 7/9 appoggi di un 100 metri si “crea” il 75% circa della nostra accelerazione grazie a un’azione pistone al suolo dei primi appoggi, con recupero radente al suolo degli arti inferiori e soprattutto con l’aiuto delle braccia che andranno a bilanciare, grazie a una loro azione di “swing” molto vigorosa, l’azione delle gambe.

Parlando di angoli: il busto e le tibie dovranno trovarsi parallelamente tra i 40 e 45 gradi e successivamente questi angoli andranno ad aprirsi sempre di più fino ad arrivare alla fine dell’accelerazione.

Gli sprint contro resistenza per allenare l'accelerazione

Avendo chiari questi concetti si può iniziare a capire come andare ad allenare questa parte fondamentale per una gara come ad esempio i 60/100 e 200 metri, ma anche per sport di squadra dove sono richiesti sprint quali rugby, calcio e ad esempio football americano.

Ovviamente conosciamo i principi della forza speciale che viene utilizzata per generare una risposta specifica per un determinato sport, tra queste appunto abbiamo l’allenamento contro resistenza.

Per allenamento con resistenza si intende quella tipologia di allenamento nel quale utilizziamo ad esempio:

  • un giubbotto zavorrato;
  • un traino o prowler;
  • delle salite per effettuare sprint;

Il giubbotto zavorrato

Per quanto riguarda il giubbotto zavorrato emerge come anche solo con un’aggiunta del 15/20% di peso rispetto alla massa dell’atleta i tempi aumentano sensibilmente del 7.5/10% sui 10 metri, rivelando come l’aumento di volume sulla zona del tronco porti a limitazioni dell’azione delle braccia quindi causando successivamente problemi al ciclo delle gambe rendendolo si più rapido ma meno efficace per quanto riguardi la sua lunghezza.

La corsa in salita

Le corse in salita sono state studiate molto poco per difficoltà nella standardizzazione delle medesime, ma si è analizzato come essa vada a creare modificazioni dell’azione di corsa perché porta l’atleta a un’esagerazione degli angoli durante la sua corsa e quindi a un rischio di modificazioni non volute della meccanica di corsa

La corsa con il traino

Si tratta del mezzo di allenamento, tra i 3 proposti, più dibattuto negli ultimi anni e oggetto di numerose ricerche dal 2008 ad oggi

Si può notare come gli studi che presentano una vera validità purtroppo siano pochi.

Cosa intendo con questo?

Voglio dire che purtroppo pochi studi sono stati eseguiti con una metodologia chiara.

Le variabili da considerare nell'allenamento con il traino

La prima variabile che influenza la percezione del carico e la tecnica del nostro atleta è la tipologia di traino usato, in primis la differenza tra traino e prowler che riguarda gli angoli a cui sottoponiamo il nostro atleta, maggiori per quanto riguarda il prowler che per il traino, per il peso utilizzato, nettamente maggiore nel prowler, ed infine per la tecnica che viene influenzata da esso, nel prowler viene tolto l’utilizzo delle braccia e vengono richiesti angoli più chiusi al nostro atleta.

Un'altra variabile è il tipo di superfice utilizzata per questo genere di allenamento

Si è visto, infatti, che utilizzare il traino su una superfice come un campo in erba sintetica, in erba naturale oppure su una pista di atletica possa influenzare la percezione del carico da parte del nostro atleta notevolmente dal 15 al 20%.

Qual'è il carico ottimale nell'allenamento con il traino?

Alcuni studi si son concentrati sulla ricerca di un carico ottimale per migliorare l’espressione di forza orizzontale prodotta, attestandolo intorno al 69-96% della massa corporea del nostro atleta, ovviamente dipendente dalle variabili precedenti.

Parlando di carico ottimale però è stato notato come invece di basarsi semplicemente sulla massa corporea del nostro atleta bisognerebbe invece andare a vedere la riduzione che il carico porti alla velocità generata.

Purtroppo ci sono ancora poche evidenze scientifiche a riguardo ma una riduzione di velocità tra il 20-40% sembrerebbe poi ottimale per l’espressione di forza orizzontale.

Conclusioni

Ognuno di questi studi mette in risalto come ci siano ancora molte ricerche a riguardo, su ognuna delle tipologie di allenamento con il carico, e che soprattutto non esistano studi sul come periodizzare questo carico durante l’anno e se sia meglio un carico pesante per concentrarsi su aspetti più tecnici e un carico più leggero per espressione di potenza.

