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La forza non è un’opinione

14 Febbraio 2019 by Redazione

stacco la forza non è un opinione

In foto: Alex Atchori, decathleta della Virtus Castenedolo e atleta della nazionale di Bob, con Andrea Uberti e Vittorio Iannone in un test di profilazione della forza mediante utilizzo dell’accelerometro Beast.

In atletica leggera tutti hanno una propria opinione sui “pesi”.

A maggior ragione l'hanno quando non li hanno mai usati in allenamento.

I “pesi” (forse meglio definiti sovraccarichi) in atletica, di solito sono quella cosa che se l'hai iniziata da piccolo (15?16?....25 anni?)... avranno inesorabilmente bruciato il tuo futuro atletico.
Se invece li avrai usati dopo i 20 anni...significa che nella tua specialità sei già tecnicamente bravissimo (lol) e che da quel momento magicamente spiccherai il volo...

Occhio però a non far nulla prima. Tre alzate di squat, come i tre chicchi di melagrano per Proserpina, relegheranno i vostri atleti per sempre al regno degli inferi, collocato nel girone delle serie che vanno dalla seconda in poi.

Se invece nelle categorie giovanili ottieni qualche buon risultato, questo è chiaramente da ricondurre al falso, enorme ed immediato vantaggio che si ottiene con l'uso del bilanciere, che, automaticamente, nei due mesi che vanno da novembre alle indoor, aggiunge un metro al salto in lungo dei vostri allievi e toglie 7 decimi al loro personale sui 100.

A quanto pare, una seduta organizzata un po’ a caso, programmata una volta a settimana per due mesi nella palestrina-sgabuzzino delle nostre piste, è sufficiente al nostro giovane “atleta-cicala” ad acquisire un vantaggio enorme e fasullo sugli “atleti-formica” che, ascoltando i consigli dei tanti grilli parlanti, hanno passato l'inverno previdenti: imparando nulla di pesi e talvolta anche meno di atletica.

Peccato o per fortuna, non funziona così.

Certe opinioni diffuse sono parole al vento, fruscii e sibili che soffiano sulle piste, figli di una tradizione orale leggera leggera, su un argomento solido e concreto come la ghisa dei dischi del bilanciere.

Per avere un'opinione sull'uso dei sovraccarichi bisogna, non solo averli studiati... ma anche aver avuto un'esperienza diretta. Senza aver sperimentoao due o tre stagioni di lavoro con i sovraccarichi, semplicemente non si può avere un'opinione.

E con 50 kilogrammi di squat non si può avere un'opinione, come con tre aerobiche passeggiate tre volte a settimana non si può avere un'idea su cosa voglia dire preparare un 5000 in pista.

Giusto per dare dei riferimenti, una femmina che pesa 55 kg inizia a fare forza con i sovraccarichi quando è in grado di fare uno squat profondo con il bilanciere libero con 100. Un maschio da 70 quando ne solleva 140.

Se un atleta legge sulla propria scheda 5x8 ripetizioni con l'80% del massimale e non protesta o, peggio ancora se completa il lavoro, significa semplicemente che non sa cosa sia il suo massimale e allora non ha mai fatto forza. È come il mezzofondista che si allena con le passeggiate.

Per avere un'opinione bisogna avere una conoscenza e avere masticato tanto la materia.
Il tecnico del nostro mezzofondista che prepara i 5000 metri, capisce al volo cosa significa fare un 6x1000 metri in 2'30” secondi con 3' di recupero.
Se da una semplice seduta come questa non si è fatto un'opinione sull'atleta... vuol dire che ne capisce pochissimo.

Lo stesso vale con i “pesi”.

Per poter avere un'opinione bisogna almeno avere masticato un po’ della disciplina.
L'allenatore li deve avere provati su se stesso e sui propri atleti.
Per avere un’opinione sui pesi bisogna sapere rispondere come minimo a queste domande:

  1. Quali sono i carichi per cui posso considerare il mio atleta forte e che rapporti ci sono tra il massimale nello squat, nello stacco e in una panca?
  2.  Quando uno squat è fatto in sicurezza e quando invece predispone il mio atleta a problemi alle ginocchia e/o alla zona lombare? Da cosa lo riconosco?
  3. Il mio atleta è tecnicamente pronto ad affrontare un programma in %?"
  4. Che differenza c'è tra uno squat profondo ed un mezzo squat e che risultati voglio ottenere con i due diversi esercizi? Se ho un massimale di 150 nello squat, quanto mi aspetto nel ½?
  5. Che differenza c'è tra front e back squat, con quale posso caricare di più e che peculiari difficoltà potranno presentare i due esercizi?
  6. Quali sono i punti “difficili” in uno squat, uno stacco o una panca?
  7. Quando faccio eseguire uno squat come faccio a capire se il mio atleta è ginocchio dominante o anca dominante...e perchè è utile saperlo?
  8. Che differenza c'è tra uno stacco regolare ed uno sumo e con che criterio scegliere uno piuttosto che l'altro?
  9. Cosa è il buffer? Perchè è fondamentale in atletica?
  10. Il numero di serie e ripetizioni della scheda che ho preparato per i miei atleti dove si trovano nella tabella di Prilepin? 5x8 ripetizioni con l' 80% sono impossibili almeno di essere alieni;
  11. Che differenza c'è tra un 8x3 e un 3x8 e quando proporre i due tipo diversi di lavoro?
  12. Che differenza c'è tra un TUT 3.1.X.0 piuttosto che un 1.0.X.1, quando proporre i diversi timing nel corso della stagione. Quale delle due proposte mi restituirà un atleta con i muscoli indolenziti?
  13. Quando e perchè dare enfasi sulla fase eccentrica piuttosto che la concentrica o l'isometrica?
  14. Quando inserisco l'esercitazioni con i sovraccarichi nell'ambito della seduta o del microciclo settimanale?
  15. Come devo cambiare l'impugnatura in un military press e in una push press? Perchè le due esercitazioni possono creare delle problematiche ai polsi del mio atleta.
  16. Perchè ha senso passare da una girata ad incastro basso ad una ad incastro alto?
  17. Il mio atleta esprime più potenza in uno stacco o in una girata?

Quando un tecnico risponde facilmente a queste ed altre domande, sa di cosa si sta parlando, allora può avere un'opinione e se vuole può scegliere di usarli o non usarli.

Andrea Uberti - cofondatore de IlCoach

Andrea Uberti

Combined Events Coach | ilCoach.net ASD Vice President
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Filed Under: Allenamento della forza, News Tagged With: allenamento della forza, allenamento forza, forza

I mezzi per l’allenamento della forza

31 Agosto 2018 by Redazione

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Riproponiamo corretto, aggiornato ed ampliato, un vecchio articolo pubblicato nella sua prima versione nel lontanissimo gennaio del 2016. Questo l'articolo originale Che la forza sia con voi... e con i vostri atleti!

Le revisioni, le correzioni e gli aggiornamenti su un sito internet come ilCoach sono fondamentali.

Il web non è volatile quanto potrebbe sembrare a prima vista.

Al contrario ha una memoria inossidabile e come un'eco continua a ripetere il nostro messaggio anche oltre noi ed oltre le nostre intenzioni.

Il rischio per il navigante, anche rispetto ad un articolo semplice come questo, è quello di intercettare un segnale magari ormai lontano o superato, come potrebbe essere quello che abbiamo lanciato nel 2016.

Perchè poi, vicino o lontano, è una questione di punti di vista. E di impegno.

Il 2016 non è certamente lontano per quelli che sono i principi dell'allenamento e di fisiologia che sono sottesi a certe esercitazioni. Questo un articolo che tratta i principi dell'allenamento della forza: Le 7 leggi dell'allenamento della forza

Per la scienza (anche quella con la “s” minuscola che serve a noi allenatori per sbrigare le faccende più pratiche), per ricercatori, fisiologi e metodologi , in fondo il 2016 è l'altro ieri.

Per qualcuno degli allenatori arrivati invece, per quelli esperti che tutto già sanno ed hanno visto, il 2016 è stato addiritura un ennesimo ed inutile anno postumo che, per un altro anno, nulla ha potuto aggiungere e nulla ha potuto togliere a quanto è già stato e a quanto già doveva essere e nè più mai sarà.

Diverso se siete allenatori che hanno ancora voglia di migliorare e, peggio ancora, se siete degli atleti.

Per un atleta infatti, per uno che conta le stagioni, che le divide in periodi, che affronta i macrocicli e si confronta con i microcicli, per chi si scontra con le sedute contando ad una ad una le serie e le ripetizioni...per chi insomma deve trovarsi a tu per tu con bilanciere, dischi e i manubri... per quelli che ll'allenamento non solo lo scrivono, ma piuttosto lo fanno... il 2016 foorse tanto vicino non sembra.

E nemmeno lo è.

Il gennaio del 2016 infatti diventa una data lontanissima pensando a quante sedute, quante esercitazioni, quante ripetizioni sono state proposte ai miei atleti ragionando di continuo sulla domanda più etica che un allenatore può farsi riguardo alla fatica che impone ai propri atleti: è davvero utile?

Dal 2016, anche solo per quanto riguarda i temi di questo articolo, ilCoach ha beneficiato di fruttuose collaborazioni con l'ISCI di Carlo Buzzichelli, Beast Technologies di Tommaso Finadri e, da ultimo, con Arena Crossfit.

Nel 2018 continueremo con queste collaborazioni e ne inizieremo di nuove.

In questo modo continueremo ad imparare, ad aggiornare, revisionare e a correggere i nostri articoli, a rileggerli e a trovarci significati nuovi.

Un'ultima nota pratica.

Da un allenatore di atletica ci si aspetta capacità e competenza sulla pista e sulle pedane.

Al di fuori dal proprio ambito si può essere più o meno preparati. Se non lo si non si può improvvisare ed occorre farsi aiutare. Ad esempio in palestra.

 

I mezzi per l'allenamento della forza con i sovraccarichi

(o attraverso attività accessorie a quelle evento- specifiche già svolte in pista)

I mezzi di allenamento per lo sviluppo della forza possono essere distinti in diverse tipologie, ognuna delle quali persegue diversi obiettivi, presentando vantaggi e talvolta controindicazioni.

La miglior strategia di utilizzo dei vari mezzi è quella che comporta l’inclusione intelligente e la miscelazione ragionata di questi.

Sembra invece controproducente, sia sul piano formativo che in ottica prestazionale, un approccio volto all’esclusione dell’uno o dell’altro mezzo.

Piuttosto saranno gli atleti evoluti, nella fase di “super-specializzazione”, che dovranno togliere il superfluo, affidandosi a routine di lavori collaudati e mirati a colpire un bersaglio sempre più piccolo.

I tipi di allenamenti cosiddetti di forza sono molteplici, per farne una panoramica si possono dividere in esercitazioni:

  1. A carico libero, con bilanciere o manubri o altri attrezzi; 
  2. A carico guidato, con macchine a carrucola, a camme o a carico diretto o altre macchine speciali; 
  3. Pliometria, come viene chiamato impropriamente il metodo d’urto; 
  4. Core training, che spesso è confuso col solo allenamento degli addominali.

Detto questo, osservando più nello specifico, le tipologie sopra elencate possono essere ulteriormente distinte.

In riferimento alle Esercitazioni a sovraccarico libero (con bilanciere e manubri o altri attrezzi) si possono distinguere in:

1) Esercitazioni di Powerlifting

Le esercitazioni del powerlifting sono lo squat, la distensione su panca piana e lo stacco da terra.

Nonostante il termine inglese possa far pensare a queste come esercitazioni di potenza, quelli sopra elencati costituiscono gli esercizi base per lo sviluppo della forza massima.

Sono esercizi che tradizionalmente sono definiti di carattere generale, ma che possono essere resi più specifici (ad esempio adattando gli angoli di lavoro o eseguendoli nelle versioni monolaterali) attraverso numerose varianti.

Si tratta di esercizi multi articolari prevalentemente eseguiti da in piedi.

Stacco da terra

In questa categoria di esercizi possono essere fatti rientrare la military press (il lento avanti) e l'hip thrust.

Squat e stacchi, nonostante non presentino la complessità delle alzate olimpiche, richiedono comunque un’ottima tecnica, anche in virtù deicarichi notevoli che consentono di sollevare.

Sullo squat sono stati scritti interi volumi ed esistono numerose scuole di pensiero con sostenitori dell’una o dell’altra delle sue innumerevoli varianti.

Lo squat libero rispetto a quello guidato richiede una capacità propriocettiva e tecnica maggiore e, per una lunga serie di ragioni, risulta spesso la scelta preferibile. Lo squat guidato consente di sollevare carichi superiori rispetto a quello libero, così come il back squat rispetto al front squat, che risulta però più formativo nell’ottica dell’apprendimento della girata. Ognuna di queste varianti sollecita i gruppi muscolari in maniera leggermente diversa. Esistono inoltre peculiarità soggettive che vanno considerate perché rendono per il singolo atleta più o meno facile un esercizio rispetto ad un altro. Tra questi ad esempio (ma non solo, la lunghezza dei femori, la mobilità della caviglia, del bacino e quella dei polsi.

In questo senso lo squat sotto il parallelo, con carico libero ed eseguito rispettando determinati canoni esecutivi, può rappresentare unpunto di arrivo didattico e tecnico al di là del carico sollevato. Esistono però, anche in questo caso, caratteristiche anatomiche che possono rendere questo esercizio molto difficile e a cui impegno, tecnica corretta e mobilità articolare ed adattamenti vari (vedi il desueto rialzo sotto i talloni) possono solo in una certa misura porre rimedio.

In questi casi, dopo un’analisi volta a stabilire se le difficoltà nascono da problemi addestrativi, ideomotori o piuttosto siano dovuti a scompensi di mobilità o posturali, è sempre importante rispettare i limiti dell’atleta con cui si lavora, adattando il gesto all’atleta e non viceversa.

Didattica Military Press e Push Press presso Arena CrossFit

Occorre però rilevare che sono statisticamente poco rilevanti le situazioni in cui un atleta, superato un periodo di adattamento, non sia in grado di raggiungere un'esecuzione dello squat accettabile. Il sopra citato rialzino sotto il tallone si presenta come una soluzione estrema, ma bisogna sottolineare anche come in quest'ultimo caso si dovrebbe cercare di porre rimedio (ad esempio) ad una caviglia bloccata, non tanto per quel che si riferisce all'attività in palestra, ma piuttosto per quella specifica in pista.

Il mezzo squat consente carichi maggiori e risulta essere più specifico, lavorando su angoli più tipici dell’attività di gara. Nonostante questo, essendo un esercizio molto più “facile”,richiede un’abilità minore rispetto a quello profondo, determinando quindi un minor transfert nelle altre espressioni di forza.

D'altra parte lo squat rispetto alle sue varianti (mezzo e ¼ di squat ) comporta un'esecuzione tendenzialmente lenta, pertanto è molto efficace nello sviluppo della forza, ma non altrettanto in quello della potenza.

1/4 squat eseguito al Centro di Preparazione Olimpica di Cuba sotto l'attento sguardo del Prof. Carlo Buzzichelli

Stacco e hip thrust costituiscono per certi versi il corrispettivo sulla catena flessoria di quel che è lo squat per i muscoli estensori.

Anche per l 'hip thrust è possibile creare una progressione simile a quella cha va dallo squat al ¼ di squat. In questo caso si comincia con piedi e spalle posti su un rialzo, successivamente si elimina quello posto sotto i piedi ed infine si portano a terra anche le spalle.

Quando si ha la possibilità di monitorare l'allenamento tramite l'utilizzo di un accelerometro, per quanto riguarda le esercitazioni di powerlifting risulta più significativo considerare la velocità media piuttosto che il picco di ogni alzata.

Per comprendere meglio l’allenamento della forza tramite al Velocity Based Training (monitorando quindi la velocità esecutiva con un accelerometro) rimandiamo all’articolo di Tommaso Finadri:

Definire i carichi di allenamento, il segreto sta nella velocità!

