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Gli atleti d’élite presto o tardi brillano

29 Ottobre 2019 by Redazione

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Immagine presa su Wikipedia.org

Nel 2015  ho tradotto questo articolo valutandone  come pregio principale l'avvertimento a non sopravvalutare le prestazioni eccezionali di certi cosiddetti talenti giovanili.

Oggi come allora penso infatti che una delle tendenze più disfunzionali nell'ambito della nostra atletica sia quello di celebrare con troppa enfasi i successi che alcuni dei nostri ragazzi riescono ad ottenere nelle categorie minori.

A quattro anni dalla prima pubblicazione però, alla luce delle esperienze e dei ragionamenti di queste stagioni, ne modificherei il titolo in "Gli atleti d'Elite presto e tardi brillano....ma non entrambe le cose?".

Il punto interrogativo non dipende solo dal mutamento delle mie convinzioni, ma è confermato ampiamente anche sul piano pratico da precoci di grande successo quali i casi Duplantis ed Ingebritsen, solo per citarne due emblematici.

E' evidente che il gruppo degli atleti di Elite sia una sottoclasse molto più ristretta rispetto agli atleti di alto livello ma, come sembra confermare anche l' analisi di Mario Benati, l'aneddotica che vorrebbe condannato a non arrivare chi è stato bravo da piccolo non corrisponde alla realtà dei numeri.

Credenza sfatata? I migliori cadetti del ’05, ’06, ’07 sono… arrivati in fondo

A quanto pare essere bravi da piccoli di certo non è una condizione sufficiente per avere successo da grandi, ma costituisce un vantaggio in termini statistici.

La mia esperienza personale, per uscire dai numeri e quindi senza alcuna pretesa alcuna di verità, è che una medaglietta ad un campionato giovanile spesso segna il momento in cui un atleta "inizia" a fare davvero atletica leggera.

Un'ultima considerazione riguarda invece il ruolo dell'allenamento e dei meriti e delle accuse che sono mosse al tecnico dei talenti giovanili che a mio parere sono molto sproporzionate.

E' chiaro che un tecnico può forzare un po' la mano ed ottenere presto buoni risultati quando lavora con un giovane, specie se è biologicamente  in anticipo.

Bisogna però anche valutare in termini concreti quanto può "pesare"questo super allenamento, che solitamente è additato come la causa principale del naufragio dei nostri migliori giovani.

Un cadetto veramente super allenato (speriamo che ce ne siano pochi) può arrivare ad allenarsi 12 ore settimanali che, se viene veramente maltrattato, diventano 600 ore a stagione distribuite nell'arco di 50 settimane. Questo vuol dire che anche quando si esagera e di molto, il monte ore totali dell'allenamento per un giovanissimo resta sempre, in tre stagioni, sotto le 2000 ore...e cioè rimane lontanissimo dalle 10.000 che tradizionalmente sono indicate come la quota per raggiungere la maestria tecnica come indicato dalla "regola del successo" di Anders Ericsson.

Puoi scoprire di più sulla regola delle 10000 ore leggendo uno dei libri di Anders Ericsson

A mio parere l'allenamento diventa davvero importante con i grandi quando l'allenatore inizia a sommare gli effetti di 4, 5 e più stagioni di allenamento consecutive. Quanto avviene prima invece, nel bene e nel male, è dovuto alle qualità genetiche dell'atleta stesso, precocità compresa.

I grandi risultati di un "baby atleta"(che magari in assoluto poi così grandi non sono) non sono né una colpa né un merito di un tecnico.

Discorso diverso sono invece, a nostro avviso, gli infortuni. Ad esempio una micro-frattura da stress subita da un cadetto può essere indice di troppo zelo da parte di un tecnico, che probabilmente sopravvaluta quanto incide il proprio lavoro sui risultati del giovane.

La verità è che per arrivare all'élite bisogna nascere atleti d'élite e di veramente élite ne nascono pochi.

Questo tipo di atleti presto e tardi brillano!

Tutto questo a patto di evitare gli infortuni, mantenere la motivazione alta ed avere anche un po' di fortuna

Poesia di Edgar Lee Masters

Non avevo genio

I miei genitori credevano che sarei stato
grande come Edison o più grande:
perché da bambino costruivo dei palloni
e splendidi aquiloni e giocattoli con gli orologi
e piccole macchine con rotaie per andarci sopra
e telefoni fatti di filo e scatole di latta.

Suonavo la cornetta e dipingevo quadri,
modellavo in argilla e feci la parte
del cattivo nell'Octoroon,

Ma poi a ventun'anni mi sposai
e dovevo vivere, e così per vivere
imparai il mestiere di fare gli orologi
e tenevo la gioielleria sulla piazza,
pensando, pensando, pensando, pensando,
non agli affari, ma alla macchina
e ai calcoli per poterla costruire.

E tutta Spoon River osservava e attendeva
di vederla funzionare, ma mai funzionò.
E qualche anima gentile pensava che il mio genio
fosse in qualche modo intralciato dal negozio.

Non era vero. La verità era questa:
non avevo genio.

 

Di seguito la libera traduzione proposta nel 2015 di un articolo trovato sul sito www.sciencedaily.com che riporta uno studio della Indiana University, che sembra avvalorare quanto da noi scritto nel seguente articolo qualche mese fa, Allenamento giovanile, le tappe dello sviluppo fisico

Al seguente link trovate l'articolo in lingua originale: Elite athletes often shine sooner or later -- but not both

Ecco la nostra traduzione:

Fonte: Indiana University, studio del 31 maggio 2015

In breve:
Un nuovo studio che ha comparato le prestazioni di atleti d'Elite praticanti l'atletica leggera, distinguendo fra maggiori e minori di 20 anni, ha rilevato che solo una minoranza delle star giovanili riporta successi di pari livello durante la successiva carriera da senior. I ricercatori credono che questo sia dovuto alla diversa maturazione che porta un vantaggio agli atleti che, maturando presto, raccolgono i benefici di questo anticipo in giovane età raggiungendo i migliori tempi e le migliori misure prima di quanto non accada agli Olimpionici, molti dei quali maturano tardi.

L'articolo completo:
Un nuovo studio che ha comparato le prestazioni di atleti di alto livello praticanti l'atletica leggera, distinguendo fra maggiori e minori di 20 anni, ha rilevato che solo una minoranza delle star giovanili riporta successi di pari livello durante la successiva carriera da senior. I ricercatori credono che questo sia dovuto alla diversa maturazione che porta un vantaggio agli atleti che, maturando presto, raccolgono i benefici di questo anticipo in giovane età raggiungendo i migliori tempi e le migliori misure prima di quanto non accada agli Olimpionici, molti dei quali maturano tardi.

“Il fenomeno ha riscontro in molte discipline sportive” sostiene Robert Champman, professore assistente nella IU School of Public Health- Bloomington ed ex allenatore di corsa campestre alla IU. “ Gli atleti Elite da senior negli sport tendono ad essere quelli che maturano tardi. Ma è difficile fare una quantificazione, in particolare negli uomini, del livello della loro maturazione. Io ho avuto un corridore di grande successo che è cresciuto 4 pollici (10 cm) al college nel periodo in cui correva per me.”

Lo studio, condotto da Joshua Foss, uno studente laureato in fisiologia dell'esercizio fisico, e coautore con Chapman, sarà discusso Venerdì ad Indianapolis in occasione del meeting annuale degli American College of Sports Medicine. Questa ricerca ha esaminato l'andamento delle carriere di 65 dei finalisti maschi e di 64 delle finaliste femmine dei Campionati mondiali junior del 2000 e di un analogo numero di finalisti alle Olimpiadi del 2000. Hanno analizzato i risultati di gara degli Juniores per 12 anni dopo i mondiali del 2000, confrontandoli con i dati delle gare di almeno 12 anni prima e dopo il 2000 degli Olimpionici. Gli atleti erano i finalisti dei 100, 200, 1500 e 5000 metri, salto in lungo, salto in alto, lancio del disco e getto del peso.

Questi sono alcuni dei risultati:

  • Gli atleti senior hanno avuto i migliori risultati della carriera ad un'età significativamente più inoltrata rispetto agli juniores in tutti i 4 gruppi di gare nei maschi ed in 3 su 4 per quanto riguarda le donne.[su_spacer size="10"]
  • Rapportati con le “Junior Stars”, gli atleti senior mostrano un tasso percentuale di miglioramento significativamente più alto se si confrontano i migliori risultati assoluti conseguiti nel corso della vita rispetto alle migliori prestazioni junior in sei degli otto gruppi di specialità.[su_spacer size="10"]
  • Il 23,6 % degli junior osservati sono arrivati ad una medaglia Olimpica.[su_spacer size="10"]
  • Il 29,9 % degli Olimpionici osservati han vinto medaglie nella prima fase delle proprie carriere, nel periodo in cui prendevano parte ai Campionati Mondiali Junior.[su_spacer size="10"]

La variabilità nel tasso di maturazione e le potenziali differenze di sviluppo della performance in rapporto all'età degli atleti pone agli allenatori un interrogativo nell'azione di reclutamento dei talenti. L'aneddotica conferma che questa è una situazione ricorrente, riporta Chapman, ma lo studio dell'Indiana University ne dà una conferma basata su dati statistici. Da quanto riferisce, i risultati hanno rilievo anche in rapporto a come le federazioni e le organizzazione sportive investono i propri fondi limitati alla ricerca di talenti sportivi. Investire tutte le proprie risorse negli atleti junior di miglior livello potrebbe non essere la scelta corretta perché come visto questi giovani non si tramutano automaticamente in campioni Olimpionici a livello assoluto.

Andrea Uberti - cofondatore de IlCoach

Andrea Uberti

Combined Events Coach | ilCoach.net ASD Vice President
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Non perdere tempo con lo sport, è inutile!

3 Maggio 2019 by Redazione

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Immagine tratta da PixaBay 

Il titolo di questo articolo è ovviamente provocatorio e nasce dalla risposta data da un Professore ad un ragazzo che alleno prima dei Campionati Italiani Indoor di Ancona. Il ragazzo spiegando in modo euforico che il venerdì non sarebbe andato a scuola per partecipare ai Campionati Italiani di Atletica si è sentito rispondere "Non perdere tempo con lo sport, è inutile. Nella vita e nel mondo del lavoro lo sport non ti servirà!"

In questi mesi questa frase mi ha fatto molto riflettere su quanta ignoranza vi sia nella scuola (e non solo) riguardo l'attività sportiva. Ovviamente non avrebbe senso e sarebbe da stupidi generalizzare, in quanto sicuramente esistono molti insegnanti (magari ex atleti) che comprendono quanto sia importante l’attivi sportiva per lo sviluppo psicofisico di ogni individuo. Ma da quando ho iniziato ad allenare (ormai sono 10 anni) queste frasi anti-sport ne ho sentite parecchie, per questo credo possa essere utile fare un articolo a riguardo.