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Filed Under: Allenamento della forza, Biomeccanica della corsa, News, Sprint-Velocità Tagged With: accelerazione, sled, sprint, sprint contro resistenza, traino, velocità

Distorsione laterale della caviglia dell’atleta

17 Novembre 2020 by Redazione

Meccanismo-lesionale-VA Visione Anteriore

Distorsione laterale della caviglia: una guida per gli allenatori

Scrivo questo articolo partendo da un'esperienza personale, avendo gareggiato in atletica leggera nelle specialità di salto in lungo e triplo.

Sei anni fa stavo rifinendo la preparazione che mi avrebbe portato ai campionati italiani di categoria promesse, ma una banalissima storta compromise la possibilità di partecipare.
Come è successo a me, può capitare a tutti un incidente nel corso della propria carriera sportiva.

Certi rischi purtroppo fanno parte del gioco, possono essere ridotti, ma non sono eliminabili. Il problema non è quindi ridurre a zero l'insorgenza di questi incidenti di percorso (cosa pressoché impossibile) ma piuttosto è saper reagire in maniera veloce, per riuscire ad uscirne completamente e nel minor tempo possibile.

Questo è il primo di una serie di articoli rivolti a chi lavora sul campo.

Il fisioterapista, il fisiatra e l'ortopedico sono gli specialisti a cui rivolgersi nel caso in cui ci accorgiamo che quella che volgarmente è chiamata storta, ha costituito un imprevisto che va oltre al fastidio o al dolore momentaneo.

Il problema però è che sul campo generalmente non sono presenti queste figure e l'allenatore si trova solo a dovere gestire emergenze che spesso vanno oltre alle competenze che gli spettano .

Tra l'infortunio e l'intervento dell'operatore sanitario esiste un momento in cui è molto importante cercare di non fare errori.

Per questo motivo ho pensato che fosse importante che anche l'allenatore avesse a disposizione un vademecum chiaro che desse risposte semplici ma puntuali su come agire nell'immediato;

Questo non con l'obiettivo di sostituirsi agli specialisti, ma per saper dare una primissima valutazione sulla possibile gravità di un problema, porre in essere degli interventi atti a ridurre gli esiti di un incidente e, soprattutto, evitare comportamenti che possano aggravare ulteriormente la situazione.

Se vuoi approfondire l'argomenti ti consigliamo il seguente libro: Esercizio terapeutico: fondamenti e tecniche

Valutazione immediata di distorsione della caviglia

La distorsione laterale di caviglia è la lesione muscolo-scheletrica più comune degli arti inferiori sia in persone che praticano ‘sport’ sia fra la popolazione generale.

Lo stesso evento che produce una distorsione può risolversi in pochi minuti (e permettere nei casi più fortunati di proseguire con la seduta di allenamento) fino ad arrivare, nelle peggiore delle ipotesi, ad una frattura del complesso piede caviglia che necessita lunghi periodi di stop ed interventi specialistici.

Segni e sintomi di distorsione laterale.

In ambito specialistico questi indicatori di gravità si chiamano RED FLAGS’ e ci aiutano nell'ipotizzare una possibile una frattura del complesso piede-caviglia e dovrebbero essere sempre presi in considerazione per una corretta gestione nell’immediato della problematica.

Una loro esclusione permetterà all’allenatore di atletica leggera di essere guidato verso un processo orientato alla riabilitazione del proprio atleta.

L’obiettivo principale di questo articolo è quello di fornire le principali raccomandazioni basate sull’evidenza al fine di guidare l’allenatore di atletica leggera in un ragionamento clinico per educarlo ad una valutazione immediatamente successiva ad un trauma di una distorsione laterale di caviglia ed eventualmente di fare ‘referral’, ossia inviare l’atleta in pronto soccorso o ad un professionista sanitario qualificato (ortopedico, fisiatra, fisioterapista, ecc.) per ulteriori accertamenti.

Come effettuare la valutazione?

Vi sono cinque raccomandazioni da adottare nell’immediato secondo quanto indicato da ≥ al 75% degli esperti nel settore1:

  1. Meccanismo di lesione;
  2. Storia di precedenti distorsioni laterali di caviglia e/o degli arti inferiori;
  3. Capacità di carico immediatamente dopo l’evento e durante la valutazione clinica in fase acuta;
  4. Valutazione clinica delle ossa;
  5. Valutazione clinica dei legamenti.

Altre raccomandazioni hanno ricevuto dagli esperti nel settore un consenso < 75%1 e sono:

  • Valutazione soggettiva.
  • Storia di altre lesioni e storia medica;
  • Esami strumentali.
  • Raggi X, risonanza magnetica e/o ultrasuoni;
  • Integrità legamentosa.
  • ‘Test’ del legamento talo-fibulare posteriore.

