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Istruzioni e comandi verbali per migliorare le prestazioni nello sprint

5 Luglio 2018 by Redazione

indicazioni e cues

Il seguente articolo è tratto da una presentazione fatta al corso "Allenare la velocità. Strategie attuali nell'allenamento dello sprint" e vuole essere uno spunto di riflessione sulle strategie comunicative degli allenatori, con l'obiettivo di ampliare la conoscenza e la consapevolezza dei mezzi di comunicazione verbale. Al corso citato sopra è stato fonte di un interessante e piacevole confronto con gli allenatori presenti.

Comunicazione e performance. Istruzioni e comandi verbali per migliorare le prestazioni nello sprint

Quanto dipende la performance di un atleta dalla capacità del suo allenatore di comunicare con lui?

Quella dell’allenatore o del preparatore atletico è una professione che dipende notevolmente dalla comunicazione tra tecnico e atleta. Si è sempre pensato che la capacità di comunicare di un coach fosse un“arte”.

Negli ultimi anni la scienza ha studiato mediante numerose ricerche diverse strategie comunicative, iniziando a dare risposte interessanti. Lo studio dal quale è ispirato il seguente articolo è una review di 71 ricerche correlate alla comunicazione e alle prestazioni nello sprint:

Coaching Instructions and Cues for Enhancing Sprint Performance

Figura 1. Tratta "Coaching Instructions and Cues for Enhancing Sprint Performance" (Researchgate)

Classificazione dei mezzi di comunicazione verbale tra tecnico e atleta

Probabilmente molti tecnici utilizzano i seguenti mezzi di comunicazione verbale con i propri atleti quasi senza rendersene conto. Crediamo che diventare consapevoli degli strumenti che si utilizzano possa rendere dei tecnici ve/o allenatori migliori.

Nella comunicazione tra tecnico e atleta si utilizzano spesso 3 tipologie comunicative:

  • Istruzioni verbali
  • Comandi verbali
  • Feedback

Spesso i coach tendono ad utilizzare questi 3 termini con lo stesso significato, ma vi sono differenze sostanziali tra essi che ci sembra giusto conoscere:

Tratto dalle slides del corso "Allenare la velocità. Strategie attuali nell'allenamento dello sprint"

Si tratta di frasi “medio-lunghe” costituite da 3 o più parole, utilizzate per comunicare all’atleta prima della prestazione o dello svolgimento di una esercitazione tecnica, per spiegare dove focalizzare l’attenzione.

Esempio: Spingi a terra in accelerazione

Comandi verbali

I comandi verbali sono frasi molto brevi composte da 1 o massimo 2 parole, spesso degli spunti verbali, dette all’atleta prima o durante l’esecuzione del gesto. Possono essere utilizzate come “mantra” sul quale focalizzarsi durante la prestazione

Esempi: Spingi!   Esplodi!   Accelera!

Feedback

Ultimo in questa lista, ma estremamente importante nella comunicazione tra tecnico ed atleta è il feedback verbale. Si tratta di un informazione fornita all'atleta dopo la prestazione, che mette in correlazione le sensazioni dell’atleta con quanto è stato in grado di cogliere l’allenatore, ed in alcuni casi col supporto di una fonte esterna oggettiva (cronometro, fotocellule, accelerometro, video analisi, etc..)

 

In questo articolo prenderemo in considerazione i primi due mezzi di comunicazione, le indicazioni ed i comandi verbali, per dare degli spunti su come rendere più efficace la comunicazione tra coach e atleta in funzione della prestazione e dell’esecuzione tecnica.

Capacità di focalizzare l’attenzione e performance di sprint e di salto

Per «focus d’attenzione» si intende la capacità consapevole di un individuo di concentrare la propria attenzione mediante pensieri espliciti, nel tentativo di eseguire un compito preciso

Questa capacità è strettamente correlata alla capacità di migliorare un gesto tecnico o di ottenere una buona performance atletica.

Quali tipologie di istruzioni e comandi aumentano il focus d’attenzione dell’atleta?

Le istruzioni ed i comandi verbali vengono classificati, in base a dove focalizzano l’attenzione dell’atleta, in 3 tipologie:

  • Focus esterno: quando il focus è rivolto all’esterno dell’atleta, sugli effetti che il suo movimento ha sull’ambiente esterno all’atleta. Esempio: Spingi in modo esplosivo sui blocchi
  • Focus interno: quando l’attenzione viene rivolta all’interno dell’atleta, sui movimenti del corpo o di parti di esso. Esempio: Spingi in modo esplosivo con i piedi
  • Focus neutro: non è fornito alcun focus attentivo. Esempio: Cerca di essere più esplosivo che puoi!

 

Le 3 istruzioni in esempio hanno lo stesso obiettivo e cercano di dare lo stesso messaggio. Quale secondo voi è la strategia più profittevole in termini di miglioramento della performance negli sprint e nei salti?

Focus interno, esterno o neutro. Quale strategia da i migliori risultati?

Personalmente avrei detto comandi ed indicazioni con focus interno. La review che ha ispirato questo articolo mi ha sorpreso. Infatti sembrerebbe che utilizzare una comunicazione con focus esterno oppure  neutro porta a migliori risultati in termini di performance nello sprint (10-20 metri), sugli adattamenti neuromuscolari e sulla capacità di apprendimento motorio.

Focus d’attenzione e performance nello sprint

Per atleti di basso e medio livello un focus esterno sembrerebbe dare maggiori risultati nelle performance sugli sprint brevi (10-20 metri). Il focus neutro con i principianti non sembra essere efficace.

Per gli sprinter d’élite sia il focus neutro che quello esterno riescono a sortire buoni risultati.

In letteratura scientifica non vi è nessuna evidenza riguardo all’efficienza di un “focus interno”

Focus esterno

Focus neutro

Focus esterno

 “Esercita forza all’esterno delle chiodate” “Muovi velocemente la scarpa avanti,mentre l’altra scarpa artiglia la pista più velocemente possibile”  “Corri più velocemente possibile” “Imprimi forza all’esterno del piede” “Muovi velocemente la gamba avanti mentre l’altra si muove velocemente verso terra”

Come possiamo vedere anche soltanto portare l’attenzione dal piede alle scarpe chiodate può spostare il focus dall’interno verso l’esterno.

Perché un focus esterno o neutro è migliore di uno interno?

Gli effetti del focus di attenzione sulle prestazioni sportive possono essere spiegati tramite l’ipotesi di azione vincolata, che afferma che l’orientamento dell’attenzione all’esterno consente al sistema di controllo motorio di operare mediante processi automatici non consapevoli che permettono un movimento riflesso, portando a risultati prestativi superiori. Secondo questa ipotesi quando, invece, quando l’attenzione è rivolta all’interno, il sistema di controllo motorio funziona sotto un controllo consapevole, creando problematiche nella fluidità degli schemi motori, portando a prestazioni minori.

Porta i laccetti delle scarpe verso il cielo” invece di “richiama la gamba alta”

Focus d’attenzione e risultati neuromuscolari

L’utilizzo di comandi ed istruzioni con focus esterno sembrerebbe portare anche a migliori risultati dal punto di vista neuromuscolare:

  • Maggiore economia di corsa (aumentata efficienza dal consumo di O2)
  • Miglior coordinazione intramuscolare, dovuta ad un miglior timing tra contrazione agonista ed antagonista, dovuta a una minor contrazione della muscolatura antagonista

Focus d’attenzione e risultati sull’insegnamento motorio

Un'altra interessante applicazione è l’insegnamento motorio. In questo caso viene preso in considerazione l’utilizzo del feedback (post esercitazione). Anche in questo caso fornire un feedback esterno provoca un aumento della capacità di apprendimento rispetto al fornirne uno interno.

Sembra addirittura che l’uso di feedback interni creino un effetto deprimente sull’apprendimento di una nuova abilità motoria.

Focus d’attenzione e maggior resistenza agli sforzi 

Un altro interessante ambito riguarda la valutazione della percezione dello sforzo da parte dell’atleta. Sembrerebbe infatti che l’utilizzo di istruzioni e comandi verbali esterni e/o neutri diminuisca la percezione del livello di difficoltà di un compito motorio (soprattutto nello sprint) ed una maggiore resistenza alla stanchezza rispetto all’utilizzo di una strategia comunicativa con stimoli interni.

Altri fattori che migliorano la qualità delle indicazioni verbali

Qualità delle indicazioni

Dal punto di vista qualitativo andrebbero fatte due classificazioni, una legata al livello dell’atleta ed una alla tipologia ed alla precisione delle informazioni consegnate all’atleta.

Livello dell'atleta. Come già detto in precedenza:

  • Atleti di medio/basso livello ottengono migliori risultati con indicazioni con focus esterno;
  • Atleti di alto livello possono avere risultati sia con un focus esterno sia neutro;
  • Nessun soggetto sembra avere vantaggi da una comunicazione con focus interno

Dal punto di vista della tipologia e della precisione delle informazioni, anche se ci sembra abbastanza logico, dovrebbero essere:

  • Specifiche per la fase di sprint da eseguire (accelerazione, lanciato, vmax, etc..)
  • Precise e corrette, secondo le leggi della biomeccanica di quel movimento specifico (per non creare pattern motori errati)

Quantità delle indicazioni

Quante indicazioni e comandi dare all’atleta per far si che la prestazione o l’esecuzione motoria migliori?

In questo ambito bisogna analizzare la nostra memoria a breve termine. Sembra infatti che il limite biologico della memoria a breve termine umana sia di circa 4 elementi o frammenti di informazioni (in media).

Indicazioni e comandi verbali sembrano avere impatto sulla memoria di lavoro, strettamente legata all’acquisizione delle capacità motorie.

Inoltre le istruzioni ed i comandi interni sembrerebbero aumentare il carico sulla memoria a breve termine. Forse per questo sono meno efficaci?

Da far notare, inoltre, che lo stesso allenatore difficilmente riesce a vedere più di 1-2 dettagli in un gesto svolto alla massima intensità.