2) Alzate classiche della pesistica/Weightlifting

(e relative esercitazioni complementari o da queste derivate)

Sono le esercitazioni che in maggior misura alimentano lo stereotipo dell'atleta di atletica leggera incapace nello spostare i pesi.

Negli scantinati degli impianti di atletica adibiti a palestrina si è visto e si vede ancora di tutto.

La moda del Crossfit può far storcere il naso ai puristi della federazione della pesistica, ma ha migliorato e non certo peggiorato situazione nell'atletica leggera (che troppo peggiorabile nella gran parte dei casi non era).

Rispetto al passato oggi la possibilità di eseguire allenamenti di pesistica in strutture adeguate e con assistenza tecnica decente è sicuramente molto più diffusa.

Abolita la famigerata distensione lenta gli esercizi della pesistica sono oggi:

  • Lo strappo (snatch per gli anglofili);
  • Lo slancio (clean and jerk);

Quest’ultimo si compone di due fasi e cioè la girata al petto (uno degli esercizi più utilizzati in atletica) e la spinta.

Le esercitazioni canoniche del programma di gara della pesistica sono il punto di partanza imprescindibile da cui partire prima di operare eventuali adattamenti.

Clean and Jerk

Sia strappo che slancio ( ma principalmente la girata) sono infatti declinati (spesso prematuramente rispetto alle capacità dell'atleta) in numerose varianti ed esercitazioni adattate.

Ad esempio con partenza dalle ginocchia (o poco sopra o poco sotto) oppure in divaricata sagittale,mono arto inferiore oppure mono arto superiore utilizzando un manubrio, piuttosto che salendo o scendendo da rialzi etc...

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Ciò che ad ogni modo accomuna queste esercitazioni è il fatto che siano costituite gesti complessi, multi articolari, eseguiti da in piedi e che richiedono un’esecuzione veloce e rispettando un timing preciso.

Proprio questa velocità comporta due dei vantaggi offerti da queste esercizi di forza e cioè lo sviluppo di una grande espressione di potenza associata ad un accrescimento della massa muscolare (e quindi del peso) molto più contenuto rispetto ad altri metodi.

Tuttavia sono esercizi altamente tecnici, che richiedono tempo per essere padroneggiati (quale periodo migliore se non quello delle categorie giovanili?), una costante assistenza da parte dell’allenatore, oltre che spazio e la possibilità di lasciare cadere il peso a terra.

Per eseguire queste alzate occorre disporre di bilancieri olimpici di buona qualità, con portapesi da 50mm, dischi bumper e zone di caduta.

Solo queste condizioni associate ad una buona tecnica esecutiva rendono questi esercizi utili e sicuri.

L’atleta infatti non dovrebbe mai cercare di portare a termine un’alzata nata male, abbandonando piuttosto il bilanciere ed evitando in questo modo incidenti.

Un atleta adulto che inizi ad affrontare slancio e strappo, a meno che non sia dotato di un talento e un’inclinazione naturali, dovrà mettersi il cuore in pace dedicando una stagione all’apprendimento tecnico dei gesti, rimandando solo alla successiva l’utilizzo di carichi elevati.

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Molto spesso si sopravvaluta la specificità degli esercizi della pesistica olimpica che sono comunque il mezzo generale principe per lo sviluppo della potenza.

La specificità di queste esercitazioni può essere ad ogni modo aumentata per aumentarne la correlazione con l'attività di gara, ad esempio scomponendo l'alzata nei suoi distinti elementi.

In questo senso la prima fase di tirata di una girata per espressione di potenza, direzione del vettore sul quale viene applicata la forza, tempi di esecuzione, può essere considerata un esercizio specifico e con un buon transfert per allenare l'uscita dai blocchi.

Quando si ha la possibiltà di monitorare l'allenamento tramite accelerometro, sarà più significativo riferirsi ai picchi piuttosto che alla media nella velocità delle alzate.

Un discorso particolare meritano i lavori con le kettlebell, per certi versi assimilabili alle esercitazioni della pesistica ma con alcune grandi differenze e con le proprie peculiarità. Le kettlebell sono uno strumento molto versatile (posssono essere eseguite sia esercitazioni affini al powerlifting che al weightlifting) e possono essere un validissimo mezzo per lo sviluppo della forza resistente.

Fra le differenze principali con la pesistica olimpica c'è quella che alcuni esercizi con le kettlebell (come il Kettlebell swing) hanno carattere ciclico, mentre le alzate della pesistica sono di carattere aciclico. Il kettlebell swing risulta quindi un ottimo esercizio per lo sviluppo della potenza (o della forza specifica) del velocista. (la corsa, come noto è un gesto ciclico)

3) Esercitazioni di body building

o più semplicemente di cosiddetta muscolazione generale.

Lo scopo di questi esercizi è quello di migliorare la forza e l’ipertrofia di singoli muscoli (almeno per quanto nella realtà questa selettività risulti possibile) o singoli distretti muscolari. Molto spesso sono esercitazioni mono articolari da eseguire da posizione seduta e sono esercizi molto buoni quando si devono sviluppare singole aree corporee. Tuttavia come tutte le esercitazioni mono articolari sono poco “funzionali” e non hanno un riscontro diretto nell’attività di gara. Sono molto semplici da effettuare ed è difficile sbagliare (ma non impossibile!). Tuttavia presentano tutti i limiti delle esercitazioni eseguiti sulle macchine che, se sviluppano una certa forza, non “insegnano” ad utilizzarla su “percorsi” diversi da quelli pre impostati dall’attrezzatura utilizzata. La macchina, specie quelle con camme e carrucole, comportano un’esecuzione rallentata sia nella fase eccentrica che concentrica e questo, se non è un problema per la costruzione della massa muscolare, lo può essere nell’ottica dello sviluppo di espressioni di potenza. Gli esercizi sulle macchine, generalmente abbastanza sicuri, tornano invece utili in caso di riabilitazione dopo un infortunio.

4) Esercitazioni di pliometria

La pliometria è un mezzo di allenamento che deriva dal metodo d'urto di Jury Verchosehansky e che sfrutta l'SSC Stretch- Shortening -Cycle) che in parole semplici rappresenta la capacità del sistema muscolo tendine di sviluppare forza reattiva-elastica (in inglese stiffness).

Il termine stiffness, che può essere tradotto come “rigidezza” rappresenta la capacità del corpo di immagazzinare ed utilizzare l'energi;a elastica proveniente dall'attività di corsa o di salto; la rigidezza muscolare non va confusa con la mancanza di mobilià articolare e flessibilità muscolare. Un muscolo rigido svilupperà un elevato grado di tensione quando verrà allungato, tensione che sarà rapidamente trasformata in contrazione muscolare ed azione esplosiva.

Un sistema poco compatto invece si troverà a cedere assorbendo energia elastica e restituendo meno energia esplosiva.

Per comprendere il significato della stiffness può essere utile l'esempio della pallina. Se una pallina gonfia ed una sgonfia fossero lanciate a terra sopra una superficie dura, ci aspetteremo un successivo rimbalzo dalla prima che sarà meno morbida e quindi meno cedevole.

La pliometria è un mezzo molto utile per l 'allenamento di saltatori e sprinter quando si cercano contatti al suolo molto brevi (0,094s- 0,087) ma anche per migliorare l'economia della corsa di un mezzofondista.

Ciò che lascia talvolta perplessi e quando ci si confronta con i detrattori della forza fatta con sovraccarichi, è scoprire che l’esigenza che ha portato lo scienziato russo ad utilizzare i salti in basso, sia stata  proprio quella di andare oltre ai carichi massimi consentiti dall’utilizzo del bilanciere.

Nozioni elementari di fisica (ma non chiedete a me di far calcoli!), consentono di capire che un corpo di 70 kg di massa, sottoposto alla forza di gravità e che cade da un metro, subisce una forza di impatto maggiore rispetto a quella esercitata dal temutissimo bilanciere.

Il ciclo allungamento accorciamento, specie quando l’adattamento all’allenamento ha permesso di spostare un po’ l’intervento di auto inibizione della contrazione muscolare, porta ad un’attivazione del sistema nervoso che   permette espressioni di forza superiori a quelle registrate durante una contrazione massima volontaria. Se a questo punto qualcuno fosse tentato di evitare anche questa tipologia di lavori, occorre ricordare che una situazione di questo tipo si verifica ogni volta che il nostro atleta dovrà scendere da un ostacolo, staccare per un salto in alto o un salto in lungo, con l’aggravante che lo dovrà  fare su un arto solo invece che su due. 

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Dal punto di vista della terminologia si tende spesso ad utilizzare il termine pliometria (soprattutto nei paesi anglosassoni) per indicare tutti i movimenti che si realizzano con azione di stiramento- accorciamento rapido (stretch shortening cycle), ma è utile a fini della comprensione fare due distinzioni:

  • Esercitazioni pliometriche vere e proprie: in queste esercitazioni il tempo di contatto al suolo deveessere minimo e il successivo tempo di volo deve risultare massimo; questo è possibile solo nelleesecuzioni di salto in basso con successivo rimbalzo (depth jump) dove il contatto a terra e il volo sonolegati ad un’altezza di caduta ben precisa e che consente di sviluppare la massima potenza nel salto inalto successivo.
  • Esercitazioni a carattere pliometrico: tutte quelle esercitazioni che sfruttano azioni di rimbalzo (balzi emultibalzi) o che addirittura utilizzano gli arti superiori; essendo successioni di rimbalzi rientrano inquesta categoria anche le “andature tecniche” della corsa (skip, calciate, etc) e la stessa corsa veloce(soprattutto nella fase lanciata).

Per semplicità vogliamo uniformarci al mondo anglosassone, definendo pliometria:

  • balzi tra gli hs (varie altezze - da carattere pliometrico a pliometria);

  • cadute in basso e successivo balzo;

  • salti, saltelli, andature ed altre esercitazioni di questo tipo (a carattere pliometrico);

  • balzi in avanzamento (alternati, successivi etc..).

Assimilabili a questa tipologia sono certi lavori di policoncorrenza.

Bisogna inoltre ricordare che anche le esercitazioni in sala di muscolazione quali squat jump o i già citati strappo e slancio presentano fasi pliometriche.

Anche le esercitazioni pliometriche necessitano di una tecnica specifica e di un percorso di apprendimento oltre che di successivo adattamento.

Negli ambienti sportivi è abbastanza diffuso l’adagio che le vorrebbe proponibili solo quando l’atleta sia in grado di sollevare nello squat il doppio del proprio peso corporeo.

In realtà la cosa importante è che l’atleta presenti una buona solidità dell’apparato di sostegno e una buona capacità di eseguire i gesti in maniera efficace.

Esistono anche criteri per stabilire l’altezza di caduta dei salti in basso: si dovrebbe cercare il plinto che consente di superare nel successivo rimbalzo la quota maggiore.

Anche i tempi di appoggio non dovrebbero diventare troppo lunghi per non perdere le finalità ed il senso di questo metodo di sviluppo della forza e, soprattutto, della potenza o forza esplosiva.

Dal momento che sono esercitazioni che non comportano un grande senso di fatica è molto facile eccedere sia nella direzione della quantità che dell’intensità, diventando così esercitazioni che si possono rivelare controproducenti e anche foriere di infortuni.

Progressione delle esercitazioni pliometriche

Il miglior modo per evitare problematiche ed infortuni derivanti dall'utilizzo delle esercitazioni pliometriche è l'impostazione di una corretta progressione delle intensità, imparando quindi a pianificare in modo corretto volumi ed intensità sia lungo termine che a medio e breve termine. Un esempio può essere la progressione proposta da Bompa-Buzzichelli:

  • Esercitazioni a basso impatto (lievello 4-5 Bompa-Buzzichelli);
    Esercitazioni medio impatto (livello 3);
  • Esercitazioni alto impatto (livello 2, solo per esperti);
  • Esercitazioni ad altissimo impatto o "metodo shock" (Solo per atleti evoluti, livello 1).

L’allenamento pliometrico andrebbe inserito fin dall’inizio della fase preparatoria in quanto alcune ricerche hanno dimostrato che la sua combinazione con l’allenamento di forza potenzia gli incrementi di forza stessa e allo stesso tempo mantiene alto il livello di capacità di utilizzo della forza veloce dell’atleta. In ogni caso va prevista una progressione dei lavori ben ragionata, per evitare infortuni, i volumi saranno relativamente contenuti:

Livello 4-5 – Livello 3 – Livello 2 – Livello 1

Pliometria e giovani. Perchè non ha senso avere paura?

C’è molto timore da parte degli allenatori nel somministrare ai giovani atleti l’allenamento a carattere pliometrico.

Secondo uno studio di Marginson, Rowlands, Gleeson e Eston, che metteva in relazione i sintomi da DOMS in soggetti giovani (9-10 anni) ed adulti (20-29 anni) in seguito ad un programma di allenamento a carattere pliometrico, questi timori sarebbero poco fondati, per lo meno dal punto di vista muscolare.

Lo studio ha rilevato che l’allenamento a carattere pliometrico ha creato minori sintomi di DOMS nei bambini rispetto agli adulti, sia dal punto di vista della percezione del dolore che per i test di funzione muscolare. Anche la capacità di recupero dei giovani era maggiore rispetto a quella degli adulti.
Sembra che questa differenza nei DOMS e nel recupero in giovani ed adulti dipenda da:

  • differenza di flessibilità muscolare (maggiore nei giovani);
  • maggior sviluppo di potenza da parte degli adulti nelle esercitazioni proposte che ha comportato unmaggiore affaticamento della fibra muscolare;
  • il danno è stato riscontrato principalmente nelle fibre a contrazione rapida, presenti in percentualemaggiore nella muscolatura adulta;
  • i bambini presentano maggiore attività fisica abituale (quotidiana) rispetto agli adulti, ricca di attività disalto, cadute e scatto che li rende già predisposti ed “abituati” a tali esercitazioni.

La minore sintomatologia di DOMS e la maggiore velocità di recupero, da part dei bambini, dovrebbe togliere i timori nell’utilizzo delle esercitazioni a carattere pliometrico con i più giovani.

In ogni caso, se dal punto di vista muscolare non sembrano esserci problemi nella somministrazione dell’allenamento pliometrico ai giovani, qualche dubbio può esserci dal punto di vista dell’apparato locomotore passivo. Nei giovani in fase di sviluppo ossa, cartilagini, tendini e legamenti (app. locomotore passivo) risultano in fase di accrescimento, meno stabili e resistenti ai carichi meccanici. Le cartilagini epifisarie delle ossa lunghe risultano ancora aperte e un carico eccessivo, in particolar modo di carattere eccentrico, potrebbe essere mal controllato dal giovane.

Carichi eccessivi potrebbero comportare rischi per lo sviluppo e la maturazione delle strutture ossee e cartilagine. Di contro stimoli troppo scarsi e/o inesistenti potrebbero compromettere lo sviluppo di tali strutture che da adulti potrebbero risultare troppo deboli per eventuali stimoli elevati propri dell’alto livello. Da far notare che la chiusura delle cartilagini epifisarie è variabile da osso ad osso e dal soggetto in questione (in base alla sua età biologica) e avviene all’incirca tra i 16 (tuberosità tibiale, troclea) ed i 20 anni (tibia e perone, corpi vertebrali).

Questo ci fa credere che il miglior modo per prevenire infortuni sia una buona progressione sia didattica (insegnamento della tecnica) che del carico. Carichi ottimali e progressivamente crescenti portano ad un rafforzamento dell’apparato locomotore di sostegno e aiutano a favorire lo sviluppo osseo, cartilagineo, tendineo e legamentoso.

Inoltre, l’allenamento a carattere pliometrico nei giovani è un’attività molto naturale. Infatti i bambini quando giocano sono portati ad effettuare esercizi brevi ed intensi con salti, balzi e sprint (un esempio classico è il “gioco della campana”).