Le raccomandazioni che hanno raggiunto un consenso≥ 75%1 sono quindi quelle a cui gli esperti danno maggiore credito. Per questo ho corredato ogni raccomandazione, che ha raggiunto un consenso ≥ 75%1, con  una spiegazione teorica ed un esempio pratico.

Al termine dell’articolo vi è un una ‘check-list’, compilata sulla base dell’esempio pratico descritto di seguito, che rappresenta una procedura standardizzata utilizzabile dall’allenatore di atletica leggera a seguito di una distorsione acuta di caviglia (tabella 5).

Tabella 1. Valutazione della distorsione laterale di caviglia nell’immediato: meccanismo di lesione

Meccanismo di lesione nella distorsione laterale

Perché?

Consapevolezza delle caratteristiche meccaniche delle distorsioni laterali di caviglia e guida alla valutazione dei tessuti

Come?

Se l’atleta di atletica leggera presenta una eccessiva inversione del retro-piede o un movimento combinato di flessione plantare ed adduzione del complesso piede-caviglia

Esempio pratico

L’atleta ha una distorsione laterale di caviglia perché riferisce un improvviso cedimento verso l’esterno del complesso piede-caviglia associato ad un forte dolore in tale sede, durante un atterraggio da un ostacolo dopo un esercizio per il salto in lungo.

 


Valutare se vi sono state precedenti distorsioni laterali di caviglia e/o degli arti inferiori

Perché?

Fattore di rischio primario di recidiva ed indicativo della presenza di disfunzioni meccaniche e/o sensori-motorie irrisolte

Esempio pratico.

L’atleta ha una storia di precedente distorsione laterale di caviglia al piede sinistro (2014, documentabile con ecografia e risonanza magnetica). Inoltre ha avuto altre problematiche muscolo-scheletriche allo stesso piede quali calcificazione all’interno del retinacolo degli estensori del complesso piede-caviglia (2016, documentabile con radiografia) e sindrome di Haglund bilateralmente (2017, documentabile con radiografia).
Nessuna precedente lesione alla caviglia destra, alle ginocchia, alle anche ed al emi-bacino bilateralmente.

Capacità di carico immediatamente dopo l’evento

Perché?

Stabilire la probabilità di frattura delle ossa del complesso piede-caviglia

Come?

Utilizzando il protocollo ‘Ottawa Ankle Rules’3.

2 ipotesi:

  1. Se l’atleta di atletica leggera riferisce dolore nella ‘zona malleolare’ e se questo é accompagnato dal dolore alla palpazione distale (6 cm) dal margine posteriore del malleolo mediale o dolore alla palpazione distale (6 cm) dal margine posteriore del malleolo laterale o un’inabilità al carico per almeno 4 passi immediatamente dopo la lesione e durante la valutazione clinica, una radiografia risulta essere necessaria;
  2. Se l’atleta di atletica leggera riferisce dolore nella ‘zona del medio-piede’ e se questo è accompagnato dal dolore alla base del V° metatarso e/o dolore sull’osso navicolare o un’inabilità al carico per almeno 4 passi immediatamente dopo la lesione e durante la valutazione clinica, una radiografia risulta essere necessaria

Note: Le ‘Ottawa Ankle Rules’ sono in grado di escludere la possibilità di eventuale frattura di caviglia, più che fare diagnosi di frattura4. È consigliata l’esecuzione del ‘test’ da parte di un professionista sanitario qualificato. Ciò al fine di garantire l’accuratezza diagnostica dello stesso.

Esempio pratico:

L’atleta riferisce dolore nella ‘zona malleolare’, ma tale dolore non è accompagnato da dolore alla palpazione distale (6 cm) del margine posteriore del malleolo mediale/laterale o un’inabilità al carico per almeno 4 passi immediatamente dopo la lesione e durante la valutazione clinica. Inoltre l’atleta presenta dolore alla base del V° metatarso, ma non presenta dolore nella ‘zona del medio-piede’ (‘Ottawa Ankle Rules’).

L’atleta non necessità di recarsi in pronto soccorso per eventuale rischio di frattura di caviglia. L’atleta viene comunque portato in pronto soccorso per ulteriori accertamenti. A seguito di esame radiografico non si riscontrano fratture e viene posta diagnosi dal medico ortopedico di distorsione laterale di caviglia medio-grave con consiglio all‘utilizzo di un tutore semi-rigido per circa due settimane e stampelle per la deambulazione.

Valutazione clinica dei legamenti dopo distorsione alla caviglia

Perché?

