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Gli sprint contro resistenza per migliorare l’accelerazione

22 Novembre 2020 by Redazione

Sled-Corso-accelerazione-traino-Parma-2018

L’allenamento con resistenze negli ultimi anni ha ottenuto molte attenzioni da parte della comunità scientifica per via della sua complessità e della varietà che esso offre.

Durante la mia review della letteratura scientifica, effettuata come prova finale per la mia laurea, ho voluto provare a identificare quale fosse il miglior metodo di allenamento contro resistenza per poter migliorare la capacità di accelerazione per quanto riguarda l’atletica leggera.

Fattori che determinano una corretta accelerazione

Partiamo parlando di come l’accelerazione sia il rapporto del cambiamento di velocità di un oggetto rispetto al tempo, partendo da questo concetto si possono analizzare alcuni fattori che distinguono una buona capacità di accelerare che sono aspetti fisiologici, morfologici ed anatomici, come ad esempio:

  • l’antropometria di un atleta;
  • la lunghezza e la frequenza del passo nei primi appoggi.

All’interno dei primi 7/9 appoggi di un 100 metri si “crea” il 75% circa della nostra accelerazione grazie a un’azione pistone al suolo dei primi appoggi, con recupero radente al suolo degli arti inferiori e soprattutto con l’aiuto delle braccia che andranno a bilanciare, grazie a una loro azione di “swing” molto vigorosa, l’azione delle gambe.

Parlando di angoli: il busto e le tibie dovranno trovarsi parallelamente tra i 40 e 45 gradi e successivamente questi angoli andranno ad aprirsi sempre di più fino ad arrivare alla fine dell’accelerazione.

Gli sprint contro resistenza per allenare l'accelerazione

Avendo chiari questi concetti si può iniziare a capire come andare ad allenare questa parte fondamentale per una gara come ad esempio i 60/100 e 200 metri, ma anche per sport di squadra dove sono richiesti sprint quali rugby, calcio e ad esempio football americano.

Ovviamente conosciamo i principi della forza speciale che viene utilizzata per generare una risposta specifica per un determinato sport, tra queste appunto abbiamo l’allenamento contro resistenza.

Per allenamento con resistenza si intende quella tipologia di allenamento nel quale utilizziamo ad esempio:

  • un giubbotto zavorrato;
  • un traino o prowler;
  • delle salite per effettuare sprint;

Il giubbotto zavorrato

Per quanto riguarda il giubbotto zavorrato emerge come anche solo con un’aggiunta del 15/20% di peso rispetto alla massa dell’atleta i tempi aumentano sensibilmente del 7.5/10% sui 10 metri, rivelando come l’aumento di volume sulla zona del tronco porti a limitazioni dell’azione delle braccia quindi causando successivamente problemi al ciclo delle gambe rendendolo si più rapido ma meno efficace per quanto riguardi la sua lunghezza.

La corsa in salita

Le corse in salita sono state studiate molto poco per difficoltà nella standardizzazione delle medesime, ma si è analizzato come essa vada a creare modificazioni dell’azione di corsa perché porta l’atleta a un’esagerazione degli angoli durante la sua corsa e quindi a un rischio di modificazioni non volute della meccanica di corsa

La corsa con il traino

Si tratta del mezzo di allenamento, tra i 3 proposti, più dibattuto negli ultimi anni e oggetto di numerose ricerche dal 2008 ad oggi

Si può notare come gli studi che presentano una vera validità purtroppo siano pochi.

Cosa intendo con questo?

Voglio dire che purtroppo pochi studi sono stati eseguiti con una metodologia chiara.

Le variabili da considerare nell'allenamento con il traino

La prima variabile che influenza la percezione del carico e la tecnica del nostro atleta è la tipologia di traino usato, in primis la differenza tra traino e prowler che riguarda gli angoli a cui sottoponiamo il nostro atleta, maggiori per quanto riguarda il prowler che per il traino, per il peso utilizzato, nettamente maggiore nel prowler, ed infine per la tecnica che viene influenzata da esso, nel prowler viene tolto l’utilizzo delle braccia e vengono richiesti angoli più chiusi al nostro atleta.

Un'altra variabile è il tipo di superfice utilizzata per questo genere di allenamento

Si è visto, infatti, che utilizzare il traino su una superfice come un campo in erba sintetica, in erba naturale oppure su una pista di atletica possa influenzare la percezione del carico da parte del nostro atleta notevolmente dal 15 al 20%.

Qual'è il carico ottimale nell'allenamento con il traino?

Alcuni studi si son concentrati sulla ricerca di un carico ottimale per migliorare l’espressione di forza orizzontale prodotta, attestandolo intorno al 69-96% della massa corporea del nostro atleta, ovviamente dipendente dalle variabili precedenti.

Parlando di carico ottimale però è stato notato come invece di basarsi semplicemente sulla massa corporea del nostro atleta bisognerebbe invece andare a vedere la riduzione che il carico porti alla velocità generata.

Purtroppo ci sono ancora poche evidenze scientifiche a riguardo ma una riduzione di velocità tra il 20-40% sembrerebbe poi ottimale per l’espressione di forza orizzontale.

Conclusioni

Ognuno di questi studi mette in risalto come ci siano ancora molte ricerche a riguardo, su ognuna delle tipologie di allenamento con il carico, e che soprattutto non esistano studi sul come periodizzare questo carico durante l’anno e se sia meglio un carico pesante per concentrarsi su aspetti più tecnici e un carico più leggero per espressione di potenza.

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Filed Under: Allenamento della forza, Biomeccanica della corsa, News, Sprint-Velocità Tagged With: accelerazione, sled, sprint, sprint contro resistenza, traino, velocità

Alla ricerca del traino perfetto.

28 Novembre 2019 by Redazione

Traino 1

In questo articolo ti proponiamo la traduzione di un pezzo molto interessante di Cameron Josse, pubblicato sul sito SimpliFaster con il titolo “Maximum Power Sled Sprinting for American Football”.