5) Esercizi per il core

Negli ultimi anni sono diventati sempre più utilizzati.

Plank sui gomiti

Non si tratta in questo caso di fortificare semplicemente i muscoli addominali o lombari del tronco.

Piuttosto si cerca di dare solidità e adattabilità ad una parte del corpo necessaria per l’equilibrio e lo sviluppo della maggior parte dei movimenti.

Il core, o nucleo in italiano, risulta importante sia quale fattore di solidità e di stabilità che deve essere vista in maniera dinamica e nella capacità di modulazione e se si vuole di rielaborazione della statica e del movimento attraverso adattamenti propriocettivi (statica) e cinestetici (con riferimento alla dinamica).

In questa panoramica sui metodi di sviluppo della forza gli esercizi per il core training sono state considerati per ultimi.

Tuttavia,questo tipo di lavoro a carattere generale deve precedere e costituisce un presupposto imprescindibile per affrontare le esercitazioni sopra elencate ed in particolare quelle a carico libero e pliometriche.

Per maggiori chiarimenti sul core rimandiamo alla nostra guida sul core training

Esercizi di calisthenics

Inseriamo queste esercitazioni tra quelle per lo sviluppo del core in quanto le esercitazioni derivate dalla ginnastica artistica spesso permettono di avere un buon controllo generale del proprio corpo e un buon sviluppo di stabilizzatori e dei muscoli del core oltre che della mobilità articolare attiva, utili in ogni atleta di qualsiasi disciplina sportiva.

Verticale alle parallele - Alessandro Mainente

Gli esercizi derivati dalla ginnastica sono utili, soprattutto in fase giovanile:

  • trazioni alla sbarra / fune; [su_spacer size="10"] -[/su_spacer]
  • piegamenti sulle braccia (varie esecuzioni);[su_spacer size="10"] -[/su_spacer]
  • dip alle parallele;[su_spacer size="10"] -[/su_spacer]
  • plank, barchetta e loro varianti;[su_spacer size="10"] -[/su_spacer]
  • capovolte ed esercizi di preacrobatica;[su_spacer size="10"] -[/su_spacer]
  • verticali e loro varianti.

Altre esercitazioni di forza

Esistono anche altre esercitazioni di forza che vengono solitamente utilizzate come lavoro “speciale” o “specifico” in base alla disciplina affrontata. Tra queste troviamo gli sprint con traino, gli sprint con giubbotto zavorrato, gli sprint a ultravelocità, i lanci con attrezzi più pesanti rispetto a quelli di gara, gli sprint in salita, etc..

A Nave (Bs) durante i test per la profilazione dei carichi col traino grazie al contributo di Tommaso Finadri

 

Per approfondire:

Tudor Bompa - Carlo A. Buzzichelli: Periodizzazione dell'allenamento sportivo. Nuova edizione., Calzetti & Mariucci Editori, 2017

ilCoach: Corso sull'allenamento della velocità. Strategie attuali nell’allenamento dello sprint. Manuale didattico, 2017

ilCoach: Corso sull'allenamento della forza in atletica leggera. Velocità e salti in estensione, strategie attuali. Manuale didattico. 2018

Weineck Jürgen: L'allenamento ottimale, cap. 16: L'allenamento della forza, 2° edizione italiana, Calzetti e Mariucci Editore, Torgiano, 2009;

Urso Antonio: Pesistica, Sport per tutti gli sport, Calzetti e Mariucci Editore, Torgiano, 2011;

Cissik John: Strength Training for track & field, Track & Field news press, El Camino Real,, 2003;

Erik Neri - Paolo Evangelista: Project Calisthenics. Ipertrofia e forza a corpo libero, Project Editions, 2018

G. Cometti: La pliometria. Origini, teoria, allenamento, Calzett e Mariucci Editore, 2010

Andrea Uberti - cofondatore de IlCoach

Andrea Uberti

Combined Events Coach | ilCoach.net ASD Vice President
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Linee guida per l’allenamento della forza in atletica secondo Altis

19 Settembre 2017 by Redazione

Francesco Di Mundo - copertina

Come si allena la forza per l'atletica in Altis?

Contrariamente a quanto si possa immaginare, il modello seguito da Altis per l’allenamento della forza non si basa né su “strani tour de force”, né su “massacranti allenamenti da Marines”.  Anzi, l’impostazione generale è molto razionale e segue i principi fisiologici dell’allenamento.

Senza annoiare troppo il lettore con molti dettagli, l’intero piano d’azione, per quanto riguarda l’allenamento della forza tra le mura di Altis, si basa essenzialmente su tre principi:

  • Assorbimento;
  • Trasmissione;
  • Produzione della forza.

Questi principi rappresentano il mezzo per arrivare al vero obiettivo:

  • essere più veloce
  • più forte
  • e più trofico (limitando quest’ultima caratteristica solo in alcuni casi con alcuni tipi di atleti).

Nel “cassetto” dell’Assorbimento della forza ci sono tutti quegli esercizi che sono eccentrici e che vengono preferiti dai coach. In quello della Produzione ci sono gli esercizi di tipo prettamente concentrico e di forza massimale. Nel “cassetto” centrale della Trasmissione della forza sono presenti una serie di lavori, sempre multiarticolari speciali, che hanno il preciso compito di trasformare il lavoro da “generale” a “sport-specific”. Questi principi vengono poi concatenati all’interno di una programmazione che segue il “parallel hierarchical model”, ovvero un metodo che allena per l’intero anno tutte le capacità dando, di volta in volta, precedenza ad alcune invece che ad altre. Inoltre, il lavoro specifico che avviene in palestra è (il più possibile) correlato al lavoro su pista.

Partiamo dal principio…: classificare l’atleta.

Come primissimo general-screening, i coach di Altis utilizzano un sistema per osservare, valutare ed intervenire sugli eventuali squilibri corporei antero-posteriori e/o latero-mediali dei nuovi atleti. In questo modo si ha una suddivisione iniziale degli atleti in “puller” (“tiratore”) o “pusher” (“colui che spinge”). Generalmente il primo tipo di atleta fa maggior affidamento sulla propria catena cinetica posteriore che è maggiormente trofica rispetto al secondo gruppo che invece utilizza principalmente la propria catena cinetica anteriore. In linea di massima, in palestra, mentre il primo gruppo predilige esercizi di trazione come ad esempio il deadlift e sue varianti, il secondo si “sente più abile” con esercizi di spinta quali ad esempio squat e sue variazioni. Per valutare gli squilibri latero-mediali i suddetti esercizi vengono poi eseguiti in appoggio bipodalico o monopodalico, come indicato nella seguente tabella:

Profili atleta. Linee guida dell'allenamento della forza in Altis

Profili atleta. Linee guida dell'allenamento della forza in Altis

Sinceramente, su questa classificazione basata prettamente sull’esecuzione dei due esercizi, inizialmente ho avuto difficoltà ad accettare il semplice raggruppamento degli atleti basato solo sulla loro preferenza di un esercizio rispetto ad un altro e non sono mancati infatti lunghi confronti. In seguito ho notato che l’attenta osservazione di questi due movimenti, coniugata alla prestazione su pista e alle aree corporee sulle quali intervenivano i terapisti, tracciavano un profilo (seppur allo stato grezzo) abbastanza chiaro sul quale poter operare.

C’è da dire, inoltre, che anche l’atteggiamento con il quale l’atleta approccia l’allenamento giornaliero, il “mood” con il quale esegue la routine della fase di attivazione/riscaldamento iniziale, è fonte di importanti feedback e di daily-screening da parte dei coach. In alcuni casi gli atleti possono richiedere una valutazione più specifica e minuziosa attraverso un’indagine genetica, facendo analizzare il proprio DNA da un gruppo di sport-scientist che lavora per Genetix (un centro dedicato alle indagini genetiche), con il quale riescono ad avere delle risposte analizzando i propri geni al fine di modificare ed individualizzare il proprio allenamento e la propria alimentazione, così da monitorare anche gli eventuali cambiamenti nel tempo.

Come già detto in un precedente articolo di Alessandro Vigo pubblicato sul vostro sito: Ciclo di allenamento in Altis, possiamo suddividere, semplificando, le tre principali “ossessioni” di alcuni coach di Altis in sala attrezzi, in tre zone che rappresentano tre tipi diversi di allenamento (classificazione valida per il “gruppone” degli sprinter e degli hurdler):

  • forza dinamica massima (o potenza) -Zone 1;
  • endurance muscolare/ipertrofia -Zone 2;
  • maximal effort (o forza massima) -Zone 3.
Francesco Di Mundo, Dan Pfaff e Greg Rutherford

Durante la fase iniziale della stagione il volume di allenamento è alto; per certi atleti, con caratteristiche corporee ben specifiche, la Zone-2 è uno dei target principali durante il lavoro settimanale in quel periodo dell’anno. Al contrario, più ci si avvicina al periodo di gara, più l’attenzione si sposta sulla Zone-1 e Zone-3. In generale i tre tipi di allenamento caratterizzano i cicli dell’allenamento medesimo. La durata di ogni ciclo è di 3 settimane; l’ultima è la così detta settimana “roll-over”, ovvero quella settimana che varia maggiormente di volta in volta in base al periodo dell’anno; questa terza settimana rappresenta la settimana meno intensa, quella di recupero o mantenimento. Questa strutturazione temporale è vera per alcuni gruppi di atleti ma differisce leggermente per altri gruppi di altre discipline. Approfondiremo la struttura dell’allenamento settimanale di alcuni gruppi nel prossimo articolo nel quale fornirò qualche esempio pratico per chiarire meglio le idee al Lettore.

Tipo di Forza Zone
Dinamica massima 1
Endurance muscolare 2
Maximal effort 3

 

L’aspetto che caratterizza più di tutti la metodologia Altis è probabilmente il “culto” che i coach hanno per il recupero post allenamento. Esso rappresenta l’elemento chiave della preparazione atletica e dell’allenamento in generale, il ponte tra lavoro e prestazione (concetto che è stato anche più volte evidenziato da molti Maestri dell’allenamento). Con il termine “recupero post allenamento” non s’intende solo il rifocillamento dell’atleta con una attività fisica nulla, anzi si fa riferimento principalmente a 4 concetti:

  • rigeneramento fisico attivo: lavori specifici, previsti in determinate giornate della settimana, sia in sala attrezzi che su pista, durante i quali i preparatori atletici hanno più “momenti” per interagire in maniera costruttiva con i singoli atleti;
  • recupero passivo: manipolazioni, trattamenti fisioterapici, chiropratici e massoterapici che gli sport-therapist forniscono quotidianamente, anche più volte al giorno;
  • rifornimento nutrizionale: adeguato introito energetico prima-durante-dopo ogni allenamento come ad esempio il consumo di bevande (e non solo) contenenti carboidrati, elettroliti e proteine;
  • recupero totale durante le ore di sonno: ore di riposo preziosissime sia per un riassetto generale fisico che psichico che deve avvenire rigorosamente lontano dalle tremende luci blu (cellulari, televisioni, PC, ecc…).

In generale, anche se il lavoro in sala attrezzi è considerato da Altis (per certi aspetti) il “condimento” della portata principale (cioè il lavoro tecnico su pista - almeno durante il periodo di gara), non è possibile prescindere da uno specifico allenamento con i sovraccarichi.

Esercizio con Foam Roller

Ho partecipato a lunghe discussioni riguardanti l’esecuzione non magistrale di certi esercizi più tecnici in sala attrezzi da parte di alcuni atleti che invece su pista erano podisti mondiali. I dibattiti su questo tema sono stati trattati anche in più giornate e chi è intervenuto, esprimendo idee molto differenti, aveva esperienza olimpionica. A questo riguardo la risposta che ho maturato mi viene suggerita dalla letteratura scientifica. Nel caso in cui un atleta è già maturo, ha esperienza ed è considerato un “talento”, pur allenando solo i così detti “bicipiti da spiaggia” (tanto per intenderci), avrebbe comunque altissime probabilità di salire sul podio. Per esempio, in altri sport, dubito fortemente che un Mike Tyson o un Leo Messi abbiano mai “squattato” fino al suolo o abbiano eseguito snatch completi da weightlifter con carico tendente al proprio peso corporeo: male non gli avrebbe fatto sicuramente, ma probabilmente le loro priorità sono state altre.  Al contrario, il beneficio che atleti classificabili come élite, possono trarre seguendo un allenamento specifico in palestra, con una esecuzione di movimenti molto diversificata, con diversi angoli corporei, tendenti alla propria funzionalità sportiva, potrebbe sicuramente marcare la linea tra i podisti elite e la massa. In generale, razionalizzando maggiormente il concetto, così come i più esperti coach insegnano, l’allenamento specifico in palestra è fondamentale anche (e soprattutto) per tutte le discipline dell’atletica. Infatti, se è evidente che tale pratica è vitale per gli atleti emergenti, essa è fondamentale per gli atleti più talentuosi, affinché possano aggiungere almeno quell’importantissimo “+1%” alla propria prestazione sportiva, riducendo notevolmente il rischio d’infortuni.

Per concludere, ad Altis la preparazione atletica e l’allenamento specifico in palestra, così come scientificamente dimostrato, ha l’obiettivo di prevenire gli infortuni e di migliorare la performance di gara di tutte le tipologie di atleti di ogni disciplina dell’atletica, poiché incrementa, accuratamente, ogni singolo movimento in cui viene scomposto ciascuno specifico gesto atletico.

Foto di Francesco Dimundo

Francesco Dimundo

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Filed Under: Allenamento della forza Tagged With: allenamento forza, Altis, Dan Pfaff, Francesco Dimundo, Stuart McMillan

7 leggi per l'allenamento della forza

23 Novembre 2016 by Redazione

7 leggi allenamento della forza

Una corretta applicazione delle leggi e dei principi dell’allenamento assicura una migliore organizzazione, con una probabilità inferiore di errori.

Le 7 leggi dell’allenamento della forza dovrebbero essere la base di qualsiasi programma d’allenamento della forza.

Una casa è forte quanto le sue fondamenta.

Le 7 leggi dell’allenamento della forza collaborano alla costruzione di un atleta forte, flessibile, e stabile, che può sostenere lo stress indotto dell’attività sportiva.

Questo risultato passa attravers:

  • il rinforzo dei tendini, dei legamenti e delle ossa dell’atleta 
  • il rafforzamento del “core” 
  • l’adattamento progressivo alle azioni specifiche dello sport.
Validità delle 7 leggi dell'allenamento della forza

Le leggi sono valide per tutti gli atleti, indipendentemente dalle caratteristiche fisiologiche dello sport.

I principi dell’allenamento favoriscono un incremento continuo della forza e delle altre abilità attraverso l’adattamento del programma alle specifiche dello sport e, soprattutto, alle caratteristiche dell’atleta. Le leggi e i principi funzionano in maniera sinergica al fine di sviluppare il miglior programma di forza.

Questi principi, assieme alla periodizzazione della forza e all’integrazione dell’allenamento della forza con l’allenamento dei sistemi energetici, sono essenziali per ottenere un programma d’allenamento di successo.

Le 7 regole dell’Allenamento della Forza

Qualsiasi programma d’allenamento della forza dovrebbe essere progettato partendo dalle 7 leggi dell’allenamento, in modo da assicurare sia l’adattamento positivo, sia la prevenzione degli infortuni.

Queste leggi sono particolarmente importanti per gli atleti giovani o, in genere, per i principianti, poiché assicurano la costruzione di una buona base sulla quale costruire un allenamento più specifico nelle tappe successive dello sviluppo atletico.

1) Legge numero uno: Sviluppare la Mobilità Articolare

Per lo sviluppo simultaneo della forza e della mobilità, gran parte degli esercizi per il potenziamento muscolare dovrebbero essere eseguiti utilizzando un range di movimento completo per tutte le articolazioni principali, specialmente le caviglie, le ginocchia, e le anche.