Integrità o meno dei legamenti laterali di caviglia

Come?
  1. Esame per il legamento peroneo-astragalico anteriore. Palpazione (la replicazione del dolore noto al paziente dopo palpazione del margine anteriore dell’estremità distale del malleolo laterale indica possibile lesione del legamento) [con l’articolazione della caviglia in flessione plantare e il piede in inversione e adduzione palpare il legamento a livello della sua origine sul margine anteriore dell’estremità distale del malleolo laterale]; ‘Stress test’ (la replicazione del dolore noto al paziente dopo sollecitazione del legamento peroneo-astragalico anteriore indica possibile lesione) [l’articolazione della caviglia viene portata passivamente in flessione plantare, a cui vi si associa una inversione ed adduzione di piede]; ‘Test’ del cassetto anteriore (da effettuare 4-6 giorni dopo la lesione) (se non vi è la presenza di un solco, la probabilità di rottura completa del legamento è bassa) [‘test’ non descritto]
  2. Esame per il legamento peroneo-calcaneare. Palpazione (la replicazione del dolore noto al paziente dopo palpazione del legamento indica possibile lesione dello stesso) [il paziente è posizionato supino. Il legamento è palpabile lungo una linea orientata di circa 135° dall’estremità del malleolo laterale al bordo postero-laterale del calcagno o distalmente rispetto ai tendini peroneali]; ‘Stress test’ (replicazione del dolore noto al paziente dopo sollecitazione indica possibile lesione legamentosa) [flessione dorsale passiva di caviglia, combinata con l’inversione passiva del retro-piede]
    Note: È consigliata l’esecuzione dei ‘test’ da parte di un professionista sanitario qualificato. Ciò al fine di garantire l’accuratezza diagnostica degli stessi.
Esempio pratico:

L’atleta presenta positività alla palpazione e al ‘test’ di sollecitazione del legamento peroneo-astragalico anteriore; Gli esami del legamento peroneo-calcaneare risultano negativi.

SINTESI TEORICO/PRATICA DELLA VALUTAZIONE DELLA DISTORSIONE LATERALE DI CAVIGLIA NELL’IMMEDIATO


Meccanismo di lesione

  • Improvviso cedimento verso l’esterno del complesso piede-caviglia associato ad un forte dolore in tale sede

Storia di precedenti distorsioni laterali di caviglia e/o degli arti inferiori

  • Precedente distorsione laterale di caviglia, calcificazione all’interno del retinacolo degli estensori al piede sinistro e sindrome di Haglund bilateralmente

Capacità di carico immediatamente dopo l’evento e durante la valutazione clinica in fase acuta

  • Capacità di caricare la caviglia per almeno quattro passi immediatamente dopo la lesione e durante la valutazione clinica

Valutazione clinica delle ossa

  1. Dolore nella ‘zona malleolare’, ma nessun dolore a livello del margine posteriore del malleolo mediale/laterale.
  2. Nessun dolore nella ‘zona del medio-piede’, ma dolore alla base del V° metatarso

Valutazione clinica dei legamenti

  • Positività alla palpazione e al ‘test’ di sollecitazione del legamento peroneo-astragalico anteriore
    Note: Solo le informazioni essenziali sono state inserite nel riepilogo dell’esempio pratico.

Note sul protocollo di valutazione

Tale valutazione rappresenta uno strumento per stabilire la gravità della lesione, escludere segni e sintomi di fratture e la conseguente necessità di ulteriori accertamenti in pronto soccorso.

La valutazione clinica delle ossa e dei legamenti necessita, per essere accurata, dell’esecuzione da parte di un professionista sanitario qualificato (medico dello ‘sport’, fisioterapista, ecc.).

È bene ricordare che al momento le uniche raccomandazioni che presentano elevato grado di evidenza scientifica sono le seguenti 2:

  • ‘Ottawa Ankle Rules’. Strumento di valutazione accurato e valido, che può essere utilizzato con atleti che hanno una sospetta frattura di caviglia/piede entro una settimana dopo il trauma iniziale.
    Per evitare l’uso non necessario di radiografie, le ‘Ottawa Ankle Rules’ sono raccomandate da medici di emergenza, medici generici e/o fisioterapisti come strumento di esame fisico primario per escludere l’eventuale presenza di fratture a livello del complesso del piede/caviglia;
    l’elevata sensibilità e specificità dell’esame obiettivo mediante il ‘test’ del cassetto anteriore sono ottimizzate se la valutazione clinica è ritardata di 4-5 giorni dopo il trauma. Le lesioni legamentose di caviglia sono classificate in: grado I, leggera distorsione di caviglia; grado II, moderata distorsione di caviglia con lesione parziale del legamento perone-astragalico anteriore; grado III, grave distorsione di caviglia con rottura totale del legamento peroneo-astragalico anteriore.
  • Nei casi in cui sia presente ematoma, accompagnato da dolore alla palpazione distale del perone o un ‘test’ del cassetto anteriore positivo, è probabile una rottura del legamento perone-astragalico anteriore.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