Per trarre le conclusioni, il nostro consiglio è quello di fornire all’atleta istruzioni esterne brevi e concise, e, aggiungiamo, tecnicamente corrette!

Frequenza delle indicazioni

In questo caso la letteratura è discordante, e probabilmente ciò dipende il livello dell’atleta:

  • Atleta di basso/medio livello: è consigliata un alta frequenza (indicazioni date ad ogni prova o performance, probabilmente per favorire l'apprendimento di un pattern motorio non conosciuto)
  • Atleta di alto livello: potrebbe essere meglio utilizzare una frequenza ridotta (probabilmente perché già in grado di eseguire il gesto motorio richiesto)

Come comunicare con l’atleta in gara?

Ormai dovremmo essere abbastanza consapevoli che, secondo le evidenze scientifiche, l’utilizzo di strategie comunicative che pongono un focus dell’attenzione interno sembrano essere meno efficaci per il miglioramento sia della performance che dell’apprendimento motorio e che andrebbero preferite informazioni esterne o neutre (a seconda del livello dell’atleta).

In gara la cosa sembra essere ancora più enfatizzata, infatti la competizione è un evento che crea maggiore stress ed ansia rispetto all’allenamento, aumentando il carico sulla memoria a breve termine (limitata).

Il consiglio è quindi più che logico:

“Evitare focus interni, preferire quelli esterni e neutri evitando di soffocare l’atleta di indicazioni”

e ricorda due consigli dati un paio di anni fa da Carlo Buzzichelli al termine del suo corso sull’allenamento della forza dell’ISCI:

  • “In gara evitare il sovraccarico di informazioni”
  • “In gara utilizzare un tutoraggio minimo”

Spesso il tecnico che da molte informazioni all’atleta lo fa per una mancanza di sicurezza e per idee poco chiare.

L’idea deve essere che all’atleta dobbiamo insegnare in allenamento. La gara va usata come valutazione del lavoro fatto fino a quel momento.

La presenza del tecnico può dare sicurezza all’atleta ma lasciamo che sia lui a gestirsi, senza creare eccessive pressioni!

Impariamo a rendere l’atleta autonomo!

Conclusioni

Come già detto nella premessa iniziale l’articolo proposto vuole essere principalmente uno spunto alla riflessione sui mezzi di comunicazione utilizzati da noi coach per insegnare il gesto tecnico o per favorire il miglioramento della prestazione. Avere maggiore consapevolezza di questi mezzi e della loro efficacia può essere un aiuto per utilizzare strategie migliori per diventare allenatori e tecnici migliori. Da far notare inoltre che la ricerca scientifica, in questo campo, è ancora agli inizi e quindi molti di questi aspetti devono ancora essere affrontati con maggiore dettaglio. Il consiglio è comunque quello di provare a variare le strategie comunicative anche per evitare di creare monotonia e valutare col tempo quale tra queste funzionano meglio per voi e con i vostri atleti.

Vi lasciamo con una tabella riepilogativa con alcuni esempi di istruzioni e comandi verbali esterni o neutri

 

Istruzioni e comandi verbali esterni o neutri

Per l’accelerazione Per la fase lanciata
(velocità massima)
Spingi Pesta
Esplodi Corri alto
Taglia l’erba* – resta radente a terra Gira alto***
Spingi in linea** Pesta giù forte
Esplodi dai blocchi Martella con i chiodi
Esci fuori veloce dai blocchi Rilassa****
Lancia il blocco dietro / Fai schizzare il blocco dietro Sprinta/corri più veloce che puoi
Spingi forte a terra/sulla pista Spingi giù!
Spingi dietro Spingi su!
Parti forte come fossi inseguito Colpisci la pista / deciso a terra
Martella in accelerazione e sali gradualmente Fai schizzare i lacci delle scarpe al cielo*****
Parti più veloce possibile Fai schizzare il terreno in basso e dietro
Parti come se fossi in salita Tieni la velocità fino a 3 metri dopo il traguardo
Schizza via da terra come se fossi il crack di una frusta******
*”Taglia l’erba” si riferisce al recupero basso dell’altro libero sui primi appoggi di accelerazione come per tagliare l’erba con le dita dei piedi**”Spingi in linea” serve ad indicare all’atleta di spingere a terra in maniera lineare senza disperdere energia e applicando le forze a terra in modo più efficiente***”Gira alto” per indicare all’atleta un’azione circolare della gamba di richiamo e una posizione alta delle anche e del ginocchio****”Rilassa” una buona fase lanciata sembra essere correlata alla capacità di decontrazione dell’atleta, questa indicazione serve per ricordare all’atleta di correre rilassato e decontratto*****”Fai schizzare i lacci delle scarpe al cielo”, versione esterna di “Alto con le ginocchia”******”Schizza via da terra come se fossi il crack di una frusta” indica la sensazione di mettere intensità a terra ma con tempi di contatto brevi tipici della fase di massima velocità

A cura di Andrea Dell'Angelo, con la collaborazione di Matteo Rozzarin per la traduzione del testo originale

Fonti

  • Benz A, Winkelman N, Porter J, and Nimphius S. Coaching instructions and cues for enhancing sprint performance. Strength Cond J 38: 1–11, 2016. https://www.researchgate.net/publication/292151409_Coaching_Instructions_and_Cues_for_Enhancing_Sprint_Performance
  • Wulf G, Prinz W, and Ho¨ ß M. Instructions for motor learning: Differential effects of internal versus external focus of attention. J Mot Behav 30: 169–179, 1998. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20037032
  • Winkelman NC. (2016) Attentional Focus and Cueing for Speed Development. Strength & Conditioning Journal. https://www.researchgate.net/publication/311780294_Attentional_Focus_and_Cueing_for_Speed_Development
  • Wulf, G., McNevin, N.H., & Shea, C.H. (2001a). The automaticity of complex motor skill learning as a function of attentional focus. Quarterly Journal of Experimental Psychology Section A: Human Experimental Psychology, 54, 1143–1154. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11765737
  • Wulf, G., Shea, C.H., & Park, J. (2001b). Attention and motor performance: Preferences for and advantages of an external focus. Research Quarterly for Exercise and Sport, 72, 335–344. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11770783
  • McNevin, N.H., Shea, C.H., & Wulf, G. (2003). Increasing the distance of an external focus of attention enhances learning. Psychological Research, 67, 22–29. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12589447
  • Walker O.,  and Bartholomew B. Coaching Cues. Every coach uses them, and different cues can have a big impact, but very few coaches give them a second thought., Science for Sport, https://www.scienceforsport.com/coaching-cues
  • Appunti tratti dal corso SSC™: Sport Strength Coach, con relatore il Prof. Carlo Buzzichelli

 

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Andrea Dell'Angelo

Sprint&Hurdles Coach | Fondatore e presidente ilCoach.net ASD
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Filed Under: News Tagged With: apprendimento, cues, indicazioni

Performance Test. Come monitorare la prestazione nei saltatori?

16 Marzo 2018 by Redazione

Il monitoraggio della fatica neuromuscolare attraverso il test di salto verticale effettuato durante il riscaldamento. By Eracle Academy

Il test Conconi è ancora utile?

Figura 1: Il monitoraggio della fatica neuromuscolare attraverso il test di salto verticale effettuato durante il riscaldamento. By Eracle Academy

 

La valutazione dell’atleta è un topic di primaria importanza nel processo di sviluppo della prestazione.

Nell’atletica leggera il valore dei test assume un ruolo ancora più determinante considerate le relazioni tra gli outcome del test e il risultato di gara. Le conoscenze di applied sport science e il supporto delle tecnologie permettono oggi di monitorare i molteplici aspetti della performance tracciando andamenti sempre più significativi in termini di informazioni relative allo sviluppo delle capacità condizionali (effetti dell’allenamento e rischio di infortunio), alla fatica neuromuscolare e allo stato di forma dell’atleta.

Lo scopo del seguente articolo è quello di fornire una guida pratica a tecnici, preparatori fisici e esperti del movimento per poter svolgere sessioni di valutazione della prestazione presentando un approccio da campo fondato sulle ultime evidenze scientifiche e applicazioni proposte al Centro di Sviluppo della Prestazione nell’Atletica Leggera - Eracle Academy.

Performance Test. Gli obiettivi dello screening: perché valutare?

Il primo passo da effettuare è quello di comprendere la finalità e la conseguente applicazione della valutazione che miriamo a svolgere con il nostro gruppo di atleti. Qualsiasi sia la motivazione, ogni test di valutazione ha l’obiettivo comune di fornire un feedback al tecnico in modo da ottimizzare il processo di allenamento.  Di seguito vengono riportate le ragioni per cui un atleta viene monitorato (1):

  • Identificazione del Talento: la creazione di profili individuali permettono allo staff tecnico di valutare punti di forza e debolezza del giovane atleta. Le numerose pubblicazioni scientifiche forniscono dati normativi per genere, livello e disciplina sportiva. Valutare le attuali caratteristiche del proprio atleta rappresenta un primo tassello per delineare obiettivi a breve, medio e lungo termine. Con i giovani è bene comprendere che gli effetti della maturazione biologica e del picco di crescita staturale (PHV) influenzano notevolmente lo sviluppo delle capacità condizionali (2);
  • Valutazione della Prestazione: dopo aver effettuato un’analisi delle caratteristiche della specialità (needs analysis), segue l’identificazione dei fattori determinanti la prestazione (key performance indicators) e la relativa batteria di protocolli di valutazione (test battery). A tal proposito distinguiamo test delle capacità fisiche e test della capacità prestativa;
  • Valutazione del Rischio di Infortunio: protocolli specifici per il monitoraggio delle condizioni di infortuni rientrano nel topic della valutazione. Test di equilibrio, delle asimmetrie tra arti permettono di segnalare campanelli di allarme all’allenatore per l’implementazione di programmi di allenamenti che mirano a diminuire i disequilibri e il conseguente rischio di infortunio;
  • Monitoraggio della Fatica Neuromuscolare: parte del sistema di monitoraggio di sport di squadra, accademie e high performance center, il monitoraggio dello stato neuromuscolare costituisce l’ultimo aspetto della valutazione dell’atleta. Grazie a solide evidenze scientifiche, sport scientist monitorano giornalmente e/o settimanalmente i livelli di fatica neuromuscolare attraverso test di salto verticale.