Ormai gli studi scientifici riguardo la correlazione tra attività sportiva ed un corretto sviluppo psichico, cognitivo e della personalità sono davvero numerosi, basta digitare su google "sport e sviluppo cognitivo" e i risultati a favore del movimento sono davvero tantissimi.

Ma, anche una volta compresa l'importanza dello sport per l'apprendimento scolastico, la scuola dovrebbe tenere conto di esso anche per la salute dei propri alunni, visto che ormai la maggior parte delle malattie sono dovute in gran parte allo stile di vita (malattie metaboliche e cardiovascolari) e l’atti sportiva entra a tutti gli effetti tra le abitudini che potrebbero migliorarlo. Indirettamente quindi vi sarebbero anche benefici in campo economico, visto che la spesa sanitaria per le malattie sopra citate è enorme e la prevenzione tramite la correzione dello stile di vita gioverebbe a tutto il paese.

Di questo ne abbiamo parlato a pranzo lo scorso weekend, in occasione di uno dei corsi da noi organizzati in Trentino, con il Prof. Carlo Buzzichelli, Marisa Masullo e il Presidente di Fidal Trentino Fulvio Viesi. Il Prof. Buzzichelli mi ha poi inviato uno degli interventi che ho più apprezzato sul tema. Si tratta di un post bellissimo su FB (trovate l'originale in lingua inglese qui sotto) di Trevlyn Mayo Palframan, una madre (tra l'altro allenatrice) che risponde alla domanda fatta da un amico:

"Perché spendi così tanti soldi per far fare ai tuoi figli tutti quegli sport"?

Questa la risposta:

Bene, ho una confessione da fare; Non pago per i miei bambini per fare sport. Personalmente, mi è indifferente sapere quale sport praticano

Quindi, se non pago per lo sport, per cosa sto pagando?

  1. Pago per quei momenti in cui i miei figli sono così stanchi che vorrebbero smettere ma non lo fanno.

  2. Pago per quei giorni in cui i miei figli tornano a casa da scuola e sono "troppo stanchi" per andare al loro allenamento ma vanno comunque.

  3. Pago perché i miei figli imparino ad essere disciplinati, concentrati e dedicati.

  4. Pago perché i miei figli imparino a prendersi cura del loro corpo e delle loro "attrezzature".

  5. Pago perché i miei figli imparino a lavorare con gli altri e ad essere buoni compagni di squadra, gentili nella sconfitta e umili nel successo.

  6. Pago perché i miei figli imparino ad affrontare la delusione, quando non ottengono quel piazzamento o titolo che speravano, ma continuano a tornare settimana dopo settimana dando il meglio.

  7. Pago per insegnare ai miei figli a porsi e raggiungere obiettivi.

  8. Pago per insegnare ai miei figli a rispettare, non solo se stessi, ma anche gli avversari, i dirigenti (e giudici) e gli allenatori.

  9. Devo pagare per i miei figli per insegnare loro che ci vogliono ore e ore, anni e anni di duro lavoro e pratica per creare un campione e che il successo non avviene dal giorno alla notte.
  10. Pago per insegnare ai miei figli di essere orgogliosi dei piccoli risultati e di lavorare per obiettivi a lungo termine.

  11. Pago per l'opportunità che possono avere i miei figli di fare amicizie e conservare ricordi che durino per tutta la vita, essere orgogliosi dei loro risultati qualunque questi siano.

  12. Pago affinché i miei figli possano essere in pista anziché davanti a uno schermo ...

... Potrei andare avanti ma, per farla breve, non pago lo per sport in sé; Io pago le opportunità che gli sport offrono ai miei figli per sviluppare qualità che saranno utili per tutta la vita e per dar loro l'opportunità di benedire la vita degli altri. Da quanto ho visto finora penso che sia un grande investimento!"

Qualche pensiero a riguardo

Lo sport non è tutto nella vita: famiglia, salute, studio, lavoro sono tutti importanti, ma quello che mi preoccupa è che l’attività sportiva è quasi sempre relegata all’ultimo posto.

Personalmente penso che tutti i 12 punti sopracitati siano fondamentali, qualcuno per avere una vita in salute (vedi punti 4 e 12), alcuni per diventare persone più efficienti, organizzate e abili a porsi obiettivi (punti 3, 5, 7 10), altri ad essere resilienti (punti 1,2, 6 e 9,) ad essere rispettosi degli altri (punto 8), ma soprattutto ad essere felici (punto 11, ma anche tutti gli altri punti).

Non per niente in molti stati lo sport è alla base del sistema scolastico e in alcune aziende è previsto del tempo dedicato all’attività sportiva come base per un miglior rendimento sul lavoro.

Se pensate che tutto questo sia inutile, a mio modesto avviso state facendo un grosso torto al futuro dei vostri studenti o figli, in quanto io credo che queste qualità siano decisamente importanti nella vita, forse più di un voto alto per una poesia imparata a memoria.

Se pensate che lo sport sia importante per la crescita e l'educazione dei giovani, per il benessere e la salute della popolazione vi prego condividete e diffondete questo articolo!

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Andrea Dell'Angelo

Sprint&Hurdles Coach | Fondatore e presidente ilCoach.net ASD
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Balle Spaziali: il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine

9 Agosto 2018 by Redazione

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(Lo Jedi ritorna perchè  non deve pagare il mutuo)

Balle spaziali, oltre ad essere un'espressione di pregevole chiarezza, è un film di qualche anno fa.

Non un capolavoro ma  la parodia di Star Wars, quando da noi il colossal fantascientifico si chiamava ancora “Guerre stellari”.

All'epoca Han Solo era figo, Chubekka un costume di carnevale e, la principessa Leila, anche con tanta buona volontà...appena passabile.

Obi Wan non era un giovane aitante, ma un vecchio e saggio guerriero, che insegnava e duellava vestito in abito da frate francescano.

Il lato oscuro era sì più veloce, ma non più potente.

Ad un apprendista, per diventare un vero cavaliere, occorreva, certo un buon maestro ma, prima e più ancora, anche tanta pazienza.

Il vecchio maestro Jedi d'altra parte era pronto al martirio, pur di preservare la purezza (ma non garantire la salvezza) del giovane discepolo.

Balle Spaziali: il falso mito del vantaggio della programmazione a lungo termine.

Pazienza, abnegazione ed incertezza sarebbe anche quanto dovremmo proporre ad un nostro aspirante atleta quando, da cadetto o poco dopo, mostra di avere quel briciolo di attitudine in più, che gli permette di primeggiare nel giardinetto bonsai dell'atletica nazionale ed internazionale delle categorie giovanili.

“L'atletica vera incomincia a 23-24 anni”

Questo è il mantra che si ripete agli atleti che hanno affollato, affollano ed affolleranno i raduni tecnici di grosse regioni come ad esempio lo è quella lombarda.

Ma non è vero.

L'atletica dopo i 23-24 anni solitamente finisce. O per lo meno stenta.

Soffocata dagli impegni e dalle incombenze del passaggio all'età adulta.

Se non sei stato bravo e in grado di prendere il tuo treno subito, dispiace dirlo, restano solo i posti in piedi. Scomodissimi.

Alleno piccole giovani promesse accanto ad atleti di moderato talento ultra ventenni o ultra venticinquenni.

Uomini  e donne che vivono l'atletica in bilico fra la passione e la frustrazione della ricerca di motivazione nella partecipazione al 15 esimo o ventesimo campionato italiano.

Campionato a cui sanno che dovranno partecipare da comprimari, incastrato fra lavoro (o lavori) studi e famiglia.

Atleti ed atlete validi, ognuno collocato in un punto diverso a metà della lunghissima strada che va dal brocco al campione.

La verità è che oggi in Italia l'unica soluzione per praticare l'atletica a buon livello è il gruppo sportivo.

Ed è lì che bisogna puntare.

E che nel gruppo ci si entra da giovani, spesso per risultati ottenuti da giovanissimi.

La verità è che giovane è relativamente facile.

Da “vecchio” molto meno.

Allora se si ha qualche possibilità occorre sfruttarla prima, perchè dopo è molto più difficile, senza raccontarsi cavolate di un futuro incerto, nebuloso ed imprevedibile.

Nelle categorie assolute (ma già in certa misura da promesse) occorre essere veramente forti e quelli veramente forti sono pochi.

Oppure tanto forti da non aver nemmeno bisogno di un gruppo sportivo.

In Italia gli atleti di questo ultimo livello si contano sulle dita di una mano e, giustamente, son comunque tutti dentro.

E anche quando in un gruppo sportivo ci si entra tardi gli “anni persi” costituiscono una perdita economica che un atleta non riesce a recuperare nell'ambito di una carriera destinata ad essere comunque piuttosto breve.

Partiamo da un concetto: dell'atletica in Italia non gliene frega niente a nessuno.

Di quella in pista men che meno.

Un atleta da 1000 punti tabellari o poco più, trova meno sponsor di un qualsiasi torneo estivo di calcetto organizzato negli oratori della penisola.

Per questi “atleti operai” il gruppo sportivo è una manna.

L'alternativa dei colleghi tardivi o sfortunati è molto più meschina.

I gruppi militari probabilmente non sono perfetti ed ognuno di noi progetta una soluzione alternativa nella città ideale dell'atletica della propria fantasia, ma le fantasie non ti assicurano uno stipendio ogni fine del mese. Il gruppo sì.

L'obiettivo di uno junior è quello di entrarci. Ed è giusto che sia così.

Forse poi, da dentro, ci si lamenta. Ma sono cazzate.

Spaziali.

Borbottii giovanili di chi forse non ha mai provato il lavoro. O per lo meno il lavoro che si fa “fuori”.

Nel gruppo entrano i giovani più forti e ci si entra da Junior.

Se è vero che Jack Frusciante è uscito dal gruppo.... altrettanto vero che dal gruppo sportivo nessuno ci vuole uscire.

I gruppi hanno un sacco di difetti eccetera eccetera e bla bla bla.

Ma fuori è peggio.

Andrea Uberti - cofondatore de IlCoach

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Siepi: allenamento giovanile

9 Ottobre 2016 by Redazione

Siepi: allenamento giovanile

L’affermazione che l’allenamento giovanile non è una riduzione percentuale di quello di un’atleta adulto è saputa e risaputa, ma lo è maggiormente per le siepi.

La fascia di età dei 14-15 anni è una di quelle fasi sensibili in cui l’organismo, molto più facilmente, assimila e migliore alcune qualità che successivamente non potranno essere allenate con la stessa efficacia. Dobbiamo sfruttarla per predisporre il futuro siepista e verificarne l’eventuale potenziale in questa disciplina. Per questo la gara cadetti dei 1200 siepi è fondamentale per la costruzione del futuro 3000 siepista.

“Per quanto non succeda mai che una ben precisa velocità, e sol tanto quella abbia una determinata conseguenza sull’organismo, certamente alcuni ambiti di intensità sono assai più utili di altri nel fare si che si determini un certo tipo di adattamento. Tali ambiti, inoltre, sono assai più ristretti quanto più è evoluto l’atleta.

