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Come distruggere il futuro atletico del tuo bimbo in tre facili mosse.

30 Maggio 2016 by Redazione

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andrea_dell'angelo_ilcoach

Andrea Dell'Angelo

Presidente
Fondatore del sito ilCoach.net, allenatore di atletica leggera e dal 2017 tra i fondatori della nostra associazione.

Molto spesso noi tecnici ci troviamo a criticare i genitori dei nostri piccoli (e meno piccoli) atleti.

Qualcuno, di fronte all'invadenza di alcuni, arriva persino a dire con cinismo e cattiveria esagerate, che i migliori atleti da allenare sarebbero gli orfani...

La verità è che quasi sempre la famiglia riveste un ruolo molto importante nella crescita  sportiva dei "nostri" ragazzi.

Un “lavoro” di squadra condiviso fra tecnico, atleta, società e famiglia, aiuta moltissimo nel processo educativo e di evoluzione degli atleti con cui lavoriamo.

Tecnici e società solitamente  hanno un'esperienza maggiore e conoscono bene situazioni che un genitore vive con il proprio figlio magari per la prima volta e, spesso, come è logico che sia, con un grande coinvolgimento emotivo.

Sarebbe molto importante instaurare sempre un dialogo ed un rapporto di collaborazione per far comprendere certe cose a papà e mamme la grande maggioranza delle volte in buonissima fede.

Di seguito pubblichiamo una libera traduzione di un articolo di Matt Russ, pubblicato in inglese  al seguente indirizzo:

HOW TO DESTROY YOUR CHILD'S ATHLETIC FUTURE IN 3 EASY STEPS

Si rivolge direttamente ai genitori dei giovani atleti (bimbi), focalizzandosi principalmente su quelli che nutrono grandi speranze nel destino sportivo dei propri figli.

 

Come distruggere il futuro atletico del tuo bimbo in tre facili mosse.

In oltre 2 decadi di attività da allenatore ho avuto il piacere di vedere alcuni dei miei giovani atleti completare il proprio percorso evolutivo fino al livello professionistico.

Nel frattempo ho sviluppato una specie di visione generale su quello che occorre per andare dal punto A (l'attività promozionale ndt) fino ad un  punto B davvero distante (il professionismo).

Ho lavorato con alcuni genitori meravigliosi che hanno contribuito in grande parte nel successo dei propri figli.

Ma sfortunatamente sono stato testimone del sabotaggio perpetrato da molti genitori, talvolta inconsapevolmente e spesso con le migliori intenzioni, ai danni del futuro atletico dei propri ragazzi.

Se questi avessero fatto attenzione a poche semplici regole, o avessero esaminato alcuni dei motivi che li animavano, non solo avrebbero fatto del proprio bambino un migliore atleta, ma ne avrebbero fatto migliori agonisti, ragazzi più felici e con maggior benessere.

Se riconoscete di essere (dei genitori ndt) entusiasti del fatto che vostro figlio possa avere una carriera nel mondo dell'atletica, vi invito a farvi un obbiettivo esame di coscienza.

E se vi accorgete che state facendo una delle tre cose che vi dirò di seguito, vi posso garantire che vostro figlio non arriverà dove credete possa arrivare.

State riponendo sul vostro bimbo quelle che sono le VOSTRE ambizioni.

Trovo interessante come molti degli atleti più realizzati che io abbia conosciuto non siano, nel momento in cui arrivano all'atletica, (i genitori) ossessivi che ci si potrebbe aspettare.

Infatti questi tendono ad avere un atteggiamento del tipo "leisez faire" verso l'attività atletica dei figli. La mia opinione è che questi genitori abbiano una più alta comprensione di cosa sia il processo di sviluppo sportivo.

Porre le fondamenta, acquisire una serie di abilità e prendere dimestichezza gradualmente con i tranelli della competizione, sono considerati da questi genitori più importanti che riconoscimenti ed encomi.

Questi hanno grande famigliarità con la lunga strada e la mole dei sacrifici che sono richiesti per arrivare in alto nello sport, e anche con la casualità necessaria per riuscirci. 