Minimizzare il rischio di errore di misurazione e valutare l’effettivo cambiamento della prestazione

Testare un atleta sembra essere un compito apparentemente semplice ma spesso capita che chi riveste il ruolo di valutatore tenda a non considerare tutti gli aspetti che possono influenzare il risultato poi oggetto di valutazione. I fattori influenzanti l’outcome del test sono davvero numerosi e per questo motivo il valutatore deve tenere in considerazione l’atleta, l’ambiente e la prestazione al fine di comprendere se il confronto con il test precedente mostri un reale miglioramento della prestazione o è semplicemente frutto della variabilità dei fattori d’influenza. In una review (3) pubblicata sull’International Journal of Sports Physiology and Performance viene sottolineato come il controllo dei fattori d’influenza (periodo della giornata, incoraggiamento, feedback, musica, livello di caffeina e creatina, numero di osservatori, fatica mentale e focus) possano determinare un reale o falso miglioramento della prestazione. In assenza di controllo dei fattori di influenza della validità interna e riproducibilità dei test, spesso i cambiamenti (miglioramento o decremento) sono il frutto di errori di misurazione o alterazione delle sopracitate variabili e rendono la valutazione ininfluente nel processo di allenamento.

Performance Test: una proposta sport science per i salti orizzontali

Al fine di minimizzare gli errori e valutare gli effettivi cambiamenti della performance, la tecnologia e la ricerca nell’ambito sport science forniscono gli strumenti necessari per rendere significativo e vantaggioso il processo di valutazione. In linea con la programmazione, su base periodica, l’allenatore può controllare il processo di allenamento attraverso strumentazioni e protocolli validati. In questa sezione tratteremo l’aspetto più pratico della valutazione. Il modello di seguito proposto rappresenta la sintesi di esperienze e studi applicati svolti in 5 paesi europei e ispirati ai lavori del coach brasiliano Nelio Alfano Moura (allenatore di due campioni olimpici nel salto in lungo) e del coach francese Antony Yaïch (allenatore di saltatori over 8m e over 17m). Le qualità fisico-prestative analizzate mirano a valutare il contributo di ciascuna capacità sulla prestazione in luce delle relazioni studiate tra velocità allo stacco e misura saltata (4), tra velocità massimale e la velocità espressa in pedana (5) e sull’influenza del salto verticale sulla prestazione in gara (6,7). I test vengono svolti con tecnologia validata (8) da studi scientifici e considerati essere il gold standard nell’ambito di applied sport science; per i test di salti vengono utilizzate le barre ottiche OptoJump Next, mentre le prove di velocità sono misurate con WittySEM Photocells.

abella 1: Protocollo per i salti orizzontali utilizzato in "Eracle Academy" A seconda del livello di specializzazione dell’atleta alcuni test vengo omessi e altri aggiunti

Analisi e report dei risultati.

Infine le conoscenze delle basi di statistica dello sport scientist permettono di svolgere analisi dei dati ed evidenziare le differenti casistiche. A seconda dell’obiettivo della misurazione, viene svolta un’analisi idonea alla natura dei dati. Di seguito viene proposto un semplice modello di analisi da campo che fa riferimento all’approccio fast sport science, discostandosi dalle più complesse analisi statistiche (p-value, smallest worthwhile change e magnitude-based inference) effettuate per la pubblicazione di studi scientifici (10, 11).  L’interpretazione attraverso un’analisi intra-individuale di una sessione di test valuta:

  • Reale cambiamento della prestazione: un effettivo miglioramento o peggioramento può essere identificato con una variazione uguale o superiore del 4-5%; oppure valore identificato oltre il limite superiore della deviazione standard.
  • Possibile cambiamento della prestazione: variazioni minime 2-3% spesso riflettono l’errore tipico di misurazione e la variabilità, per tale ragione il cambiamento viene definito “possibile”. In alternativa, il valore rientrate nei limiti della deviazione standard.
  • Nessun cambiamento della prestazione: un valore di 0-1% identifica l’assenza di cambiamento della qualità fisica o prestativa analizzata. Oppure il valore oltre il limite inferiore della deviazione standard.

Una volta conclusa l’analisi dei dati i risultati devono essere presentati all’allenatore attraverso semplici ed intuitivi report entro non oltre 24/48 ore in modo da apportare possibili cambiamenti al programma in funzione delle necessità del singolo atleta specialmente nel periodo più idoneo per svolgere i performance test (periodo speciale e precompetitivo) per poi ottimizzare la preparazione in vista delle competizioni.

Figura 2: Esempio di report dei risultati e del profilo individuale creato per ciascun atleta. Uno screening che facilita il processo di allenamento e permette di individuare eventuali condizioni di infortunio

Conclusioni

I performance test rappresentano uno strumento fondamentale nell’andamento prestativo di qualsiasi atleta se somministrati e analizzati secondo lo stato dell’arte della sport science. Questi costituiscono solo una parte del sistema di monitoraggio dell’atleta (12): alcune volte però solo i performance test non riescono a fornire un quadro completo sul processo d’allenamento e sullo stato di forma dell’atleta; per tale motivo vengono sempre più monitorate misure soggettive (13) al fine di ottimizzare il processo. Considerando che l’obiettivo di ciascun allenatore è quello di favorire la crescita psicofisica e prestativa dell’atleta, introdurre nel proprio programma di allenamento un sistema di monitoraggio che possa valutare oggettivamente i key performance indicators e lo stato funzionale dell’atleta risulta essere la soluzione più vincente vista l’efficacia di questi nell’ambito di high performance.

A cura di Alberto Franceschi, con la collaborazione di Marco Airale

Alberto Franceschi

Sport Scientist - Eracle Academy

International MSc in Performance Analysis of Sport - UTAD 

www.eracleacademy.com

 

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Bibliografia

    1. Valle C. The Complete Guide to Vertical Jump Testing for Coaches. SimpliFaster. Retrieved from: https://simplifaster.com/articles/vertical-jump-testing/
    2. Malina RM, Katzmarzyk PT. (2006) Physical activity and fitness in an international growth standard for preadolescent and adolescent children. Food and Nutrition Bulletin.
    3. Halperin I, Pyne DB, Martin DT. (2015) Threats to internal validity in exercise science: a review of overlooked confounding variables. International Journal of Sports Physiology and Performance. 10(7), 823-829
    4. Moura NA, Moura TFP, Borin JP. (2005) Approach speed and performance in the horizontal jumps: what do Brazilian athletes do? New Studies in Athletics; 20:3, 43-48
    5. Bianco E, Lease D, Locatelli E, Muraki Y, Pfaff D, Shuravetzky E, Velez M. (1996) Speed in the jumping events, New Studies in Athletics, 11:2-3;9-19
    6. Loturco I, Winckler C, Kobal R, Cal Abad CC, Kitamura K, Veríssimo AW, Pereira LA and Nakamura FY. (2015) Performance changes and relationship between vertical jump measures and actual sprint performance in elite sprinters with visual impairment throughout a Parapan American games training season. Physiol; 6:323.
    7. Cardinale M. (2008) Vertical Jump tests: how to perform correctly the Bosco tests. Marco Cadinale Blog. Retreived from: http://marcocardinale.blogspot.it/2008/11/vertical-jump-tests-how-to-perform.html
    8. Glatthorn, J. F., Gouge, S., Nussbaumer, S., Stauffacher, S., Impellizzeri, F. M., & Maffiuletti, N. A. (2011). Validity and reliability of optojump photoelectric cells for estimating vertical jump height. Journal of Strength and Conditioning Research, 25(2), 556–560.
    9. Claudino JG, Cronin J, Mezêncio B, McMaster DT, McGuigan M, Tricoli V, … et al. (2014) The countermovement jump to monitor neuromuscular status: a meta-analysis. J Sci Med Sport, 0(0), 839–844.
    10. Coutts A. (2016) Working fast and working slow: The benefits of embedding research in high-performance sport. International Journal of Sports Physiology and Performance; 11(1) 1-2
    11. Buchheit M. (2018) Magnitudes matter more than Beetroot Juice. Sport Performance and Science Report. Jan 15, 1
    12. Halson SL. (2014) Monitoring Training Load to Understand Fatigue in Athletes. Sports Med. Springer International Publishing.
    13. Saw AE, Main LC, Gastin PB. (2015) Monitoring the athlete training response: subjective self-reported measures trump commonly used objective measures: a systematic review. Br J Sports Med; 0;1-13.
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Recupero

Per molti allenatori ed atleti l’unico momento/fase per migliorare le prestazioni è l’allenamento.

  1. L’atleta è in forma perché si è allenato duramente, ma se vuole migliorare ancora deve aumentare i carichi di allenamento. E via dopo il personale si torna in pista a “caricare” di lavoro.
  2. L’atleta è fuori forma, non si sta allenando abbastanza e bisogna ripartire subito allenandosi duro.

La domanda è “Il problema è solo l’allenamento? L’impegno? O forse manca qualcosa, che talvolta è più importante dell’allenamento stesso?”

IL RECUPERO

Si proprio il recupero è una delle fasi di uguale, se non di maggiore importanza dell’allenamento stesso. Senza il giusto recupero l’atleta va in overreaching (eccesso di carico) con il rischio, nel tempo, di finire nell’overtraining. Questa è una gravissima condizione dalla quale risulta difficile uscire e che peggiora anche le condizioni di salute, sia fisiche, sia psichiche, dell’atleta stesso). Inoltre, questo eccesso di lavoro può portare a infortuni da sovraccarico.

Allenati, recupera, ripeti!