Una buona mobilità articolare previene distorsioni e dolori alle articolazioni, così come gli infortuni da sovraccarico. In particolare, dovrebbe essere posta particolare attenzione alla mobilità della caviglia, la flessione dorsale e plantare, cioè il portare il dorso del piede verso la tibia o allontanarlo da essa, da parte di tutti gli atleti, specie i principianti.

Questi dovrebbero sviluppare la flessibilità della caviglia nella fase di prepubertà e pubertà, in modo che nel periodo successivo sia sufficiente mantenerla.

Fig. 1 Stretching statico del quadricipite. Immagine realizzata nella palestra Sistemha di Saronno

 

Come migliorare la flessibilità

Due ottimi metodi per migliorare la flessibilità sono lo stretching passivo e lo stretching PNF.

Nel caso di presenza di aderenze miofasciali (la miofascia rappresenta il 41% della resistenza passiva al movimento di una articolazione [Johns e Wright 1962]) dei metodi efficaci sono rappresentati dall’utilizzo di foam roller, dagli esercizi di Kelly Starrett con gli elastici per il rilascio della miofascia, e dalle sedute di rilascio miofasciale con un operatore certificato.

Il rilascio miofasciale incrementa la flessibilità muscolare e la mobilità articolare senza influenzare negativamente la prestazione (Sullivan et al. 2013, McDonald et al. 2013, Healey et al. 2014).

Infatti, per raggiungere la massima prestazione, la miofascia deve essere rilasciata prima di una gara, specie negli sport di velocità e potenza.

2) Legge numero due: Rafforzare i Tendini e i legamenti

La forza muscolare migliora più rapidamente rispetto alla forza dei tendini e dei legamenti.

Un uso errato o improprio del principio di specificità o la mancanza di una pianificazione a lungo termine, inducono molti allenatori e preparatori a trascurare il rafforzamento di tendini e legamenti, nonostante la maggior parte degli infortuni muscolari avvengano, non nel ventre del muscolo, ma alla giunzione miotendinea.

Tendini e legamenti vanno invece rafforzati attraverso un adattamento anatomico adeguato, in assenza del quale un allenamento intenso potrebbe provocare danni.

L’allenamento dei tendini e dei legamenti provoca un aumento del diametro degli stessi, elevandone la capacità di resistenza alla tensione e allo strappo.

I legamenti, che sono costituiti dai filamenti proteici di collagene, hanno l’importante ruolo di collegare le estremità delle ossa che formano un’articolazione. Le fibre di collagene sono distribuite con diverse angolazioni per resistere agli incrementi di carico.

La forza di un legamento dipende direttamente dalla sua sezione trasversa.

Un legamento si può rompere a causa di un eccesso di forza su di una articolazione, specie ad angolazioni estreme o con rotazioni non fisiologiche.

Durante una normale attività, i legamenti si allungano facilmente per permettere il movimento articolare.

Quando invece il carico sull’articolazione incrementa, come in una attività ad alta intensità o di gara, lo stesso accade alla stiffness dei legamenti, al fine di evitare una eccessiva mobilità dell’articolazione.

Se il carico è eccessivo, il legamento si può danneggiare.

Il miglior modo di prevenire questo tipo di infortunio è quello di preparare gradualmente il corpo a sopportare questo tipo di stress.

Per adattare i tendini e i legamenti a sopportare grossi carichi, gli atleti devono incrementare progressivamente il carico e alternarlo a periodi di scarico, così come avviene nella fase di adattamento anatomico. La progressività del carico migliora le caratteristiche viscoelastiche dei legamenti e infine permette di sopportare le grandi forze in trazione generate durante i movimenti dinamici, l’allenamento per la forza massima, e la pliometria.

I tendini, d’altra parte, uniscono i muscoli alle ossa e trasmettono la forza dai muscoli alle ossa in modo da permettere il movimento.

I tendini immagazzinano anche l’energia elastica, una caratteristica essenziale per i movimenti balistici, come quelli usati nella pliometria.

Più forte è il tendine, maggiore è la sua capacità di immagazzinare energia elastica.

Quindi, dei tendini forti sono una caratteristica dei velocisti e dei saltatori.

Si possono allenare tendini e legamenti?

Sia i legamenti, sia i tendini sono allenabili.

La loro composizione e le loro proprietà strutturali cambiano in risposta all’allenamento, diventando più spessi, più forti e con più stiffness, fino al 20 percento in più (Frank 1996).

I legamenti e i tendini sono anche capaci di ripararsi, anche se talvolta non possono tornare allo stato pre-infortunio.

Tenendo a mente tutto ciò, l’esercizio, in particolare quello eseguito durante la fase di adattamento anatomico, può essere considerato un metodo di prevenzione degli infortuni.

Se il rafforzamento di legamenti e tendini è trascurato, i primi non assicurano più l’integrità delle articolazioni e i secondi non garantiscano una trasmissione ottimale della forza.

Ad esempio, coloro che usano gli steroidi incrementano la forza del ventre muscolare, a scapito delle proprietà dei tendini e dei legamenti (Woo et al. 1994).

Più in generale, l’aumento della forza senza il contemporaneo rafforzamento dei legamenti e dei tendini può portare all’infortunio di questi, come succede spesso ai giocatori di football americano.

3) Legge numero tre: Sviluppo della Forza del “Core”

La forza espressa con gli arti è limitata dalla forza del “core”.

Un tronco debole non costituisce un supporto adeguato per esprimere la massima forza degli arti.

Un programma di allenamento della forza a lungo termine, dovrebbe innanzitutto sviluppare i muscoli del tronco, prima di dedicarsi a braccia e gambe.

I muscoli del tronco sono attivati in particolar modo durante le attività come salti e balzi.

Essi stabilizzano il corpo e fungono da collegamento tra gambe e braccia.

Muscoli del tronco deboli non possono svolgere questi ruoli essenziali, limitando, così, la prestazione dell’atleta.

La maggior parte di questi gruppi muscolari è costituita da fibre a contrazione lenta, dato il loro ruolo nel mantenimento della postura e la loro continua attivazione durante le azioni degli arti.

Essi si contraggono continuamente, ma non necessariamente in maniera dinamica, per creare una solida base di supporto per le azioni degli altri gruppi muscolari.

Molte persone, inclusi alcuni atleti, si lamentano di problemi alla bassa schiena, ma nonostante questo non fanno molto per risolverli. La migliore protezione contro il mal di schiena sono muscoli della schiena e degli addominali forti. Questa zona del corpo non dovrebbe essere trascurata dai preparatori o dagli atleti.

Nonostante ciò, l’allenamento per i muscoli del tronco, o “core training”, rappresenta una nuova moda i cui “nuovi esercizi” non sono tutti utili o privi di rischi. In questa sezione diamo la nostra opinione a riguardo del “core training”.

Riteniamo, infatti, che un eccesso di enfasi sull’allenamento del “core” (anche nelle sue forme “ibride” di “forza propriocettiva”) non dia alcun risultato in termini di prestazione, ma, di fatto, distragga l’atleta dall’eseguire tutta una serie di esercizi fondamentali ai fini della prestazione sportiva: quelli che lavorano i gruppi motori principali.

Il concetto di core

Il concetto di core

Muscoli addominali.

I muscoli della schiena e gli addominali circondano la parte centrale del corpo come una stretta e potente struttura di supporto, composta da fasci muscolari che si diramano in diverse direzioni.

Se gli addominali sono deboli, il bacino va in antiversione, causando una iperlordosi della spina lombare.

Il retto addominale, ad esempio, è disposto verticalmente ed ha un ruolo anti-estensorio della spina, al fine di mantenere la postura: ad esempio, quando l’anca si flette con le gambe fissate, come succede durante un sit-up.

Gli addominali obliqui interni ed esterni aiutano il retto addominale a flettere il tronco in avanti (flessione della spina – piano sagittale) e ad eseguire tutti i movimenti di rotazione (piano trasverso) e di flessione laterale (piano frontale).

In molti sport questi muscoli aiutano l’atleta a prevenire una caduta, e sono fondamentali in molte azioni della lotta, del pugilato e delle arti marziali. I muscoli addominali anteriori e laterali eseguono movimenti del tronco precisi e delicati.

Tali muscoli si sviluppano verticalmente, diagonalmente e orrizontalmente.

Poiché molti atleti hanno uno sviluppo inferiore dei muscoli addominali rispetto ai muscoli della schiena, è consigliato sia un allenamento generale, sia un allenamento specifico per questi distretti muscolari. Per lavorare con precisione sui muscoli addominali occorrono esercizi che li coinvolgano senza interessare il movimento delle anche.

Gli esercizi che flettono le anche, infatti, sono eseguiti dall’ileopsoas (un potente flessore dell’anca), e solo in maniera minore dagli addominali (che in questi casi lavorano perlopiù isometricamente per prevenire l’estensione della spina sul piano sagittale).

Gli esercizi più comuni per gli addominali sono i sit-up, e la migliore posizione per eseguirli è stare sdraiati con i polpacci appoggiati su di una panca, in questo modo le anche sono già flesse e gli addominali possono essere isolati.

Muscoli dorsali.

I muscoli dorsali, inclusi i muscoli profondi ai lati della spina, sono responsabili di vari movimenti, come l’estensione e la rotazione del tronco.

Il tronco agisce da tramite e da supporto per la maggior parte dei movimenti effettuati dagli arti.

La colonna vertebrale svolge, inoltre, un ruolo protettivo essenziale del midollo spinale, e assorbe gli urti durante l’atterraggio e lo stacco dal suolo. Uno sforzo eccessivo o irregolare del rachide, o un movimento improvviso da una posizione scorretta, potrebbero causare problemi nella zona lombare.

I dolori lombari negli atleti sono in genere dovuti a un eccesso, nel tempo, di movimenti scorretti.

La pressione esercitata sui dischi intervertebrali varia a seconda della posizione del corpo rispetto al carico da sollevare. Per esempio, la pressione aumenta in posizione seduta o, in piedi, se si estende la spina durante un curl con i bicipiti o una tirata al mento.

La posizione seduta provoca una pressione maggiore nei dischi intervertebrali, mentre la pressione più bassa si ha quando il corpo è sdraiato, prono o supino (come nelle distensioni su panca piana, o nelle tirate su panca piana).

In molti esercizi che impegnano i muscoli dorsali, gli addominali si contraggono isometricamente, stabilizzando il corpo.

I flessori dell’anca.

L’ileopsoas è un muscolo essenziale per la flessione delle anche e per la corsa. Sebbene non sia di grosse dimensioni, è il flessore dell’anca più potente (gli altri sono il retto femorale, il sartorio, e il tensore della fascia lata), ed è il responsabile dell’innalzamento del ginocchio nella corsa e nel salto.

Dei flessori dell’anca ben sviluppati sono necessari per gli sport eseguiti sul suolo o sul ghiaccio.

Questi importanti muscoli possono essere allenati con esercizi di sollevamento delle gambe con sovraccarico, sia a ginocchio flesso, sia a ginocchio steso.

4) Legge numero quattro: sviluppo degli stabilizzatori.

I muscoli motori primari lavorano con maggior efficacia se coadiuvati da forti muscoli stabilizzatori o fissatori.

Gli stabilizzatori si contraggono soprattutto isometricamente per stabilizzare un’articolazione, in modo da permettere il corretto movimento di un’altra parte del corpo.

La spalla viene stabilizzata, ad esempio, durante la flessione del gomito, mentre durante il lancio di una palla, sono gli addominali a fungere da fissatori.

Nel canottaggio sono invece i muscoli del tronco ad agire da stabilizzatori, trasmettendo la potenza delle gambe alle braccia, che a loro volta esercitano forza sull’acqua attraverso il remo.

Uno stabilizzatore debole, quindi, inibisce la capacità di contrarre i muscoli motori primari.

Stabilizzatori non adeguatamente sviluppati potrebbero dunque ostacolare l’attività dei muscoli motori primari.

Sottoposti a sforzo protratto nel tempo, gli stabilizzatori si contraggono involontariamente, frenando l’azione dei muscoli motori primari, con conseguente diminuzione della prestazione atletica.

Questa condizione è frequente fra i giocatori di pallavolo che si infortunano a seguito della debolezza e dello squilibrio muscolare dei muscoli della spalla (Kugler et al. 1996).

I muscoli sovraspinato e sottospinato ruotano la spalla.

Il modo più semplice ed efficace per rinforzare questi muscoli è l’extrarotazione della spalla con i manubri. La resistenza esercitata dal carico rinforza questi due muscoli.

Nell’anca, sono i muscoli piriforme e gluteo medio a permettere l’extra rotazione.

Per rinforzare questi muscoli, l’atleta deve assumere la posizione eretta, a ginocchia dritte, e sollevare una gamba lateralmente, con questa collegata a un cavo tramite una cavigliera.

Come allenare gli stabilizzatori

Gli stabilizzatori si contraggono isometricamente anche per immobilizzare una parte di un arto e permettere il movimento dell’altra. Inoltre, gli stabilizzatori sono utili per monitorare l’interazione delle ossa lunghe nelle articolazioni e recepire un potenziale infortunio derivante da una tecnica scorretta, da un’applicazione della forza non adeguata, o da spasmi causati dall’affaticamento.

Se si verifica una di queste condizioni, gli stabilizzatori frenano l’attività dei muscoli motori primari per evitarne stiramenti o strappi.

Per questi motivi i muscoli stabilizzatori giocano un ruolo fondamentale nella prestazione atletica.

L'allenamento propriocettivo

Diversi studi hanno mostrato che l’allenamento con le pedane propriocettive aiuta davvero a ripristinare la stabilità di una caviglia instabile o infortunata (Caraffa et al. 1996, Westers et al. 1996, Willem set al. 2002).

Alcuni studi mostrano che l’allenamento propriocettivo può diminuire l’incidenza degli infortuni al ginocchio (Caraffa et al. 1996), mentre altri studi negano l’efficacia di tale allenamento nella prevenzione degli infortuni (Soderman et al. 2000).

Una recente review, in particolare, ha trovato diversi errori nella strutturazione degli studi sull’allenamento propriocettivo (Thacker et al. 2003).

La teoria, quindi, è che se l’allenamento con le pedane propriocettive porta a una maggiore stabilità, migliorando la propriocezione e la forza dei muscoli stabilizzatori di una struttura instabile, esso incrementerà ulteriormente la forza ed eviterà gli infortuni se impiegato su di una struttura già stabile.

Ciò deve essere provato, però, e in ogni caso la vera domanda è “quanto tempo deve essere dedicato agli esercizi per gli stabilizzatori?”.

Ultimamente alcuni preparatori atletici hanno esagerato nell’allenamento degli stabilizzatori, perlopiù attraverso l’utilizzo dell’allenamento su superfici instabili.

Infatti l’allenamento su superfici instabili causa una maggiore attivazione di unità motorie dovuta alla co-contrazione (contrazione simultanea) dei muscoli agonisti e antagonisti, al fine di stabilizzare un’articolazione; una eccessiva co-contrazione non porta agli adattamenti necessari a un atleta di sport di potenza e velocità, che ha bisogno di antagonisti “silenti” (cioè inattivi) durante l’applicazione della forza da parte dei muscoli agonisti.

Inoltre, negli ultimi 10 anni, i preparatori atletici che hanno completamente evitato l’utilizzo delle pedane propriocettive o, più in generale, dell’allenamento propriocettivo, in sport di squadra come il calcio e la pallavolo, non hanno riportato alcun incremento degli infortuni a ginocchia e caviglie.

L’allenamento con le pedane propriocettive o con la Swiss Ball può comunque essere utile durante la prima parte della preparazione generale (la fase di adattamento anatomico).

Gli esercizi unilaterali sono certamente la scelta migliore per migliorare la stabilità articolare mentre si allenano i gruppi motori principali. In ogni caso, se viene effettuato l’allenamento propriocettivo durante la fase di adattamento anatomico, le pedane propriocettive o le Swiss Ball devono essere messe da parte nella fase successiva per dedicare più tempo all’allenamento con metodi che migliorino nello specifico il potenziale motorio dell’atleta e promuovano l’incremento della forza, velocità e resistenza sport-specifiche.