L’autore ci spiega quali siano i principali fattori fisiologici e biomeccanici coinvolti in un lavoro con il traino, come di recente sono stati indagati da autori quali Morin, Samozino e Cross.

Poi fa una lista delle grandezze fisiche collegate all’allenamento contro-resistenza.

Conclude proponendo un caso reale di un ciclo di allenamento proposto a 4 giocatori di football americano, che hanno potuto utilizzare la “scintillante” 1080 Motion Sprint Machine.

Football Americano? E che c’entra con l’atletica leggera, ti chiederai?

La tecnica e la biomeccanica dell’accelerazione e dello sprint è una sola, tant’è che ormai da tempo gli sport di squadra dove è necessaria una fase di accelerazione hanno saputo prendere spunto da numerosi studi sulla fase accelerativa dell’atletica leggera, inoltre molti allenatori di sprinter sono stati chiamati a fare consulenze al football americano, calcio e rugby proprio per la necessità di migliorare le abilità accelerative soprattutto per i ruoli dove necessario essere in grado di correre veloce.

E gli sprint contro resistenza sono stati un modo per molti allenatori di atletica di combinare le necessità tecniche con quelle condizionali.

Impariamo anche noi allenatori di atletica a prendere informazioni, spunti e ad arricchirci guardando quanto fanno in altri sport.

Gli spunti che possiamo ricavare da questo articolo sono notevolissimi rispetto ad un mezzo, il traino, che secondo la tradizione nostrana viene spesso affrontato con una certa superficialità.

Anche lo sprint con il traino, tradizionalmente considerato mezzo speciale e quasi sempre affrontato con un approccio grossolanamente empirico, può essere oggetto di una programmazione che può seguire una struttura ragionata, differenziata e calibrata nel corso della stagione.

Se possiedi una la 1080 il gioco è molto più facile.

Peccato per il costo davvero elevato del macchinario.

Ma vogliamo darti una buona notizia. 

La fisica è sempre la stessa e, con un po’ di pazienza in più, e la voglia di far due conti, potrai ottenere (quasi) gli stessi risultati con la vecchia slitta che ognuno di noi ha al proprio campo.

Ti ricordiamo che tratteremo nel dettaglio questi aspetti al nostro corso dedicato al traino, che si terrà a a Siena il 12 dicembre:

RESISPRINT TRAINING DAY

Alla ricerca del traino perfetto

Maximum Power Sled Sprinting for American Football

Il mio capo Joe DeFranco ha sempre sostenuto a gran voce l’opinione secondo la quale l’utilizzo degli sprint con il traino pesante a carico variabile sia un mezzo che può dare come risultato una migliore performance nello sprint, in particolare con i giocatori di football americano.

Io ho iniziato con il sistema di allenamento di DeFranco nel 2008, quando ero un giocatore di football dell’high school di 17 anni.

A quel tempo avevamo a disposizione una piccola struttura che non aveva accesso a nessuno spazio all’aperto se non l’asfalto nel parcheggio.

Joe ha dovuto essere creativo e la creatività ha portato a parecchie variazioni di sprint con traino pesante.

Spinte della slitta, traini, supervelocità… o come volete chiamarli!

Joe aveva sempre un cronometro attorno al collo e prendeva il tempo di ogni ripetuta. Non importava quale fosse la resistenza sulla slitta, dovevamo cercare di dare il meglio e di far registrare il tempo più veloce.

Nonostante non avessimo lo spazio sufficiente per correre gli sprint, tutti notavamo che questo allenamento con il traino ci rendeva più veloci.

Sembrava che la nostra abilità nell’accelerazione migliorasse considerevolmente.

Tuttavia, per la mancanza di uno spazio simile a quello di un campo, era difficile capire se le nostre prestazioni nella corsa veloce fossero effettivamente migliorate.

Avere determinate sensazioni ha un certo significato, ma cosa avrebbero detto i dati dei tempi effettivamente misurati?

Successivamente la palestra di DeFranco fu trasferita in una nuova struttura, che aveva a disposizione una striscia di 30 iarde di prato sintetico.

Non era sicuramente la miglior distanza disponibile per un allenamento di sprint, ma potevamo lavorare sulle partenze e su 10 iarde di corsa libera.

A quel punto, con l’aiuto di un cronometraggio totalmente automatico (FAT), Joe avrebbe avuto la possibilità di misurare 10 iarde di corsa libera e vedere se il lavoro con il traino pesante stava dando i suoi frutti per il miglioramento delle prestazioni.

Quello che Joe verificò è che i tempi negli sprint miglioravano dopo un ciclo di lavoro con il traino pesante.

In uno sport dove è così importante sopravanzare la direzione della palla per la ricezione, questa sembrava essere una capacità molto importante per i giocatori di football americano.

Un fattore fondamentale: la produzione di Forza Orizzontale

Recentemente, i lavori di JB Morin, Matt Cross, Pierre Samozino, Matt Brughelli, Scott Brown, e molti altri hanno cercato di rendere il concetto di miglioramento attraverso l’utilizzo della corsa con il traino, o comunque contro-resistenza, più accessibile e più facile da capire e da misurare.

Uno dei concetti più importanti che ho letto dai ricercatori sopra menzionati è stato che gli sprinter di élite sono capaci di produrre più alti livelli di forza orizzontale netta a velocità più alte rispetto agli sprinter di livello più basso.

È importante spiegare cosa si intenda per ”forza orizzontale netta”.

Cosa si intende per forza orizzontale netta.

Ad ogni passo, uno sprinter produce una forza sul terreno che può essere distinta sul piano sagittale del movimento nelle componenti di forza verticale e forza orizzontale.

La combinazione delle forze verticale e orizzontale sul piano sagittale è conosciuta come forza risultante, o semplicemente come la forza che risulta da questa combinazione.

La forza orizzontale netta descrive la forza che viene generata per spingere il corpo orizzontalmente.