Tendono ad essere più rispettosi degli allenatori e pazienti in rapporto al processo di formazione. In breve, questi hanno raggiunto una prospettiva più ampia, che molti di noi non possiedono. 


I genitori che non hanno esperienze agonistiche semplicemente non hanno mai sviluppato la serie di abilità psichiche che sono richieste ad un atleta. 

È possibile che questi stiano sperimentando l'agonismo in atletica per la prima volta attraverso il prisma del proprio ragazzo; cosa che può costituire un pendio molto scivoloso.

Altri invece credono che i propri figli rappresentino una “seconda chance” per correggere gli errori di un proprio passato atletico non così illustre come avrebbe dovuto essere. 

Ad ogni modo la cosa più importante da capire, è che i ragazzi pre adolescenti seguono tre motivazioni principali per fare sport: divertirsi, socializzare, e compiacere i propri genitori. 

Troppi bambini finiscono per fare semplicemente l'ultima cosa, e questo spesso non funziona troppo a lungo.

Questi ultimi ragazzi raramente durano nello sport fino a raggiungere l'alto livello e molto spesso finiscono per lasciare la propria disciplina, dopo anni di sviluppo, perchè questo è un bel modo di ribellarsi ai propri genitori.

A fine gara, sento spesso che le prime parole di questo tipo di genitori sono valutazioni o di critiche riguardo alla competizione quando dovrebbero semplicemente essere: “ti sei divertito?”

Superspecializzazione prematura

Una volta mi sono consultato con un papà ansioso riguardo l'allenamento della figlia infortunata.
Il dottore aveva raccomandato 3 settimane di riposo per permettere la guarigione dall'infortunio, ma questo papà era del parere che fosse una cautela eccessiva e che la figlia avrebbe perso troppo terreno a causa di questo stop.

All'epoca la bambina aveva 9 anni.

Chiaramente il papà avrà avuto in mente i suoi progetti e non l'interesse della figlia.

Dubitai fortemente che sarebbe arrivata a fare sport oltre i 12 anni.

C'è stato uno sbalorditivo incremento di infortuni di tipo ortopedico tra i ragazzi nell'ultimo decennio.

Questo corrisponde all'incremento di specializzazione prematura in un singolo sport.

I bambini sono allenati troppo duramente, troppo spesso, troppo ripetitivamente e troppo spesso senza una corretta preparazione dei presupposti fondamentali. 

I programmi di allenamento e di addestramento sportivo si sono concentrati su questo, spesso ignorando le linee guida ortopediche, preferendo invece compiacere i genitori mostrando ai genitori risultati immediati.

I bambini non presentano una base  stabile su cui caricare un alto volume di lavoro, specialmente durante le fasi della crescita.

Infortuni alle placche epifisarie in accrescimento, ai dischi vertebrali, lacerazioni del menisco, sollecitazioni tendineo-legamentose, possono lasciare nei ragazzi danni permanenti. 

Il corpo umano non è fatto per ripetere  movimenti specifici uno sopra l'altro, specialmente da piccoli.

Siamo fatti per fare movimenti su diversi piani che è una cosa più affine “all'esci e vai a giocare” che non all'allenamento.

Se davvero vuoi far sviluppare un atleta sin dalla giovane età devi fare proprio questo: farli sviluppare (inteso come non specializzare ndt).

Si devono sviluppare una serie di abilità e la coordinazione generale, la forza e l'agilità che sono appropriate per l'età.

Un buon allenatore/ genitore dovrebbe tenere in considerazione le tappe dello sviluppo e calibrare in accordo a queste i carichi di lavoro, monitorando pause e recuperi insegnando ed imponendo una corretta alimentazione e sviluppando le capacità mentali.

Ancora oggi queste importanti aree di opportunità vengono spesso trascurate.

La linea di demarcazione è costituita dal fatto che, se il vostro ragazzo si fa male sistematicamente o se anche i suoi compagni di squadra stanno accusando una serie di infortuni da carico iterativo, significa che il sistema di preparazione ed allenamento sta fallendo e non importa quanto bene stiano andando i migliori “atleti” (di questi allenatori).