Dopotutto, anche se questi esercizi funzionano nel migliorare la propriocezione dell’atleta, la loro caratteristica di velocità bassa o moderata non proteggerà mai le articolazioni dai movimenti veloci e potenti di uno sport (Ashton-Miller et al. 2001). Preparare i muscoli stabilizzatori al movimento è importante; nello specifico, prepararli ai movimenti tipici dell’attività sportiva con una velocità, potenza o resistenza adeguate allo sport è vitale per la prestazione e l’integrità dell’atleta.

La Tabella 1 mostra un programma “split” di tre settimane per il macrociclo di adattamento anatomico di un giovane calciatore. Risulta evidente il vasto impiego di esercizi unilaterali, il volume di lavoro uguale tra agonisti e antagonisti, il tempo sotto tensione per serie che cade nella zona della capacità lattacida (da 48 a 80 secondi per serie), l’incremento progressivo del carico, e la durata breve del macrociclo, caratteristica tipica per gli atleti giovani o Master. I punti seguenti descrivono ciascuna colonna della figura:

  • Serie – Ciascun numero indica il numero di serie per esercizio eseguite in una data settimana. Per esempio, 2-3-2 significa che la prima settimana sono eseguite due serie, la seconda tre serie, e la terza due serie.
  • Ripetizioni - Ciascun numero indica il numero di ripetizioni per serie eseguite in una data settimana. Per esempio, 20-15-12 significa che la prima settimana sono eseguite 20 ripetizioni per serie, la seconda 15, e la terza 12.
  • Tempo di recupero - Ciascun numero indica il tempo di recupero tra le serie di uno stesso esercizio in una data settimana. Per esempio, 1-1-1.5 significa che la prima e la seconda settimana il tempo di recupero tra le serie di uno stesso esercizio è di un minuto, mentre nella terza è di un minuto e mezzo.
  • Tempo – Il primo numero indica la durata in secondi della fase eccentrica, il secondo numero indica i secondi di pausa tra la fase eccentrica e la fase concentrica, e il terzo numero indica la durata in secondi della fase concentrica (la “X” significa “esplosiva”).
  • Carico – Queste colonne dovrebbero essere usate per scrivere il carico impiegato di settimana in settimana per ogni serie di ciascun esercizio.

[su_table]

  Esercizi   Serie   Rip Tempo di Recupero (MIn.)  TEMpo (SEC.) Carico
1° settimana 2° settimana 3° settimana
Allenamento A
Squat a una gamba 2-3-2* 20-15-12* 1-1-1.5* 3-0-1**
Leg curl a una gamba 2-3-2 20-15-12 1-1-1.5 3-0-X
Stacco a una gamba 2-3-2 20-15-12 1-1-1.5 3-0-1
Estensioni dell’anca in quadrupedia 2-3-2 20-15-15 1-1-1.5 3-0-1
Abductor machine 2-3-2 20-15-12 1-1-1.5 3-0-1
Adductor machine 2-3-2 20-15-12 1-1-1.5 3-0-1
Polpacci in piedi 2-3-2 20-15-12 1-1-1.5 2-2-1
Crunch con peso 2-3-2 20-15-12 1 3-0-3
Allenamento B
Spinte con manubri 2-3-2 20-15-12 1-1-1.5 3-0-1
Rematore con manubri 2-3-2 20-15-12 1-1-1.5 3-0-1
Lento con manubri 2-3-2 20-15-12 1-1-1.5 3-0-1
Bicipiti con manubri 2-3-2 20-15-12 1-1-1.5 3-0-1
Plank frontale e laterale 2-2-1 30-30-45 (sec.) 0.5 Isometrico

* Per ogni trio di numeri in questa colonna, il primo numero si riferisce alla prima settimana, il secondo numero si riferisce alla seconda settimana e il terzo numero si riferisce alla terza settimana.

** Per ogni trio di numeri in questa colonna, il primo numero si riferisce alla durata in secondi della fase eccentrica, il  secondo numero si riferisce alla pausa tra eccentrica e concentrica, e il terzo numero si riferisce alla durata della fase concentrica (una “X” significa “esplosiva”).

Tabella 1 Macrociclo di Adattamento Anatomico da tre settimane, utilizzando una split routine, per un calciatore di settore giovanile. [1]

[/su_table] 

ALLENAMENTO PROPRIOCETTIVO CON LA PALLA

Come ogni cosa nell’allenamento sport-specifico, la palla propriocettiva (nota anche come palla svizzera o stability ball) non è nuova. Comparve negli anni ‘60 ed è divenuta molto popolare, specialmente nel mondo della riabilitazione. Dagli anni ‘90 in poi è diventata popolare prima nel fitness e poi anche in ambito sportivo. La sua popolarità nel campo del fitness è comprensibile, data la varietà e la frenesia che caratterizzano quell’ambiente.

Swiss balla da Wikimedia Commons

Swiss ball da Wikimedia Commons

Molti esercizi eseguiti sulla palla propriocettiva permettono di allenare la forza e la flessibilità per la parte superiore e inferiore del corpo, e, naturalmente, di rinforzare il core. Tuttavia alcuni prepratori sovrastimano i benefici di questi esercizi, asserendo che i miglioramenti propriocettivi e dell’equilibrio si traducono in miglioramenti nella performance atletica. In realtà, l’equilibrio non è un fattore limitante per la performance; questo, pertanto, non è annoverabile nella stessa categoria delle abilità biomotorie quali la velocità, la forza e la resistenza. Infatti, il corpo si adatterà all’ambiente instabile dello sport praticato attraverso lo stimolo fornito dalla pratica dello sport stesso, così come attraverso la pratica di azioni tecniche e tattiche legate allo sport. Alcuni esercizi possono essere eseguiti sulla palla, ma dovrebbero limitarsi alla fase di adattamento anatomico o alle fasi di transizione, quando l’adattamento generale ha la priorità sull’adattamento fisiologico specifico.

Oltre a questi dettagli, gli atleti e gli allenatori dovrebbero essere ben consapevoli che utilizzare la palla propriocettiva nell’allenamento della forza massima può limitarne i benefici. Infatti, la palla limita la quantità di peso che l’atleta può sollevare perché una parte dell’impegno nervoso è diretta a stabilizzare il corpo, così come le articolazioni coinvolte nel movimento, riducendo così l’attivazione delle unità motorie a contrazione veloce dei muscoli motori primari. Perciò, gli unici esercizi consigliati con la palla propriocettiva sono quelli mirati al rinforzo dei muscoli addominali, che permettono all’atleta di allungare completamente quest’ultimi prima della fase concentrica dell’esercizio. Gli altri gruppi muscolari, invece, possono essere allenati con altri mezzi.

La palla propriocettiva può essere utilizzata nel modo e al momento debiti. L’irradiazione spiega come tutti i muscoli siano coinvolti in un movimento per supportarsi l’un l’altro. Il corpo umano è estremamente plastico e ha una capacità di adattamento straordinaria per i metodi di allenamento classici. La cosa più importante nello sport, infine, è il fatto che l’atleta ha una prestazione migliore quando i suoi adattamenti funzionali sono specifici, in questo modo migliora anche la propria stabilità in modo spontaneo, senza l’uso di attrezzi specifici.


5) Legge numero cinque: allenare i movimenti, non i singoli muscoli.

Lo scopo dell’allenamento della forza per uno sport è utilizzare i sovraccarichi per allenare i muscoli motori primari nei movimenti che avvengono durante il gesto specifico.

Gli atleti dovrebbero evitare di allenare i muscoli in isolamento, come avviene ad esempio nel bodybuilding.

Dai suoi albori il bodybuilding ha promosso l’allenamento dei muscoli in isolamento, un concetto che si è mostrato efficace per generazioni.

Gli esercizi di isolamento, però, non si applicano alla preparazione atletica, poiché i gesti atletici sono nella quasi totalità movimenti multiarticolari eseguiti in un certo ordine, formando quella che viene chiamata “catena cinetica”.

Un salto per afferrare una palla, ad esempio, impiega la seguente catena cinetica per la parte inferiore del corpo, al fine di applicare la forza a terra necessaria a sollevare il corpo:

  • estensione delle anche
  • estensione delle ginocchia
  • estensione delle caviglie

Questa potente sequenza, tipica di molti gesti atletici, è chiamata “tripla estensione”.

Angoli specifici

In accordo con il principio di specificità, specialmente nella fase di conversione (a forza specifica), la posizione del corpo e gli angoli degli arti dovrebbero essere simili a quelli richiesti nei movimenti tecnici specifici.

Quando un atleta si allena in un movimento specifico, i muscoli coinvolti sono integrati e rafforzati in modo da eseguire l’azione con maggiore potenza.

Per questo motivo gli atleti non dovrebbero far ricorso soltanto all’allenamento con i pesi, ma ampliare i mezzi e i metodi di allenamento includendo le palle mediche, gli elastici (per gli sport acquatici o per adattare la resistenza nell’allenamento della potenza con il bilanciere), i pesi del getto del peso, e i plinti e gli ostacoli per la pliometria.

Gli esercizi eseguiti con il supporto di tali attrezzi permettono all’atleta di potenziare le proprie abilità specifiche.

Gli esercizi multiarticolari come lo squat, lo stacco, la panca piana, il lento avanti, le trazioni, le alzate olimpiche, così come i lanci e i salti, sono stati impiegati nell’allenamento sportivo da quando gli atleti dell’atletica leggera hanno iniziato a usarli nei primi anni ’30, prima dei Giochi Olimpici del 1936.

La maggior parte degli atleti segue ancora questa tradizione.

Tali esercizi sono fondamentali per l’efficacia e l’efficienza dell’allenamento della forza.

Alcuni esercizi di isolamento (chiamati anche “accessori”) possono però essere impiegati per migliorare la trofia di alcuni gruppi muscolari il cui sviluppo è rimasto indietro, per incrementare l’apporto di sangue (necessario per la salute dei tendini) e per sostenere il contenuto proteico dei muscoli motori primari durante i periodi in cui si utilizzano ripetizioni molto basse.

In ultima analisi, non bisogna chiedersi “Dov’è l’esercizio per i bicipiti all’interno di questo programma”. Piuttosto è necessario domandarsi se la flessione del gomito è parte del gesto specifico richiesto nello sport in esame e, se così è, con quale altro movimento è essa integrata.

6) Legge numero sei: non concentratevi su ciò che è nuovo, ma su ciò che è necessario.

Negli ultimi anni il mercato dello sport e del fitness in nord America è stato invaso da molti prodotti che si suppone servano a migliorare la prestazione atletica.

Spesso, però, non è così.

Infatti, la conoscenza della biomeccanica e della fisiologia dell’esercizio rivela che molti prodotti promossi a tale scopo possono avere l’effetto contrario.

Due metodi che hanno catturato l’attenzione di allenatori, preparatori e atleti sono l’allenamento sulle superfici instabili e l’overspeed.

L’allenamento sulle superfici instabili è sicuro perché non prevede né permette l’utilizzo di grossi carichi, ma è anche abusato nel campo dell’allenamento sportivo. L’overspeed, invece, assieme ad altri attrezzi utilizzati al fine di migliorare velocità e potenza, altera la tecnica di corsa dell’atleta e ne diminuisce il tasso d’espressione della forza.

In molti casi, il mezzo promozionale prediletto per queste nuove idee è il seminario. Il relatore spesso mostra nuovi esercizi e promette miglioramenti miracolosi.

Non molto spesso, però, il relatore affronta il tema degli adattamenti neuromuscolari, che sono il nocciolo del miglioramento della prestazione atletica, e che dovrebbero essere il fondamento di ogni programma d’allenamento sport-specifico.

Certamente, è importante conoscere un vasto numero di esercizi, però un esercizio è essenziale solo se lavora i muscoli motori primari utilizzati nei gesti atletici specifici, né più, né meno.

Non fa alcuna differenza, ad esempio, se un atleta fa le distensioni su di una panca o su una Swiss Ball.

La velocità di esecuzione

È molto più importante che la fase concentrica sia eseguita con la maggiore esplosività possibile.

All’inizio del movimento vengono reclutate le unità motorie a contrazione veloce per superare l’inerzia del carico del bilanciere.

Come l’atleta continua a spingere il bilanciere verso l’alto, dovrebbe cercare di generare la maggiore accelerazione possibile.

In questo modo la frequenza di scarica incrementa.

Nel caso di un esercizio balistico, la massima velocità viene raggiunta proprio alla fine dell’azione, prima del rilascio dell’attrezzo o della proiezione del corpo dell’atleta.

Allo stesso modo, se è necessario raggiungere un alto livello di forza degli arti inferiori, un atleta dovrebbe fare squat, squat e squat.

L’idea è creare il più alto livello di forza e adattamento: in altre parole, fare ciò che è necessario. Incrementare la varietà dell’allenamento utilizzando esercizi diversi può andar bene, purché i muscoli motori primari lavorino in modo specifico.

7) Legge numero sette: periodizzare la forza nel lungo termine.

Anziché concentrarsi nei guadagni immediati di forza massimale, i preparatori atletici dovrebbero pianificare la progressione dell’allenamento della forza in modo da massimizzare il potenziale motorio dell’atleta a lungo termine.

Questo si traduce nel non iniziare da subito a usare alti carichi in esercizi tecnicamente complessi non pienamente acquisiti.

Come scrivo nel capitolo 2 del mio libro Periodizzazione dell'Allenamento Sportivo, la base per il miglioramento della forza generale nel lungo termine dovrebbe essere costituita dall’allenamento della coordinazione intermuscolare: un lavoro tecnico ed esplosivo con pesi da leggeri a submassimali, mai ad esaurimento, pianificato al termine della fase di adattamento anatomico o di quella per l’ipertrofia, se presente.

Diversamente, l’allenamento sulla coordinazione intramuscolare, pesi da submassimali a massimali, possibilmente non a esaurimento, a meno che non si desiderino dei guadagni in forza assoluta, aiuta a raggiungere il picco di forza massimale ma non può essere impiegato per lunghi periodi (non più di sei settimane alla volta).

La forza specifica, che sia la potenza, la potenza resistente o la resistenza muscolare, può essere massimizzata soltanto sulla base di una precedente fase di forza massimale ben pianificata. Questo concetto si applica sia al piano annuale, sia al piano pluriennale.

La Tabella 2 mostra un esempio di sequenza di macrocicli di coordinazione intermuscolare e coordinazione intramuscolare per l’incremento della forza massima all’interno del piano annuale; questi macrocicli sono posti prima dei macrocicli di forza specifica (potenza).

La Tabella 3 mostra la progressione del lavoro di forza di un atleta principiante per un periodo di quattro anni.

 

 

Tabella 2 Progressione dell’allenamento della forza nel piano annual per uno sport individuale, per il quale la forza specifica è la potenza.

Tabella 2 Progressione dell’allenamento della forza nel piano annual per uno sport individuale, per il quale la forza specifica è la potenza. [2]

Legenda: AA = adattamento anatomico, MxS (coordinazione intermuscolare) = forza massima (con carichi dal 70% all’80% dell’1RM), MxS (coordinazione intramuscolare) = forza massima (con carichi dall’85% al 90% dell’1RM), P = potenza, 3+1 = struttura del macrociclo con 3 settimane di carico e 1 settimana di scarico, 2+1 = struttura del macrociclo con 2 settimane di carico e 1 settimana di scarico.

 

 

Distribuzione e progressione dell’allenamento della forza in un piano pluriennale.

Tabella 3. Distribuzione e progressione dell’allenamento della forza in un piano pluriennale. [3]

Legenda: AA = adattamento anatomico, MxS = forza massima (coordinazione intermuscolare con carichi dal 70% all’80% dell’1RM o coordinazione intramuscolare con carichi dall’80% al 90% dell’1RM).