Nelle due situazioni descritte sopra l’unica variabile della performance è l’allenamento, ma vediamo quale è il pericolo di non ricordarsi del recupero:

  • L’atleta rientra da una gara nella quale ha fatto grossi miglioramenti: PB nella gara importante. Ovviamente gli obiettivi sia personali che del proprio allenatore crescono, si torna a casa e dal giorno successivo si torna a caricare. L’atleta si sente in forma (e ovviamente lo è: ha fatto il PB in gara), gli allenamenti vanno alla grande. Ma non ci si è dimenticato qualcosa? Probabilmente la condizione per un breve periodo è alta, a volte cresce, e l’atleta alle prime gare della stagione (quelle non importanti) fa buone prestazioni. Ma è una fase breve, presto inizierà a sentire la mancanza di recupero, le prestazioni inizieranno a calare sia in allenamento, sia in gara, in modo vistoso.
  • L’atleta torna da una gara nella quale non è andato bene, risultato negativo e non per errori tecnici o tattici ma per mancanza di condizione. Problema? L’allenamento! Dal giorno dopo si torna a caricare ma anche qui la situazione non migliorerà perché senza il giusto recupero gli adattamenti non potranno esserci. Risultato: ulteriore calo delle prestazioni. L’overtraining potrebbe essere vicino.

La situazione descritta sopra non è aiutata sicuramente da frasi ed aforismi di atleti celebri:

Ho odiato ogni minuto di allenamento, ma mi dicevo: non rinunciare. Soffri ora e vivrai il resto della tua vita come un campione. (Muhammad Ali)

Per essere il numero uno, devi allenarti come se tu fossi il numero due. (Maurice Greene)

Io non credo nella predestinazione. I risultati si ottengono solo con molto lavoro. Nella mia carriera sportiva mi sono allenato 5-6 ore al giorno, tutti i giorni, per 365 giorni l’anno, tra gare e allenamenti, per quasi venti anni. (Pietro Mennea)

Non ho rimpianti. Rifarei tutto, anzi di più. E mi allenerei otto ore al giorno. La fatica non è mai sprecata. Soffri, ma sogni. (Pietro Mennea)

Per me un giorno senza allenamento è come un giorno senza mangiare. (Haile Gebrselassie)

Bisogna allenarsi, e allenarsi, e allenarsi. I sacrifici non devono far paura: saranno tanti, però tu sarai di più, sarai più forte. E odierai la sconfitta come una malattia, come un posto brutto dove non vuoi stare. (Alessandro Del Piero)

Ovviamente l’allenamento e la fatica sono importanti, ma l’allenamento è una fase della ricerca della prestazione, nella quale si crea uno stimolo al quale, poi, il corpo deve adattarsi. Per permettere tale adattamento serve il giusto recupero.

Come scrive nel suo nuovo libro Carlo Buzzichelli (ai suoi corsi dice che questa immagine andrebbe tatuata sulla fronte di ogni allenatore):

Figura 1: Circolo virtuoso con il quale l’atleta può raggiungere il picco di forma. Tratto e adattato da: Bompa T., Buzzichelli C., “Periodizzazione dell’allenamento sportivo”, p. 454, Calzetti & Mariucci, 2017.

Per raggiungere il picco di forma nelle gare più importanti l’atleta deve rispettare le seguenti fasi:

  1. Allenarsi.
  2. Manipolare le variabili di carico per supercompensare e raggiungere il picco della forma per la gara.
  3. Competere.
  4. Recuperare e rigenerarsi prima di iniziare ad allenarsi ancora.

Cos’è il picco di forma?

Citando ancora Bompa e Buzzichelli “è un temporaneo stato di forma atletica, caratterizzato da un’efficienza psicologica e fisiologica massima e da un livello di preparazione tecnica e tattica ottimale”, ergo, quando l’atleta fa il PB alla gara importante ha raggiunto il picco di forma!

L’atleta in questo stato si trova:

  • Altamente ricettivo agli stimoli allenanti (l’adattamento è rapido);
  • Con una capacità di recupero maggiore rispetto al solito;
  • Grande autostima, alto livello di motivazione, arousal emotivo intenso

È ovvio che in questa condizione l’atleta trova facile allenarsi.

Ma purtroppo il picco è uno stato “temporaneo”, che solitamente è possibile mantenere per 2/3 settimane al massimo.

E infatti la situazione ben presto si trasformerà nello stato opposto:

  • Bassa ricettività agli stimoli allenanti;
  • Capacità di recupero in forte diminuzione;
  • Nervosismo, diminuzione dell’autostima, motivazione in calo.

Il rischio, se non si comprende che l’atleta ha bisogno di recupero, è l’arrivo dell’overtraining.

E cos’è l’overtraining?

L’overtraining, o sovrallenamento, è un processo lento di peggioramento del rendimento psicofisico, solitamente causato da un lungo programma di allenamento nel quale mancano le sessioni di recupero e i periodi di rigenerazione. Quando il focus è sempre sul carico di allenamento e mai sul recupero psicofisico, l’atleta entra in uno stato di affaticamento cronico accompagnato da una bassa motivazione sia nei confronti dell’allenamento, sia delle competizioni.

Entrato in overtraining l’atleta ha bisogno di una fase di recupero e riposo direttamente proporzionale alla durata del sovrallenamento stesso, ricordando che un lungo periodo di overtraining potrebbe portare a un calo delle difese immunitarie, depressione, problematiche alimentari, etc.

Il recupero

Ripensando alle frasi celebri e agli aforismi sull’allenamento il mantra che dovrebbe essere stampato nella mente degli allenatori è:

“Train. Recover. Repeat”

Allenati. Recupera. Ripeti.

Più mi alleno duramente e più devo recuperare. Più lo sforzo è intenso e più bisogna recuperare.

Tipologie di recupero:

  • Breve-termine: è il recupero tra le serie di uno stesso esercizio o tra esercizi successivi all'interno di uno stesso allenamento. Molto studiato in letteratura è uno dei parametri principalmente caratterizzanti l'allenamento.
  • Medio-lungo termine: è il recupero che intercorre tra diverse sedute di allenamento o competizioni.

L'approccio al recupero può essere:

  • Attivo: caratterizzato da specifiche attività (esercizi al suolo, in acqua, elettrostimolazione, massaggi) susseguenti l'esercizio fisico allenante, con la finalità di aumentare la velocità di smaltimento dei metaboliti generati dallo stesso e la riduzione dei livelli di catecolamine, accelerando, di fatto, il processo di recupero dell'organismo. Solitamente questo termine è usato per identificare un approccio al recupero usato immediatamente dopo l'attività svolta; in realtà una seduta di allenamento blanda, successiva ad un allenamento intenso può essere considerata recupero attivo.
  • Passivo: sottintende il semplice concetto di "lasciar fare" al nostro corpo senza indurre ulteriori stimoli post-allenamento. Tale tipo di recupero non prevede dunque nessuna strategia avente il fine di massimizzarne gli attributi.

Le variabili che influenzano il tempo di recupero sono:

  1. Stimolo dell’allenamento dal punto di vista metabolico (alattacido, lattacido, aerobico)
  2. Stimolo dell’allenamento dal punto di vista nervoso (alto o basso power output)
  3. Condizione psico-fisica pre allenamento
  4. Esperienza di allenamento
  5. Età
  6. Sesso
  7. Nutrizione
  8. Idratazione
  9. Integrazione/supplementazione
  10. Ore e qualità del sonno
  11. Specifiche strategie di recupero adottate
  12. Stile di vita (stress lavorativi, scolastici, familiari, etc..)

Overtraining nell’atletica leggera. La soluzione è l’uso corretto della periodizzazione

Abbiamo scritto in questo articolo cosa sono “Periodizzazione, pianificazione e programmazione dell’allenamento”

A nostro avviso, la base per evitare l’overtraining è appunto la conoscenza e l’utilizzo della periodizzazione.

Per prima cosa aver ben chiari gli obiettivi della stagione:

  • In quale gara voglio ottenere il picco?
  • In quante gare della stagione voglio ottenere il picco?

Nell’atletica ciò dovrebbe essere relativamente semplice visto che le gare importanti sono una, due o al massimo tre all’anno e quindi il picco di forma deve essere ricercato nel periodo più vicino possibile a queste. Le altre gare dovrebbero essere di avvicinamento, presa di confidenza e affinamento della prestazione stessa.

Cosa ovviamente più difficile negli sport di squadra dove l’obiettivo è mantenere a lungo una buona forma fisica durante l’intero campionato (con il picco nelle partite fondamentali) e, ovviamente, per gli atleti che vogliono gareggiare ad ogni gare con l’obiettivo di vincere o di fare il personale.

Se ho 2 obiettivi stagionali, ad esempio i Campionati Italiani Indoor (solitamente i primi di Marzo) e i Campionati Italiani Outdoor (fine giugno o primi di luglio), per entrambe le gare avrò un periodo di preparazione, dove l’obiettivo sarà quello di alzare la condizione dell’atleta.
In questo periodo per ottimizzare l’allenamento utilizzerò l’alternanza dei carichi con allenamenti intensi intervallati ad allenamenti meno intensi (che hanno una funzione anche di recupero attivo). Questa fase alternerà microcicli di carico e di scarico in un rapporto di 3:1 o 2:1. Quest’ultimi servono ad ottimizzare la supercompensazione dei sistemi fisiologici ed ottenere gli adattamenti stimolati nella fase di carico.

Dopo il periodo preparatorio si entra nel periodo agonistico che prevede delle gare di avvicinamento alla gara più importante, che si troverà al termine di tale periodo. Prima di ogni gara è previsto un periodo di scarico (tapering), la cui durata è direttamente proporzionale all’importanza della gara (di solito dai 3 ai 21 giorni).

Dopo ogni gara, prima di tornare ad allenarsi, l’atleta dovrà recuperare lo sforzo della gara e la durata del recupero sarà direttamente proporzionale all’importanza della gara e alla vicinanza della stessa all’obiettivo principale.