LEGGI ANCHE: MULTILATERALITA' O SPECIALIZZAZIONE

Focalizzarsi su un singolo sport.

È in qualche modo logico aspettarsi che più un atleta passa del tempo allenandosi per un dato sport, più l'atleta migliori nel tempo.

E non c'è dubbio che occasionalmente salti fuori un Tiger Woods.

Ma più spesso questa mentalità si lascia indietro moltitudini di giovani che si perdono per la strada.

Far crescere un atleta è come aprire una porta.

Occorre avere proprio la chiave giusta, quella che fa muovere tutti i perni della serratura, per aprire la porta.

L'allenamento è solo uno dei perni, non è la chiave. 

Come ho già detto, un bambino non si auto realizza in uno sport fino a che non è adolescente.

Al fine di capire quello in cui sono bravi davvero, che gli piace davvero, e quello in cui vogliono (provare n.d.t.) ad avere successo devono provare un numero di cose. 

Questa cosa è buona, è salutare e li protegge dal burning out in uno sport solo.

Ma troppi genitori intravedono un po' di talento o attitudine e vogliono chiamare questa cosa “sport”.

Partecipare in più discipline o attività potrebbe anche aiutare a prevenire gli infortuni legati alla super-specializzazione.

Dovreste chiedere ai vostri bambini se vogliono provare sport diversi , o anche sollecitarli gentilmente a fare in questo modo.

Nel tempo potranno poi stringere il campo.

Divertirsi nelle trasferte con la squadra di calcio da giovani potrebbe far capire ai vostri figli che sono più dotati (e più appassionati) per il baseball.

Se vostro figlio (o figlia n.d.t.) ha meno di 12 anni e vi riscoprite a bordo campo con le parole “campione”, “borsa di studio” e “fenomeno” che vi girano in testa probabilmente avete bisogno di ri-settare la vostra prospettiva.

Una delle lezioni più difficili che dovrete imparare è che ci sarà un momento in cui saranno loro a decidere se continuare o meno in uno sport.

E non ci sarà nulla che possiate fare  per farli continuare a gareggiare se semplicemente non ne avranno il desiderio o la voglia.

E' un semplice dato di fatto che le ore in macchina, le migliaia di dollari spese per la loro formazione tecnica e gli anni trascorsi assistendo a gare ed allenamenti, statisticamente molto spesso non portano da nessuna parte.

I valori imparati e conquistati su un campo di atletica varranno più di qualsiasi altro premio; valori quali sportività, l'onore, l'integrità, lo stare bene, il lavoro duro ed il lavoro di squadra.

La relazione che instaurerete attraverso le gare dei vostri figli avrà una grande importanza nel loro futuro.

Le decisioni che prenderete come genitori avranno un effetto enorme non  solo nello sviluppo atletico di vostro figlio, ma anche riguardo alla sua salute, al suo benessere ed alla sua etica.

Scegliete saggiamente.

Andrea Uberti - cofondatore de IlCoach

Andrea Uberti

Combined Events Coach | ilCoach.net ASD Vice President

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Filed Under: Allenamento giovanile, Allenatori, News, News, Psicologia Tagged With: allenamento, allenamento giovanile, allenare bambini, allenatori, allenatori giovanili, bambini, Bimbi rotti, cadetti, Child, esordienti, genitori, giovani, Matt Russ, ragazzi

Fase dello sviluppo atletico: 11-14 anni

6 Maggio 2016 by Redazione

In questa serie di articoli stiamo cercando di affrontare il tema dell'allenamento giovanile, di capire quali sono le fasi di sviluppo psicomotorio nei bambini e nei giovani, dando delle linee guida generali da seguire per l'allenamento delle categorie giovanili.

In questo dato le indicazioni generali per l'insegnamento/allenamento nella fascia d'età tra i 6-10 anni (introduzione all'attività sportiva).