1 Delahunt E, Bleakley CM, Bossard DS, Caulfield BM, Docherty CL, Doherty C, Fourchet F, Fong DT, Hertel J, Hiller CE, Kaminski TW, McKeon PO, Refshauge KM, Remus A, Verhagen E, Vicenzino BT, Wikstrom EA, Gribble PA. Clinical assessment of acute lateral ankle sprain injuries (ROAST): 2019 consensus statement and recommendations of International Ankle Consortium. Br J Sports Med. 2018 Oct; 52(20): 1304-1310.

2 Vuurberg G, Hoorntje A, Wink LM, van der Doelen BFW., van den Bekerom MP, Dekker R, van Dijk CN, Krips R, Loogman MCM, Ridderikhof ML, Smithuis FF, Stufkens SAS, Verhagen EALM, de Bie RA, Kerkhoffs GMMJ. Diagnosis, treatment and prevention of ankle sprains: update of an evidence-based guideline. Br J Sports Med. 2018 Aug; 52(15): 956-970.

3 Stiell IG, Greenberg GH, McKnight RD, Nair RC, McDowell I, Reardon M, Stewart JP, Maloney J. Decision rules for the use of radiography in acute ankle injuries. Refinement and prospective validation. JAMA 1993 Mar; 269(9):1127-1132.

4 Beckenkamp PR, Lin CC, Macaskill P, Michaleff ZA, Maher CG, Moseley AM. Diagnostic accuracy of the Ottawa Ankle and Midfoot Rules: a systematic review with meta-analysis. Br J Sports Med 2017;51(6):504-10.

5 Esercizio terapeutico. Fondamenti e tecniche di Carolyn Kisner, Lynn Allen Colby John Borstad, edizioni Piccin-Nuova Libraria 

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Michele Vignoni

Fisioterapista | Specializzato in Orthopaedic Manipulative Phisical Therapist (PT, OMPT)
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Conscious Coaching – arte e scienza per creare sinergia

16 Novembre 2020 by Redazione

Consious Coaching_Il Coach_1

Mi presento brevemente: sono Stanislao Zama, preparatore atletico, titolare di SZ performance, tecnico nazionale Speed FASI, allenatore appassionato della performance in tutte le sue forme, onorato di allenare ed aver allenato atleti di ogni livello (giovanili, amatori, campioni europei e mondiali, qualificati alle olimpiadi e nazionali straniere).

Pensando alla nostra professione più che ai risultati ottenuti, possiamo riconoscere un atteggiamento comune: si lavora molto, ci si informa, si studia, si preparano allenamenti, si allena con impegno e dedizione assoluti e dopo tutto ciò che abbiamo messo in campo per ottenere il massimo, i risultati desiderati arrivano e gli obiettivi vengono raggiunti; non che siano la base fondamentale del nostro lavoro, ma sono quelli che ogni volta ci donano piccole sicurezze: sul lavoro che abbiamo svolto, sull’impegno e sul tempo che abbiamo investito per raggiungerli assieme ai nostri atleti.

E se non li raggiungiamo? Ci saranno altri fattori che avranno contribuito a mantenerci quel centesimo di secondo più lenti, quel centimetro più bassi o più corti, con quei kg in meno sul bilanciere rispetto a ciò che ci avrebbe permesso di raggiungere il tanto agognato obiettivo.

Quali fattori da considerare, nel raggiungimento di un obiettivo?

E allora è il momento di iniziare a valutare tutti i fattori che non rientrano nelle variabili dell’allenamento, che abbiamo già ponderato accuratamente mentre impostavamo la programmazione che ci avrebbe fatto raggiungere il nostro obiettivo.

Molti sono i fattori esterni che influiscono sulla performance: sonno, alimentazione, idratazione, stress, emozione e chi più ne ha più ne metta.

A volte, non tutto va come avevamo pianificato!

Mi sono sempre impegnato molto nella strutturazione dei programmi di allenamento: ogni ciclo, ogni esercizio, ogni dettaglio è scelto accuratamente e messo in pratica con il fine ultimo di ottenere quel minimo miglioramento aggiuntivo che nel medio, ma soprattutto nel lungo termine, permetterà ai miei atleti di avvicinarsi al loro obiettivo.