Questo significa che un principiante può avere un miglioramento della sua soglia anche se corre a velocità sensibilmente più lente alla soglia anaerobica stessa, mentre chi si allena da anni può discostarsi assai meno.” Enrico Arcelli- Antonio Dotti “Mezzofondo veloce: dalla fisiologia all’allenamento”

 

Questa affermazione, al di là del riferimento alla soglia, delinea in modo semplice ma chiaro, il metodo di lavoro per quanto riguarda il giovane. Non occorre una precisa ed approfondita determinazione delle metodiche perché i miglioramenti si ottengono anche con proposte meno specifiche e quindi anche con esercitazioni non strettamente legate all’atletica leggera.

Penso che un cadetto debba arrivare ad allenarsi 3-4 volte alla settimana e che, se il è un mez- zofondista, deve cominciare ad acquisire la mentalità giusta di un corridore rispetto alla disci- plina ed alla fatica. Il lavoro deve essere prevalentemente multilaterale, ma con un’impostazione da mezzofondista tanto da trasformarsi in “multeralità specifica”.

Possono tranquillamente essere introdotti la corsa continua, fino ad arrivare a 45’-50’, le corse con variazioni di ritmo e/o in ambiente naturale, prove ripetute (anche in zona lattacida) mo- dulando con molta attenzione quantità, qualità e soprattutto tempi di recupero ed assimilazio- ne. Inoltre tutte le esercitazioni di passaggio a metà tra gioco, percorso ed allenamento, con sviluppo dei distretti muscolari e con la possibilità di inserire elementi tecnici che a noi inte- ressano (ostacoli), sono altrettanti utili.

Per quanto riguarda l’aspetto agonistico, un cadetto deve acquisire più esperienza possibile in pista, nei cross ed anche in strada. La mancanza di una gara propedeutica alle siepi, così come l’eliminazione dei 600 dal programma ufficiale della Federazioni, è una grossa lacuna. Fino a quando i cadetti hanno potuto fare i 1200 siepi, molti giovani si sono avvicinati alla specialità. Ne è prova che dal gruppo di cadetti delle annate 74 e 75 sono emersi atleti che sono poi cresciuti come siepisti veri e propri. L’approccio nella categoria superiore, da allievo e con una ga- ra molto più impegnativa quale i 2000 metri, rendono l’avvicinamento tecnicamente più difficile, nonché più traumatico da un punto di vista mentale. Non bisogna dimenticare che si perdono 2 anni preziosi, utili per la costruzione del giovane.

Discorso completamento opposto per l’impostazione e lo sviluppo delle qualità tecniche: occorre avviare il lavoro in modo più proficuo possibile, cercando la maggior precisione. Le capacità coordinative, e quindi la precisione dei gesti, sono in questi anni estremamente allenabili, nella loro maggior “fase sensibile”. D’altra parte, per non rischiare di anticipare troppo il carico delle componenti organiche, l’allenamento lascia molto spazio allo sviluppo di altre qualità. Più avanti negli anni il tempo dedicabile alla tecnica sarà inesorabilmente minore, dovendo crescere la quantità e la qualità dei km corsi.

Obiettivi di questa componente potrebbero essere indicati in:

  • mobilità articolare coxo-femorale per permettere un movimento ampio e morbido dell’azione di “seconda gamba” nel momento del superamento degli ostacoli;

  • capacità di affrontare l’ostacolo, “attacco”, con entrambe le gambe in situazioni semplici, ma anche con altri compagni vicini che possono limitare la visibilità degli ostacoli;

  • sviluppo della giusta sensibilità per riuscire, per tempo, anche da affaticato, a capire come ci si sta avvicinando all’ostacolo, in modo tale da non adattare la corsa con passettini o rallentamenti che richiedono successive dispendiose accelerazioni per poter recu- perare la velocità di crociera persa;

  • “entrata ed uscita” dall’ostacolo senza compromettere il giusto assetto di corsa in modo di ridurre al minimo le variazioni di velocità al momento del passaggio, rimanendo sempre con le anche alte, senza “sedersi” all’atterraggio;

  • sviluppo armonico dei vari distretti muscolari;

  • utilizzo elastico dei piedi;

  • esercitazioni propedeutiche al superamento della fossa d’acqua.

Se questa impostazione è corretta, il nostro atleta riuscirà facilmente a cimentarsi in una gara di 300 metri ad ostacoli.

Sarebbe bello verificare quanti cadetti della lista dei miglior 30 tempi in Italia nei 2000 metri, sono presenti anche in quella dei 300 ostacoli, e se, a distanza di anni, questi si sono trasformati in siepisti!

 

Schematicamente i contenuti dell’allenamento delle componenti tecniche dovrebbero essere:

  • esercizi di mobilità articolare delle anche con esercizi tipici del settore degli ostacoli;
  • esercitazioni per il corretto utilizzo della prima e della seconda gamba con ostacoli messi vicini fatti utilizzando varie andature: cammino, corsa, skip, doppio-passo

Eseguire esercizi con modalità successiva secondo l’arto o alternando l’esecuzione a dx e sx; oppure al- ternando in successione l’esecuzione di prima e di seconda gamba sullo stesso arto.

Le  stesse  esercitazioni  devono  essere  eseguite con ostacoli alti uguali e messi al medesimo intervallo, ma anche variando l’altezza o la distanza tra di loro (o utilizzando entrambe le varianti contemporaneamente);

  • allenamenti (ed eventuali gare) previste nella categoria (100 e 300 hs) con la ricerca della ritmica propria delle prove, ma spinti anche nella direzione dell’ambidestrismo tecnico;
  • passaggi completi di ostacoli e di barriere (molto utili quelle da donne alte 76 cm) fatti in tutte le condizioni: da solo o in gruppo, in successione in rettilineo o in andata e ri- torno con 2 ostacoli messi uno a fianco dell’altro, ma in direzione opposta, …
  • esercizi di approccio al passaggio delle riviere utilizzando plinti o attrezzi, oppure simu- lando l’azione nella buca del salto in lungo;
  • organizzazione e miscelazione di queste proposte in esercitazioni miste che costringono il ragazzo ad una presa di coscienza immediata dell’azione e dell’adattamento da mette- re in atto passando da una situazione all’altra

Con queste modalità si riescono a creare presupposti tecnici fondamentali per il nostro futuro siepista.

 

Il passaggio da cadetto ad allievo è un punto fondamentale della crescita di un mezzofondista, di travaso tra le impostazioni di allenamento indicate ad inizio di questo capitolo e tratte dal libro di Arcelli-Dotti.

L’allenamento si affina e i contenuti si specificano secondo una crescita graduale tale da portare, al secondo anno di categoria, il nostro giovane ad essere in grado di identificare e conoscere i vari mezzi di allenamento, certamente non ancora secondo i parametri propri di un’atleta evoluto, ma neanche più secondo le proposte tipiche di un cadetto. Basti pensare che il campionato italiano di cross si disputa su 6 km e tale distanza non è uno scherzo: per arrivarci adeguatamente preparati occorrono i giusti carichi.

In particolare, in questa fase devono essere determinate con maggior varietà, ma nello stesso tempo, con precisione, le diverse velocità di corsa. Il fondo medio deve essere introdotto e deve permettere la crescita delle componenti aerobiche e, con esse, di tutte le altre metodiche di allenamento. Attenzione a non abbandonare il lavoro tecnico, facendo cadere la validità dell’azione elastica dei piedi!

E’ questo il momento più delicato perché una proposta troppo blanda manderebbe allo sbaraglio il nostro ragazzo, non pronto per affrontare le nuove situazioni agonistiche. Viceversa, se si esagera nell’altro senso, anticipando troppo i carichi di lavoro, si ottengono immediatamente dei miglioramenti sensibili, però difficilmente incrementabili nel futuro.

Nel programma gara compaiono i 2000 siepi.

Alle esercitazione svolte negli anni precedenti che dovrebbero aver reso “abile” tecnicamente il nostro mezzofondista, occorre affiancare anche delle proposte più specifiche:

  • inserimento di ostacoli, anche ad altezza ridotta di 76 cm, già nella fase invernale in esercitazioni proprie del mezzofondista per lo sviluppo delle qualità organiche tipo il fon- do in progressione fatto con 1-2 hs per giro;
  • proporre gli ostacoli anche nelle variazioni, nella stessa corsa continua che in primavera si possono trasformare in prove frazionate, ridotte in quantità e qualità e poche volte con il passaggio della riviera;
  • il superamento della fossa d’acqua deve essere affrontata con più specificità.

L’utilizzo di questi elementi deve essere ben calibrata e gli allenamenti devono essere distribuiti in un periodo di tempo abbastanza ampio.

Il nostro atleta è ancora in fase evolutiva, ed anche se i 2000st non sono uno scherzo, sarebbe sbagliato già specializzarlo come siepista. Propongo di utilizzare la prima parte della stagione in pista per crescere in tutti i campi del mezzofondo, partendo dal cross, agli 800 e ai 3000 me- tri, provando anche le siepi, ma senza rimanere ancorati a questa distanza.

Solo nella parte autunnale del calendario, in cui solitamente si disputano i campionati di categoria, se il nostro atleta ha dimostrato qualità da siepista, si può specificare maggiormente il lavoro. In questo modo, comunque, la proposta è “educativa”: se siamo in presenza di un futuro specialista gli ab- biamo dato anche le occasione (molto im- portanti) per crescere sul “piano”, altrimenti questa programmazione agonistica è stata comunque arricchente.

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Silvano Danzi

Allenatore Mezzofondo
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Come distruggere il futuro atletico del tuo bimbo in tre facili mosse.

30 Maggio 2016 by Redazione

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Andrea Dell'Angelo

Presidente
Fondatore del sito ilCoach.net, allenatore di atletica leggera e dal 2017 tra i fondatori della nostra associazione.

Molto spesso noi tecnici ci troviamo a criticare i genitori dei nostri piccoli (e meno piccoli) atleti.

Qualcuno, di fronte all'invadenza di alcuni, arriva persino a dire con cinismo e cattiveria esagerate, che i migliori atleti da allenare sarebbero gli orfani...

La verità è che quasi sempre la famiglia riveste un ruolo molto importante nella crescita  sportiva dei "nostri" ragazzi.

Un “lavoro” di squadra condiviso fra tecnico, atleta, società e famiglia, aiuta moltissimo nel processo educativo e di evoluzione degli atleti con cui lavoriamo.

Tecnici e società solitamente  hanno un'esperienza maggiore e conoscono bene situazioni che un genitore vive con il proprio figlio magari per la prima volta e, spesso, come è logico che sia, con un grande coinvolgimento emotivo.

Sarebbe molto importante instaurare sempre un dialogo ed un rapporto di collaborazione per far comprendere certe cose a papà e mamme la grande maggioranza delle volte in buonissima fede.