Ora vediamo cosa fare nella fase successiva (11-14 anni)

Fase dello sviluppo atletico: 11-14 anni

La durata di questa fase varia leggermente in base al sesso, finisce prima per le femmine (14 anni circa), mentre risulta un po più lunga per i maschietti (15 anni). Per essere precisi dovremmo dividere questa fase in 2:

2° età scolare

Dai 10 ai 12/13 anni, questa fase è definita “la migliore età per l’apprendimento”, da far notare però che questo dipende moltissimo dal lavoro effettuato nella fase precedente, ed in questo caso il bambino:

  1. Presenterà un ottimo controllo del proprio corpo;
  2. Capacità di apprendimento anche di movimenti molto difficili;
  3. Notevole bisogno di movimento, disponibilità verso l’impegno, coraggio e disponibilità al rischio;
  4. Ciò che viene trascurato in questa fase, potrà essere recuperato più tardi, ma con una fatica ed una difficoltà decisamente maggiore;
  5. È possibile l’insegnamento della tecnica, anche in forma precisa, facendo però attenzione a non creare automatismi errati: quello che si impara in questa fase per essere corretto necessita di difficoltà ed impegno maggiori

La pubertà

Dai 12 ai 14 anni (femmine) e dai 13 ai 15 anni (maschi), fase nella quale inizia una estrema differenziazione di genere (sesso), i giovani presentano:

  1. Forte spinta ormonale nella crescita, soprattutto in lunghezza (aumento dell’altezza per allungamento degli arti)
  2. Forte instabilità ormonale che porta ad instabilità psichica;
  3. Comportamenti critici verso le autorità (genitori, insegnanti, allenatore);
  4. Desiderio di autonomia e di responsabilità;
  5. Conflitto con gli adulti e rapporto forte con i coetanei;
  6. Volontà di essere rispettati dalle figure con le quali interagiscono (allenatori, insegnanti) e libertà di discutere democraticamente;
  7. Diminuzione dell’interesse verso l’attività sportiva (in maniera drastica), per la nascita di nuovi interessi;
  8. L’attività sportiva si basa soprattutto sullo “stare con i coetanei;
  9. Dare valore maggiore alla partecipazione, alla pianificazione ed alla realizzazione autonoma all’interno dei gruppi;
  10. Attività svolte principalmente in gruppo

Durante questa fase l'allenamento dovrebbe iniziare a subire delle variazioni, con un moderato e progressivo aumento dell'intensità. Sebbene la maggior parte dei ragazzi siano, in questa fase, ancora vulnerabili alle lesioni, i loro corpi e le capacità motorie sono in rapido sviluppo.

Il loro sistema cardiorespiratorio continua a svilupparsi, e la tolleranza per l'accumulo di acido lattico è in graduale miglioramento.

È importante, per l'allenatore/educatore, capire ed essere consapevoli che, in questa fase, le differenze nelle prestazioni atletiche possono essere il risultato di differenze soggettive nella crescita.

Come già descritto in questo articolo, alcuni giovani atleti possono sperimentare una crescita più rapida e marcata, che in questo periodo può però essere associata ad una mancanza di coordinazione in alcune esercitazioni tecniche.

Di conseguenza, è importante enfatizzare lo sviluppo di competenze e abilità motorie, lo sviluppo armonico di tutte le componenti coordinative e tecnice, evitando di concentrarsi sulle performances ed i risultati veloci.

Le seguenti linee guida vi aiuteranno a creare programmi di allenamento appropriati per la fase sviluppo atletico:

  • Iniziare l'introduzione ad una serie di esercitazioni specifiche dello sport prescelto, per prepararli alle competizioni, mantenendo però una ampia base polisportiva. Giochi ed esercitazioni provenienti anche da altri sport contribuiranno a migliorare ed aumentare la loro base motoria multilaterale e generale (le fondamenta per la futura prestazione sportiva).
  • Aumentare progressivamente il volume e l'intensità dell'allenamento. Gli adattamenti e il miglioramento delle performance sportive si basano su questi principi: in questa fase bisogna iniziare ad incrementare entrambi tenendo sempre presente la base di partenza. Prevedere e programmare quindi una progressione dei volumi e delle intensità che porti alla fine di questo periodo (14-15 anni) ad essere in grado di sostenere i carichi di allenamento della fase di specializzazione (14-19 anni).
  • Utilizzare esercitazioni che introducono gli atleti alle competenze tecniche e tattiche e alle strategie fondamentali dello sport prescelto.
  • Aiutare gli atleti a perfezionare e automatizzare le competenze di base che hanno imparato durante la fase di introduzione (6-10 anni) e ad imparare abilità che sono via via più complesse.
  • Continuare a migliorare la flessibilità, la coordinazione e l'equilibrio.
  • Dare grande enfasi all'etica e il fair play sportivo durante le sessioni di allenamento e soprattutto durante le gare.
  • Dare l'opportunità a tutti i bambini/ragazzi di partecipare a un livello impegnativo.
  • Iniziare ad introdurre esercitazioni per lo sviluppo della forza generale. Costruire una base di questa capacità condizionale in questo periodo permette di costruire fondamenta solide per il miglioramento della forza e della potenza nel futuro. Iniziare sviluppare la forza nelle sezioni principali del corpo, in particolare i fianchi, addominali, tronco (il cosidetto "core"), così come i muscoli delle spalle, delle gambe e delle braccia, in maniera armonica e generale, evitando di rinforzare solo i distretti muscolari utili allo sport prescelto. La maggior parte degli esercizi dovrebbero essere svolti a corpo libero o con l'utilizzo piccole attrezzature, come palle mediche e manubri leggeri.
  • Continuare lo sviluppo della capacità aerobica. Una solida base di resistenza aerobica permetterà agli atleti di far fronte in modo più efficace alle future esigenze di allenamento e gara, nella fase di specializzazione.
  • Introdurre gli atleti ad un moderato allenamento anaerobico. Questo aiuterà ad adattarsi gradualmente e progressivamente all’allenamento anaerobico ad alta intensità, che in molte attività sportive assume una grande importanza nella fase di specializzazione. Gli atleti in queste fasce d'età non dovrebbero competere in eventi che stressano eccessivamente il sistema anaerobico lattacido, come gli sprint di 200 metri e 400 metri nell'atletica. Per queste categorie sono più adatti gli sprint brevi su distanze inferiori agli 80 metri, che coinvolgono maggiormente il sistema anaerobico alattacido, e gli eventi di resistenza su distanze maggiori ma a velocità inferiori (con minor accumulo di acido lattico nell'unità di tempo), come nelle gare oltre gli 800 metri, che mettono alla prova principalmente le capacità aerobiche.
  • Limitare il numero delle gare che stressano in maniera eccessiva il corpo dal punto di vista anatomico. Ad esempio, la maggior parte dei giovani atleti non ha sufficiente sviluppo muscolare e tendineo per eseguire un salto triplo con la tecnica corretta. Un eccesso di competizioni in gare così traumatiche e con tecniche ancora scorrette potrebbe portare a shock che con il passare del tempo potrebbero tradursi in lesioni ed infortuni da sovraccarico.
  • Per migliorare la concentrazione, aumentare in maniera progressiva la difficoltà e la complessità delle esercitazioni tecniche.
  • Introdurre ed incoraggiare a sviluppare strategie per l'autoregolamentazione e la visualizzazione. Introdurre all’allenamento mentale.
  • Introdurre gli atleti ad una varietà di situazioni competitive divertenti che permettano loro di applicare varie tecniche e tattiche. I giovani atleti amano competere, ma è importante, in questa fase togliere l'enfasi sulla vittoria. Strutturare gare e concorsi (anche tra compagni di allenamento) che permettano di rafforzare e di concentrarsi sullo sviluppo delle competenze motorie. Ad esempio, è possibile basare l'obiettivo di una gara di lancio del giavellotto sulla precisione e la tecnica piuttosto che sulla distanza del lancio.
  • Concedere del tempo per giocare e socializzare con i coetanei.

Insomma, il lavoro da fare è davvero molto ampio e da allenatori ed educatori non si può pensare solo ad ottenere risultati velocemente. I giovani atleti vanno "costruiti" con calma, pazienza e pensando a lungo termine.