Quando si sta correndo, il contatto con il terreno con maggiore forza orizzontale netta risulterà in una maggior propulsione sul piano sagittale.

Le prese di contatto con il terreno caratterizzate da minor produzione di forza orizzontale netta possono determinare forze frenanti inefficienti che derivano dall’influenza verticale.

Per chiunque stia provando a sprintare da un punto A ad un punto B, la produzione di forza orizzontale risulta certamente essere un’amica.

Quando un atleta sprinta, cercherà di spingersi in avanti (avanzare) applicando forza sul terreno e producendo forza orizzontale netta ed impulso, che è la forza moltiplicata per il tempo di contatto sul terreno.

Tuttavia, nel momento in cui l’atleta raggiunge la massima velocità, la produzione di forza orizzontale netta si abbasserà inevitabilmente e la forza verticale diverrà predominante, perché gli atleti devono lavorare contro la forza di gravità che è orientata verticalmente.

Come è stato prima menzionato, i migliori sprinter sono capaci di posticipare questa “caduta inevitabile” e di continuare a produrre un alto rapporto di forza orizzontale (netta) a velocità sempre superiori.

Quindi, a questo punto, la domanda diventa:

Se gli atleti meno efficienti producono alti rapporti di forza netta verticale, come possiamo far eseguire loro lavori che aumentano la durata della forza orizzontale netta?

Per JB Morin ed i suoi colleghi, la risposta può essere trovata nell’utilizzo del traino pesante e nella ricerca di un carico “ottimale” con il quale gli atleti e gli sprinter massimizzino la propria potenza ed i rapporti di forza orizzontale netta nella dinamica dello sprint.

Quale è il carico ottimale per massimizzare la potenza

Una ricerca condotta da Matt Cross sul “Carico ottimale per massimizzare la potenza negli esercizi di traino” è stata pubblicata nel 2016 ed ha destabilizzato il mondo dello sport di prestazione.

Tradizionalmente, le raccomandazioni per le esercitazioni con traino erano di utilizzare non più del 10% del peso corporeo oppure un carico che determinasse un peggioramento nella performance di sprint non superiore al 10%.

Tuttavia, in questa ricerca, Cross ed i suoi colleghi hanno raccomandato che, per raggiungere la massima potenza, la velocità dei movimenti avrebbe dovuto essere rallentata del 48-52 % della massima velocità ed il carico sulla slitta avrebbe dovuto essere tra il 69-91% del peso corporeo per gli atleti di sport a contributo energetico misto ed addirittura del 70-96% per gli sprinter.

Sicuramente una follia, giusto?

Bene, prima di prenderli per matti, proviamo a considerare cosa  hanno misurato ed il significato di queste misurazioni.

Di seguito sono riportate una lista di misurazioni che possono essere utilizzate per quantificare meglio la prestazione di uno sprinter. Ho fatto del mio meglio per fornirne una definizione e per spiegare in maniera semplice cosa significhino.

V0 (m/S):
  • La teorica velocità massima di corsa se le resistenze meccaniche al movimento fossero nulle o pari a 0. Questa velocità è leggermente superiore alla velocità massima reale dell’atleta.
  • Fondamentalmente, questa descrive il più alto potenziale di velocità dell’atleta e può essree utilizzato per determinare i carichi di allenamento rapportati in percentuale alla massima velocità.
F0 (N/Kg):
  • La forza massima teorica orizzontale prodotta per unità di massa corporea. Questa corrisponde alla spinta iniziale dell’atleta sul terreno durante l’accelerazione.
  • A valori più alti corrisponde maggiore forza orizzontale prodotta.
P max (W/Kg):
  • La massima capacità di espressione di potenza orizzontale, per unità di massa corporea, nella fase di accelerazione dello sprint. Questa è la miglior combinazione teorica ottimale tra forza e velocità, e graficamente può essere espressa come l’apice della curva di secondo grado che esprime la relazione del polinomio di secondo grado potenza-velocità (bisogna pensare al più alto punto di un grafico di una curva di potenza).
  • In definitiva, questo è l’obiettivo da massimizzare in un allenamento dello sprint. Una volta che la relazione tra forza e velocità è bilanciata per un individuo, l’intento diventa quello di produrre la maggior potenza orizzontale possibile.
F opt (N/Kg):
  • La produzione di forza teorica ottimale per consentire la massima potenza orizzontale.

Questa è considerata in contrasto con la velocità teorica ottimale.

  • Esprime quanta forza è necessaria per ottimizzare e massimizzare la manifestazione di potenza orizzontale.
V opt (m/s):
  • La produzione di velocità teorica ottimale raggiunta per consentire la massima potenza orizzontale.

Questa è considerata in contrasto con la forza teorica ottimale.

  • Esprime la misura della velocità di corsa necessaria per ottimizzare e massimizzare la manifestazione potenza orizzontale. Se un atleta produce il proprio miglior sforzo contro una resistenza che lo porta a correre alla V opt allora l’espressione di potenza sarà massimale.
Lopt (Kg):
  • Il carico teorico ottimale (carico di un traino) necessario per consentire la massima potenza orizzontale.
  • Per questa ragione diviene importante testare ed allenarsi sullo stesso tipo di superfici in modo che i differenti coefficienti di attrito non vadano a falsare la precisione dei calcoli. Ad esempio, un traino di 150 libbre tirato su un prato sintetico potrebbe scivolare più agevolmente che non sulla gomma di una pista di atletica.
RF (%):
  • Rapporto di forza. Questo fondamentalmente descrive quanta parte della forza totale applicata al terreno risulterà come produzione di forza orizzontale netta.
  • Gli atleti che esprimono forza efficientemente in modo che diventi maggiore la forza orizzontale netta, presenteranno un valore più alto rispetto a quelli che invece producono un più alto livello di forza verticale. A parità di condizioni, migliore risulta questo rapporto, e maggiore è il livello di forza orientata orizzontalmente, e la propulsione orizzontale risulta più efficace.
D rf:
  • Il tasso di decrescita della forza in rapporto alla crescita lineare della velocità all’aumentare di questa nella fase di accelerazione. È inevitabile che la forza orizzontale netta diminuisca al raggiungimento della massima velocità, e questo valore può determinare l’abilità dell’atleta nel la produzione della forza orizzontale all’aumentare dell’andatura.
  • Per esempio, l’Atleta A ottiene un valore di 0.10 mentre l’Atleta B ottiene un valore di 0.05. Questo significa che l’atleta A perderà approssimativamente il 10% di forza orizzontale netta ad ogni aumento di velocità di 1 m/s, mentre l’Atleta B perderà soltanto il 5 % di forza orizzontale netta. Per questo l’Atleta B risulta avere una capacità di applicazione di forza più efficace durante l’accelerazione.
  • Occorre sottolineare che questo range di valori è quello che distingue gli atleti di classe internazionale dagli amatori.