Al termine del periodo competitivo (immediatamente dopo la gara più importante) è previsto il periodo transitorio, che è utilizzato per permettere all’atleta di recuperare dagli sforzi psicofisici del periodo competitivo. La durata di tale periodo dipende da:

  • Esperienza e livello dell’atleta (i principianti possono fare periodi transitori più brevi);
  • Tipologia di gara (di potenza o endurance);
  • Capacità di recupero dell’atleta;
  • Livello di stress nel periodo di gara:
  • Importanza del periodo competitivo (solitamente dopo le indoor, che sono meno importanti, il periodo transitorio è più breve, nell’ordine di 5-10 giorni, dopo le outdoor si va dai 10 ai 21 giorni, ma atleti che gareggiano alle olimpiadi possono fare periodi transitori anche di 30-60 giorni)

E se una gara non va come sperato?

Tanto per dare un’idea questo è quello che diceva di fare Charlie Francis (o almeno quanto si trova su internet) con i suoi velocisti (100 metri) la settimana dopo una gara andata male:

A - uscita da una brutta gara e cattiva forma
8 – Riposo (recupero passivo)
7 - Riposo (recupero passivo)
6 – Tempo Run 10x100 m + microstretching (recupero attivo)
5 – Tempo Run 10x100 m + Power Clean @ 70% + microstretching (recupero attivo)
4 – 4x30 m, 60 m, 80 m + Bagno Freddo (ghiacciato)
3 – Tempo 10x100 m + Bagno con i sali (recupero attivo)
2 – 4x30 m @ 95% + 3x3 Bench Press @ 80% + Doccia Scozzese
1 – Warm up
0 – Gara (2x100)

Insomma sembra che dopo una gara mal riuscita l’obiettivo primario sia il recupero, e non un ulteriore sovraccarico del sistema: 2 giorni di riposo, 2 giorni di tempo run (lavori aerobici a bassa intensità con obiettivo il recupero attivo) seguiti da terapie per migliorare il recupero, un giorno intenso a a basso volume, ancora un giorno di recupero attivo, un allenamento intenso per il sistema nervoso (volumi bassi) e poi dopo ancora un giorno di recupero attivo la gara. Ovviamente questo non è un esempio da seguire con tutti ma dà l’idea di quanto sia fondamentale il recupero dopo una gara (in realtà anche prima).

Conclusioni

La ricerca del picco prestativo quando voluto è un processo che richiede, come abbiamo visto nell’immagine sopra, un sapiente utilizzo di:

  • Fasi di allenamento;
  • Fasi di scarico;
  • Fasi di gara;
  • Recupero post gara e prima del successivo allenamento;
  • Ripetizione del circolo virtuoso.

Ovviamente ognuna di queste fasi è fondamentale per arrivare al picco, ma in questo articolo abbiamo voluto concentrarci sulla fase di recupero, spesso sottovalutata ma di pari importanza, e in alcuni casi maggiore, dell’allenamento stesso.

Train. Recover. Repeat.

Tatuatelo nella mente!

A cura di Andrea Dell'Angelo

Fonti:

Bompa T., Buzzichelli C., “Periodizzazione dell’allenamento sportivo”, Calzetti & Mariucci, 2017.

Freeman W. H., "Peak When It Counts : Periodization for American Track and Field (4th ed)", Tafnews Press

Periodizzazione, pianificazione e programmazione dell'allenamento (ilcoach.net)

Dell'Angelo A., Uberti A., I fondamenti dell'allenamento in atletica leggera, ilCoach Learning (E-book gratuito)

Bonsignore V., Taper e programmazione (pdf free)

Appunti personali dai corsi dell’International Strength & Conditioning Institute con relatore Carlo Buzzichelli

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Andrea Dell'Angelo

Sprint&Hurdles Coach | Fondatore e presidente ilCoach.net ASD
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Il tapering: come ottimizzare la prestazione sportiva?

30 Maggio 2017 by Redazione

Nell’allenamento sportivo la ricerca del picco di forma nel momento più importante della stagione è fondamentale per ottenere la performance nelle competizioni desiderate. Il tapering è una metodica che, se ben eseguita, permette di raggiungere questo obiettivo. Scopriamo, in questa traduzione di un articolo del Dr Iñigo Mujika cos’è e come va impostato il taper.

Cos’è il tapering?

“Il tapering potrebbe essere definito come una riduzione progressiva e non lineare del carico di allenamento durante un periodo di tempo variabile dove lo scopo è di ridurre lo stress fisiologico e psicologico dell’allenamento quotidiano per ottimizzare la prestazione sportiva. » 

tapering-1

Figura 1

 

Questa definizione viene della constatazione che quando l’atleta si allena in modo intensivo, l’influenza positiva dell’allenamento si sviluppa in modo notevole. Tuttavia l’allenamento intensivo si distingue per un grande aumento del livello di stanchezza dell’atleta, ciò che maschera in parte i suoi adattamenti e gli impedisce di realizzare delle buone prestazioni. Il tapering dovrebbe permettergli di ottenere una grande riduzione del suo livello di stanchezza (NI influenza negativa) e di mantenere sulle acquisizioni precedenti i suoi adattamenti positivi (PI Influenza positiva). Così l’atleta dovrebbe far risaltare il suo vero livello di forma e potrebbe realizzare delle grandi prestazioni in competizione. (figura 1)

Non vi è una grande influenza negativa, o stanchezza accumulata, all’inizio della stagione, ma questo accumulo di stanchezza, questa influenza negativa è molto evidente prima del tapering. Vediamo dopo ciascuno di questi periodi, una riduzione molto importante di questa influenza negativa. Di conseguenza ciò che porta ad una buona prestazione, è l’addizione di questa importante riduzione della stanchezza e questo piccolo miglioramento dell’influenza positiva. Ma si può concludere, partendo da questo studio matematico, che non si dovrebbe cercare di migliorare gli adattamenti positivi dell’allenamento durante il periodo di tapering, ma che si dovrebbe cercare di ridurre lo stato di stanchezza dovuta agli adattamenti negativi.  Abbiamo provato a trovare il significato biologico di questa osservazione matematica.

tapering-2

Abbiamo testato molti ormoni, ma soprattutto il testosterone ed il cortisolo. Come sapete, il rapporto testosterone-cortisolo è utilizzato spesso come indicatore dello stato anabolico-catabolico dello sportivo o della capacità di adattamento dello sportivo ai carichi di lavoro. Abbiamo trovato una correlazione positiva tra gli aumenti di questo rapporto testosterone-cortisolo e la percentuale di miglioramento della prestazione durante il periodo di Tapering. Questo potrebbe dimostrare che, quegli atleti che avevano un rapporto più positivo, erano in un stato più anabolico, (producono reazioni di adattamento molto accentuate) innalzamento del recupero al termine del periodo di tapering. Questi sono quegli atleti, ( nuoto)  che hanno ottenuto un notevole miglioramento della loro prestazione in competizioni grazie ad un periodo di tapering corretto.  Abbiamo in questo modo trovato una spiegazione biologica alla dimostrazione matematica precedente.

Il tapering presenta di conseguenza degli effetti misurabili sul miglioramento della prestazione.

 

Come ridurre il carico di allenamento? 

Il carico di allenamento può definirsi attraverso l’enunciato delle sue tre variabili che guidano la nostra pianificazione:

  • Intensità
  • Volume
  • Frequenza

Si potrebbe pensare che sia sufficiente ridurre simultaneamente queste tre variabili per ottenere una situazione di tapering. Ma come fare per non cadere nel detraining (deallenamento)?

Riduzione dell’intensità? 

L’obiettivo di poter mantenere gli adattamenti positivi che provengono dalla fase intensiva di allenamento, inducono a pensare che il mantenimento dell’intensità sia il fattore chiave della fase di tapering. Questo ultimo deve costruirsi sull’intensità raggiunta alla fine del periodo precompetitivo e deve rimanere molto specifico alla competizione programmata.

Per sostenere il concetto, si fa riferimento ad un studio che è stato condotto da una squadra canadese con alcuni mezzofondisti, specialisti degli 800 metri, questi ricercatori hanno valutato due periodi di tapering differenti della durata di una settimana. Hanno chiesto agli atleti sia di fare un tapering a bassa intensità con volume abbastanza elevato, oppure di fare un tapering di alta intensità ma con un volume molto ridotto.

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Ciò che è stato evidenziato, inizialmente si è avuto un effetto significativo sul volume sanguigno. Aumento del volume sanguigno nel gruppo di atleti che hanno fatto un tapering di alta intensità. Si può pensare che ciò sia imputabile ad una espansione del volume plasmatico,, non solo perché è stato riscontrato un aumento significativo del volume dei globuli rossi e di conseguenza  un vero aumento nella capacità di trasporto del sangue degli sportivi.

Hanno misurato un aumento molto significativo del contenuto muscolare del glicogeno degli atleti che hanno effettuato il tapering di alta intensità; mentre gli atleti del gruppo che hanno effettuato il tapering con un volume abbastanza elevato e di bassa intensità non hanno avuto un miglioramento del contenuto di glicogeno. Con il glicogeno si ha la benzina, ma si alimenta anche il motore enzimatico necessario per utilizzare in modo ossidativo questa benzina. È stato riscontrato inoltre un aumento abbastanza importante dell’attività del Citrato Sintasi che è un indicatore dell’attività enzimatica e dell’attività ossidativa nei mitocondri. Dunque, si ha tutto ciò che occorre per avere un aumento del processo ossidativo dopo il tapering.

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Notevole anche, un aumento, durante i due percorsi di tapering, della contrazione volontaria massimale del ginocchio. Quando si riduce il carico di allenamento, si evidenzia un recupero dello stanchezza neuromuscolare che ha un effetto importante sulla contrazione volontaria massimale.

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Non ci si può permettere di conseguenza, di ridurre l’intensità di lavoro durante i periodi di tapering.

Riduzione del Volume? 