 

Bibliografia:

Bompa T., Buzzichelli C., Periodizzazione dell'Allenamento Sportivo. 2° Edizione Italiana, Calzetti & Mariucci, 2017

Bompa T., Buzzichelli C., Periodizzazione dell'allenamento sportivo. Programmi per lo sviluppo della forza in 35 sports. 3a Edizione, Calzetti & Mariucci, 2016, visione pre-stampa.

[1] Bompa T., Buzzichelli C., Periodizzazione dell’Allenamento Sportivo – 3° Edizione, Calzetti & Mariucci, 2016, visione pre-stampa

[2] Cfr. Bompa T., Buzzichelli C., Periodizzazione dell’Allenamento Sportivo – 3° Edizione, Calzetti & Mariucci, 2016, visione pre-stampa

[3] Bompa T., Buzzichelli C., Periodizzazione dell’Allenamento Sportivo – 3° Edizione, Calzetti & Mariucci, 2016, visione pre-stampa

 

Carlo Buzzichelli

Prof. Carlo Buzzichelli

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Miglioramento dell’ economia di corsa attraverso il rinforzo muscolare

13 Settembre 2016 by Redazione

miglioramento dell’ economia di corsa attraverso il rinforzo muscolare

Oggi vi presento la mia tesi del Master 1 - Préparstion Physique et réathletisation presso la facoltà di Scienze Motorie di Nizza - STAPS con titolo "Analisi, cambiamento e miglioramento dell'economia di corsa attraverso il rinforzo muscolare nel mezzofondista", nonché approfondimento dell'argomento che già in piccola parte avevo trattato nella tesi della laurea triennale presso l'Università Cattolica di Milano "Influenza della Stiffness nella corsa prolungata".

Le 8 differenti parti della tesi, in cui ognuna doveva contenere un numero di pagine preciso e prefissato, sono state imposte dai professori per farci apprendere ad essere chiari e concisi nel trattare l'argomento rispettando lo spazio a disposizione. La tesi parte dal concetto generale e definizione di economia di corsa, passando attraverso la sua evoluzione dall'età della fanciullezza all'adolescenza valutandone le differenze rispetto a soggetti adulti; successivamente effettuo analisi e valutazione della variazione dell'economia di corsa attraverso differenti tipi di rinforzo muscolare: resistente, esplosivo, pliometrico in mezzofondisti veloci/prolungati verificandone i benefici sull'economia di corsa e quindi sulla performance. In fine è stata svolta l'analisi della problematica degli articoli scientifici da noi scelti, ovvero valutarne ed individuarne i limiti, proponendo quindi un personale ed innovativo metodo per migliorare le conoscenze sull'argomento da noi scelto.

Il voto finale della tesi comprendeva due valutazioni:

  • una su come l'argomento è stato trattato, utilizzo di concetti corretti, sintassi, corretta stesura con chiari riferimenti ai differenti grafici o figure ed articoli scientifici presenti nella bibliografia;
  • la seconda sulla presentazione orale svolta specificatamente in un limite di tempo intorno ai 5 minuti di tempo (né più, né meno) utilizzando l'infografica presentatavi settimana scorsa. Con mio grande orgoglio e con il piacere di aver trattato un argomento a mio parere sottovalutato, la tesi ha ottenuto un punteggio più che positivo dalla commissione composta da monsieur Michel Masseglia (storico professore di Fisiologia della facoltà) e monsieur Jean-Benoit Morin (al 7*posto tra i migliori 100 massimi esperti di Scienze dello Sport, vedi foto).

Esperti sport

Buona lettura!

L’analisi, il cambiamento e il miglioramento dell’economia di corsa attraverso il rinforzo muscolare nel mezzofondista.

  1. Introduzione
  2. Revisione della letteratura
  3. Problematica
  4. Metodo
  5. Conclusioni
  6. Bibliografia
  7. Riassunto in inglese
  8. Riassunto in francese

 

Introduzione:

La scelta dell’argomento del Mémoire è nata grazie al mio percorso di atleta specializzato nel mezzofondo prolungato; la mia crescita come atleta e come persona, grazie agli studi universitari e le esperienze d’allenamento in Italia ed in altri paesi, mi ha dato l’opportunità di approfondire i differenti aspetti legati all’azione di corsa, totalmente differente tra gli atleti di alto livello e gli amatori.

Possiamo comparare il corpo umano ad un’automobile, la quale può essere più o meno efficiente; ma tenendo conto di un’automobile con un buon motore ed alimentata con la benzina corretta, ci sono altri fattori che possono influenzare la sua efficienza? Una buona struttura e pneumatici ben gonfiati permettono all’automobile di andare più veloce. Possiamo distinguere lo stesso ruolo nella corsa. Essa è rappresentata infatti dai piedi, i quali devono supportare il carico della corsa. La messa in azione di una  corsa armoniosa è sinonimo di una buona economia e questo si traduce in una spesa energetica inferiore rispetto alla distanza percorsa. Le nostre ossa, coordinate dai muscoli, rappresentano un sistema di contrappesi che ci mantengono in equilibrio.

Le braccia durante  la corsa si muovono in funzione della meccanica delle gambe senza deviazioni, quindi senza cambiare direzione e senza ruotare le spalle attorno l’asse verticale portando così ad un miglior utilizzo d’energia.

Possiamo quindi definire la corsa come un movimento economico ed efficace, compiuto attraverso il movimento coordinato di tutte le parti del corpo.

Tra gli atleti, ridurre il tempo di percorrenza di una determinata distanza è l’obbiettivo primario per ogni corridore e più fattori fisiologici sono stati identificati, come: il massimo consumo d’ossigeno (VO₂max), le soglie del lattato e l’economia di corsa. In un gruppo eterogeneo di atleti, il VO₂max è fortemente legato alla performance; ma se gli atleti hanno un VO₂max simile, il fattore che farà la differenza sul livello della performance è il tasso d’ossigeno consumato ad una velocità sub massimale chiamata: economia di corsa, dove il consumo d’ossigeno (VO₂) indica una miglior economicità di corsa durante una corsa in equilibrio fisiologico. L’economia di corsa è molto differente tra l’alto livello, corridori allenati e non allenati, uomini e donne, ma un fattore che la può influenzare è la biomeccanica individuale di corsa. Il VO₂max e le performance di resistenza non possono essere limitate soltanto da fattori centrali legati alla presa d’ossigeno (VO₂), ma anche dalla “potenza muscolare” fattore caratterizzato dall’interazione di caratteristiche neuromuscolari ed anaerobiche.

Come possiamo migliorare l’economia di corsa tra gli atleti più giovani e l’alto livello con il rinforzo muscolare?

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Revisione della letteratura:

L’economia di corsa rappresenta un’interazione complessa di fattori fisiologici e biomeccanici, generalmente definita dalla domanda d’energia per una data velocità sub-massimale e viene espressa dal consumo d’ossigeno sub massimale ad una velocità di corsa data. L’economia di corsa è influenzata da un grande numero di fattori che possono essere allenati in maniera differente. La ricerca di questi fattori è importante per ben comprendere come possiamo migliorare l’azione di corsa e con quale metodo, in modo tale da avere dei risultati migliori e soprattutto migliorare il livello di performance dei nostri atleti.

Con l’aumento della velocità di corsa, consumiamo una grande quantità d’ossigeno e d’energia che aumenta in maniera lineare con la velocità. In parallelo, l’azione di corsa varia con una riduzione dei tempi di contatto con il suolo dei piedi e con l’aumento della lunghezza e frequenza del passo (7). L’analisi articolare ha mostrato come lo spostamento angolare della caviglia e del ginocchio durante la fase d’appoggio diminuisce con l’aumento della velocità di corsa (Fig.1); ma a livello muscolare, c’è un’attivazione più importante del bicipite femorale con un aumento della sua ampiezza durante la fase oscillante e d’appoggio, stesso comportamento del gastrocnemio (con un tempo d’attivazione invariato ed anche il tempo di contatto con il suolo è diminuito), del vasto esterno e del tibiale anteriore che s’attiva a metà della fase oscillante e all’inizio della fase di contatto con il suolo. Un ruolo fondamentale è rappresentato dai muscoli estensori dell’anca che aumentano la loro attivazione prima e durante la fase di frenata. Oltre a tutto ciò, l’efficacia meccanica aumenta in parallelo con la velocità, i corridori più economici hanno una miglior efficacia meccanica a partire già da velocità ridotte e se saranno economici a velocità date, lo saranno anche a velocità superiori.

running economy 3

 

 

Più ripetiamo un gesto, più lo possiamo effettuare in maniera sciolta con un minor dispendio energetico fisico e mentale, quindi anche per la corsa possiamo considerare questo concetto. Come valutare l’economia di corsa dai bambini agli adulti e quale metodo la migliora significativamente tra i bambini ? Astrand (4) ha notato come il consumo d’ossigeno sub massimale (VO₂) a tutte le velocità resta costante con l’età, quindi la riduzione del bisogno d’ossigeno può affermare che la corsa dei bambini diventa più economica con la loro crescita e/o con l’allenamento d’atletica (11, 12). Il VO₂max (ml/kg/min) resta sempre allo stesso livello tra bambini ed adolescenti, a 10 anni i bambini possono correre solo al 85% del loro VO₂max e a 17 anni al 99% mostrando come l’allenamento non sia necessario per il miglioramento dell’economia di corsa, la quale invece migliora grazie alla crescita (18). Questo concetto è confermato da aspetti molto importanti come l’economia di corsa tra i bambini e gli adolescenti è influenzata dalle attività sportive e dallo stile di vita (19). L’allenamento di corsa e/o con delle consegne sulla tecnica non hanno mostrato un miglioramento dell’economia di corsa a breve termine con il solo miglioramento dell’ampiezza e diminuzione della frequenza del passo (32), ma ci sarà un miglioramento a lungo termine. I bambini se comparati con gli adulti, a tutte le velocità hanno una lunghezza  di passo inferiore e una frequenza maggiore, quindi una peggior economia di corsa che può essere anche influenzata dal costo della respirazione e dal metabolismo a riposo (37).

Più studi hanno mostrato come l’allenamento della forza muscolare può migliorare l’economia di corsa tra i soggetti allenati e non allenati (10, 12, 20). Ronald E.Johnston et al.(1995) hanno utilizzato un programma di sviluppo della forza muscolare di tipo resistente  in un gruppo di atleti per 10 settimane con un miglioramento della forza del 24% sulla parte superiore del corpo e del 34% sulla parte inferiore ; i dati più interessanti che possono stimolare gli atleti ad effettuare l’allenamento alla forza, sono l’assenza di cambiamento del peso corporeo, della massa magra, ne della percentuale di grasso corporeo, o delle dimensioni della circonferenza del corpo. Le 10 settimane d’allenamento non hanno provocato variazioni significative del VO₂max, o dell’accumulo di lattato nel sangue, ma ha migliorato del 4% l’economia di corsa con la possibilità di correre più velocemente la stessa distanza o di correre una distanza maggiore alla stessa velocità precedente grazie ad una riduzione del consumo d’ossigeno.

Un allenamento di forza specifico, di forza esplosiva, può condurre a degli adattamenti neuronali specifici, come il tasso d’attivazione delle unità motrici, in cui l’ipertrofia  muscolare resta minore rispetto all’allenamento di forza di tipo resistente (17, 18, 39). Noakes

(31) e Green & Paula (16) hanno suggerito che il VO₂max e la performance di resistenza è limitata da fattori centrali legati alla presa di ossigeno (VO₂) e anche dalla potenza muscolare definita come la capacità del sistema neuromuscolare di produrre potenza durante un esercizio massimale. Paavolainen et al. (1991) ha messo in opera un programma d’allenamento della forza esplosiva muscolare di 9 settimane in un gruppo di atleti di livello nazionale, dove il programma rappresentava il 32% del tempo totale di allenamento della settimana (E) e il 3 nel gruppo di controllo (C); alla fine delle 9 settimane di allenamento nel gruppo (E) i tempi di contatto con il suolo sono diminuiti con un miglioramento: della forza massimale isometrica e dei 5 salti in SJ, dell’economia di corsa (8.1%) e quindi della performance sui 5000m (3.1%) (Fig.2) senza un cambiamento del VO₂max. Nel gruppo (C) si è verificato un aumento dei tempi di contatto con il suolo, diminuzione della forza massimale isometrica e miglioramento del VO2max ma senza avere un miglioramento sui 5000m; quindi l’allenamento di forza esplosiva ha apportato un miglioramento della rigidezza accompagnata da una riduzione dei tempi di contatto con il suolo e una miglior economia di corsa del 5% con incremento della performance del 3.8% (13). E’ stato inoltre suggerito (5, 26) che il sistema nervoso gioca un ruolo importante nella regolazione della rigidezza muscolare e l’utilizzo dell’elasticità muscolare durante l’esercizio con il ciclo allungamento-accorciamento (SSC), nel quale si verificano delle contrazioni molto veloci.

average

 

In generale l’economia di corsa può essere allenata, ma i principali fattori per un suo miglioramento non sono ancora chiari. Il miglioramento della forza e della potenza provoca una modifica positiva dell’economia di corsa, la quale è provocata da un altro cambiamento a livello della rigidezza muscolare e tendinea (40, 8, 24). La rigidezza, o stiffness in inglese, è definita fisiologicamente come la forza, la resistenza, la densità e la rigidità dei tendini e delle strutture del tessuto connettivo del muscolo; quindi maggiore è la stiffness, maggiore sarà la quantità d’energia che potrà essere immagazzinata durante la fase eccentrica del movimento e rilasciata durante la fase concentrica. Immagazzinare l’energia in queste molle (muscolo e tendine) può ridurre l’attivazione muscolare e il dispendio energetico, oltre che a migliorare l’economia di corsa; ma ancora non è chiara la quantità dell’influenza della rigidezza muscolare e tendinea sull’economia di corsa e quale delle due abbia un ruolo più importante.

Dumke at al.(2010) ha verificato la relazione tra la forza muscolare, potenza, stiffness e l’economia di corsa in un gruppo di atleti di livello nazionale e per la prima volta è stata utilizzata la tecnica “free oscillation” per misurare la stiffness del tricipite surale. Lo studio ha mostrato la correlazione e l’economia di corsa a velocità prossime a quelle della competizione; un muscolo o tendine più rigido permette di trasferire l’energia in maniera economica o senza il bisogno di una consumazione d’ossigeno supplementare (40, 9, 7). La stiffness muscolare e il VO₂max sono legati all’economia di corsa; questa correlazione suggerisce che gli atleti con un alto VO₂max hanno una peggior economia di corsa  ad intensità elevate. Questi dati permettono la comprensione dell’importanza dell’effetto e del miglioramento dell’economia di corsa, la quale può influenza maggiormente la performance rispetto ad un eventuale miglioramento del VO₂max.

 

running economy 2

 

Arampatzis et al. (2006) ha mostrato come gli atleti più economici hanno una miglior  flessione plantare o forza muscolare e una stiffness tendinea del tricipite surale migliore legata ad una miglior economia di corsa. L’attività muscolare, l’energie potenziale e cinetica del corpo sono immagazzinate in elementi elastici in serie durante la fase d’appoggio; una maggior quantità d’energia immagazzinata e rilasciata può ridurre il lavoro dell’elemento contrattile durante la fase di propulsione (36, 2). Albracht & Arampatzis 2013 hanno studiato gli effetti dell’allenamento di resistenza muscolare della caviglia, il quale può migliorare la stiffness tendinea e influenzare l’economia di corsa in 13 settimane in un gruppo di atleti di lunghe distanze; dopo 14 settimane d’allenamento, la flessione plantare massimale della caviglia è migliorata del 7% e la stiffness tendinea del 16% con una diminuzione del 4% del consumo d’ossigeno (VO₂) a velocità sub massimali ma senza avere dei cambiamenti degli angoli articolari, dei tempi d’appoggio e di oscillazione. Una riduzione del costo energetico de la corsa tra il 2.5% e il 5% può portare un miglioramento della performance del 2% e  4% (13). Il tendine d’achille ha la funzione di trasmettere gli impulsi meccanici della contrazione muscolare dal polpaccio al piede, realizzando un movimento fondamentale: la flessione plantare; un altro fattore molto importante è l’accumulo di energia elastica nella fase eccentrica del movimento e la restituzione sotto forma di energia meccanica durante la fase concentrica del movimento. La quantità d’energia che può essere immagazzinata e rilasciata dipende dalla stiffness del tendine d’achille; tra gli atleti allenati, il livello di stiffness del tendine d’achille è maggiore e il suo aumento permette un miglioramento dell’economia di corsa.