Di seguito pubblichiamo una libera traduzione di un articolo di Matt Russ, pubblicato in inglese  al seguente indirizzo:

HOW TO DESTROY YOUR CHILD'S ATHLETIC FUTURE IN 3 EASY STEPS

Si rivolge direttamente ai genitori dei giovani atleti (bimbi), focalizzandosi principalmente su quelli che nutrono grandi speranze nel destino sportivo dei propri figli.

 

Come distruggere il futuro atletico del tuo bimbo in tre facili mosse.

In oltre 2 decadi di attività da allenatore ho avuto il piacere di vedere alcuni dei miei giovani atleti completare il proprio percorso evolutivo fino al livello professionistico.

Nel frattempo ho sviluppato una specie di visione generale su quello che occorre per andare dal punto A (l'attività promozionale ndt) fino ad un  punto B davvero distante (il professionismo).

Ho lavorato con alcuni genitori meravigliosi che hanno contribuito in grande parte nel successo dei propri figli.

Ma sfortunatamente sono stato testimone del sabotaggio perpetrato da molti genitori, talvolta inconsapevolmente e spesso con le migliori intenzioni, ai danni del futuro atletico dei propri ragazzi.

Se questi avessero fatto attenzione a poche semplici regole, o avessero esaminato alcuni dei motivi che li animavano, non solo avrebbero fatto del proprio bambino un migliore atleta, ma ne avrebbero fatto migliori agonisti, ragazzi più felici e con maggior benessere.

Se riconoscete di essere (dei genitori ndt) entusiasti del fatto che vostro figlio possa avere una carriera nel mondo dell'atletica, vi invito a farvi un obbiettivo esame di coscienza.

E se vi accorgete che state facendo una delle tre cose che vi dirò di seguito, vi posso garantire che vostro figlio non arriverà dove credete possa arrivare.

State riponendo sul vostro bimbo quelle che sono le VOSTRE ambizioni.

Trovo interessante come molti degli atleti più realizzati che io abbia conosciuto non siano, nel momento in cui arrivano all'atletica, (i genitori) ossessivi che ci si potrebbe aspettare.

Infatti questi tendono ad avere un atteggiamento del tipo "leisez faire" verso l'attività atletica dei figli. La mia opinione è che questi genitori abbiano una più alta comprensione di cosa sia il processo di sviluppo sportivo.

Porre le fondamenta, acquisire una serie di abilità e prendere dimestichezza gradualmente con i tranelli della competizione, sono considerati da questi genitori più importanti che riconoscimenti ed encomi.

Questi hanno grande famigliarità con la lunga strada e la mole dei sacrifici che sono richiesti per arrivare in alto nello sport, e anche con la casualità necessaria per riuscirci. 

Tendono ad essere più rispettosi degli allenatori e pazienti in rapporto al processo di formazione. In breve, questi hanno raggiunto una prospettiva più ampia, che molti di noi non possiedono. 


I genitori che non hanno esperienze agonistiche semplicemente non hanno mai sviluppato la serie di abilità psichiche che sono richieste ad un atleta. 

È possibile che questi stiano sperimentando l'agonismo in atletica per la prima volta attraverso il prisma del proprio ragazzo; cosa che può costituire un pendio molto scivoloso.

Altri invece credono che i propri figli rappresentino una “seconda chance” per correggere gli errori di un proprio passato atletico non così illustre come avrebbe dovuto essere. 

Ad ogni modo la cosa più importante da capire, è che i ragazzi pre adolescenti seguono tre motivazioni principali per fare sport: divertirsi, socializzare, e compiacere i propri genitori. 

Troppi bambini finiscono per fare semplicemente l'ultima cosa, e questo spesso non funziona troppo a lungo.

Questi ultimi ragazzi raramente durano nello sport fino a raggiungere l'alto livello e molto spesso finiscono per lasciare la propria disciplina, dopo anni di sviluppo, perchè questo è un bel modo di ribellarsi ai propri genitori.

A fine gara, sento spesso che le prime parole di questo tipo di genitori sono valutazioni o di critiche riguardo alla competizione quando dovrebbero semplicemente essere: “ti sei divertito?”

Superspecializzazione prematura

Una volta mi sono consultato con un papà ansioso riguardo l'allenamento della figlia infortunata.
Il dottore aveva raccomandato 3 settimane di riposo per permettere la guarigione dall'infortunio, ma questo papà era del parere che fosse una cautela eccessiva e che la figlia avrebbe perso troppo terreno a causa di questo stop.

All'epoca la bambina aveva 9 anni.

Chiaramente il papà avrà avuto in mente i suoi progetti e non l'interesse della figlia.

Dubitai fortemente che sarebbe arrivata a fare sport oltre i 12 anni.

C'è stato uno sbalorditivo incremento di infortuni di tipo ortopedico tra i ragazzi nell'ultimo decennio.

Questo corrisponde all'incremento di specializzazione prematura in un singolo sport.

I bambini sono allenati troppo duramente, troppo spesso, troppo ripetitivamente e troppo spesso senza una corretta preparazione dei presupposti fondamentali. 

I programmi di allenamento e di addestramento sportivo si sono concentrati su questo, spesso ignorando le linee guida ortopediche, preferendo invece compiacere i genitori mostrando ai genitori risultati immediati.

I bambini non presentano una base  stabile su cui caricare un alto volume di lavoro, specialmente durante le fasi della crescita.

Infortuni alle placche epifisarie in accrescimento, ai dischi vertebrali, lacerazioni del menisco, sollecitazioni tendineo-legamentose, possono lasciare nei ragazzi danni permanenti. 

Il corpo umano non è fatto per ripetere  movimenti specifici uno sopra l'altro, specialmente da piccoli.

Siamo fatti per fare movimenti su diversi piani che è una cosa più affine “all'esci e vai a giocare” che non all'allenamento.

Se davvero vuoi far sviluppare un atleta sin dalla giovane età devi fare proprio questo: farli sviluppare (inteso come non specializzare ndt).

Si devono sviluppare una serie di abilità e la coordinazione generale, la forza e l'agilità che sono appropriate per l'età.

Un buon allenatore/ genitore dovrebbe tenere in considerazione le tappe dello sviluppo e calibrare in accordo a queste i carichi di lavoro, monitorando pause e recuperi insegnando ed imponendo una corretta alimentazione e sviluppando le capacità mentali.

Ancora oggi queste importanti aree di opportunità vengono spesso trascurate.

La linea di demarcazione è costituita dal fatto che, se il vostro ragazzo si fa male sistematicamente o se anche i suoi compagni di squadra stanno accusando una serie di infortuni da carico iterativo, significa che il sistema di preparazione ed allenamento sta fallendo e non importa quanto bene stiano andando i migliori “atleti” (di questi allenatori).

LEGGI ANCHE: MULTILATERALITA' O SPECIALIZZAZIONE

Focalizzarsi su un singolo sport.

È in qualche modo logico aspettarsi che più un atleta passa del tempo allenandosi per un dato sport, più l'atleta migliori nel tempo.

E non c'è dubbio che occasionalmente salti fuori un Tiger Woods.

Ma più spesso questa mentalità si lascia indietro moltitudini di giovani che si perdono per la strada.

Far crescere un atleta è come aprire una porta.

Occorre avere proprio la chiave giusta, quella che fa muovere tutti i perni della serratura, per aprire la porta.

L'allenamento è solo uno dei perni, non è la chiave. 

Come ho già detto, un bambino non si auto realizza in uno sport fino a che non è adolescente.

Al fine di capire quello in cui sono bravi davvero, che gli piace davvero, e quello in cui vogliono (provare n.d.t.) ad avere successo devono provare un numero di cose. 

Questa cosa è buona, è salutare e li protegge dal burning out in uno sport solo.

Ma troppi genitori intravedono un po' di talento o attitudine e vogliono chiamare questa cosa “sport”.

Partecipare in più discipline o attività potrebbe anche aiutare a prevenire gli infortuni legati alla super-specializzazione.

Dovreste chiedere ai vostri bambini se vogliono provare sport diversi , o anche sollecitarli gentilmente a fare in questo modo.

Nel tempo potranno poi stringere il campo.

Divertirsi nelle trasferte con la squadra di calcio da giovani potrebbe far capire ai vostri figli che sono più dotati (e più appassionati) per il baseball.

Se vostro figlio (o figlia n.d.t.) ha meno di 12 anni e vi riscoprite a bordo campo con le parole “campione”, “borsa di studio” e “fenomeno” che vi girano in testa probabilmente avete bisogno di ri-settare la vostra prospettiva.

Una delle lezioni più difficili che dovrete imparare è che ci sarà un momento in cui saranno loro a decidere se continuare o meno in uno sport.

E non ci sarà nulla che possiate fare  per farli continuare a gareggiare se semplicemente non ne avranno il desiderio o la voglia.

E' un semplice dato di fatto che le ore in macchina, le migliaia di dollari spese per la loro formazione tecnica e gli anni trascorsi assistendo a gare ed allenamenti, statisticamente molto spesso non portano da nessuna parte.

I valori imparati e conquistati su un campo di atletica varranno più di qualsiasi altro premio; valori quali sportività, l'onore, l'integrità, lo stare bene, il lavoro duro ed il lavoro di squadra.

La relazione che instaurerete attraverso le gare dei vostri figli avrà una grande importanza nel loro futuro.

Le decisioni che prenderete come genitori avranno un effetto enorme non  solo nello sviluppo atletico di vostro figlio, ma anche riguardo alla sua salute, al suo benessere ed alla sua etica.

Scegliete saggiamente.

Andrea Uberti - cofondatore de IlCoach

Andrea Uberti

Combined Events Coach | ilCoach.net ASD Vice President

Tesseramento ilCoach.net ASD

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Fase della specializzazione: 15-19 anni

18 Maggio 2016 by Redazione

indicazioni e cues

In copertina Alessandro Vigo durante una seduta a Nave.

In questa serie di articoli stiamo cercando di affrontare il tema dell'allenamento giovanile, di capire quali sono le fasi di sviluppo psicomotorio nei bambini e nei giovani, dando delle linee guida generali da seguire per l'allenamento delle categorie giovanili.

Nei due articoli precedenti abbiamo affrontato due fasi davvero importanti per creare le fondamenta verso l'alta prestazione sportiva:

  • 6-10 anni (introduzione all'attività sportiva);
  • 11-14 anni (sviluppo atletico)

Nel seguente articolo vediamo di capire cosa andrebbe fatto nella fase successiva: specializzazione sportiva (15-19 anni)

Fase di specializzazione sportiva: 15-19 anni

Come abbiamo già descritto più volte le varie fasi di crescita psicofisica non sono uguali per ogni atleta, infatti questo sviluppo è molto soggettivo. In questa fase potrebbero trovarsi già atleti di età di 13/14 anni (i così detti precoci) che potrebbero trovarsi nella fase successiva già all'età di 18 anni.