Con il mantenimento dell’intensità dell’allenamento, non bisogna avere paura di ridurre il carico di allenamento. Diversi studi su atleti molto allenati hanno dimostrato una correlazione importante tra una diminuzione consistente del volume di lavoro, (progressivamente ridotto dal 60 al 90%) ed i miglioramenti fisiologici e di prestazione.

Questi i risultati di un studio realizzato con alcuni nuotatori di Tolosa. Si può vedere che esiste una relazione significativa tra le percentuali di riduzione del volume durante il  periodo di tapering e la percentuale di miglioramento della prestazione evidenziatasi in questo periodo. Gli atleti che hanno maggiormente ridotto il volume del loro lavoro hanno ottenuto le migliori prestazioni. Questo non era un studio di intervento: hanno semplicemente constatato ciò che accadeva e non hanno chiesto agli atleti interessati di ridurre il volume di una piccola o grande percentuale. I nuotatori hanno realizzato ciò che avevano previsto di fare. Per tanto le riduzioni di volume restano deboli o medie (tra il 5 e 45%)

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Sono stati presentati inoltre risultati di un studio realizzato con alcuni atleti specialisti degli 800 metri dove il volume di lavoro è stato manipolato durante la una settimana di tapering. Un gruppo MVT seguiva un tapering a volume moderato (MVTaper) dove il carico di lavoro è stato ridotto in modo progressivo fino al 50%. Un secondo gruppo LVT ha seguito un tapering a volume ridotto, (LVTaper) dove la qualità del lavoro è stata ridotta del 75% in modo progressivo. Non si sono riscontrati miglioramenti nella prestazione, quando la riduzione arrivava solo al 50%, mentre si constata un miglioramento abbastanza significativo quando nel periodo di tapering si è ridotto il volume fino al 75%. Questo studio sarebbe stato probabilmente ancora più significativo se si fossero testati più atleti.

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Riduzione della frequenza? 

Alcune sperimentazioni hanno dimostrato che la frequenza di allenamento potrebbe essere ridotta di 1/3 senza rischio di perdita degli adattamenti per un periodo che va oltre le 10 settimane. Tuttavia questo è vero per gli atleti poco allenati. Sembra che, con atleti ben prepararti e specializzati sia necessario rimanere molto prudenti sulla diminuzione della frequenza perché si rischia di perdere in fluidità ed in efficacia nel gesto tecnico (ciò può comportare un abbassamento dell’efficienza e dell’efficacia meccanica).

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Dal 2002  un solo studio nella letteratura mondiale si è interessato alla manipolazione della frequenza di lavoro durante i periodi di tapering ed è, una ricerca che è stata condotta su dei atleti specialisti degli 800 metri. Tenendo conto degli studi precedentemente ricordati i ricercatori hanno ridotto il volume fino all’80%, hanno mantenuto l’intensità, ed hanno ridotto la frequenza di lavoro del 33% in un gruppo (MFT), nell’altro gruppo (HFT), gli atleti si sono allenati tutti i giorni.

 

Tapering di una settimana: 

Gruppo MFT ( Moderate Frequency Training): allenamento, allenamento, riposo, allenamento, allenamento, riposo,.

Gruppo HFT (High Frequency Training) allenamento ogni giorno della settimana di tapering

Si constata sul grafico che il tapering ad alta frequenza HFT (allenamento ogni giorno) comporta un miglioramento significativo della prestazione mentre il gruppo MFT (riduzione della frequenza del 33%) non hanno migliorato la loro prestazione in modo significativo.

In questo studio, sono state valutate alcune variabili, e non sono state riscontrate spiegazioni fisiologiche o biologiche a questa differenza tra i gruppi. Si è concluso che queste differenze rimandavano a ciò che classicamente vengono definite “le sensazioni”. Nel nuoto si chiama la “sensazione dell’acqua”, ma, ciò esiste anche in altre discipline quali la corsa e il lancio.

Teoricamente è possibile dedurre che, quando gli sportivi sono molto specializzati, non bisognerebbe ridurre il carico riducendo la frequenza di lavoro. Bisognerebbe mantenere la frequenza solo per mantenere le sensazioni. 

Quanto tempo per attuare il tapering? 

Nella letteratura, e nella pratica di differenti sport, si trovano degli adattamenti fisiologici alla prestazione, durante i periodi di tapering:

  • 4, 8, 10, 13 e 14 giorni per ciclisti e per atleti del triatlon:
  • 7 giorni per atleti delle corse di resistenza
  • 10 giorni per atleti che allenano la forza
  • 10, 14, 21 giorni e 28 giorni per i nuotatori

Dunque non esiste una regola intransigente, la durata è variabile e deve essere individualizzata.

Tuttavia, lo spazio di tempo che divide i benefici del tapering dagli effetti negativi dovuti all’arresto dell’allenamento, non sono ancora stati definiti chiaramente e se questo periodo di allenamento ridotto risultasse troppo lungo, si potrebbe cadere all’interno di un periodo di detraining o de-allenamento

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Dopo questo modello matematico, la durata ottimale del tapering, sarebbe superiore a tn, tn rappresenta il tempo che occorre per recuperare il livello di prestazione iniziale dopo l’applicazione di un carico di allenamento [ragionamento basato sugli effetti della super-compensazione: carico di allenamento  → riduzione prestazione, → fase di recupero, → fenomeno di super-compensazione]. 

Dunque teoricamente, la durata ottimale del tapering sarebbe compresa tra tn, il tempo per recuperare il livello iniziale e tg il tempo per ottimizzare gli effetti positivi di questo allenamento.

Lo studio dimostra che tn aveva una durata = 12 giorni ± 6 e tg una durata di 32 giorni ± 12giorni.  Ma gli scarti tipici sono molto importanti, rispettivamente: ± 6 giorni e ±12 giorni. A questa conclusione sono giunti i ricercatori dopo aver stabilito una durata variabile della periodo ottimale compresa tra 4 e 40 giorni!

Per un tapering conseguito, sembra che la durata di quest’ultimo debba essere individualizzata e rivisitata attraverso ogni disciplina atletica. Occorrerebbe probabilmente effettuare delle prove sulla preparazione a competizioni secondarie o durante la stagione invernale.

Quale tipo di tapering? 

Nella letteratura, si trovano delle presentazioni di tapering, dove si evidenzia in effetti un allenamento ridotto, ciò che viene definito “tapering di rottura”. Questo comporta ad esempio: un atleta che si allena per una gara podistica ed effettua 100 chilometri per settimana e ad un giorno dato non si spinge oltre i 25 chilometri per settimana. Per definizione, questo non è un tapering, ma un allenamento ridotto. Il tapering classico consiste, per esempio nei nuotatori, nel ridurre in modo progressiva il carico di lavoro passando di 9 km al giorno a 2 o 3 km al giorno.

In letteratura si trova un solo studio, effettuato da una squadra canadese, con atleti praticanti il triatlon nel quale, durante la prima metà della stagione, due gruppi di atleti hanno adottato o il tapering di rottura (Step Taper) o il tapering progressivo (Progressive Taper). 

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Hanno testato poi i triatleti su 10 chilometri in una gara podistica e su un test di potenza massimale in bicicletta. Hanno osservato che il tapering di rottura comporta un miglioramento dal 1,2 al 1,5% nella corsa ed in bici; mentre il tapering progressivo ha portato a dei miglioramenti del 4 e del 5,4%. I ricercatori hanno concluso di conseguenza che il tapering progressivo è più interessante dell’allenamento ridotto

Questo stesso studio prosegue nella seconda parte della stagione. Si sono chiesti allora se questa riduzione progressiva esponenziale dovesse essere lenta o veloce. Hanno ancora una volta fatto due gruppi di lavoro ed hanno rilevato che con la riduzione lenta (in rosso) il miglioramento era di 2,4 e del 3,8%, in gara podistica ed in bici. Mentre con una riduzione esponenziale più veloce (in bianco) i miglioramenti erano del 6,3 e del 7,9% Le conclusioni sono di conseguenza:

  • che il tapering progressivo esponenziale è più interessante del tapering di rottura o dell’allenamento ridotto
  • che la riduzione esponenziale dovrebbe essere piuttosto veloce.

Conclusioni ed applicazioni pratiche: 

Lo scopo del tapering dovrebbe essere l’eliminazione della stanchezza accumulata, senza prima di ogni cosa, compromettere gli adattamenti ottenuti.

Il mantenimento dell’intensità di allenamento è necessaria per evitare il detraining o de-allenamento, a condizione che le riduzioni delle altre variabili dell’allenamento permettano un recupero sufficiente per ottimizzare la prestazione.

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Alcune riduzioni importanti del volume di allenamento (tra il 60 – 90%) producono delle risposte fisiologiche e di prestazione positiva in atleti allenati.

Anche se gli adattamenti all’allenamento possano essere valutati con delle frequenze di allenamento relativamente basse negli atleti poco allenati (30 – 50%) con atleti molto allenati le frequenze di allenamento più elevate diventano indispensabili per evitare il detraining (> il 80%).

Sebbene gli effetti negativi dell’inattività totale siano evidenti molto velocemente negli sportivi (l’arresto dell’allenamento ha delle conseguenze fisiologiche negative. Sono per esempio, sufficienti due giorni per avere una riduzione del 15% del volume plasmatico). Si può sperare nelle risposte fisiologiche e nelle prestazioni positive in seguito ad un periodo di tapering della durata da 4 a 28 giorni.

Le tecniche di tapering progressivi non lineari sembrano avere un effetto positivo sulla prestazione maggiori, rispetto all’attuazione del tapering per rottura.

È stato dimostrato spesso che in seguito ad un tapering corretto, ci si possono aspettare dei miglioramenti medi della prestazione dell’ordine del 3%.

Si ha tuttavia il diritto di sognare ma non al di là del 6%!

tapering

Osservazione: 

Questo studio è basato soprattutto sull’osservazione di discipline energetiche o cicliche come la corsa. Il tapering per i concorsi deve seguire probabilmente in gran parte le stesse regole ma, deve presentare anche delle particolarità dovute alle prove ed agli aspetti psicologici particolari di un concorso.