A volte, nonostante tutto, l’obiettivo ha continuato a mantenersi appena più in là, quel poco che lo rende irraggiungibile, che si trasforma in un muro insormontabile nella nostra mente quando non riusciamo a raggiungerlo con uno o più tentativi, e si allontana come un treno che passa in stazione senza fermarsi.

L'importanza della mente nella prestazione!

Proviamo ad osservare la situazione con un occhio soggettivo e l’unica cosa che notiamo è un minor coinvolgimento nell’allenamento, meno intento, meno voglia di fare.

Da dove deriverà tutto ciò?

Il nostro atleta si sarà svegliato male?

Non avrà voglia di allenarsi?

Sarà stanco?

È qui che intervengono gli argomenti trattati nel libro: quando pensiamo che tutto sia calcolato e preciso, quando crediamo che tutto sia stato considerato e ponderato… ecco che interviene il fattore fondamentale della prestazione: l’atleta e la sua testa.

Perché leggere Conscious Coaching?

Tengo a fare un’importante premessa: Conscious Coaching non è un libro che insegna a psicanalizzare i nostri atleti o a “entrare nelle loro menti per ottenere qualsiasi cosa”.

Se pensate di trovare contenuti del genere all’interno del libro, non leggetelo, rimarreste delusi.

Il testo di Brett Bartholomew ci insegna invece a capirci, perché non c’è uno stile di insegnamento uniformato che ci permetta di rendere qualsiasi interazione perfetta e qualsiasi allenatore “il migliore”.

E ci insegna a capire i nostri atleti, ognuno dei quali ha le sue caratteristiche peculiari: non dovremmo approcciarci a loro in base a come siamo fatti noi, ma dovremmo sempre tenere un occhio di riguardo a come loro ci considerano (o pensiamo ci considerino), per permetterci di creare un rapporto basato sulla trasparenza e sulla fiducia, che ci consentirà nel lungo termine di avere atleti più felici, sicuri, coinvolti nel processo di allenamento e più performanti.

In merito a ciò, essendo un fan della semplicità, ho apprezzato molto la lista di 13 consigli che l’autore descrive dopo la sezione sugli archetipi: li ritengo punti fondamentali che permettono ad ogni coach di avere dei riferimenti chiari su cosa NON fare, per poter compiere più passi avanti (e meno indietro) mentre cerchiamo di raggiungere assieme ai nostri atleti gli obiettivi che ci siamo posti.

Leggendo Conscious Coaching capiamo inoltre come, in certi casi, essere condiscendenti nella giusta misura ci possa aiutare a lavorare più efficientemente e soprattutto a costruire un ambiente migliore, in cui fiducia, rispetto e impegno regnino sovrani.

Conosciamo tutti quella sensazione che si prova quando la seduta di allenamento fluisce senza intoppi, le energie di ogni atleta sono al massimo, gli atleti hanno fiducia nell’allenatore, nella programmazione e gli allenatori a loro volta si fidano degli atleti, senza nessuna riserva: ogni ripetizione trasuda impegno, intento e convinzione.

Ecco, questi sono gli effetti del Conscious Coaching: un rapporto costruito in modo corretto con gli atleti, che permette un nuovo livello di coinvolgimento e che riesce così a creare quel particolare “ambiente anabolico” magico in cui ogni essere, appena vi entra, risulta come per incanto intriso di una speciale energia che gli consente di affrontare ogni allenamento con le energie e la voglia di vivere un’esperienza unica ed entusiasmante.

Questo è l’ambiente che, credo, tutti noi vorremmo avere all’interno delle nostre palestre, dei nostri campi e delle nostre piste, ma anche all’interno delle nostre scuole e dei nostri luoghi di lavoro, perché quando si creano dei rapporti positivi con le persone che ci stanno a fianco, non si può che accelerare ogni processo di miglioramento, cogliendo i frutti di quell’impegno preso, nei confronti dei nostri atleti, nel momento stesso in cui li abbiamo conosciuti, portandolo poi avanti in modo corretto.

Vi ringrazio di cuore se siete arrivati fino a questo punto e spero che questo libro vi aiuterà a migliorare il vostro approccio con tutti gli atleti, in particolare con quelli più difficili.

Stanislao Zama

 

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Stanislao Zama IlCoach

Stanislao Zama

Laureato in Scienze Attività Motorie Sportive | Tecnico nazionale Speed FASI
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Preparazione atletica nella pallavolo

9 Novembre 2020 by Redazione

Immagine1

Prima di iniziare a parlare di preparazione atletica nella pallavolo penso sia doverosa una premessa.

Una delle cose che la situazione sanitaria che stiamo affrontando mi insegna è che la parola dell’esperto non supportata da dati lascia il tempo che trova.