 

Bibliografia:

"L'Allenamento ottimale" di Jurgen Weineck, Calzetti & Mariucci Editore

"Total Training for Young Champions. Proven conditioning programs for athletes ages 6 to 18" di PhD. Tudor O. Bompa, Human Kinetics  

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Fase della specializzazione: 15-19 anni

Filed Under: Allenamento giovanile, News Tagged With: allenamento giovani, allenamento giovanile, allenamento young training, atletica, giovani, training, young

6-10 anni: fase di introduzione all'attività sportiva.

17 Novembre 2015 by Redazione

Nel precedente articolo abbiamo cercato di capire quali sono le fasi di sviluppo psicomotorio nei bambini e nei giovani, dando delle linee guida generali da seguire per l'allenamento delle categorie giovanili.

Per fare questo abbiamo voluto "semplificare" queste tappe di crescita in 4 fasi principali per l'insegnamento e l'allenamento motorio:

  1. Fase di introduzione all'attività sportiva: 6-10 anni
  2. Fase dello sviluppo atletico: 11-14 anni
  3. Fase della specializzazione: 15-19 anni
  4. Fase delle alte prestazioni: oltre i 19 anni

In questa serie di articoli, rivolti alle categorie giovanili, ci occuperemo solamente dei primi 3 stadi di sviluppo.

Oggi tratteremo della fascia d'età tra i 6 ed i 10 anni. Anche in questo caso quelle che daremo saranno delle linee guida, che andrebbero tenute presente nell'educazione motoria e nell'allenamento di queste fasce d'età.

Fase di introduzione all'attività sportiva: 6-10 anni

Come già detto nel precedente articolo, i bambini in questa fascia d'età (6-10 anni), detta anche 1° età scolare, presentano:

  1. Piacere verso il movimento ed interesse verso la pratica degli sport;
  2. Buon equilibrio psichico, ottimismo, spensieratezza, capacità critica, capacità di concentrazione, capacità di differenziazione fine;
  3. Apprendimento motorio facile, quasi istantaneo, ma con difficoltà a fissarlo nel tempo: in questo periodo ciò che viene appreso va ripetuto un numero sufficiente di volte per renderlo un movimento stabile nel repertorio del bambino;

In questa fascia d'età (6-10 anni), estremamente sensibile, si vanno a creare adattamenti importanti per lo sviluppo delle capacità motorie che saranno importanti per la pratica sportiva futura.

Come avviene in molti paesi sia Europei che extraeuropei, la scuola a quest'età dovrebbe avere un ruolo fondamentale per lo sviluppo di tali competenze, ma come sappiamo l'Italia non è certamente all'avanguardia da questo punto di vista.

Anche la famiglia ha un ruolo molto importante, in quanto dovrebbe favorire il movimento dei bambini, la scoperta di giochi e movimenti nuovi e la pratica di attività creative e dinamiche.

Le indicazioni di seguito riportate potranno essere utili ai tecnici, allenatori, insegnanti delle scuole elementari, ma anche agli stessi genitori (che spesso sono i primi a voler vedere i propri figli primeggiare sugli altri) che vogliono comprendere l'importanza del movimento nei più piccoli.

Rivolgendo il discorso agli allenatori/istruttori, bisogna essere consapevoli che spesso l'attività motoria proposta a queste fasce d'eta (6-10 anni) dalle associazioni sportive è talmente ridotta (1/2 ore a settimana) che risulta molto difficile dare stimoli adeguati a soggetti di per se molto sedentari, mentre i miglioramenti potrebbero essere notevoli in ragazzini già molto attivi durante il resto della giornata.

In questa fase ai bambini (6-10 anni) dovrebbero essere proposti programmi di allenamento a bassa intensità dove l’obiettivo primario è il divertimento.

Questo in quanto la maggior parte dei bambini non è in in grado di far fronte alle esigenze fisiche e psicologiche degli allenamenti ad alta intensità o delle competizioni.

I programmi di allenamento per questi giovani atleti devono focalizzarsi sullo sviluppo atletico generale e non sulle prestazioni specifiche per un determinato sport.