Per quanto riguarda atleti "ritardatari" nello sviluppo psicofisico il loro ingresso in questa fase potrebbe avvenire anche all'età di 16-17 anni e terminare a 20-21.

Un altra problematica di questa fase è poi la grande differenza sessuale: maschi e femmine, grazie al forte impulso ormonale della pubertà presentano ora caratteristiche molto differenti che vanno tenute presente nella costruzione di un programma di allenamento.

Questa fase della preparazione sportiva segue quella della crescita denominata adolescenza che, indicativamente è compresa tra i 13 ed i 18 anni nelle femmine e dai 15 anni ai 20 anni circa nei maschi:

  1. Diminuzione dei parametri della crescita e dello sviluppo;
  2. Crescita “in larghezza”, armonizzazione delle proporzioni ed effetto positivo sulle capacità coordinative;
  3. Aumento della forza massima;
  4. Inizio dell’allenamento, in maniera graduale, alla massima intensità, delle capacità condizionali e coordinative;
  5. Si riscontrano elevati miglioramenti prestativi e la capacità di apprendimento di movimenti molto complessi;
  6. 2° età aurea per l’apprendimento;
  7. Inizio di un allenamento con volumi ed intensità elevate;
  8. Utilizzo di tecniche sempre più specifiche;

Gli atleti in fase di specializzazione, o almeno quelli che fino a quel momento si sono "allenati" tenendo conto delle varie fasi di crescita, sono in grado di tollerare maggiori richieste di allenamento e di gara, rispetto a quelli nelle fasi precedenti.

Le variazioni più significative dal punto di vista dell'allenamento si svolgono durante questa fase.

Gli atleti che hanno svolto, fino a questo momento, un programma di sviluppo motorio multilaterale saranno ora in grado di concentrarsi maggiormente sull'esecuzione di maggiori esercizi ed esercitazioni specifiche con l'obiettivo di migliorare le prestazioni in uno sport specifico.

L'allenatore dovrebbe monitorare attentamente volumi ed l'intensità di allenamento per garantire agli atleti i giusti adattamenti volti al miglioramento delle prestazioni, mantenendo però basso il rischio di lesioni.

Alla fine di questa fase (18-20 anni) gli atleti dovrebbero essere in possesso di buone capacità tecniche per la specialità che stanno allenando.

Da questo momento, l'allenatore può lasciare il ruolo di insegnante per vestire il ruolo di coach.

Le seguenti linee guida aiuteranno nella progettazione di programmi di allenamento per gli atleti che si specializzano in uno sport particolare:

  • Seguire da vicino lo sviluppo di atleti durante questa fase;
  • Sviluppare strategie per far fronte ad un aumento delle esigenze fisiche e psicologiche in allenamento e in gara;
  • A questa età vi è anche il rischio di trovarsi in situazioni fisiche e psicologiche difficili dovute ad un eccesso di allenamento;
  • Controllare sistematicamente, per migliorare progressivamente le abilità motorie dominanti per lo sport prescelto, i sistemi energetici, la capacità anaerobica, un coordinamento specifico e la mobilità dinamica;
  • Aumentare il volume di allenamento per gli esercizi e le esercitazioni specifiche per agevolare un miglioramento delle prestazioni;
  • Il corpo deve adattarsi a incrementi specifici del carico di allenamento, per prepararsi in modo efficace per alle competizioni;
  • Pertanto, questo è il momento di sottolineare la specificità;
  • Aumentare l’intensità di allenamento più rapidamente rispetto al volume, che sarà invece aumentato in maniera più progressiva;
  • Preparare gli atleti a svolgere un’attività particolare o esercitazioni tecniche specifiche con il ritmo e la velocità appropriata;
  • L’allenamento dovrebbe simulare le azioni che si svolgono durante le gare;
  • La fatica è un risultato normale nell’allenamento ad alta intensità, tuttavia è importante che gli atleti non raggiungano lo stato di esaurimento;
  • Coinvolgere gli atleti nel processo decisionale, quando possibile;
  • Continuare a sottolineare lo sviluppo motorio multilaterale, in particolare durante la preparazione (precompetitiva)
  • Iniziare tuttavia a dare sempre maggiore importanza alla specificità e all’utilizzo di metodi di allenamento e di tecniche che svilupperanno un elevato livello di efficienza sport- specifico, in particolare durante la stagione agonistica;
  • Incoraggiate gli atleti a prendere confidenza con gli aspetti teorici dell’allenamento;
  • Enfatizzare il rinforzo e le esercitazioni di muscoli che gli atleti utilizzano principalmente quando sviluppano le competenze tecniche;
  • Lo sviluppo della forza dovrebbe iniziare a riflettere le esigenze specifiche dello sport prescelto. Gli atleti che si allenano con i pesi possono iniziare ad eseguire esercizi che richiedono un minor numero di ripetizioni e sovraccarico maggiore;
  • Evitare l’allenamento della forza massima, nella quale gli atleti eseguono meno di quattro ripetizioni di un esercizio, in particolare per coloro che sono ancora in crescita (all'inizio della fase);
  • Lo sviluppo della capacità aerobica è una priorità ogni tutti gli atleti, soprattutto per coloro che partecipano a sport di resistenza.
  • Aumentare progressivamente il volume e l'intensità dell’allenamento anaerobico;
  • In questa fase gli alteti sono in grado di far fronte all'accumulo di acido lattico, ma l’allenamento di questa componente energetica va sviluppato in maniera progressiva;
  • Migliorare e perfezionare la tecnica dello sport prescelto. Selezionare esercizi specifici per garantire agli atleti l’utilizzo delle abilità in maniera biomeccanicamente corretta e fisiologicamente efficiente. Gli atleti dovrebbero sviluppare competenze complesse e difficili spesso durante le sessioni di allenamento, incorporate ad esercitazioni tecnico-tattiche specifiche, che saranno poi applicate durante le competizioni;
  • Migliorare le tattiche individuali e di squadra. Utilizzare esercitazioni specifiche in sessioni di addestramento tattico. Selezionare le esercitazioni che sono interessanti, che sfidano l’atleta e lo stimolano dal punto di vista motorio, e che richiedono decisioni rapide, azioni veloci, concentrazione prolungata, e un alto livello di motivazione da parte degli atleti;
  • Gli atleti dovrebbero dimostrare capacità di iniziativa, autocontrollo, un sano spirito competitivo, un senso etico e di fair play in situazioni competitive;
  • Aumentare il numero di gare progressivamente, in modo tale che alla fine di questa fase, gli atleti siano in grado di competere, dal punto di vista della frequenza delle gare, quanto gli atleti assoluti;
  • È importante fissare obiettivi per le gare che si concentrano sullo sviluppo di competenze specifiche, le tattiche e le abilità motorie. Anche se vincere diventa sempre più importante, non sopravvalutate questo;
  • Gli atleti dovrebbero praticare sistematicamente l’allenamento mentale: insegnare esercizi che migliorano la concentrazione, il controllo nervoso, l’attenzione, il pensiero positivo, l'autoregolamentazione, la visualizzazione e la motivazione sono fondamentali per migliorare le prestazioni sportive.

Bibliografia:

"L'Allenamento ottimale" di Jurgen Weineck, Calzetti & Mariucci Editore

"Total Training for Young Champions. Proven conditioning programs for athletes ages 6 to 18" di PhD. Tudor O. Bompa, Human Kinetics 

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Andrea Dell'Angelo

Sprint&Hurdles Coach | Fondatore e presidente ilCoach.net ASD
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Fase dello sviluppo atletico: 11-14 anni

Filed Under: Allenamento giovanile, News Tagged With: adolescenza, allenamento giovanile, allenamento specialistico, ilcoach, specializzazione, specializzazione sport, specializzazione sportiva, specific training

Fase dello sviluppo atletico: 11-14 anni

6 Maggio 2016 by Redazione

In questa serie di articoli stiamo cercando di affrontare il tema dell'allenamento giovanile, di capire quali sono le fasi di sviluppo psicomotorio nei bambini e nei giovani, dando delle linee guida generali da seguire per l'allenamento delle categorie giovanili.

In questo dato le indicazioni generali per l'insegnamento/allenamento nella fascia d'età tra i 6-10 anni (introduzione all'attività sportiva).

Ora vediamo cosa fare nella fase successiva (11-14 anni)

Fase dello sviluppo atletico: 11-14 anni

La durata di questa fase varia leggermente in base al sesso, finisce prima per le femmine (14 anni circa), mentre risulta un po più lunga per i maschietti (15 anni). Per essere precisi dovremmo dividere questa fase in 2:

2° età scolare

Dai 10 ai 12/13 anni, questa fase è definita “la migliore età per l’apprendimento”, da far notare però che questo dipende moltissimo dal lavoro effettuato nella fase precedente, ed in questo caso il bambino:

  1. Presenterà un ottimo controllo del proprio corpo;
  2. Capacità di apprendimento anche di movimenti molto difficili;
  3. Notevole bisogno di movimento, disponibilità verso l’impegno, coraggio e disponibilità al rischio;
  4. Ciò che viene trascurato in questa fase, potrà essere recuperato più tardi, ma con una fatica ed una difficoltà decisamente maggiore;
  5. È possibile l’insegnamento della tecnica, anche in forma precisa, facendo però attenzione a non creare automatismi errati: quello che si impara in questa fase per essere corretto necessita di difficoltà ed impegno maggiori

La pubertà

Dai 12 ai 14 anni (femmine) e dai 13 ai 15 anni (maschi), fase nella quale inizia una estrema differenziazione di genere (sesso), i giovani presentano:

  1. Forte spinta ormonale nella crescita, soprattutto in lunghezza (aumento dell’altezza per allungamento degli arti)
  2. Forte instabilità ormonale che porta ad instabilità psichica;
  3. Comportamenti critici verso le autorità (genitori, insegnanti, allenatore);
  4. Desiderio di autonomia e di responsabilità;
  5. Conflitto con gli adulti e rapporto forte con i coetanei;
  6. Volontà di essere rispettati dalle figure con le quali interagiscono (allenatori, insegnanti) e libertà di discutere democraticamente;
  7. Diminuzione dell’interesse verso l’attività sportiva (in maniera drastica), per la nascita di nuovi interessi;
  8. L’attività sportiva si basa soprattutto sullo “stare con i coetanei;
  9. Dare valore maggiore alla partecipazione, alla pianificazione ed alla realizzazione autonoma all’interno dei gruppi;
  10. Attività svolte principalmente in gruppo

Durante questa fase l'allenamento dovrebbe iniziare a subire delle variazioni, con un moderato e progressivo aumento dell'intensità. Sebbene la maggior parte dei ragazzi siano, in questa fase, ancora vulnerabili alle lesioni, i loro corpi e le capacità motorie sono in rapido sviluppo.

Il loro sistema cardiorespiratorio continua a svilupparsi, e la tolleranza per l'accumulo di acido lattico è in graduale miglioramento.