Tendine d'achille

 

Fletcher & MacIntosh 2014 hanno calcolato la quantità d’energia immagazzinata e rilasciata nel tendine d’achille, il dispendio energetico della contrazione muscolare richiesta dal  muscolo in serie con il tendine d’achille, e determinando il differente contributo della quantità d’energia immagazzinata e rilasciata negli atleti di differente livello. La forza di reazione al suolo ha una correlazione positiva con la velocità di corsa, ma non ci sono differenze tra gli atleti; anche la forza del tendine d’achille aumenta con la velocità di corsa, ma più il soggetto è allenato, più la quantità d’energia è maggiore; a tutte le velocità il costo della falcata è più caro tra gli aleti più forti, ma alla stessa intensità di corsa tutti gli atleti hanno una simile economia di corsa. La  quantità d’energia che ritorna è soltanto una piccola porzione del  lavoro meccanico totale (<16%) e dell’energia è utilizzata dalla contrazione muscolare per il ritorno d’energia; la quantità d’energia elastica è minore rispetto al costo energetico necessario per l’immagazzinamento e rilascio. La quantità d’energia del tendine rilasciata è una piccola parte del costo metabolico totale per correre ad una velocità data; ridurre il costo muscolare energetico con una riduzione del fascio muscolare durante la corsa, seppur con un minor ritorno energetico d’energia, permette di avere un miglioramento dell’economia di corsa. La quantità d’energia immagazzinata nel tendine dipende dalle proprietà meccaniche del tendine e dalla forza che tira il tendine, la quale è inversamente proporzionale al braccio del tendine. A partire della definizione di braccio del tendine “la più corta distanza tra la linea d’azione del tendine d’achille e il centro di rotazione della caviglia” (27), Sholz et al.2008 hanno esaminato il modo più efficace per migliorare l’immagazzinamento e rilascio d’energia del tendine nel ciclo allungamento-accorciamento (SSC) tra 15 atleti allenati di livello regionale, nazionale e internazionale: una correlazione importante è stata trovata tra l’economia di corsa e il braccio del tendine, il quale spiega il 56% di variabilità dell’economia di corsa; c’è anche una piccola correlazione tra l’economia di corsa e dei parametri antropometrici  (Tab.1).

Running Economy

Tab. 1

 

A movimento dato, l’energia immagazzinata nel tendine è più sensibile al braccio: minore è il braccio, più energia sarà immagazzinata nel tendine ad una cinetica e una cinematica data e meno energia è prodotta dall’elemento contrattile, nonchè il metodo più costoso per effettuare la contrazione muscolare. La quantità d’energia metabolica del muscolo totale dipende anche dalla quantità d’energia prodotta (29) e la forza muscolare è maggiore se il braccio è più piccolo. Una differenza del 10% del braccio del tendine d’achille, può modificare il VO₂ di 4.2 ml/kg/min.

La relazione osservata, tra i fattori biomeccanici e l’economia di corsa, è bassa e soltanto i parametri cinematici e cinetici non possono descrivere la complessità dell’economia di corsa (42, 28, 25). Le variabili della produzione di forza muscolare sono più appropriate  nel spiegare l’economia di corsa (28), infatti durante la corsa, i muscoli della caviglia e del ginocchio contribuiscono più del 70% del lavoro meccanico totale (43, 38). Arampatzis et al.2006, hanno valutato l’influenza dell’unità meccanica muscolare tendinea e delle proprietà morfologiche sull’economia di corsa in un gruppo di atleti di lunghe distanze: non ci sono differenze a livello angolare della caviglia, ginocchio e bacino tra gli atleti; il gruppo con una miglior economia di corsa ha inoltre: une miglior forza contrattile dell’unità musco-tendinea del tricipite surale, un tendine del quadricipite più flessibile a forze più basse, miglior capacità di stoccaggio d’energia durante la contrazione massimale volontaria nell’unità muscolo- tendinea del tricipite surale e quadricipite, non ci sono differenze a livello strutturale del gastrocnemio e vasto esterno ed a livello delle caratteristiche cinematiche della corsa. La differenza tra una cattiva e buona economia di corsa è rappresentata dalle proprietà meccaniche dell’unità muscolo-tendinea del tendine del tricipite surale e del quadricipite, ma l’efficacia della contrazione del tricipite surale a velocità sub massimali dipende dalla  stiffness del tendine e dalla forza muscolare massimale.

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Problematica:

La revisione della letteratura ha mostrato come l’economia di corsa si sviluppi tra la fanciullezza e l’adolescenza, oltre che a come migliorala con l’allenamento della forza muscolare ed attraverso l’allenamento di corsa. La forza muscolare ha un ruolo fondamentale nell’allenamento degli atleti di lunghe distanze, la quale permette di ottenere un livello di performance superiore rispetto a quello ottenibile con lo sviluppo del VO₂max, il quale non è un fattore in grado di preannunciare il livello di performance che l’atleta può ottenere.

La maggior parte degli studi esaminati hanno selezionato soggetti sedentari o di livello basso senza permettere una miglior comprensione dell’argomento in soggetti di livello per lo meno nazionale e/o con volumi d’allenamento importanti. La più grande difficoltà osservata è l’ardua impresa della misurazione isolata della stiffness muscolare e tendinea, soprattutto simulando le stesse condizioni che si verificano nella corsa.

Negli studi analizzati non vi è una correlazione tra il consumo d’ossigeno a velocità sub massimale (VO₂) e i tempi di contatto del piede; partendo da questo concetto:

maggiori sono i tempi di contatto, maggiore sarà la dispersione d’energia elastica durante il passaggio da fase eccentrica a concentrica. Se ho tempi di contatto inferiori, avrò una stessa o maggiore fase di volo e sarò più o meno economico?

 

Un’analisi più completa si deve concentrare sulla relazione tra consumo d’ossigeno a velocità sub massimali (VO₂) e il “coupling time” definito come il tempo di passaggio da fase eccentrica a concentrica durante la fase di appoggio; si dovrà valutare anche come l’allenamento della forza muscolare (esplosiva e pliometria) va ad influenzare il “coupling time”, gli angoli del ginocchio e caviglia al momento dell’appoggio e della spinta, e l’economia di corsa per avere una minor dispersione energetica ottenendo una miglior performance tra gli atleti specialisti del mezzofondo veloce e prolungato, dagli 800 ai 5000/10.000.

Un grande limite che non permette un’analisi completa di questi aspetti è l’impossibilità da parte degli allenatori di avere strumentazioni sofisticate che permettano la misurazioni di questi dati ed ottenere quindi un profilo completo dell’atleta; io, propongo l’analisi di questi fattori influenzanti l’economia di corsa attraverso l’utilizzo di app che permettono una misura precisa e semplice da mettere in pratica: Ubersense Technique, Runmatic e My Jump.

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Metodo: 

Visto il numero ridotto di studi legati allo sviluppo della forza muscolare per migliorare l’economia di corsa tra gli atleti, utilizzerò come soggetti degli atleti e triatleti di livello differente sui quali effettuare un’analisi completa a livello metabolico del VO₂, biomeccanico e della forza muscolare in un periodo di sei mesi.

I soggetti saranno dei mezzofondisti e triatleti di livello regionale, nazionale ed internazionale con un’età compresa tra i 17 e 28 anni con un numero di allenamenti di corsa settimanali compreso tra 5 e 10. Oltre all’allenamento di corsa, svolgeranno un programma di rinforzo muscolare due volte a settimana di tipo esplosivo e pliometrico per migliorare la forza dinamica massima.

La procedura prevede tre misurazioni:

  • una ad inizio della preparazione invernale;
  • una dopo tre mesi
  • l’ultima dopo 6 mesi

Saranno misurati:

  • VO₂,
  • VO₂max
  • il lattato
  • i tempi di contatto
  • tempi di volo
  • angoli di ginocchio e caviglia a tre differenti velocità: riscaldamento, corsa ritmo lungo e ritmo gara;
  • stiffness test effettuato senza carico (corpo libero) e con sovraccarico (2.5kg e 5kg), l’obbiettivo della corsa è quello di avere, a corpo libero, lo stesso livello di stiffness presente con sovraccarico;
  • test di forza effettuato con 5 salti SJ e CMJ a corpo libero e con sovraccarico (15kg, 30kg, 45kg): valutazione della variazione dell’altezza del salto ottenuto con lo SJ e CMJ in funzione del sovraccarico, in modo da verificare la forza e/o relativi deficit dell’atleta. Il carico ottimale per l’allenamento della forza esplosiva corrisponde al punto di massima distanza tra le due linee ottenute (SJ e CMJ).

Il materiale previsto per effettuare queste misure è costituito da: 

  • metaboli metro per misurare il consumo d’ossigeno a velocità sub massimali (VO₂);
  • l’applicazione Ubersense Technique (Fig.3), per misurare gli angoli di ginocchio e caviglia;
  • l’applicazione Runmatic (Fig.4) per misurare i tempi d’appoggio e di volo, efficacia, frequenza, asimmetria della gamba;
  • l’applicazione My Jump (Fig.5) per calcolare il profilo Forza-Velocità, potenza e altezza del salto;
  • lattametro per misurare i livelli di lattato a velocità submassimale valutarne la correlazione con gli altri dati.

Ubersense Technique

Fig. 3 - Ubersense Technique

Runmatic

Fig. 4 - Runmatic

My Jump

Fig. 5 - My Jump

 

Durante i sei mesi, gli atleti svolgeranno un programma di rinforzo muscolare di tipo esplosivo e pliometrico, due volte a settimana, oltre al normale allenamento di corsa abituale nel periodo di preparazione invernale da ottobre fino a fine marzo; le misure saranno  effettuate ad inizio, metà e fine periodo in modo da avere un’idea del livello della condizione metabolica e muscolare dell’atleta.

I risultati che potremo avere saranno molti e ci permetteranno di individuare relazioni interessanti. Il primo dato da analizzare è come il livello di forza muscolare e della stiffness sono migliorati durante i sei mesi di programma, analizzando come il grafico SJ-CMJ è evoluto e notare le differenze tra l’inizio e la fine dei sei mesi; l’analisi della corsa ci permetterà di valutare i cambiamenti degli angoli di ginocchio, caviglia ed il “coupling time”, tempi d’appoggio e di volo.

Possiamo prevedere un miglioramento importante della forza muscolare e soprattutto del stiffness test, in conseguenza ad una possibile riduzione dei tempi d’appoggio e del “coupling time” senza avere necessariamente un aumento dei tempi di volo. Il lavoro in pliometria potrà aver incrementato la coattivazione dei muscoli peri-articolari della gamba ed influenza gli angoli della caviglia ad inizio e fine dell’appoggio, parallelamente agli angoli del ginocchio.

In fine, analizzare come gli aggiustamenti hanno influenzato l’economia di corsa (VO₂) a differenti velocità, con un possibile miglioramento e la messa in relazione con i tempi d’appoggio e di volo; se si verifica una riduzione dei tempi d’appoggio e un miglior “coupling time”, ci sarà una dispersione inferiore d’energia elastica immagazzinata che sarà utilizzata per avanzare in maniera più economica e quindi correre ad una velocità superiore mantenendo lo stesso livello di VO₂ che l’atleta presentava precedentemente.

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Conclusioni:

Kyrolainen et al.(2001) ha rilevato il ruolo fondamentale della potenza prodotta con la forza durante la fase di contatto con il suolo, soprattutto dell’attivazione dei muscoli estensori della gamba durante la pre-attivazione, della fase di spinta e la loro coordinazione con una attivazione più lunga dei muscoli ischio-crurali. La coattivazione dei muscoli del ginocchio e della caviglia sono necessari per aumentare la stiffness. Ma come cambia nel tempo la stiffness ?

Krahenbuhl et al.(1992) ha messo in luce la minor economia di corsa dei bambini rispetto agli adulti, ma essa migliora con la crescita nella quale le istruzioni di tecnica di corsa e l’allenamento di corsa a breve termine non producono miglioramenti sull’economia di corsa. Le principali differenze tra i bambini e gli adulti sono a livello ventilatorio e del rapporto ampiezza-frequenza del passo.

Johnston et al.(1995), Paavolainen et al.(1991), Albracht et al.(2013), Fletcher et al.(2014), hanno mostrato come i differenti tipi di allenamento della forza muscolare possono migliorare l’economia di corsa con un incremento della: coattivazione muscolare, forza e rigidezza dei muscoli e tendini, riduzione dei tempi d’appoggio e del consumo d’ossigeno a velocità sub massimali.

Futuri studi potranno essere effettuati sull’analisi dell’effetto di un incremento di forza nella flessione plantare e stiffness tendinea sulla forza di reazione con il suolo e i punti d’applicazione della forza; sarà necessario determinare quanto possiamo allenare la stiffness muscolare in atleti di alto livello.

Per aumentare le conoscenze sull’economia di corsa, si dovrà invece valutare la cinetica, oltre che combinare VO₂max , cinematica ed aspetti anatomici e neuromuscolari.

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Riassunto in inglese:

Running is economical when the energy expenditure is small compared to the distance covered; modifiable running biomechanics is a determining factor of running economy which has a strong relationship with running performance.

Running economy improves steadily with age in normally active children, but running training, over the short term, results in little or no improvement in running economy during childhood and adolescence. Weight training program, added to an endurance training program, significantly improves body strength as well as running economy without impacting VO₂max and blood lactate accumulation; the 5% decrease in energy cost of running, improve the distance running performance time of 3.8%.

The energy cost of running is significantly related to the stiffness of propulsive leg with the increase in tendons stiffness and maximal muscular contractile strength; even if the amount of tendon strain energy released represents a small portion of total metabolic cost to run a given speed.

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Riassunto in francese:

La course est économique quand la dépense énergétique est mineur à la distance parcouru ; la biomécanique de course modifiables est un facteur déterminant l’économie de course qui a une fort relation avec la performance.

L’économie de course améliore régulièrement avec l’âge chez enfants actifs, mais l’entrainement de course, à court terme, ne permet pas une amélioration de l’économie de la course pendant l’enfance et l’adolescence. Le renforcement musculaire, ajouté à l’entrainement de course résistance, améliore significativement la force du corps ainsi que l’économie de course sans impacter le VO₂max et l’accumulation du lactate ; la diminution du 5% du coute énergétique de la course, améliore la performance du 3.8%.

L’économie de course est considérablement liée à la stiffness de la jambe propulsive avec l’augmentation de la stiffness tendineuse et force maximal contractile ; aussi si la quantité de l’énergie relâchée par le tendon représente une petit partie du coute métabolique total pour courir à une vitesse donné.

Alberto Mazzucchelli

Alberto Mazzucchelli

Laureato in Scienze Motorie | Endurance-Sprint-Jump-Strength Training and prevention in Track&Field.
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E se al campo di atletica tu ci trovassi Garibaldi?

8 Agosto 2016 by Redazione

Andrea Cuba

Nell'immagine di copertina da destra a sinistra (della foto): Andrea Uberti, Maykel Masso (2015 World Youth Champion and 2016 World Junior Champion nel salto in lungo), Carlo Buzzichelli, Juan Gualberto Napoles (coach di Masso) e Matteo Comi durante l' Inernship dell' ISCI al Centro Olimpico de La Havana (2016).