È importante una formazione multilaterale e polisportiva, per garantire l’apprendimento di un ampio bagaglio motorio; da tenere presente quando si allenano i giovani tra i 6 e i 10 anni:

  • Il corpo a queste età sta cresce ad un ritmo costante e i gruppi muscolari più grandi si sviluppano con maggiore velocità rispetto a quelli più piccoli.
  • Il sistema cardiorespiratorio si sta sviluppando e la capacità aerobica è adeguata per la maggior parte delle attività.
  • La capacità anaerobica è limitata: i bambini hanno scarsa tolleranza per l'accumulo di acido lattico.
  • I tessuti del corpo sono sensibili ai danni: i legamenti si stanno rinforzando, ma le estremità delle ossa sono ancora cartilaginei e devono ancora completare la calicificazione.
  • La capacità di attenzione è breve: i bambini di 6-10 anni sono orientati all'azione, quindi non è consigliabile tenerli fermi ad ascoltare spiegazioni per lunghi periodi di tempo.
  • È particolarmente importante che l’allenamento in questa fase sia vario e creativo.
  • Bisogna dare enfasi al divertimento e alla partecipazione di ogni bambino.

Le seguenti linee guida aiuteranno nella creazione di programmi di allenamento che sono ideali per i bambini in questa fascia d’età (6-10 anni):

  1. Attività per lo sviluppo multilaterale con l'introduzione di una vasta gamma di competenze ed esercizi tra i quali correre, saltare, prendere, lanciare, trasportare, rotolare, arrampicarsi, equilibrio, ritmo, etc..
  2. Lasciare ad ogni bambino il tempo necessario per sviluppare adeguatamente le competenze, senza avere fretta di saltare le tappe;
  3. Creare rinforzi positivi (gratificazioni e complimenti) con i bambini che si impegnano e sono autodisciplinati;
  4. Incoraggiare i bambini a sviluppare la mobilità articolare, la coordinazione e l'equilibrio;
  5. Incoraggiare i bambini a sviluppare diverse e svariate abilità motorie a bassa intensità, in modo da evitare i traumi. Ad esempio, il nuoto è uno sport da tenere in grande considerazione per lo sviluppo del sistema cardiorespiratorio, in quanto riduce al minimo le sollecitazioni sulle articolazioni, i legamenti ed i tessuti connettivi;
  6. Selezionare un adeguato numero di ripetizioni per ogni abilità, ed incoraggiare i bambini a eseguire correttamente la tecnica di ogni esercizio;
  7. Dare grande importanza all'etica, al fair play e alla correttezza verso i compagni (e gli avversari)
  8. Dare l’opportunità ai ragazzi e alle ragazze di partecipare insieme alle varie attività;
  9. Incoraggiare la pratica multisportiva, cioè di sport vari e diversi, per creare una vasta gamma di stimoli motori.

In tutte le categorie giovanili, soprattutto tra i 6-10 anni, l'enfasi va data all'insegnamento e all'educazione motoria, psichica e comportamentale dei giovani.

In queste categorie bisognerebbe parlare di istruttore-educatore e non di allenatore, in quanto l'obiettivo primario dovrebbe essere l'insegnamento di tutte le abilità motorie utili ad una successiva alta prestazione.

Evitare quindi di premiare, enfatizzare la prestazione e la vittoria, ma concentrarsi e "premiare" il miglioramento delle abilità e delle capacità motorie, la buona educazione, il rispetto delle regole ed il rispetto di tutti gli altri bambini.

 

Bibliografia:

"L'Allenamento ottimale" di Jurgen Weineck, Calzetti & Mariucci Editore

"Total Training for Young Champions. Proven conditioning programs for athletes ages 6 to 18" di PhD. Tudor O. Bompa, Human Kinetics 

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Andrea Dell'Angelo

Psicologa dello sport
Martina è Psicologa Clinica e dello Sport, iscritta alla sezione A dell’Albo Professionale degli Psicologi della Lombardia, laureata nel 2012 a pieni voti all’Università di Milano Bicocca in Psicologia Clinica, dello Sviluppo e Neuropsicologia, Ex Velocista con la maglia della Bracco Atletica, società per la quale ora allena il settore giovanile.
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