Siamo arrivati alla terza puntata della tesi di Laurea in Scienze Motorie di Andrea Ghislotti.
Se vuoi leggere il primo capitolo e il secondo capitolo vai a questi link
Per “Ritmica della fase di partenza” si intende l’equilibrio tra la capacità di un atleta di muovere rapidamente i segmenti corporei (frequenza) e quanto spazio percorre in suddetti movimenti (ampiezza). Il prodotto di queste due variabili (frequenza e ampiezza) determina la velocità orizzontale che il nostro atleta sarà in grado di sviluppare.
Attraverso lo studio di Ralph Mann e Amber Murphy pubblicato nel 2015 si è notato come in realtà, una volta rilasciati blocchi, le frequenze non subiscano grandi variazioni e restino pressoché inalterate.
Il fattore limitante che impedisce ad un atleta di avere in uscita dal blocco le stesse frequenze della fase lanciata è la Forza dell’atleta stesso.
Nell’immagine precedente possiamo notare come l’indice di frequenza ovvero il rapporto tra il numero di passi e il tempo misurato in secondi non subisca sostanziali differenze dal secondo appoggio in poi, dove gli atleti d’élite raggiungono rapporti superiori ai 4,8 passi al secondo.
In parole semplici, una buona partenza è data in primis dalla capacità di muovere rapidamente i segmenti corporei e successivamente di applicare, sulle frequenze ottenute, una forza via via sempre superiore sino al raggiungimento della VMax come possiamo vedere nel grafico seguente.
Dal punto di vista dell’allineamento piede - COG va sottolineato che i primi tre appoggi sono gli unici a trovarsi dietro al COG. Ecco il motivo del perché vengono suddivisi dalla fase successiva di accelerazioni e del perché siano dal punto di vista pratico i passi più difficili da eseguire in maniera ottimale.
Ovviamente serve considerare che ogni atleta può scegliere se prediligere una partenza con focus maggiore sull’ampiezza o sulla frequenza. Ad esempio nelle gare di ostacoli (100hs - 110hs) dove la prima barriera è posta ad una distanza fissa uguale per tutti, l’adattamento anatomico per raggiungere nel migliore dei modi l’ostacolo porta l’atleta a prediligere strategie diverse di avvicinamento.
Nella gara dei 100m senza ostacoli esistono studi che portano a propendere verso la predilezione della rapidità in partenza per almeno tre ragioni:
Se applichiamo la legge di Newton per calcolare la forza che un atleta applica durante il contatto del piede a terra noteremo che la possibilità di miglioramento è molto limitata e strettamente legata alle caratteristiche fisiologiche e meccaniche innate dell’atleta.
Prendendo sempre come esempio un atleta di 75kg che abbia nella fase lanciata un tempo di contatto di 90 millisecondi avremo il seguente calcolo:
Analizzando questa formula serve partire da una considerazione di carattere pratico, ovvero che il calo del peso corporeo è difficilmente ottenibile, in quanto questo potrebbe determinare una diminuzione della capacità totale di forza. Va inoltre detto che la variazione di velocità orizzontale è pressoché costante ad ogni appoggio. Pertanto solo una considerevole riduzione del tempo di contatto del piede a terra potrebbe contribuire ad un incremento della forza applicata.
Attraverso gli studi di Ralph Mann possiamo però notare come non si siano mai visti tempi di contatto inferiori ai 75 millisecondi o indici di frequenza superiori ai 5,3 passi al secondo. Ad oggi queste barriere risultano essere limiti effettivi con i quali misurarsi nella ricerca del miglioramento della performance.
Seguendo questo discorso si potrebbe pensare che la statura possa diventare pertanto un fattore limitante per lo sprinter nella fase di partenza. Tale discorso può essere parzialmente aggirato in quanto un atleta dalla statura elevata avrà frequenze più basse, ma ampiezze più elevate e tale elemento gli fornisce la possibilità di sopperire ai tempi di contatto più lunghi portandolo a produrre la medesima velocità orizzontale.
Il vantaggio di un atleta dalla statura elevata sta nella possibilità di prolungare i tempi di contatto del piede a terra permettendogli di aggirare il problema del limite inferiore dei tempi di contatto del piede a terra.
L’incremento della fase di volo di un passo incide sull’ampiezza e, a parità di altri fattori, permette all’atleta di produrre una maggiore velocità orizzontale. Tale fattore incide però negativamente sulla variabile della frequenza che, come abbiamo precedentemente analizzato, è un fattore determinante per la prestazione.