Quindi, cosa migliora l’accelerazione?

Così, da quanto appare in questa ricerca, sembra che il miglioramento dell’accelerazione risulti dipendente in maniera significativa dalla identificazione della combinazione ottimale di forza orizzontale e velocità (massima potenza orizzontale), migliorando il rapporto di produzione di forza sulla direzione orizzontale (eliminando inutili dispersioni di forza sull’asse verticale), e prolungando il più possibile l’applicazione di forza orizzontale mentre la velocità aumenta ad ogni passo.

Dovrebbe essere detto che durante uno sprint libero, la potenza massima solitamente viene raggiunta entro un secondo, e la restante parte dell’accelerazione porta gli atleti a correre a velocità che sono superiori a quella ottimale (Vopt)

I traini sono “una follia” per creare un carico aggiuntivo sul piano orizzontale e per migliorare le capacità di forza orizzontale.

Sprintare con un traino è anche presumibilmente l’esercizio di forza più specifico che un velocista possa fare.

Per questo, l’individuazione del carico per la forza massima individualizzato per la massima potenza (la L opt) dovrebbe mettere l’atleta nella migliore condizione per migliorare la massima potenza orizzontale gli alti carichi del traino dovrebbero anche portare a miglioramenti nel RF e nell’abbassamento della percentuale del D rf.

Nella ricerca di Cross et al. (2016) è stato trovato che il L opt si ha con un carico situato tra il 69 ed il 96 % del peso corporeo dell’atleta.

Ho ripensato a come Joe DeFranco avesse registrato miglioramenti nelle prestazioni di sprint utilizzando l’allenamento con un traino molto pesante.

Stava facendo crescere le grandezze sopra menzionate della produzione efficace di forza e stava aiutando la massimizzazione della potenza orizzontale senza rendersene conto completamente?

Joe ha testato solamente sprint liberi di 10 iarde e sprint più lunghi nel contesto di allenamenti combinati con potenziali giocatori di Nfl, a causa degli spazi limitati della nostra vecchia struttura di allenamento.

Fortunatamente per noi, la nostra struttura attuale ha un intero campo da football e una pista appena attraversata la strada – una perfetta situazione per i lavori di sprint di qualsiasi distanza.

Abbiamo a disposizione a nche una 1080 motion Sprint machine, che io amo chiamare il “sacro gral” degli strumenti per gli sprint contro resistenza.

Si, ho pensato fra me e me…proviamo a fare questi traini pesanti e vediamo cosa succede!

Il traino ottimale, il mio caso di studio!

Al tempo di questo progetto, io stavo allenando 4 giocatori di Nfl svincolati: 2 linebacker e due running back.

Ho voluto vedere come l’allenamento su una distanza costante di 20 iarde con un carico individualizzato avrebbe avuto effetto sulla loro capacità di sprint libero sulle 20 e sulle 40 iarde.

Il primo passo è stato capire quali fossero i loro tempi sullo sprint libero, cosa che ho testato con l’utilizzo di un sistema FAT (totalmente automatico).

Questo significa che sia lo start che l’arrivo sono stati presi in maniera totalmente automatica, con un moto sensore che prendeva la partenza ed un laser che prendeva l’arrivo. Ho provato ad eliminare il più possibile l’errore umano.

Dovrebbe essere assolutamente considerato che il margine di errore tra un tempo FAT ed uno manuale (preso con un cronometro) solitamente viene quantificato in 0.24 secondi.

Questo è importante perché ho constatato cosa significano questi 24 centesimi di secondo. Significa che se un giocatore può correre uno scatto di 40 iarde in 4.50 secondi quando il tempo viene preso dall’allenatore con un cronometro, risulta molto probabile che lo stesso sprint preso con cronometraggio elettrico risulterà di 4.74 secondi.

Per questo è facile azzardare l’ipotesi che ai tempi riportati nella tabella sottostante andrebbero diminuiti di 0.24 se fossero stati presi manualmente.

Tabella 1. Mentre stavo pianificando il programma di allenamento con traino pesante, decisi che avrei seguito le linee guida di carico riportate nello studio di Cross et al. (2016) e dopo avrei fatto seguire 4 settimane di allenamento utilizzando un “carico ottimale” una volta a settimana. Per fare questo, dovetti trovare il carico che corrispondeva al 48-52% della massima velocità di ciascun soggetto. Decisi di basarmi su questa velocità media piuttosto che sul picco di velocità raggiunto da ciascun soggetto; la velocità media avrebbe descritto un quadro piuttosto preciso dei miglioramenti sull’intero tratto di 20 iarde piuttosto che di un momento istantaneo.

Tabella 1. Mentre stavo pianificando il programma di allenamento con traino pesante, decisi che avrei seguito le linee guida di carico riportate nello studio di Cross et al. (2016) e dopo avrei fatto seguire 4 settimane di allenamento utilizzando un “carico ottimale” una volta a settimana. Per fare questo, dovetti trovare il carico che corrispondeva al 48-52% della massima velocità di ciascun soggetto. Decisi di basarmi su questa velocità media piuttosto che sul picco di velocità raggiunto da ciascun soggetto; la velocità media avrebbe descritto un quadro piuttosto preciso dei miglioramenti sull’intero tratto di 20 iarde piuttosto che di un momento istantaneo.