Chi ha mai visitato una stamperia, chi ha conosciuto gli anni ruggenti della piccola industria lombarda prima della crisi, con un poco di immaginazione può aggiungere la musica al testo e alle immagini di questo piccolo resoconto della mia breve esperienza cubana.

Il Gymnasio dell'Estadio Panamericano,  a patto che si sia ben disposti e  di buon umore (facile per chi  visita Cuba ),visto da fuori, bianco e azzurro e con il rumore di ghisa che sbatte per terra, sembra  l'officina di manutenzione, la cantina, di una industria contoterzista: ricca, ma soltanto di lavoro.

Una di quelle che non lascia marchi: sempre troppo carica e con margini troppo ridotti per ipotizzare qualche manutenzione: portone di lamiera su rotaia, cortina di ferro, finestre, muretti strullati e reti metalliche : vetrocemento.

Dalle finestre il sole abbaglia e capisci che son tagli obbligatori, fatti su pareti create per cercare un po' di ombra, nel tentativo di modulare la luce, sempre comunque troppo invadente.

Sui muri, dipinti a mano in bella grafia,  motti scoloriti ricordano un po' il regime e un poco la trattoria o la festa romagnola.

La festa che qui c'è stata davvero: i giochi Panamericani del 1991.

Per quell'occasione, in una posizione troppo vicina all'oceano per resistere a sole, vento e salsedine, Fidel aveva voluto costruire un quartiere, uno stadio ed una scuola d'atletica: un luogo in cui i futuri campioni cubani avrebbero potuto avere un'educazione sufficiente ed una formazione sportiva di primo livello.

Ora sono rimasti una specie di college, un grande stadio bello e diroccato ed una pista d'atletica, dove non è restato nulla più di quanto serva.

E quel che serve prima di ogni altra cosa per fare del grande atletismo:  i campioni.

Di stelle alla Villa Panamericana ne son passate parecchie, e ce ne  sono ancora.

Nuove ed antiche.

Una su tutte: Silvio Leonard, l'uomo più veloce di Cuba, di tutto un decennio (gli anni 70) e lo spettatore infortunato e disperato della vittoria di Hasley Crowford a Montreal 1976.

Qualcuna se ne è andata come è logico che sia, ma, a quanto pare, senza provocare  troppe invidie nè malumori.

Forse senza nemmeno pensare di tradire Cuba, ma giusto per migliorare un po' la propria condizione e, magari, per nascondere con record e medaglie le ombre dell'atletica di altri, anemica e affaticata.

Le luci invece, quelle elettriche dello stadio, sono finite altrove, chissà in quale altro impianto e i cavi che illuminavano la pista,  ora penzolano da 4 grandi piloni di cemento.

Ma il sole, tutto  intorno, splende.

E all'ombra  è rimasta una strana officina.

Un'officina ricca di lavoro e ricchissima di talento.

Ci metti piede e capisci l'effetto che doveva a fare al giovane Santiago il Campeon l'ombra enorme dell'uomo più forte del porto: il grande negro di Cienfuegos.

E perché avere avuto la meglio su un atleta del caribe sia sufficiente, per un uomo ostinato e per quanto si senta vecchio e consapevole di non poter lottare contro il mare, ad affrontare il proprio destino con  fiducia nella battaglia con  il marlin.

E dentro, al rumore della ghisa, si aggiunge quello del reggaeton.

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Arriva gracchiante e distorto, ma non abbastanza per non essere chiaro.

È quasi un semplice promemoria ritmico e musicale.

Viene  intercettato naturalmente da chi ne sa seguire l'onda, ne sa fare improvvisazioni e variazioni. Muove tutta la palestra secondo un ritmo fluente, che posso solo provare ad ascoltare ed osservare affascinato.

Regala movenze inaspettate ad esercitazioni canoniche, a prescrizioni sovietiche che, nella traduzione cubana, restano efficaci, ma diventando colorate, obbligatorie ma non rigide, probanti ma non severe.

La musica la porta sotto braccio un atleta mutilato (qui l'attività paralimpica ed olimpica sembran trovare gli stessi spazi)  ed esce da una radiolona stereo a batterie simile a quelle che, una volta, portavano nelle piazze delle nostre periferie gli urlacci dei Duran Duran, le strofe zuccherose degli Spandau e, se andava meglio, la musica dei Men at Work o dei Police.

È in questo modo che le alzate olimpiche si mischiano ai passi di danza e così, negri formidabili, veneri caraibiche di Puma vestite, ragazzi di grande talento con gli occhi  sinceri e sorridenti, campioni paralimpici, si preparano per l'atletismo.

Un pallone da volley sgonfio, nelle mani di un lanciatore di giavellotto, urla scagliato contro il muro  come il tuono di una tempesta tropicale.

Oppure la botta del canone ostinato di un maglio, ma senza che qui si producano raccordi o valvole: si forgiano medaglie.

O meglio campioni: icone sportive che sapranno dar forza alla politica del paese fuori e dentro i confini nazionali.

Come è sempre stato e ancora continua ad essere. Prima che, forse, tutto cambi.

Campioni e campionesse, eroi nazionali che magari poi ti chiederanno un passaggio, ti proporranno di comprare una maglietta e ti saluteranno l'indomani, amichevoli e tranquilli.

Carlo, Matteo ed io siamo ben accolti.

Qui tutti salutano tutti, come non è, ma dovrebbe essere ovunque.

Il campione è apprezzato e onorato, ma non sembra un divo.

Il custode, il lavoratore dello stadio sono rispettati, tutti smbrano degni del tempo per un saluto nella pausa tra un esercitazione e la successiva e pretenderanno la propria parte di gloria quando il campione sarà stato capace di vincere una medaglia o di stabilire un record.

Carlo ci ha spiegato come non sia stato facile conquistarsi la fiducia.

Ci son voluti anni per acquisire un'autorevolezza guadagnata dimostrando la propria competenza.

Ora porta un po' di tecnologia, dà consigli a tecnici preparati ed esigenti e fa intravedere  qualche spiraglio di novità su una porta che sta per aprirsi ad occidente.

In palestra, misteriosamente, entra anche il ghiaccio, ma non son riuscito a capire da dove.

È prodotto in qualche stanza nel labirinto delle tribune, entra avvolto nella carta di giornale ed ha la forma di fondi di bottiglie di plastica.

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Usciti da Gymnasio, qualche metro più avanti, da una salita si arriva alla pista e all'interno dell' Estadio Panamericano che, 25enne progeriaco, sembra uno strano Colosseo.

Per vederlo bene, e ammirare il fascino delle sua rughe profonde, occorre strizzare gli occhi.

Dietro le tribune, il grande camino della raffineria brucia un fumo nero: è una caldaia, enorme e rudimentale, tiene accesa e fa marciare l'isola, alimenta con il petrolio i camion carichi di banane e fa funzionare di notte i vecchi tv color e i condizionatori.

Sotto le tribune, nel ventre dello stadio, nascosti in qualche angolo dei suoi meandri e nelle gallerie, gli atleti cercano l'ombra.

Anche la pista è bruciata: dal sole, dalla salsedine dell'oceano troppo vicino e aggressivo e dai chiodi che, violenti, fanno brandelli di quel che resta di pedane e corsie.

Di fronte, immerso nella bandiera cubana, il volto di Ernesto Che Guevara: l'eroe intrepido della rivoluzione del popolo che, in Europa, tanto ha ispirato a miti e costosi passatempi.

Roba da borghesia: i viaggi alla ricerca di sé, la fotografia,  la scrittura, la veglia in spiaggia, il bivacco promiscuo, lo stile casual ma chic.

Languori tropicali.

Ma Cuba, folklore occidentale a parte, la schiena l'ha tenuta dritta per davvero.

Celebrando i successi di Juantorena, esaltandosi sulle verticalizzazioni insuperate di Sotomayor e appoggiandosi sulle spalle monumentali di tanti Teofilo Stevenson e Felix Savon, sui ring certo, ma anche nelle piantagioni di canna da zucchero e di  frutta, che viaggia su dei camion che sembrano altrettanto forti, carichi, stanchi e apparentemente felici.

Mi appare come un  paese che ha tante contraddizioni, ma si accontenta  ed è orgoglioso delle proprie, senza  prenderle in prestito o farsele imporre da qualcun altro.

Un embargo ai danni di un'isola ricca genera qualche sofferenza sostenibile ma, se blocca la circolazione delle merci, ferma anche quelle delle idee, della propaganda, delle idiozie: Cuba si è dovuta arrangiare con le proprie, retoriche e demagogie comprese.

Meglio così, forse, rispetto a chi è costretto a riempirsi la pancia e la testa di stupidaggini altrui e di seconda mano.

Così un atleta si sente felice di allenarsi per la gloria del proprio paese e, campioni e cittadini, sembran fieri di essere cubani e fanno il tifo per Cuba tutto l'anno.

Non come nella provincia denuclearizzata, dove non sembra mai esserci un motivo di orgoglio della propria nazione  e, tutt'al più, ci si consola dello scampato pericolo  rispetto ad essere nati tedeschi o francesi, oppure spagnoli.

 

Fuori della stadio c'è La Havana e fuori da La Havana c'è Cuba.

E un viaggio a Cuba è sempre anche una occasione per una vacanza.

Tutto quanto ci si può aspettare c'è, ed è proprio come deve essere e come se lo aspetta il turista.

Cuba è sensuale.

Ci sono i colori, le grandi macchine americane, vecchie e fumose, le strade, i mercati, La Habana Vieja, le spiaggie, la gente, la musica, il disordine.

Ma io, per descrivere quello che c'è fuori, uso le parole di Conte e scelgo la voce di Lauzi: “Stupenda l'isola è, il clima è dolce, intorno a me. Ci sono palme e bambù, è un luogo pieno di virtù...Ritmi! Canzoni! Donne di sogno, banane, lamponi!”

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Allo Estadio Panamericano vai e ci trovi Che Guevara.

Ma in Italia: vi immaginereste di trovarci la grande figura di Garibaldi  avvolta nel tricolore sventolante?

Ci sembrerebbe strano anche se, a dispetto della nostra esterofilia, a Garibaldi  non mancherebbe proprio nulla. Anzi! A pensarci bene, tra battaglie e lotte, conquiste di ogni genere, socialismi, ferimenti e viaggi, tradimenti e naufragi marittimi o ideali, “l'Eroe dei due mondi” probabilmente dà anche dei punti al Fuser”. E tutto senza contare che, non per meriti propri, ma per semplici motivi anagrafici, Garibaldi e le sue camicie rosse sono pure arrivate prima. E poi vi immaginate in Italia uno stadio dedicato ad un eroe che forse lo sport lo ha fatto davvero? Un eroe a cavallo, un precursore, un  master ante litteram dell'equitazione, imparata soltanto da adulto e, oltretutto, da allievo di una donna: Anita.  Ad ogni modo, tra la motocicletta di Ernesto io sceglierei il cavallo di Giuseppe che, tra l'altro, è anche una fermata dell'autobus, mi ricorda una canzone e si chiama come mio papà. E allora  servirebbe un  motto che abbia presa, qualcosa di capace di rimpiazzare “Hasta la victoria siempre”.

E a anche qui il Generale ci offrirebbe  una gamma importante di possibilità "Obbedisco?” sarebbe decisamente fuori moda e  non sarebbe nemmeno chiaro se il punto interrogativo sia da mettere prima o dopo le virgolette. Stesso discorso per “Qui, o si fa l'Italia o si muore” che sembra ancora più improbabile nel paese del “vai avanti tu, che a me viene da ridere”. “Se sorgesse una nazione di Satana, che combattesse dittatori e preti, mi arruolerei nelle sue file” incontrerebbe invece molto favore in un referendum, ma, poi, non la lascerebbero passare. Dovessi decidere io ed avendo a disposizione una parete piuttosto lunga sceglierei:“È sempre la storia di Socrate, di Cristo e di Colombo! Ed il mondo rimane sempre preda delle miserabili nullità che lo sanno ingannare.” Ma l'Italia è il paese delle mezze battaglie e, per questo, sulla mia maglietta di Garibaldi, reazione autarchica a quella del Che, scriverei :“Esordire con fermezza è già metà della battaglia,”. La verità però è che in Italia non sarebbero possibili né il ritratto né la citazione. Subito partirebbero le fazioni: Garibaldi diventerebbe a turno un negriero, un comunista, un massone, un fascista e un maschilista. Tutto, il contrario di tutto e una grande confusione. Perché da noi si prendono sul serio gli scherzi, mai le questioni serie, si fa un gran baccano e si ha sempre paura di una qualsiasi decisione.

 

Le soluzioni per gestire la nostra atletica invece non richiederebbero né rivoluzioni né rivoluzionari. Qualche spunto, per quanto attuabile in un contesto molto di verso come il nostro, lo potrebbe dare anche il sistema Cubano, che è semplice, alla prova dei fatti vincente e non richiede grandi risorse.

Da quanto ho potuto capire, a Cuba si fa grande atletica con:

  • soggetti di grande talento;

  • 10 allenamenti settimanali veri;

  • attrezzature in condizioni di grandissima usura ma (ancora) funzionali e sempre a disposizione;

  • Grande disponibilità di tempo da parte di atleti e tecnici, che vivono l'atletica come attività principale e sono in ritiro permanente per oltre 10 mesi l'anno;

  • Preparazione culturale elevata dei tecnici ( 2 anni di scuola per il settore giovanile e 5 anni di università per allenare il settore assoluto);

  • Condivisione con colleghi e metodologi della pianificazione dell'allenamento;

  • Registrazione dei lavori e compilazione metodica dei diari di allenamento, che ha permesso l'adattamento alle caratteristiche degli atleti cubani e non la semplice accettazione passiva dei modelli di allenamento sovietici costruiti su atleti europei;

  • Grande competitività: la permanenza nella scuola (e delle prerogative connesse alla status di atleta) è valutata ogni 6 mesi, le assenze agli allenamenti sono valutate con grande severità;

  • Grande competitività all'interno del settore tecnico: le medaglie che contano sono quelle future e non quelle vinte 4, 8 o addirittura 20 anni prima;

  • Impermeabilità rispetto alle mode di sistemi di allenamento “fitness”;

  • Rifiuto della granitica certezza di essere la miglior scuola atletica del globo.

 

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L'occasione per visitare e partecipare alla preparazione della squadra nazionale cubana di atletica, me la ha data Carlo Buzzichelli, direttore tecnico dell'ISCI (International Strength & Conditioning Institute)

L'ISCI organizza corsi di alto livello ed internship internazionali.

Carlo è consulente della nazionale cubana ed ed ecuadoregna di atletica leggera, è un grande esperto nello preparazione della forza, parla, studia e scrive correntemente in cinque lingue, ha una formazione di matrice internazionale, tiene conferenze e corsi in università italiane e straniere, ha pubblicato libri ed articoli e continua ad aggiornarsi.

Ha avuto come maestri personaggi del calibro di Dan Pfaff, è un amico de ilCoach e spesso ci ha dato consigli e pareri nella stesura dei nostri articoli.

Fra gli altri, è coautore con Tudor Bompa di “Periodization Training for Sport”, edito da Human Kinetics, giunto alla terza edizione e tradotto in 5 lingue.

A Cuba ho potuto lavorare ed osservare parecchi atleti di alto livello ed oltretutto in un momento fondamentale della loro preparazione agonistica: quello preolimpico.

Tra gli altri ricordo Yarisley Silva, Yargelis Savigne, Ernesto Revè,Yordanis Garcia, Guillermo Martinez,  Maykel Masso, Christian Napoles,  Adriana Rodriguez, Juan Miguel Echevarria.

Faccio a tutti loro e ai loro tecnici un grande in bocca al lupo e li ringrazio per avermi dato l'opportunità di seguire le prossime Olimpiadi di Rio con ancora più partecipazione e spunti di interesse.

 

Andrea Uberti - cofondatore de IlCoach

Andrea Uberti

Combined Events Coach | ilCoach.net ASD Vice President
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