È importante, per l'allenatore/educatore, capire ed essere consapevoli che, in questa fase, le differenze nelle prestazioni atletiche possono essere il risultato di differenze soggettive nella crescita.

Come già descritto in questo articolo, alcuni giovani atleti possono sperimentare una crescita più rapida e marcata, che in questo periodo può però essere associata ad una mancanza di coordinazione in alcune esercitazioni tecniche.

Di conseguenza, è importante enfatizzare lo sviluppo di competenze e abilità motorie, lo sviluppo armonico di tutte le componenti coordinative e tecnice, evitando di concentrarsi sulle performances ed i risultati veloci.

Le seguenti linee guida vi aiuteranno a creare programmi di allenamento appropriati per la fase sviluppo atletico:

  • Iniziare l'introduzione ad una serie di esercitazioni specifiche dello sport prescelto, per prepararli alle competizioni, mantenendo però una ampia base polisportiva. Giochi ed esercitazioni provenienti anche da altri sport contribuiranno a migliorare ed aumentare la loro base motoria multilaterale e generale (le fondamenta per la futura prestazione sportiva).
  • Aumentare progressivamente il volume e l'intensità dell'allenamento. Gli adattamenti e il miglioramento delle performance sportive si basano su questi principi: in questa fase bisogna iniziare ad incrementare entrambi tenendo sempre presente la base di partenza. Prevedere e programmare quindi una progressione dei volumi e delle intensità che porti alla fine di questo periodo (14-15 anni) ad essere in grado di sostenere i carichi di allenamento della fase di specializzazione (14-19 anni).
  • Utilizzare esercitazioni che introducono gli atleti alle competenze tecniche e tattiche e alle strategie fondamentali dello sport prescelto.
  • Aiutare gli atleti a perfezionare e automatizzare le competenze di base che hanno imparato durante la fase di introduzione (6-10 anni) e ad imparare abilità che sono via via più complesse.
  • Continuare a migliorare la flessibilità, la coordinazione e l'equilibrio.
  • Dare grande enfasi all'etica e il fair play sportivo durante le sessioni di allenamento e soprattutto durante le gare.
  • Dare l'opportunità a tutti i bambini/ragazzi di partecipare a un livello impegnativo.
  • Iniziare ad introdurre esercitazioni per lo sviluppo della forza generale. Costruire una base di questa capacità condizionale in questo periodo permette di costruire fondamenta solide per il miglioramento della forza e della potenza nel futuro. Iniziare sviluppare la forza nelle sezioni principali del corpo, in particolare i fianchi, addominali, tronco (il cosidetto "core"), così come i muscoli delle spalle, delle gambe e delle braccia, in maniera armonica e generale, evitando di rinforzare solo i distretti muscolari utili allo sport prescelto. La maggior parte degli esercizi dovrebbero essere svolti a corpo libero o con l'utilizzo piccole attrezzature, come palle mediche e manubri leggeri.
  • Continuare lo sviluppo della capacità aerobica. Una solida base di resistenza aerobica permetterà agli atleti di far fronte in modo più efficace alle future esigenze di allenamento e gara, nella fase di specializzazione.
  • Introdurre gli atleti ad un moderato allenamento anaerobico. Questo aiuterà ad adattarsi gradualmente e progressivamente all’allenamento anaerobico ad alta intensità, che in molte attività sportive assume una grande importanza nella fase di specializzazione. Gli atleti in queste fasce d'età non dovrebbero competere in eventi che stressano eccessivamente il sistema anaerobico lattacido, come gli sprint di 200 metri e 400 metri nell'atletica. Per queste categorie sono più adatti gli sprint brevi su distanze inferiori agli 80 metri, che coinvolgono maggiormente il sistema anaerobico alattacido, e gli eventi di resistenza su distanze maggiori ma a velocità inferiori (con minor accumulo di acido lattico nell'unità di tempo), come nelle gare oltre gli 800 metri, che mettono alla prova principalmente le capacità aerobiche.
  • Limitare il numero delle gare che stressano in maniera eccessiva il corpo dal punto di vista anatomico. Ad esempio, la maggior parte dei giovani atleti non ha sufficiente sviluppo muscolare e tendineo per eseguire un salto triplo con la tecnica corretta. Un eccesso di competizioni in gare così traumatiche e con tecniche ancora scorrette potrebbe portare a shock che con il passare del tempo potrebbero tradursi in lesioni ed infortuni da sovraccarico.
  • Per migliorare la concentrazione, aumentare in maniera progressiva la difficoltà e la complessità delle esercitazioni tecniche.
  • Introdurre ed incoraggiare a sviluppare strategie per l'autoregolamentazione e la visualizzazione. Introdurre all’allenamento mentale.
  • Introdurre gli atleti ad una varietà di situazioni competitive divertenti che permettano loro di applicare varie tecniche e tattiche. I giovani atleti amano competere, ma è importante, in questa fase togliere l'enfasi sulla vittoria. Strutturare gare e concorsi (anche tra compagni di allenamento) che permettano di rafforzare e di concentrarsi sullo sviluppo delle competenze motorie. Ad esempio, è possibile basare l'obiettivo di una gara di lancio del giavellotto sulla precisione e la tecnica piuttosto che sulla distanza del lancio.
  • Concedere del tempo per giocare e socializzare con i coetanei.

Insomma, il lavoro da fare è davvero molto ampio e da allenatori ed educatori non si può pensare solo ad ottenere risultati velocemente. I giovani atleti vanno "costruiti" con calma, pazienza e pensando a lungo termine.

 

Bibliografia:

"L'Allenamento ottimale" di Jurgen Weineck, Calzetti & Mariucci Editore

"Total Training for Young Champions. Proven conditioning programs for athletes ages 6 to 18" di PhD. Tudor O. Bompa, Human Kinetics  

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6-10 anni: fase di introduzione all'attività sportiva.

17 Novembre 2015 by Redazione

Nel precedente articolo abbiamo cercato di capire quali sono le fasi di sviluppo psicomotorio nei bambini e nei giovani, dando delle linee guida generali da seguire per l'allenamento delle categorie giovanili.

Per fare questo abbiamo voluto "semplificare" queste tappe di crescita in 4 fasi principali per l'insegnamento e l'allenamento motorio:

  1. Fase di introduzione all'attività sportiva: 6-10 anni
  2. Fase dello sviluppo atletico: 11-14 anni
  3. Fase della specializzazione: 15-19 anni
  4. Fase delle alte prestazioni: oltre i 19 anni

In questa serie di articoli, rivolti alle categorie giovanili, ci occuperemo solamente dei primi 3 stadi di sviluppo.

Oggi tratteremo della fascia d'età tra i 6 ed i 10 anni. Anche in questo caso quelle che daremo saranno delle linee guida, che andrebbero tenute presente nell'educazione motoria e nell'allenamento di queste fasce d'età.

Fase di introduzione all'attività sportiva: 6-10 anni

Come già detto nel precedente articolo, i bambini in questa fascia d'età (6-10 anni), detta anche 1° età scolare, presentano:

  1. Piacere verso il movimento ed interesse verso la pratica degli sport;
  2. Buon equilibrio psichico, ottimismo, spensieratezza, capacità critica, capacità di concentrazione, capacità di differenziazione fine;
  3. Apprendimento motorio facile, quasi istantaneo, ma con difficoltà a fissarlo nel tempo: in questo periodo ciò che viene appreso va ripetuto un numero sufficiente di volte per renderlo un movimento stabile nel repertorio del bambino;

In questa fascia d'età (6-10 anni), estremamente sensibile, si vanno a creare adattamenti importanti per lo sviluppo delle capacità motorie che saranno importanti per la pratica sportiva futura.

Come avviene in molti paesi sia Europei che extraeuropei, la scuola a quest'età dovrebbe avere un ruolo fondamentale per lo sviluppo di tali competenze, ma come sappiamo l'Italia non è certamente all'avanguardia da questo punto di vista.

Anche la famiglia ha un ruolo molto importante, in quanto dovrebbe favorire il movimento dei bambini, la scoperta di giochi e movimenti nuovi e la pratica di attività creative e dinamiche.

Le indicazioni di seguito riportate potranno essere utili ai tecnici, allenatori, insegnanti delle scuole elementari, ma anche agli stessi genitori (che spesso sono i primi a voler vedere i propri figli primeggiare sugli altri) che vogliono comprendere l'importanza del movimento nei più piccoli.

Rivolgendo il discorso agli allenatori/istruttori, bisogna essere consapevoli che spesso l'attività motoria proposta a queste fasce d'eta (6-10 anni) dalle associazioni sportive è talmente ridotta (1/2 ore a settimana) che risulta molto difficile dare stimoli adeguati a soggetti di per se molto sedentari, mentre i miglioramenti potrebbero essere notevoli in ragazzini già molto attivi durante il resto della giornata.

In questa fase ai bambini (6-10 anni) dovrebbero essere proposti programmi di allenamento a bassa intensità dove l’obiettivo primario è il divertimento.

Questo in quanto la maggior parte dei bambini non è in in grado di far fronte alle esigenze fisiche e psicologiche degli allenamenti ad alta intensità o delle competizioni.

I programmi di allenamento per questi giovani atleti devono focalizzarsi sullo sviluppo atletico generale e non sulle prestazioni specifiche per un determinato sport.

È importante una formazione multilaterale e polisportiva, per garantire l’apprendimento di un ampio bagaglio motorio; da tenere presente quando si allenano i giovani tra i 6 e i 10 anni:

  • Il corpo a queste età sta cresce ad un ritmo costante e i gruppi muscolari più grandi si sviluppano con maggiore velocità rispetto a quelli più piccoli.
  • Il sistema cardiorespiratorio si sta sviluppando e la capacità aerobica è adeguata per la maggior parte delle attività.
  • La capacità anaerobica è limitata: i bambini hanno scarsa tolleranza per l'accumulo di acido lattico.
  • I tessuti del corpo sono sensibili ai danni: i legamenti si stanno rinforzando, ma le estremità delle ossa sono ancora cartilaginei e devono ancora completare la calicificazione.
  • La capacità di attenzione è breve: i bambini di 6-10 anni sono orientati all'azione, quindi non è consigliabile tenerli fermi ad ascoltare spiegazioni per lunghi periodi di tempo.
  • È particolarmente importante che l’allenamento in questa fase sia vario e creativo.
  • Bisogna dare enfasi al divertimento e alla partecipazione di ogni bambino.