La cosa assolutamente bella della 1080 sprint machine è la quantità di informazioni che ti dà.

L’apparecchiatura non solo ti registra i tempi elettrici di ogni sprint, ma ti mostra anche i picchi e le medie della forza, la potenza, la velocità oltre ad un grafico che mostra ogni passo di ogni singolo sprint effettuato.

La macchina può essere impostata secondo un’ampia gamma di resistenze possibili.

Figura 2. Innanzitutto i dati mostrano in maniera coerente che c’è un coefficiente di attrito del 35% considerando la superficie di un prato sintetico. Questo significa che per ogni impostazione della macchina, il numero andrebbe diviso per 0.35 per avere una simulazione più precisa di quello che accadrebbe con un carico dello stesso tipo che venisse montato su un normale traino caricato con dischi. Quindi, se noi siamo sulla superficie di un campo da football e l’impostazione della macchina è di 10 kg, dovrebbe dare la sensazione di trainare una slitta caricata con 29 kg (63 libbre). Sotto è riportata una tabella di conversione che tiene conto del coefficiente di attrito

 

Figura 3
Per ricavare la massima velocità media (Vo) sulle 20 iarde, testai ogni giocatore sullo sprint di 20 iarde con carico incrementale impostando la 1080 su: 3kg, 8kg,15kg, 20kg, 22kg, 24 kg, 26kg, 28kg, e 30kg (il carico più alto consentito dalla macchina). Successivamente presi i dati medi di velocità ottenuti dalla Sprint 1080 ed ho tracciato i numeri dei valori del carico contro resistenza usati per ogni punto su un asse cartesiano XY lungo un diagramma di dispersione in Excel.

Mi sono assicurato poi che la fossa fosse visualizzata in modo che potessi vedere dove sarebbe occorsa l’intersezione con l’asse delle y. Questo punto sarebbe teoricamente andato ad indicare il Vo, fintanto che il coefficiente di determinazione (R^2) fosse più alto di 0.96.

Tutti i miei ragazzi hanno riportato un valore R^2 come minimo di 0.97, cosa che mi ha rassicurato sul fatto che i valori delle velocità costituissero una rappresentazione accurata dei loro massimali teorici.

Figura 4 Una volta che ho avuto in mano questi numeri, la 1080 mi avrebbe potuto dire il resto. Sono semplicemente entrato con i dati dei test ottenuti nell’ App della 1080 e ho trovato il carico che corrisponde al 48/52% della velocità media, Ad esempio, uno dei miei running back aveva una V0 di 8.25 m/s, quindi ho cercato il carico che gli permettesse di correre fra 3.96 e 4.29 m/s.

Figura 5. Dal momento che la 1080 è in grado di fornire dati in tempo reale ad ogni ripetizione, decisi che se qualcuno dei giocatori avesse iniziato a correre più velocemente rispetto al 48/52 % del suo V0 stimato, avrei cambiato l’impostazione del carico aumentandolo di 2 kg. Questo mi consentiva di autoregolare il processo e assicurava sempre che il giocatore avrebbe corso contro il carico che l’avrebbe portato nel range del 48/52%. Tuttavia, se qualcuno dei giocatori avesse raggiunto l’impostazione di 30 kg (la massima consentita dalla 1080), allora quello avrebbe semplicemente cercato di correre più forte di ripetizione in ripetizione.

 

Come è stato svolto il programma di allenamento

Le sessioni con la 1080 erano eseguite una volta a settimana.

Prima di lavorare con la sprint 1080 gli atleti eseguivano prove a basso volume, lavoro di sprint liberi di 10-20 iarde che seguivano immediatamente il riscaldamento per mantenere uno stimolo di velocità specifico agli sprint senza carico.

Successivamente dovevano fare 4 traini di 25 iarde utilizzando il proprio carico ottimale individualizzato. Il programma di allenamento prevedeva 25 iarde per essere sicuro che 20 iarde fossero corse alla massima intensità.

Infine chiedevo loro di eseguire alcuni sprint extra a carico leggero per far percepire loro una sorta di potenziamento derivante dal lavoro con i carichi pesanti.

Questi lavori con i traini leggeri erano eseguiti per 25-45 iarde con l’obiettivo di correre sull’85-90% delle velocità possibili per quei tratti corsi senza traino.

 

 

Diamo un’occhiata ai risultati

E quindi, cosa è successo?

Bene…è successo parecchio.

La prima cosa degna di nota è osservare che dalla quarta settimana, 3 dei 4 giocatori stavano utilizzando l’impostazione a 30 kg, il che significa che avevano raggiunto il più alto livello di resistenza utilizzabile con la 1080 sprint machine, l’altro giocatore, il linebacker, è rimasto su un carico costante di 28 kg dalla prima alla quarta settimana. La progressione è esposta nella figura 7.

Figura 7

La ricerca di Cross et al. (2016) ritiene che il range in cui si trova il carico ottimale sia situato tra il 69 ed il 96 % del peso corporeo e i miei dati mostrarono che tutti i miei atleti ricadevano in questo range (71-80%) nella prima settimana.

Ancora, nonostante un incremento verso l’alto del 14% nel carico, come visto nel running back, la velocità media si situava tra il 48 ed il 52 % della V0.

Questo mostra che i giocatori i cui carichi sono cresciuti nell’arco di 4 settimane hanno potuto mantenere la propria velocità orizzontale di fronte a delle resistenze crescenti.

Stavano diventando più potenti.

Ovviamente, è facile capire che in questa modo era generata maggiore potenza, ma io volli vedere come questi mutamenti avessero influito sulla massima velocità (v0), la massima forza orizzontale relativa, e la massima potenza orizzontale relativa (Pmax).