 

Traduzione di Graziano Camellini

L’articolo è tratto da una ricerca del Dr Iñigo MUJIKA, Fisiologo dello sport e allenatore di triathlon e nuoto Professore Associato presso l’Università dei Paesi Baschi Ricercatore Associato presso l’Università Finis Terrae Ha fatto un primo dottorato in Biologia dell’esercizio muscolare presso l’Università di Saint-Etienne (Francia), e una seconda in Scienze dell’attività fisica e Scienza dello Sport presso l’Università dei Paesi Baschi. Coach di nuoto e Triathlon e preparatore di atleti di livello internazionale su distanza olimpica, Ironman e Xterra come Ahinoa Murua. I suoi principali temi di ricerca nel campo della scienza dello sport applicato includono i metodi di formazione e recupero, tuning, decondizionamento e sovrallenamento. Ha anche condotto ampie ricerche sugli aspetti fisiologici associati a prestazioni atletiche nel ciclismo professionistico, nuoto, corsa, canottaggio, tennis, calcio e pallanuoto.

 

 

 

 

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L'atletica come sport che insegna a crescere

4 Maggio 2017 by Redazione

Facciamo i complimenti al comitato regionale Fidal Emilia Romagna che, con per promuovere l’atletica ha prodotto questo bellissimo spot girato sul campo di atletica Lauro Grossi di Parma.

“Ci sono sport che ti insegnano a vincere, altri che ti fanno crescere”

Questo lo spot del video

Sulla linea di partenza dei 100 m sono allineati alcuni bambini. Li vediamo sistemarsi e chinarsi sui blocchi. Dopo il colpo di pistola dello starter, i bambini sono ora diventati più grandi e stanno scattando uno a fianco all’altro. Vediamo alcuni dettagli delle loro scarpe che toccano il terreno e, quando la ripresa torna a inquadrarli a figura intera, questi sono diventati ancora più grandi e stanno tagliando il traguardo. Non appena superato l’arrivo, però, ognuno di loro torna immediatamente ad essere bambino. Si abbracciano e si complimentano l’uno con l’altro. 

Nel video possiamo vedere i giovani atleti del CUS Parma, fra i quali si riconoscono le 2 campionesse degli ostacoli Desola Oki (vincitrice del titolo europeo under 18 nel 2016 a Tbilisi) e Elisa Maria Di Lazzaro (campionessa italiana assoluta e juniores dei 60 hs indoor nel 2017), il velocista azzurro Steve Abe e il Campione Italiano indoor dei 400m under 18 Edoardo Scotti.

Facciamo i complimenti a Fidal Emilia Romagna, sperando che altri comitati Regionali e Provinciali e, perchè no, la Fidal Nazionale seguano questo esempio positivo per promuovere questo bellissimo sport che è l’atletica.

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Intervista ad Andrea Calandrina

12 Aprile 2017 by Redazione

Bianca-Falcone

Andrea Calandrina nato il 9 aprile del 1973, ha iniziato ad allenare nel 1992 (dopo aver conseguito il brevetto da istruttore Fidal), allenatore dal 1994, allenatore nazionale specialista di prove multiple dal 2007. Nel palmares dei suoi atleti:

  • 27 titoli di campione italiano assoluto o giovanile (8 differenti atleti);
  • 45 medaglie d'argento o bronzo ai campionati italiani con 16 differenti atleti;
  • 10 migliori prestazioni italiane;
  • 6 atleti che hanno vestito la maglia azzurra.;
  • 1 Medaglia d'oro alle gymnasiadi a pechino nel 1998 nei 400 hs;
  • medaglia d'argento ai mondiali under 18 nel 1998;
  • medaglia di bronzo agli europei junior 1998 sempre nei 400 hs;
  • medaglia di bronzo ai giochi del mediterraneo under 23 nel 2016 nel salto con l'asta.

Atleti allenati in questo momento: Simone Cairoli, Bianca Falcone, Andrea Petazzi, Valentino Arrigoni (programmazione e salto con l'asta) Helen Falda (quando è in Italia).

Principali atleti allenati in passato: Luca Bortolaso (prove multiple e 400 hs), Sara Bruzzese (salto con l'asta).

Insomma, un curriculum da allenatore di alto livello, altro non va aggiunto riguardo la nostra scelta di intervistarlo!

Allenare ed allenarsi per le prove multiple in Italia è per certi versi una scelta contro corrente. Alla carenza di strutture e di risorse, comune un po' a tutte le discipline dell'atletica, per i multiatleti si aggiungono quelle di mancanza di considerazione e del tempo per gli allenamenti.

Lo scorso marzo però Simone Cairoli ha saputo conquistarsi una convocazione agli Euroindoor di Belgrado nell'eptahtlon, vestendo la maglia azzurra in un contesto ben diverso da quello nazionale e ripagando la fiducia del settore tecnico con una prova di grande carattere e sostanza.

Abbiamo fatto alcune domande ad Andrea Calandrina, che da alcuni anni segue la sua preparazione e la sua crescita tecnica.

Secondo te quali sono le caratteristiche principali che deve avere un multiatleta per ottenere buoni risultati e quali le competenze che servono al suo tecnico?

Questa domanda prevede una risposta su piani differenti. L'atleta delle prove multiple da un punto di vista fisico deve essere un atleta prevalentemente veloce e potente, con una struttura di base importante che consenta di reggere i volumi di lavoro che per allenare le prove multiple non possono che essere notevoli. Da un punto di vista caratteriale deve essere capace di affrontare tutte le discipline senza pensare a quella precedente o alla successiva, deve sapersi esaltare quando le cose vanno bene e non abbattersi se qualcosa va storto.

Da un punto di vista coordinativo e delle capacità di apprendimento dei gesti motori deve essere un fuoriclasse (Kevin Mayer ne è l'esempio più evidente)

Le competenze che servono ad un tecnico delle prove multiple credo siano infinite, non si smette mai di imparare, ci si confronta con moltissime situazioni differenti; due atleti diversi spesso vanno allenati in modo molto diverso anche per la stessa specialità. Credo che la competenza più importante sia la capacità di personalizzare il lavoro in base alle esigenze del singolo atleta.

L'evoluzione di Simone negli anni è stata costante, tanto che oramai da qualche stagione sta dominando la scena del decathlon italiano. La convocazione a Belgrado però è arrivata soprattutto perché non vi siete accontentati di questa supremazia “locale”. Dove avete cercato questi ulteriori stimoli?

Ho sempre pensato che non ci si debba accontentare dei risultati che si ottengono e che il mezzo migliore per crescere sia confrontarsi con i migliori per questo ormai da qualche anno cerchiamo di organizzare stage di allenamento o gareggiare in Francia dove le prove multiple e il salto con l'asta sono specialità con un livello molto più alto del nostro. Siamo consapevoli che Simone per caratteristiche è più competitivo nelle gare indoor quindi quest'anno abbiamo programmato una stagione mirata a questa qualificazione iniziando già a gareggiare nell'eptathlon nel mese di dicembre a Clermont Ferrand e riuscendo a raggiungerla ai campionati francesi Elite di Bordeaux. Per questa opportunità occorre ringraziare l'Atletica Lecco Colombo Costruzioni che ci sostiene sempre nei nostri progetti.

Simone, come noto, è fondamentalmente un dilettante che oltre allenarsi lavora. Come siete riusciti ad organizzare la sua preparazione in questa situazione?

Ormai sono anni che affrontiamo questa situazione; fino alla scorsa stagione con un lavoro full time gli allenamenti erano organizzati con tre lavori di forza in palestra la mattina prima del lavoro (alle 6) allenamenti molto brevi alla sera, curando solo quello che ritenevamo essenziale delle specialità (massimo un'ora e mezzo compreso il riscaldamento) e per finire due allenamenti più lunghi nel fine settimana; da settembre con il lavoro part-time le cose sono molto migliorate, abbiamo mantenuto la forza staccata dal resto degli allenamenti, ma non sempre deve essere fatta all'alba, e abbiamo potuto dedicare molto più tempo alle specialità e alla cura dei dettagli tecnici nelle sedute pomeridiane anche grazie al fatto che anche io cambiando lavoro ho avuto molto più tempo libero nel pomeriggio.

Nel corso di questa stagione, in ottica decathlon, l'obiettivo principale sarà esaltare i suoi punti di forza o cercare di colmare alcune delle sue lacune? Quali, se ce ne sono, secondo te sono le gare “chiave” per un decatleta?

Nel classico dilemma allenare i punti forti o quelli deboli la mia scelta è sempre caduta sulla prima delle due opzioni per varie ragioni: gli allenamenti sono più graditi agli atleti, le gare forti danno soddisfazioni anche al di fuori del decathlon, sapere di avere delle gare forti da sicurezza. Naturalmente un'attenzione importante va data alle tabelle di punteggio con una domanda che io mi faccio all'inizio di ogni stagione: in quali specialità posso guadagnare più punti senza dedicare un tempo eccessivo al loro sviluppo e senza che ciò comprometta le prestazioni in altre gare? Il tempo dedicato a lungo e asta questo inverno ha dato i frutti sperati e ora ci auguriamo che anche il disco faccia la sua parte.

Se devo pensarla in ottica generale le gare chiave del decathlon sono le prime tre della seconda giornata dove i veri specialisti fanno la differenza. In chiave personale con Simone sono invece le prime tre della prima giornata perché per lui lanciarsi nel modo giusto è fondamentale.

Chi è abituato a vedere gareggiare Simone ne conosce i punti di forza e le debolezze. Per quanto riguarda invece Simone in allenamento, quali sono i suoi pregi e, se ce ne sono, quali gli aspetti su cui può lavorare per migliorarsi?

Simone è un ragazzo molto positivo e disponibile a mettersi in gioco negli allenamenti, i risultati ottenuti non lo hanno minimamente cambiato, anzi lo hanno reso ancora più aperto verso gli altri e verso proposte di allenamento diverse anche nelle specialità che meno gradisce. Di lui apprezzo molto il fatto che si allena con chiunque gli venga proposto (il suo sparring partner per molti lavori di partenze quest'anno è stato un bambino di 9 anni) e che abbia sempre un atteggiamento costruttivo.