Le seguenti linee guida aiuteranno nella creazione di programmi di allenamento che sono ideali per i bambini in questa fascia d’età (6-10 anni):

  1. Attività per lo sviluppo multilaterale con l'introduzione di una vasta gamma di competenze ed esercizi tra i quali correre, saltare, prendere, lanciare, trasportare, rotolare, arrampicarsi, equilibrio, ritmo, etc..
  2. Lasciare ad ogni bambino il tempo necessario per sviluppare adeguatamente le competenze, senza avere fretta di saltare le tappe;
  3. Creare rinforzi positivi (gratificazioni e complimenti) con i bambini che si impegnano e sono autodisciplinati;
  4. Incoraggiare i bambini a sviluppare la mobilità articolare, la coordinazione e l'equilibrio;
  5. Incoraggiare i bambini a sviluppare diverse e svariate abilità motorie a bassa intensità, in modo da evitare i traumi. Ad esempio, il nuoto è uno sport da tenere in grande considerazione per lo sviluppo del sistema cardiorespiratorio, in quanto riduce al minimo le sollecitazioni sulle articolazioni, i legamenti ed i tessuti connettivi;
  6. Selezionare un adeguato numero di ripetizioni per ogni abilità, ed incoraggiare i bambini a eseguire correttamente la tecnica di ogni esercizio;
  7. Dare grande importanza all'etica, al fair play e alla correttezza verso i compagni (e gli avversari)
  8. Dare l’opportunità ai ragazzi e alle ragazze di partecipare insieme alle varie attività;
  9. Incoraggiare la pratica multisportiva, cioè di sport vari e diversi, per creare una vasta gamma di stimoli motori.

In tutte le categorie giovanili, soprattutto tra i 6-10 anni, l'enfasi va data all'insegnamento e all'educazione motoria, psichica e comportamentale dei giovani.

In queste categorie bisognerebbe parlare di istruttore-educatore e non di allenatore, in quanto l'obiettivo primario dovrebbe essere l'insegnamento di tutte le abilità motorie utili ad una successiva alta prestazione.

Evitare quindi di premiare, enfatizzare la prestazione e la vittoria, ma concentrarsi e "premiare" il miglioramento delle abilità e delle capacità motorie, la buona educazione, il rispetto delle regole ed il rispetto di tutti gli altri bambini.

 

Bibliografia:

"L'Allenamento ottimale" di Jurgen Weineck, Calzetti & Mariucci Editore

"Total Training for Young Champions. Proven conditioning programs for athletes ages 6 to 18" di PhD. Tudor O. Bompa, Human Kinetics 

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Andrea Dell'Angelo

Psicologa dello sport
Martina è Psicologa Clinica e dello Sport, iscritta alla sezione A dell’Albo Professionale degli Psicologi della Lombardia, laureata nel 2012 a pieni voti all’Università di Milano Bicocca in Psicologia Clinica, dello Sviluppo e Neuropsicologia, Ex Velocista con la maglia della Bracco Atletica, società per la quale ora allena il settore giovanile.
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Allenamento giovanile: le tappe dello sviluppo fisico

7 Ottobre 2015 by Redazione

Allenamento giovanile

Come abbiamo già descritto nel precedente articolo sull' allenamento giovanile è ormai risaputo che gli atleti che nelle categorie giovanili hanno seguito programmi di allenamento sistematici e ben organizzati, solitamente sono quelli che da adulti realizzano le migliori prestazioni.

Gli allenatori impazienti che mettono pressione ai bambini per raggiungere risultati più rapidamente di solito falliscono, perché gli atleti spesso smettono di fare sport prima di raggiungere la propria maturazione atletica.

Leggi anche "bimbi rotti in 3 mosse"

Lo sviluppo motorio dei giovani avviene secondo delle "tappe di crescita", o "fasi sensibili" ed i programmi di allenamento con queste fasce d'età devono tenerne presente per essere certi di portare i giovani ad uno sviluppo psicofisico ideale ed alle alte prestazioni in età adulta. Di seguito vedremo quali sono queste tappe.

Le tappe dello sviluppo fisico

La crescita di bambini ed adolescenti non avviene in maniera lineare, ma per spinte di accrescimento e l’allenamento giovanile ideale deve dare sostegno ad esse.

Le tappe principali dello sviluppo fisico sono:

  1. L’infanzia, da 0 a 3 anni, in questa fase i bambini imparano i movimenti di base, come il camminare, lo strisciare e l’afferrare oggetti ed inoltre sono spinti dalla curiosità verso la scoperta del mondo esterno; in questa fase è compito dei genitori garantire i giusti stimoli ed un ambiente psico-sociale ideale al suo sviluppo psico-fisico;
  2. Età prescolare, dai 3 ai 6/7 anni, in questa fase il bambino presenta:
    a. Un’elevato impulso a muoversi;
    b. Fantasia, curiosità verso l’ignoto;
    c. Mancanza di razionalità, scelte spinte dall’intuito e dall’istinto;
    d. Scarsa capacità di concentrazione, il bambino si impegna in svariati giochi variandone continuamente le forme;
    e. Queste caratteristiche vanno utilizzate indirizzando la grande vivacità verso una vasta gamma di conoscenze motorie, soprattutto di base: correre, saltare, strisciare, lanciare, equilibrio, arrampicarsi, rotolare, ruotare, prendere e portare, etc.
  3. 1° età scolare, dai 6/7 ai 10, in questa fase il giovane presenta:
    a. Piacere verso il movimento ed interesse verso la pratica degli sport;
    b. Buon equilibrio psichico, ottimismo, spensieratezza, capacità critica, capacità di concentrazione, capacità di differenziazione fine;
    c. Apprendimento motorio facile, quasi istantaneo, ma con difficoltà a fissarli nel tempo: in questo periodo ciò che viene appreso va ripetuto un numero sufficiente di volte per renderlo un movimento stabile nel repertorio del bambino;
    d. In questa fase è importante una formazione multilaterale e polisportiva, per garantire l’apprendimento di un ampio bagaglio motorio;
  4. 2° età scolare, dai 10 ai 12/13 anni, questa fase è definita “la migliore età per l’apprendimento”, da far notare però che questo dipende moltissimo dal lavoro effettuato nella fase precedente, ed in questo caso il bambino:
    a. Presenterà un ottimo controllo del proprio corpo;
    b. Capacità di apprendimento anche di movimenti molto difficili;
    c. Notevole bisogno di movimento, disponibilità verso l’impegno, coraggio e disponibilità al rischio;
    d. Ciò che viene trascurato in questa fase, potrà essere recuperato più tardi, ma con una fatica ed una difficoltà decisamente maggiore
    e. È possibile l’insegnamento della tecnica, anche in forma precisa, facendo però attenzione a non creare automatismi errati: quello che si impara in questa fase per essere corretto necessita di difficoltà ed impegno maggiori
  5. La pubertà, dagli 11 ai 14 anni (femmine) e dai 13 ai 15 anni (maschi), fase nella quale inizia una estrema differenziazione di genere (sesso), i giovani presentano:
    a. Forte spinta ormonale nella crescita, soprattutto in lunghezza (aumento dell’altezze per allungamento degli arti)
    b. Forte instabilità ormonale che porta ad instabilità psichica;
    c. Comportamenti critici verso le autorità (genitori, insegnanti, allenatore);
    d. Desiderio di autonomia e di responsabilità;
    e. Conflitto con gli adulti e rapporto forte con i coetanei;
    f. Volontà di essere rispettati dalle figure con le quali interagiscono (allenatori, insegnanti) e libertà di discutere democraticamente;
    g. Diminuzione dell’interesse verso l’attività sportiva (in maniera drastica), per la nascita di nuovi interessi;
    h. L’attività sportiva si basa soprattutto sullo “stare con i coetanei;
    i. Dare valore maggiore alla partecipazione, alla pianificazione ed alla realizzazione autonoma all’interno dei gruppi;
    j. Attività svolte principalmente in gruppo
  6. L’adolescenza, dai 13 ai 18 anni nelle femmine e dai 15 anni a 20 anni circa nei maschi:
    a. Diminuzione dei parametri della crescita e dello sviluppo
    b. Crescita “in larghezza”, armonizzazione delle proporzioni ed effetto positivo sulle capacità coordinative;
    c. Aumento della forza massima;
    d. Inizio dell’allenamento, in maniera graduale, alla massima intensità, delle capacità condizionali e coordinative;
    e. Si riscontrano elevati miglioramenti prestativi e la capacità di apprendimento di movimenti molto complessi;
    f. 2° età aurea per l’apprendimento
    g. Inizio di un allenamento con volumi ed intensità elevate
    h. Utilizzo di tecniche sempre più specifiche
    [su_spacer size="10"]
  7. L’età adulta, dai 18-20 anni in poi.

Differenze nella crescita

Conoscere le tappe di crescita è fondamentale per sapere quali attività proporre ai giovani atleti. Tuttavia bisogna tenere presente che i bambini crescono e si sviluppano “a velocità diverse”.

Il tasso di crescita delle loro ossa, dei muscoli, degli organi e del loro sistema nervoso variano da uno stadio all'altro e sono soggettivi da bambino a bambino.

Sono questi fattori che nelle categorie giovanili portano al miglioramento delle prestazioni e delle loro capacità psicofisiche.

Questo è il motivo per il quale un programma di allenamento per il settore giovanile deve considerare le differenze individuali nella crescita e le potenzialità dell’allenamento nel creare gli adattamenti desiderati. 

È molto facile trovare due soggetti, della stessa età, che si trovano in una fase di accrescimento molto differente l’uno dall’altro, questo porta a distinguere in:

  • Soggetti con una crescita precoce (precoci)
  • Soggetti con crescita normale (normali)
  • Soggetti con una crescita ritardata (ritardatari)

I “precoci” sono quelli che nell’attività giovanile dimostrano capacità ed abilità superiori agli altri, e che molto spesso vengono “selezionati” come futuri talenti.

I "più lenti nell’apprendimento" delle abilità e delle capacità motorie vengono spesso ritenuti “senza speranza”.

L’errore che si può fare è quello di iniziare ad allenare i giovani “precoci” come atleti di alto livello e d ricoprirli di attenzioni, di lodi etc. e di relegare i più “scarsi” in gruppi di allenamento poco seguiti e dando loro poca importanza.

Da ricordare che, in ogni caso, sia che il giovane abbia una crescita precoce, o ritardata, la sua crescita lo porterà, nell’età adulta verso il medesimo sviluppo: ciò significa che il precoce, ad un certo punto subirà una brusca frenata alla maturazione fisica, mentre il “ritardatario” potrebbe subire una forte accelerazione nella crescita.

Allo stesso tempo un allenamento giovanile uguale tra le 3 tipologie di giovani (precoci, ritardatari e normali) potrebbe portare ad avere adattamenti diversi.

Ad esempio in una squadra o in un gruppo di giovani atleti, tutti di 14 anni, le differenze tra i giocatori/atleti possono essere così grandi che alcuni di loro potrebbero presentare il “potenziale atletico” di un ragazzo di 16 anni (precoci), mentre altri potrebbero presentare le capacità psicofisiche di un bambino di 12 anni (ritardatari).

Trascurare tali differenze potrebbe portare sia ad una mancanza di adattamento all’allenamento che potrebbe risultare troppo blando per le caratteristiche degli atleti maggiormente sviluppati, sia ad un eccessivo allenamento per gli atleti con un ritardo nella crescita.