Qui ci sono i dati dei test prima e dopo il programma di allenamento.

Figura 8

Tutti i giocatori dopo 4 settimane hanno migliorato la propria massima potenza relativa.

Entrambi i running back hanno ottenuto questo miglioramento ma attraverso una maggior accrescimento proporzionale della V0, mentre per i linebacker è stato l’opposto, avendo mostrato un miglioramento della potenza attraverso un maggior accrescimento proporzionale della F0.

Dovrei chiarire che questo particolare programma di lavoro non era basato sulle carenze individuali dei rispettivi profili di forza velocità.

Tutti gli atleti hanno eseguito la medesima routine, una volta a settimana per quattro settimane.

Tuttavia, dal momento che il programma generale di allenamento comprendeva una combinazione di sprint liberi, traini con un carico per la massima potenza, e sprint con traini più leggeri, è possibile che ognuno sia stato in grado di migliorare nell’ambito in cui aveva più carenze nel rapporto forza-velocità.

Per esempio i linebacker potrebbero aver avuto più carenze nella capacità di produrre forza orizzontale netta, e basati sulla forza relativa (N/Kg) , entrambi ne han prodotta molto meno dei running back nel periodo precedente ai test.

Il loro miglioramento nella F0 potrebbe  essere derivato dai lavori di traino con carico pesante.

Entrambi i running back hanno a conseguito più importanti miglioramenti nella V0, cosa che potrebbe essere il risultato della somministrazione di corse libere e con carico leggero.

La Maximum Resisted Sled Load

Un altro ambito in cui tutti i giocatori hanno dimostrato un miglioramento è stata la capacità di accelerare ad ogni tratto di 5 iarde per 20 iarde utilizzando il traino con il proprio carico ottimale.

Durante le prime 2 settimane, la maggior parte di loro iniziavano a decelerare tra le 15 e le 20 iarde. Ma dalla settimana 3-4, tutti loro erano capaci di continuare ad accelerare o mantenere l’accelerazione ogni 5 iarde. Questo probabilmente era un’indicazione di un miglioramento in Rf e Drf

George Petrakosn ha fatto riferimento ad un concetto conosciuto come il Maximum Resisted Sled Load (MRSL). Il MRSL è il più alto carico che un’atleta può utilizzare per uno sprint di 20 metri senza presentare nessuna decelerazione ad ogni tratto di 5 metri. Nel mio caso, io stavo misurando in iarde, ma da cosa stavo osservando, è molto probabile che il Lopt tenderà ad essere molto vicino al 100% in maniera molto simile a quella che Petrakos descrive per i carichi basati sul MRSL.

Figura 9 

Concludento, ci sono stati miglioramenti sui tempi negli sprint?

Certamente!

Tutti hanno migliorato la propria massima potenza orizzontale.

Figo! Ma cosa è successo in relazione ai loro tempi negli sprint? Non sarebbe tutto senza senso se i loro tempi nello sprint non fossero migliorati?

Bene, diamo un’occhiata ai dati dei test prima e dopo l’allenamento che si riferiscono ai parzioali negli sprint di 10, 20, 40 iarde. Sfortunatamente, uno dei giocatori (il linebacker#2) ha finito il proprio abbonamento nella struttura prima di poter ri-testare i propri tempi sullo sprint. Così sono riportati i tempi elettrici del linebacker#1, il running back#1 ed il running back#2.

Figura 10

I tempi sugli sprint sono migliorati? Sì, lo sono. Tra questi giocatori è stato registrato un miglioramento sui tempi elettrici totalmente automatici compreso fra gli 0.10 ed i 0.33 secondi dopo sole 4 settimane di lavoro. I risultati che ho ottenuto io saranno in linea con i vostri? Chi lo sa, ma il miglioramento sulle 10 sulle 20 e sulle 40 iarde è effettivamente avvenuto. Questo probabilmente è il frutto di una combinazione di fattori che sono arrivati insieme e che hanno portato a questi risultati.

Qui alcune considerazioni basate sul programma che ho effettuato:

  • Anche se solo su tratti di 10-20 iarde di distanza gli sprint a liberi alla massima velocità dopo un riscaldamento consentono ai giocatori di sentire le sensazioni della corsa veloce senza carico e di preservare la coordinazione.
  • Lo sviluppo dell’abilità di accelerare ogni 5 iarde per 20 iarde utilizzando una resistenza orizzontale del 77-94 % del peso corporeo probabilmente migliora l’ Rf e il Drf di ciascun giocatore.
  • L’utilizzo di prove di sprint con traino leggero su distanze fino alle 45 iarde probabilmente ha un proprio ruolo nel miglioramento della Drf di ciascun giocatore. I traini leggeri hanno permesso sforzi molto intensi su distanze relativamente lunghe con minor rischio di affaticamento del SNC e di potenziali infortuni.

In termini di miglioramento delle prestazioni di sprint, la miglior cosa per me sarebbe stata quella di calcolare un profilo di forza/velocità per ciascun giocatore e dopo prescrivere i parametri di carico partendo da questo punto. Tuttavia, il mio obiettivo è stato quello di vedere se 4 settimane di sprint utilizzando un carico individualizzato sulla massima potenza avrebbe potuto migliorare le prestazioni di sprint di giocatori dell’NFL e i miei risultati mostrano che questo è possibile, infatti.

Quindi, l’avete qui. Un’altra evidenza pratica che sprintare utilizzando un carico di massima potenza (Lopt) può migliorare le prestazioni di sprint e possono svolgere al meglio la propria funzione come lavoro complementare a sprint liberi e a traini a carico leggero (i.e., che comportano un peggioramento del 10-15 % dei tempi di corsa). I traini a massima espressione di potenza vanno considerati come un mezzo in più fra quelli nel vostro arsenale- posso osare dire un asso nella manica?