Purtroppo, parlando di sport di situazione, a differenza di quelli di prestazione, le variabili che influenzano i risultati non possono essere misurate in modo assoluto.

Per questo parlare di un sistema di lavoro che funzioni in modo inconfutabile non è possibile.

Le squadre più forti sono quelle che si allenano meglio?

Non è vero che utilizzare i metodo di preparazione delle migliori squadre significhi utilizzare il miglior metodo di preparazione.

Allo stesso modo, utilizzare il metodo di preparazione di una squadra “perdente” non è sinonimo di utilizzare un metodo di preparazione scadente.

Se, invece, il volley dipendesse da gesti misurabili in modo indiscutibile, quali salto verticale ad esempio, basterebbe confrontare i miglioramenti delle diverse squadre per capire quali sono i migliori metodi di preparazione.

In ogni caso, un'analisi delle richieste dello sport in questione può guidare la scelta dei mezzi e metodi di allenamento.

Per fare questo partiamo analizzando il modello prestativo.

Analisi del modello prestativo della pallavolo

Nella pallavolo internazionale un’azione dura mediamente 4’’ nel maschile e 7’-8’’ nel femminile.

Queste azioni, escludendo time-out o video check, sono intervallate da pause di 18’’.

Focalizzando l’attenzione sulla palla si può affermare che i giocatori sono coinvolti in azioni di alta intensità per svariati secondi.

Se così fosse l’aspetto metabolico potrebbe avere un influenza considerevole.

Un’osservazione più attenta individua invece che la maggior parte dei giocatori in campo viene coinvolta in azioni di alta intensità per periodi molto più brevi, ad esempio una battuta, oppure un attacco o un muro, mentre la restante parte del tempo di gioco questi lavorano ad intensità modeste e fanno gesti quali prendere una posizione per poi rimanerci, mi sto riferendo alle posizioni in ricezione, difesa o copertura.

Da questa più attenta analisi risulta quindi che i giocatori svolgono azioni ad alta intensità di brevissima durata (semplificando diciamo intorno al secondo), intervallate da intensità di lavoro blande o nulle.

Da questa seconda analisi possiamo dire che l’aspetto metabolico nel volley non riveste un ruolo rilevante.

Non penso nessuno abbia memoria di un giocatore di volley con il "fiatone".

Figura 1: Solo alcuni giocatori sono impegnati in azioni esplosive, altri occupano in una posizione statica.
Figura 1: Solo alcuni giocatori sono impegnati in azioni esplosive, altri occupano in una posizione statica.

La stanchezza nella pallavolo

Eppure i giocatori si stancano, alla fine dei set o delle partite o ancora più evidente è che alla fine di tornei i giocatori sono stanchi.

Al riguardo tutti gli addetti ai lavori che vengono dall’atletica sanno che questa stanchezza è nervosa e non metabolica.

Ma è possibile limitare questo affaticamento?

Ecco, a mio parere gli aspetti più influenti al riguardo sono:

  • la tecnica, la quale porta ad economia dei gesti
  • la tattica che invece consente di risparmiare le energie attentive (ognuno ha un compito ben preciso e vengono in questo modo limitate la variabili da tenere sotto controllo).

A questo punto qualcuno si chiederà a cosa serve un preparatore in una squadra di volley, dato che tecnica e tattica permettono di preservare le energie e che queste sono di competenza dell’allenatore?

L'importanza della preparazione atletica nella pallavolo

Il compito di un preparatore riguarda:

  • il miglioramento della prestazione di forza, diciamo esplosiva per semplificare;
  • la prevenzione degli infortuni cornici.

Quest’ultimo è un aspetto che mi sta particolarmente a cuore.

Perché mi riferisco ad infortuni cronici e non acuti?

Quei dolori che si manifestano gradualmente e che portano ad un lento declino della prestazione possono e devono essere affrontati, viceversa è molto difficile ridurre in modo assoluto il rischio di infortuni acuti.

Si pensi ai più tipici della pallavolo, distorsioni alle caviglie o alle ginocchia, dipendenti spesso dal comportamento di compagni o avversari.

Al riguardo il preparatore atletico non può essere il responsabile di questo genere di problematiche.

Tornando ai compiti del preparatore, riduzione degli infortuni ed aumento della prestazione sono un connubio.

Infatti chi ha conoscenze in merito, sa che il dolore riduce la prestazione di forza.

Questo sintomo è in grado di ridurre gli impulsi nervosi che arrivano nella zona dolente e questo meccanismo è indipendente dalla volontà.

Quindi è importante ricordare che la prestazione decade immediatamente quando si è in presenza di dolore.