Viceversa l’incremento della rapidità permette di avere tempi di volo ridotti. Questo genera però un’ampiezza ridotta che potrebbe incidere sulla meccanica di corsa.
È pertanto fondamentale individuare il giusto equilibrio tra ampiezze e frequenze sopratutto nella fase di partenza per permettere al corpo di assumere la meccanica di corsa migliore da poter poi sfruttare sulla fase lanciata.
Generalmente negli atleti d’élite nei primi tre appoggi si è notato che il tempo di volo è circa la metà del tempo di contatto del piede a terrà. Questo rapporto di 1:2 può essere considerato come “High Level Drive Index”.
Possiamo notare come, ad esclusione del primo passo, gli sprinter di alto livello abbiano tempi di contatto nei primi due appoggi circa doppi rispetto alla fase di volo. Questo rapporto durante la fase di transizione scende pian piano sino a quando la fase di volo raggiunge circa il 65/70% del tempo totale del passo (fase di volo + tempo di contatto).
Negli atleti di basso livello si noteranno tempi di contatto troppo brevi che non permettono l’applicazione completa della forza necessaria. Nel caso degli atleti medi si ha invece una tendenza a lasciare il piede a terra” troppo a lungo per enfatizzare l’applicazione della forza.
La capacità di stabilizzare il piede può permettere all’atleta di migliorare sia il tempo di contatto a terra sia l’applicazione di forza nell’unità di tempo del contatto.
Il piede deve nel momento del suo appoggio a terra deve presentare un angolo che permetta di lasciare la minima deformazione opportuna per una fase di ammortizzazione ottimale, ma senza far collassare il tallone a terra, fatto questo che genererebbe forze eccedenti controproducenti.
Per poter gestire al meglio questi angoli l’atleta dovrà essere in grado di esprimere forza in quei gruppi muscolari che controllano il movimento del piede sia in flessione plantare che in flessione dorsale.
Questa posizione fortemente pronata è come il piede si comporta nei primi passi dopo l’uscita dai blocchi. Questa pronazione contribuisce alla linearità della spinta che porterà ad una maggiore velocità orizzontale.
L’angolo dell’articolazione tibio-tarsica è di 90° (piede neutro) così da permettere una leggera flessione ammortizzati, ma nel contempo poter sfruttare la massima proiezione orizzontale.
Il femore ruota internamente così da permettere al bacino di avanzare in maniera più lineare. L’effetto frontale è quello di un piede che passa esternamente rispetto al bacino. Questa tendenza non deve essere confusa con l’azione “pattinata” che porta l’atleta a cercare volutamente appoggi molto larghi in partenza. Un’azione di questo tipo limita fortemente la velocità orizzontale divenendo controproducente.
La capacità di sviluppare forza dei gruppi muscolari che controllano il piede diviene ancor più importante se consideriamo la correlazione con il peso corporeo.
Un aumento di peso diventa un moltiplicatore fondamentale che determina un aumento della richiesta di forza in tutte le fasi di una gara di 100m.
Vediamo ad esempio cosa accade in termini di forza se abbiamo un atleta di 75kg e uno di 85kg dove tutti gli altri parametri sono identici:
A cui dobbiamo sommare la forza verticale necessaria per contrastare la gravità ovvero il Peso Atleta * 9,81 m/s.
Per l’atleta di 85kg avremo un totale di 1777N mentre per l’atleta di 75kg avremo un totale di 1568N.
Dobbiamo inoltre considerare che un aumento del peso porta, a parità di altre variabili, a tempi di contatto più lunghi e di conseguenza ad un risultato meno efficace. Diviene quindi fondamentale lo sviluppo di una strategia di sviluppo della forza che porti a correlare l’aumento di peso con la capacità di esprimere maggiori livelli di forza al momento del contatto del piede al suolo.
Preparatore atletico e allenatore di atletica leggera
Profilo Instagram: @ghislottiandrea
Andrea Ghislotti laureato in scienze motorie, istruttore fidal 1º livello, strength and conditioning coach. Allena presso Romano di Lombardia e Urgnano.
Collabora con realtà di Ateltica Leggera, Calcio, Tennis e Basket seguendo squadre e atleti privatamente. E' Assistant Coach presso IlCoach.net ASD
La 4° ed ultima parte della tesi di laurea di Andrea, il capitolo 4 sarà pubblicato giovedì 1 giugno.
Se ti interessa leggere subito tutta la tesi potrai trovare il PDF completo di tutta la tesi nel nostro Per-Corso "Gli Spunti de ilCoach", riservato ai nostri tesserati.