P.S. Da quanto risulta dai dati che ho ricavato, uno sprint di 20 iarde con un carico Lopt sono corsi ad una velocità tra il 60 e il 66 % di uno sprint libero. Ma invece, un peggioramento della velocità tra il 48 ed il 52% è stato riportato da Cross et.al. (2016). Questi valori non corrispondono ai risultati dei dati registrati. Sono necessarie più ricerche per determinare se si possono fare delle raccomandazioni basate suoi tempi di percorrenza.

Un ringraziamento speciale a JB Morin e a Matt Cross per avermi aiutato nell’accuratezza dell’interpretazione del loro lavoro.

Andrea Uberti - cofondatore de IlCoach

Andrea Uberti

Combined Events Coach | ilCoach.net ASD Vice President
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Andrea Dell'Angelo

Sprint&Hurdles Coach | Fondatore e presidente ilCoach.net ASD
Matteo Rozzarin

Matteo Rozzarin

Istruttore Fidal | Traduttore
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Filed Under: Allenamento della forza, Biomeccanica della corsa, News, Sprint-Velocità, Tecnologia nella corsa Tagged With: accelerazione, allenamento della potenza, sprint, sprint contro resistenza, traino

Meccanica degli sprint: la fine della spinta? (il drive)

9 Giugno 2016 by Redazione

Domenica 17 aprile ho partecipato al convegno “Evoluzione della meccanica nella corsa veloce” tenuto dal professor Laguardia a Casalmaggiore. In questo convegno il relatore ha illustrato le principali evoluzioni della meccanica degli sprint, le quali sono riconducibili agli studi condotti da Ralph Mann in più di 20 anni.

Ralph Mann è un ex-atleta olimpico che ha gareggiato a Monaco 72 per gli Stati Uniti ottenendo un argento nei 400 Hs. Dal 1982, anno in cui insieme ad altri 6 individui ha fondato “l’Elite Athlete Program”, ha avuto l’opportunità di analizzare la biomeccanica delle centinaia di atleti passati sotto la sua guida in qualità di responsabile del settore velocità ed ostacoli.

Dal riassunto di questi dati è nato “The Mechanics of sprinting and hurdling”, un libro arrivato già alla 4^ edizione che, al suo interno, presenta analiticamente la raccolta dati effettuata da Mann. Dall’analisi di queste pagine il lettore può identificare i fattori determinanti delle prestazioni di alto livello di ostacolisti e sprinter.

Al convegno di Casalmaggiore, il professor la guardia ha usato questi dati per condurre i partecipanti ad analizzare la performance tecnica degli sprinter secondo concetti innovativi.

wpid-convegno-laguardia.jpg.jpeg

Locandina convegno “L’evoluzione della meccanica nella corsa veloce”

 

Ecco il libro: http://www.amazon.it/The-Mechanics-Sprinting-Hurdling-Edition/dp/1517571618

Il convegno è partito dall’analisi della partenza, Mann nel suo libro è abbastanza categorico nel definire le varie fasi di corsa, infatti tutta l’analisi dello sprint breve, viene suddivisa, anche per semplicità di concetto in:

  • Tempo di Reazione
  • Accelerazione
  • Massima Velocità.

Le 3 fasi rappresentano ciascuna parte della prestazione dell’atleta. Le parti analizzate da Mann sono, ovviamente, l’accelerazione e la massima velocità; il tempo reazione può incidere sulla prestazione, ma non è stato oggetto di analisi da parte di Man.

 

FASE DI ACCELERAZIONE

Mann suddivide la fase di accelerazione in 2 fasi:

  1. START
    • Two Leg Drive (uscita dal blocco, entrambi I piedi sono sul blocco). [su_spacer size=”5″]
    • One Leg Drive (fase in cui solo un piede è appoggiato sul blocco).[su_spacer size=”5″]
    • First Step (primo passo).[su_spacer size=”10″]
    • Second Step (secondo passo).[su_spacer size=”10″]
  2. TRANSITION (per Mann la fase di transizione va dal 3^ al 10^ passo).

Fra i fattori generali che descrivono la qualità della prestazione (velocità orizzontale, velocità verticale, lunghezza del passo, frequenza del passo…) il dato che colpisce maggiormente in questa sezione è il fatto che, già dal passo successivo alla spinta dai blocchi, i migliori velocisti hanno frequenze identiche, o leggermente superiori, rispetto a quelle presenti durante la corsa lanciata.

Questo aspetto è stato particolarmente rilevante nella parte pratica del convegno, infatti il relatore ha provato a condizionare gli atleti nell’aumento volontario delle frequenze fin dai primi passi, andando un pò contro a quelle che sono le tendenze osservabili nei nostri campi di atletica.

Personalmente ritengo che un punto su cui riflettere sia se queste frequenze molto alte fin dai primi appoggi siano il risultato di un aumento volontario della ritmica o se siano solo frutto dell’elevata disponibilità di forza esplosiva negli atleti di livello. Nel suo libro Mann riferisce testualmente: “…the goal should be maximize the Stride Rate for the entire Start Process …. In very case the better performers maximize Stride Rate throughout the Start. These results refute the old concept that the best Start involves slow, long, driving strides coming out of the blocks”.

A supporto della tesi di Mann è il fatto che i migliori atleti analizzati producevano una lunghezza minore dei primi passi rispetto a quella osservata nei rivali meno dotati.

[su_table]

Lunghezza del passo durante uscita dal blocco/primo passo/secondo passo:

USCITA DAL BLOCCO PRIMO PASSO SECONDO PASSO
POOR LEVEL 1,25m 1,21m 1,50m
AVERAGE LEVEL 1,17m 1,17m 1,40m
GOOD LEVEL 1,09m 1,13m 1,30m

[/su_table]

Dopo i descrittori generali della partenza, Mann vuole entrare nello specifico e presenta quelli che definisce come “Critical Specific Performance Descriptors for the start”, ovvero angoli dei segmenti corporei nei vari momenti della partenza: spinta dal blocco, primo passo e secondo passo.

Sulla posizione di pronti Mann presenta dati simili per l’intero spettro di atleti, gli angoli di tronco e arti inferiori non hanno correlazione con il livello dell’atleta.