Figura 2: L’atletismo contribuisce ad aumentare l’efficienza.
Figura 2: L’atletismo contribuisce ad aumentare l’efficienza.

Spostandoci alla componente prestativa, si era accennato al fatto che i risultati della pallavolo non siano per forza dipendenti dalla condizione fisica assoluta, in pratica non è detto che la squadra che possiede i giocatori con maggiore atletismo vinca sempre.

In ogni caso generalmente, possedere elevate capacità atletiche facilita il rendimento in campo.

Si pensi a giocatori dotati di grande elevazione, questi verranno ostacolati di meno dal muro avversario.

Figura 3: La fase di caricamento del colpo d’attacco premette di stirare la catena crociata anteriore. Questo si traduce in accumulo di energia potenziale.
Figura 3: La fase di caricamento del colpo d’attacco premette di stirare la catena crociata anteriore. Questo si traduce in accumulo di energia potenziale.

Analisi del gesto motorio specifico nella pallavolo

Tra i gesti specifici dello sport, quello dell’attacco è probabilmente quello che richiede le maggiori competenze atletiche.

Per eseguirlo in modo efficace è richiesta elevazione e potenza di braccio.

Ora se da un lato sono abbastanza conosciuti i mezzi di allenamento per migliorare l’elevazione (sviluppo della forza degli arti inferiori) risulta invece meno intuitivo il sistema di trasferimento di forza sulla palla.

Al riguardo è fondamentale la presa di coscienza che il colpo d’attacco si serve del gesto del lancio come schema motorio di base.

Questo gesto si sviluppa grazie al trasferimento del peso dal piede posteriore a quello anteriore e alla conseguente rotazione del corpo che crea una forza veloce dalle anche alle spalle che a sua volta permette di accelerare il braccio.

Il trasferimento di energia potenziale dipende quindi dalla velocità di spostamento del peso dal piede posteriore a quello anteriore (dettata dalla capacità di accelerazione) e dalla capacità di trasmettere questa energia potenziale dal corsetto addominale.

Al riguardo i gruppi muscolari coinvolti sono rappresentati della catena crociata posteriore (per un destrimane tricipite surale, ischio-crurali, gluteo sinistro e gran dorsale destro) che crea stiramento ed accumulo di energia potenziale sulla catena crociata anteriore (flessori d’anca, adduttori e obliquo interno sinistro insieme a obliquo esterno e dentato destro) che accorciandosi permette di ruotare velocemente la spalla.

Osservando il meccanismo di produzione della forza sembra evidente che esercizi quali distensione su panca con manubri o bilanciere siano mezzi di allenamento scadenti per questo tipo di prestazione.

Tutt’altra valenza hanno invece i piegamenti sulle braccia ed ancora di più quelli su un solo braccio.

Chi sa eseguire quelli ad un braccio può facilmente comprendere che la muscolatura coinvolta è proprio quella della catena crociata anteriore.

Figura 4: Diversi sport si servono dello stesso schema motorio di base. Tirare un giavellotto, lanciare una pallina da baseball o fare una schiacciata nella pallavolo utilizzano lo schema motorio del lancio.
Figura 4: Diversi sport si servono dello stesso schema motorio di base. Tirare un giavellotto, lanciare una pallina da baseball o fare una schiacciata nella pallavolo utilizzano lo schema motorio del lancio.

La prevenzione degli infortuni cronici nella pallavolo

Prima vi ho detto che il ruolo del preparatore atletico è fondamentale per la riduzione degli infortuni cronici.

Ricordando che la tecnica spesso è l’aspetto che più influenza il risparmio articolare, l’allenamento dovrebbe occuparsi della salute di spalle, schiena e ginocchia su tutti.

Per ridurre problematiche della spalla in genere è utile allenare i rotatori intrinseci (rotazioni mediali e laterali), la stabilità della scapola promuovendo gli esercizi di tirata rispetto a quelli di spinta e la mobilità toracica.

Il miglioramento della salute della colonna passa per il miglioramento della mobilità delle anche e la stabilizzazione della cintura addominale.

Squat, stacchi e sollevamenti olimpici non solo influenzano lo sviluppo della potenza degli arti inferiori ma migliorano ROM di questo segmento ed insegnano a limitare il movimento della colonna lombare.

Infine la stabilità del ginocchio essendo conseguenza del controllo dell’anca sul piano frontale e trasverso viene allenata attraverso gli esercizi monopodalici (squat e stacchi ad una gamba).

In ultima nota è doveroso ricordare che l’aumento della stabilità influenza direttamente la prestazione riducendo la dispersione di “energie mal direzionate

Fabrizio Vitali

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