Conclusioni

  • L’allenamento infantile e quello giovanile devono essere necessariamente diversi da quello dell’età adulta
  • Non vanno adattati programmi per gli adulti ai giovani, riducendone soltanto il volume;
  • Ogni periodo d’età presenta speciali compiti didattici e particolarità specifiche, dovute allo sviluppo delle caratteristiche psicofisiche dei giovani atleti
  • Gli stimoli e le esercitazioni proposte devono seguire le varie “fasi sensibili”; 
  • Gli stimoli e le esercitazioni proposte, perchè siano allenanti, devono essere adattate in base alla crescita soggettiva del giovane, ricordandosi però di dare maggiore enfasi all'apprendimento dei gesti (miglioramento delle abilità e capacità motorie), rispetto al risultato fine a se stesso (vittoria)
  • Dai 6 agli 12-14 anni (pre-pubertà) vanno previste attività che migliorino prevalentemente le capacità coordinative e che amplino il bagaglio motorio generale, senza però dimenticare lo sviluppo generale delle capacità condizionali.
  • Dopo i 14-15 anni (pubertà) inizia il periodo rivolto al miglioramento delle capacità condizionali, mantenendo però un ottimale stimolo delle capacità coordinative, introducendo gli atleti alla specializzazione sportiva.

Bibliografia:

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Cadetti/e: avviamento al salto in alto

25 Settembre 2015 by Redazione

Cadetti avviamento salto in alto

Il salto in alto è una di quelle specialità che affascina la maggior parte dei giovani per la sua componente “giocosa”, ma che presenta varie difficoltà logistiche per quanto riguarda la gestione di un allenamento rivolto al gruppo cadetti, che normalmente è piuttosto numeroso e disomogeneo.
Spiegherò qui una serie di esercitazioni a carattere generale che si possono utilizzare nell'avviamento al salto in alto in maniera semplice, con un gruppo vario di cadetti, accanto a delle proposte più specifiche che necessitano però di un’attenzione maggiore e che quindi andrebbero proposte soltanto ad un gruppo più selezionato di atleti, in possesso di buone doti e che abbiamo già effettuato un certo percorso di apprendimento motorio.

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Tecniche di salto

Nonostante le varie tecniche (frontale, sforbiciata, ventrale) si differenzino da quella Fosbury sotto molti aspetti, tra i quali il tempo di stacco, l’inclinazione del corpo e la rincorsa, a quest’età tali parametri sono secondari rispetto all’importanza fondamentale che riveste l’acquisizione di un vasto bagaglio motorio, che comprenda le altre tecniche principali di salto in alto. Queste sono infatti utilissime per stimolare la capacità di salto a 360 gradi, senza quindi andare ad insistere troppo sullo stacco Fosbury che è ormai assodato, risulta essere traumatico se eseguito in maniera intensiva in giovane età, quando la struttura piede-caviglia non si è ancora irrobustita completamente. A questo proposito ricordiamo che il piede del saltatore è come la mano del pianista, e dev’essere curata e potenziata sempre: dai 15 ai 17 anni è fondamentale rinforzare piedi e caviglie in modo da arrivare a 18 anni con una struttura ben irrobustita e pronta a sopportare adeguati carichi di lavoro (ma questo è un altro argomento che necessita di uno spazio a sé stante).

Tra le esercitazioni più comuni ricordiamo:

  • Salti frontali con stacco a piedi pari già leggermente ruotati nella direzione di rotazione del corpo e atterraggio sulla parte alta del dorso; per indicare la zona di stacco le prime volte si possono mettere dei cerchi oppure una riga a terra che non deve essere superata, perché la tendenza generale di chi è alle prime armi è quella di avvicinarsi troppo al materasso; l’asticella, o meglio ancora l’elastico, si può mettere ad altezza crescente (ad esempio sul ritto a sx si mette 1 m mentre in quello a dx 1,30m) cosicché si possono far saltare più atleti ad altezze diverse; per i più bravi si può aggiungere un over molto basso da superare dopo l’ultimo passo.
  • Stacchi frontali cercando di toccare col braccio un elastico posizionato in alto; questo esercizio può essere facilitato con l’aggiunta di un rialzo sull’ultimo appoggio oppure reso più difficile chiedendo agli atleti di portare in alto prima un solo braccio, e poi entrambi.
  • Stacchi frontali superando un ostacolo e atterrando su materasso o sulla sabbia.
  • Salti a sforbiciata con atterraggio in piedi sul materasso: questa richiesta evita di rischio di fare salti buttandosi sul materasso senza il controllo del proprio corpo; con atleti abili si possono allontanare i ritti e far saltare atterrando per terra: in questo caso ovviamente ci dev’essere massima attenzione anche da parte del tecnico. Non va dimenticato, inoltre, che dal momento che nel salto a sforbiciata non esiste rotazione lungo l’asse longitudinale, è inutile utilizzare una rincorsa in curva che anzi, diventerebbe addirittura controproducente.
  • Salto a sforbiciata lanciando una pallina da tennis al di là di un elastico posto in alto, in modo da percepire l’innalzamento della parte superiore del corpo.
  • Salto con tecnica ventrale: questi sono facilmente eseguibili da tutti coloro che sono in possesso di buone qualità atletiche, sono divertenti e si possono usare anche per fare delle mini-gare di salti non convenzionali.
  • Stacchi a canestro: esercizio che va bene a tutte le età e che può essere modificato a seconda delle esigenze: se inserito durante la corsa di riscaldamento, si chiede di staccare e di cercare di toccare il canestro con la mano prima usando un piede, e dopo qualche giro l’altro piede. Sarà curioso notare come molti ragazzi a quest’età abbiano ancora difficoltà a coordinare piede di stacco e braccio che va a canestro!!!! Una variante che prevede l’utilizzo delle braccia sincrone è quella di usare una palla medica leggera (1-2 kg) da lanciare nel canestro.
  • Salti a Fosbury da almeno 4-5 appoggi con o senza pedana rialzata sull’ultimo appoggio.

[su_divider top="no" divider_color="#8bc751"][su_divider][/su_divider]

La rincorsa

Per la buona riuscita del salto Fosbury, è fondamentale possedere un’ottima capacità di corsa in curva. 

Ricordiamo spesso ai nostri piccoli atleti che arricciano il naso di fronte ad un allenamento di velocità, che per saltare in alto bisogna non solo saper correre, ma anche farlo velocemente!!!

Tra le esercitazioni più usate ci sono:

  • Corsa in cerchi “a spirale”.
  • Corsa in curva seguendo un “8”.
  • Corsa seguendo una linea a S (ad esempio dalla 1° alla 6° corsia e viceversa).
  • Andature seguendo la rincorsa del salto in alto con successivo passaggio alla corsa in un determinato punto (indicativamente sul quartultimo appoggio) e stacco.
  • Rincorsa tenendo un bastone in alto oppure dietro il bacino che viene lasciato cadere (sempre intorno al quartultimo appoggio) per poi proseguire con corsa e stacco.
  • Rincorsa con hs o coni da superare ad intervalli regolari con passo saltellato o con passo stacco.

Queste esercitazioni, che si possono modulare in tantissimi modi (tipo di andatura, raggio di curvatura, velocità di esecuzione, oggetti da superare…) devono essere sempre eseguite con l’obiettivo di raggiungere un gesto tecnico che sia allo stesso tempo efficace e decontratto.

Un buon esercizio da proporre nei periodi lontani dalle competizioni, che è anche un metodo per disegnare una rincorsa ad un giovane, è quello di far saltare con rincorse casuali: si fa partire il ragazzo da un punto casuale che viene scelto da lui e mano a mano che si salta, l’allenatore aggiusta la rincorsa un poco per volta, che verrà poi misurata una volta concluso l’allenamento. Questo esercizio se ripetuto diverse volte, variando il raggio di curvatura oppure il numero di passi (che per i giovani non dovrebbe comunque superare i 6-8 appoggi), diventa un ottimo strumento per l’allenatore che può quindi stabilire quale tra quelle provate è la miglior rincorsa per quell’atleta.

Non dimentichiamo che per “miglior rincorsa” non si intende per forza quella che al momento permette di saltare di più ma dev’essere quella con cui riteniamo che l’atleta possa esprimere al meglio le proprie qualità.

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Valicamento ed atterraggio

Quando abbiamo a che fare con i giovani, dimentichiamo per un attimo i salti alla Stefan Holm col corpo che avvolge alla perfezione l’asticella! Certamente è di primaria importanza insegnare ai giovani gli esercizi di pre-acrobatica, i ponti, le cadute sul materasso, ma essendo comunque coscienti che ci vorrà del tempo affinché il ragazzo sia in grado di trasferire questi elementi nel salto vero e proprio. Per i giovani sono più importanti la globalità del salto, il collegamento corsa-stacco, la corretta percezione del proprio corpo nelle varie fasi piuttosto che la tecnica di valicamento.
Inoltre, molti degli errori che avvengono sopra l’asticella sono riconducibili, la maggior parte delle volte, ad errori commessi nell’ultima parte di rincorsa oppure a scarsa mobilità a livello di schiena e bacino.

Esercitazioni da proporre:

  • Cadute all’indietro sul materasso o corpo teso o sulla parte alta del dorso.
  • Salti dorsali con saltelli sul materasso oppure con partenza da terra.
  • Salti dorsali con superamento di un bastone partendo da una panca più alta del materasso; si possono eseguire variando le spinte in alto o in orizzontale.
  • Ponti a terra, alla sbarra o alla spalliera (con l’aiuto di un compagno).
  • Esercizi di ginnastica artistica: capriole avanti e indietro, rovesciate, verticali, verticali + ponte, capriole + salto dorsale: questi esercizi aiutano ad aumentare la percezione del proprio corpo in volo, qualità che è fondamentale per i saltatori in alto. Se è vero che la traiettoria di un corpo non si può modificare una volta che si è staccato da terra, è altrettanto vero che, ad alto livello, chi è capace di aggiustare in volo la posizione relativa dei vari segmenti del corpo (braccia, gambe e testa) ne può trarre grossi vantaggi in termini di cm superati. (A questo proposito rimando alla bellissima analisi fatta da Jesus Dapena e tradotta in italiano su “Analisi biomeccanica del Fosbury Flop” (Nuova Atletica n.131, pp 64-76) sul confronto tra altezza dell’asticella e altezza del baricentro)
  • Ponti a terra, alla sbarra o alla spalliera (con l’aiuto di un compagno).

A breve saranno disponibili i video delle esercitazioni qui proposte.

A cura di Elisa Bettini

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Gli altri articoli di Elisa:

Relazione Raduno Lombardo J/P a cura di Enzo Del Forno (salto in alto)

Avviamento salto in alto nelle categorie Esordienti e Ragazzi

 

 

 

 

elisa bettini

Elisa Bettini

Allenatrice 2° Livello Fidal
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