La cosa opposta invece si verifica nelle fasi successive dell’accelerazione, infatti quando l’atleta lascia il blocco si può notare che gli atleti più abili siano meno inclini a finire la spinta sul blocco:

[su_table]

Angolo del ginocchio della gamba posteriore nel momento in cui lascia il ceppo posteriore

POOR LEVEL 155°
AVERAGE LEVEL 150°
GOOD LEVEL 145° (Meno estensione)

[/su_table]

[su_table]

Angolo del ginocchio della gamba anteriore nel momento in cui lascia il ceppo anteriore

POOR LEVEL 179°
AVERAGE LEVEL 174°
GOOD LEVEL 169° (Meno estensione)

[/su_table]

Da queste 2 tabelle è evidente che gli atleti migliori producono meno estensione degli arti inferiori rispetto a quelli di basso livello. Da questo si deduce che, probabilmente, le indicazioni da dare agli atleti non sia proprio il completamento della spinta.

Personalmente ritengo che la ricerca di un’eccessiva estensione degli arti sia scorretta, tuttavia ci sarebbe da discutere se la minor estensione sia risultato di una ricerca effettiva di questo gesto o se sia semplicemente il risultato di migliori valori di forza.

Un altro dato molto interessante è presentato nella tabella sottostante:

[su_table]

Angolo di estensione del ginocchio, nel momento in cui la caviglia del piede posteriore passa in corrispondenza dell’arto inferiore opposto

POOR LEVEL 77°
MEDIUM LEVEL 82°
GOOD LEVEL 87° (Più estensione)

[/su_table]

Da questa tabella si evince che il richiamo del piede degli atleti di alto livello avviene seguendo una traiettoria più bassa, infatti il ginocchio ha un angolo meno chiuso.

 

Justin Gatlin, ottimo interprete di questa tecnica di accelerazione, in allenamento…

[su_youtube_advanced url=”https://youtu.be/Uuyx2vFQig0″][/su_youtube_advanced]

 

DUBBI E PERPLESSITA’:

  • Nonostante i dati mostrino che i velocisti migliori completino meno la distensione dell’arto a terra, quanto è giusto richiedere all’atleta questo gesto?[su_spacer size=”10″]
  • La distensione parziale dell’arto di spinta è derivata dal fatto che con tale grado di estensione i velocisti migliori riescano comunque ad esprimere abbastanza forza ottenere angoli più acuti o rappresenta una forzatura da imporre all’atleta?[su_spacer size=”10″]
  • La mancanza di completa estensione dell’arto di spinta è una conseguenza dell’elevata capacità di stiffness, in particolar modo dell’articolazione tibio-tarsica, degli sprinter d’élite che crea una sorta di effetto molla facendo rimbalzare il piede verso l’avanti? 

 

Il professor Laguardia ha consigliato agli atleti presenti di tentare di ridurre comunque i tempi di “volo” fra un passo e l’altro e di dare una ritmica frequente alla partenza fin dai primi passi.

[su_youtube url=”https://youtu.be/wwVXCqP-laY” width=”740″ height=”520″ responsive=”no”]

 

Nasce il quesito.. qual’è la vera strada per sviluppare una fase di accelerazione ottimale???

 

Nel prossimo articolo tratterò della meccanica della corsa lanciata….

 

Ecco 2 video che mostrano un’atleta che negli ultimi 3 anni ha lavorato su questa tecnica di start: 

Dafne Shippers nel 2013…

[su_youtube_advanced url=”https://youtu.be/Dp_2ujTKLeY”][/su_youtube_advanced]

... e Dafne nel 2016… (dal minuto 3:39 il dettaglio della partenza)

[su_youtube_advanced url=”https://youtu.be/q-uDvEvKUzs”][/su_youtube_advanced]

 

A cura di Nicola Rossi

Fisioterapista e tecnico di 1° Livello Fidal (istruttore)

Contatti:

Email: nicola.rossi.92@gmail.com

Facebook: Nicola Rossi

 

 

Fonti:

  1. “The Mechanics of Sprinting and Hurdling” – Ralph V. Mann, Amber Murphy – 2015 Edition.
  2. Appunti dal convegno “Evoluzione della meccanica nella corsa veloce”, relatore Prof. Antonio Laguardia – Casalmaggiore – 17/04/2016

 

Altri articoli di Nicola:

LO STUDIO DELLA BIOMECCANICA DELLA CORSA COME STRUMENTO PER SVILUPPARE UN ALLENAMENTO COERENTE DEGLI ISCHIOCRURALI NELLO SPRINTER

Filed Under: Formazione Tagged With: accelerazione, antonio laguardia, Casalmaggiore, Dafne Schippers, drive, drive sprint, Elite Athlete Program, Evoluzione della meccanica nella corsa veloce, forma dell'accelerazione, justin gatlin, Laguardia, massima velocità, Nicola Rossi, Professor Laguardia, Ralph Mann, sprint, sprint start, tecnica accelerazione, The Mechanics of sprinting and hurdling

La "forma" dell'accelerazione secondo Alessandro Nocera (video)

9 Dicembre 2015 by Redazione

Dopo aver presentato la relazione della parte teorica del Convegno Lombardo sulla velocità con relatore Alessandro Nocera, di seguito pubblichiamo il video da noi realizzato sulla successiva parte pratica nella quale Alessandro ha presentato, secondo la sua esperienza, la tecnica di partenza dai blocchi ideale e quali sono i punti chiave per ottenerla.

Buona visione

 

[su_youtube_advanced url=”https://www.youtube.com/watch?v=nyrXbm4aD40″ height=”500″ rel=”no”]

Filed Under: Allenatori Tagged With: accelerazione, alessandro nocera, convegno fidal lombardia, drill, fidal lombardia, forma dell'accelerazione, il Coach, ilcoach, sprint, sprint drills, starting blocks, tecnica, tecnica start, training, velocità

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