Deve sicuramente migliorarsi nella cura dei dettagli in allenamento che a volte lui sacrifica a favore di una ricerca della prestazione (vorrebbe sempre cronometrare e misurare tutto quello che fa) e deve avere il coraggio di esplorare i suoi veri limiti nella prova finale che crea ancora troppo timore reverenziale

Belgrado ha visto la conferma della stella di Kévin Mayer. Mayer, senza avere le caratteristiche fisiche eccezionali di un Ashton Eaton, sta dimostrando che si possono ottenere prestazioni e vittorie anche con doti da “superman motorio”. Anche altri degli atleti che han gareggiato con Simone a Belgrado, (ad esempio Ureňa) oltre che forti sono sembrati decisamente “bravi” e tecnicamente ben impostati. Credi che in Italia si sia persa la coltura del gesto sportivo e della precisione nella tecnica?

Credo che ci sia un discorso di scelta delle specialità alla base di questo; in altre nazioni i migliori atleti giovani vengono indirizzati alle prove multiple e svolgono per anni una preparazione di tipo multilaterale, in Italia approdano alle multiple gli atleti che non hanno sfondato in nessuna specialità. Inoltre negli anni ho notato la cattiva tendenza dei tecnici a specializzare gli atleti nella prova multipla della loro categoria (tralasciando specialità chiave che vanno conosciute già da giovanissimi come disco e asta). Semplicemente i nostri atleti sono in ritardo di anni rispetto a quelli di nazioni come Estonia, Francia, Germania dove fin dall'età della scuola elementare provano anche queste specialità

Sappiamo che sia tu che Simone amate viaggiare sia per gareggiare che per aggiornarvi tecnicamente. Quali sono secondo te in questo momento le scuole atletiche di riferimento?

La nostra scuola di riferimento è sicuramente quella francese con cui ormai abbiamo avviato importanti e continui contatti e risulta essere anche quella più comoda da un punto di vista logistico. Mi piacerebbe molto avere l'opportunità di girare l'Europa per conoscere altre realtà come quella estone, tedesca, ceca, britannica e continuare il mio processo di crescita professionale. A Belgrado abbiamo fatto dei passi in questa direzione prendendo molti contatti, infatti nel prossimo inverno Simone potrà partecipare all'importante incontro di prove multiple indoor di Praga. Per poter rendere operativi questi contatti e realizzare stage la federazione dovrà però darci il sostegno logistico ed economico necessari, quindi alle parole di lodi verso i risultati ottenuti finora speriamo seguano i fatti per poter ottenere risultati ancora migliori.

Helen Falda, una atleta con cui hai collaborato con successo, si è trasferita negli USA dove sta studiando e sta proseguendo nel suo percorso di evoluzione tecnica. Cosa ne pensi di questa scelta? Credi che la “carta americana” possa essere una buona soluzione per un atleta italiano e a quali condizioni?

La carta americana per Helen è stata fin da subito una mia proposta, ho contattato decine di coach e preso molti contatti perché lei potesse provare a fare questi 4 anni di università e atletica nel migliore dei modi. Lo scorso anno anche in allenamento abbiamo scelto di lavorare in funzione dei 4 anni futuri pensando a risolvere un problema di insicurezze e sperando che il tecnico americano sulla nostra base stabile potesse costruire quei miglioramenti tecnici che abbinati alle grandi doti di velocità di Helen e alla sua spiccata professionalità e voglia di migliorare sempre sta portando agli ottimi risultati che si possono vedere.

Sicuramente la scelta americana consente di allenarsi in strutture ottime e di avere a disposizione staff fisioterapico e medico costantemente. Fra i pro della scelta sicuramente il fatto che le ore giornaliere di università sono poche 3-4 mentre quelle disponibili per allenarsi molte 5-6, cosa molto diversa dalla realtà italiana.

Il sistema americano non deve essere considerato infallibile; secondo me molti tecnici delle università americane sono di medio-basso valore, noi siamo stati molto fortunati in questo senso anche grazie ad un cambio in corsa del tecnico che la segue.

Un altro fattore negativo è che gli atleti sono lasciati molto liberi al di fuori degli orari di allenamento con possibili problemi legati ad alimentazione sbagliata o all'eccessivo numero di feste e svaghi offerti dall'ambiente del campus e qui la professionalità dei ragazzi entra in gioco perché devono essere bravi ad auto-regolarsi.

A questo punto della tua carriera da tecnico, dopo tanta esperienza e tanti risultati puoi sicuramente considerarti un allenatore capace: come fa secondo te a migliorare e a crescere un tecnico sostanzialmente già bravo?

Io ho avuto una grande fortuna perché due dei bambini della prima generazione di atleti che ho seguito a Canegrate avevano grande talento e motivazioni e sono diventati atleti della nazionale assoluta, questo mi ha dato l'opportunità di frequentare molto Formia e di poter imparare da grandi allenatori stranieri come Zotko e Petrov e dagli italiani Frinolli e Tucciarone. Grazie a Sara Bruzzese sono entrato in contatto con tecnici americani che hanno molto modificato il mio approccio al salto con l'asta. Mentre negli ultimi anni con Helen e Simone ho conosciuto e imparato da molti dei tecnici francesi più importanti come Cochand, Collet e Innocentio.

Credo che il confronto, l'aggiornamento continuo e il restare con la mente aperta verso nuove idee e nuovi modi di affrontare l'allenamento sia il modo migliore di continuare a migliorare.

Le due cose che vorrei per il proseguimento della mia carriera sono l'opportunità di poter trasferire ad altri tecnici la mia esperienza e le mie conoscenze e l'opportunità di un'esperienza di lavoro all'estero; spero che almeno uno di questi due obiettivi possa trasformarsi in realtà

Ringraziamo Andrea per la disponibilità, e auguriamo un' ottima stagione outdoor a lui ed agli atleti che segue!

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Andrea Dell'Angelo

Sprint&Hurdles Coach | Fondatore e presidente ilCoach.net ASD
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Ostacoli alti: è tutta questione di ritmo!

30 Marzo 2017 by Redazione

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Questo articolo è tratto da una libera traduzione di Alessandra Neboli di un testo di Oliver Vallayes, tecnico degli ostacoli FFA

Qui trovate l'articolo originale "Les courses de haies hautes, après l’initiation" pubblicato sul sito di aggiornamento tecnico della Federazione Francese Athle.fr

 

La corsa ad ostacoli alti

“E’ tutta questione di ritmo.”

Questo articolo offre una panoramica generale sugli esercizi che possono essere proposti ad atleti che hanno appena intrapreso una prima fase di approccio agli ostacoli.

In questo articolo si affronteranno alcune delle problematiche che la corsa ad ostacoli comporta e di conseguenza, come gli allenatori possono intervenire per aiutare il progressivo miglioramento dell’atleta.

Vedremo in seguito i criteri d’efficacia dell’attraversamento della barriera, come deve essere svolta la corsa tra le barriere ed infine diverse proposte di lavoro grazie a degli esercizi specifici.

Principali caratteristiche da considerare nell'approccio agli ostacoli alti

Secondo Oliver Vallayes bisogna valutare la corsa ad ostacoli alti (110hs e 100hs) nella sua globalità più totale.

Come dice proprio il nome della disciplina, la corsa ad ostacoli non è un salto dell’ostacolo, ma una corsa vera e propria e non deve essere sottoposta ad una visione analitica (niente deve essere fatto marciando, ma appunto di corsa).

Qui di seguito sono elencati alcune delle principali caratteristiche per avviare un atleta all’approccio a questa specialità:

  • Il numero degli appoggi tra gli ostacoli deve essere sempre lo stesso (non si dovrebbe mai cambiare la gamba di spinta).
  • Lo sprint, è la chiave di lettura della riuscita dell’esecuzione corretta del movimento. Nelle gare di ostacoli si hanno solamente 8 appoggi per avanzare e acquisire la massima velocità, per cui bisogna essere reattivi ed esplosivi fin dall’inizio.
  • È una corsa contro degli avversari, per cui bisogna guardarsi attorno e monitorare la situazione anche stando nella propria corsia.
  • Il passaggio deve essere fatto al meglio e in totale scioltezza. Sicuramente è la parte più difficile della specialità, e deve essere affrontata in piena sicurezza dall’atleta che deve esercitarsi il più possibile con esercizi analitici e/o di corsa, per acquisirne la piena consapevolezza.

Fig. 1 Ostacoli alti. 100 ostacoli (Alessandra Neboli in azione)

Ostacoli alti: la velocità è tutto!

La problematica principale della corsa degli ostacoli è proprio quella di correre forte, il più velocemente possibile anche se ci sono degli ostacoli.

L’allenatore deve comprendere che ogni ostacolo deve essere l’occasione di una accelerazione per l’atleta e non deve frenarlo!

La velocità è una delle caratteristiche principali dell’ostacolista.

L’allenatore deve cercare di orientare l’allenamento al miglioramento della velocità e sopperire alle diverse carenze tecniche.

Superare la paura degli ostacoli, correndo veloce!

Il primo approccio con gli ostacoli per l’atleta potrebbe essere traumatico;

Gli ostacoli potrebbero suscitare nell’atleta una certa apprensione, provocata dalla sfida di mettersi in gioco e mostrare davanti all’allenatore le proprie capacità fisiche e magari la paura di non esserne all’altezza.

Questa tensione e iniziale difficoltà deve essere superata grazie alla velocità d’esecuzione dell’esercizio come prima cosa, e non grazie la tecnica.

L’obiettivo primario dell’atleta, nelle prime fasi di apprendimento soprattutto, è quello di superare l’ostacolo, diciamo, in qualsiasi modo possibile.

Se si facesse pressione all’atleta sulla tecnica o sulla metodologia del passaggio, se ne avrebbe il risultato contrario rispetto a quello desiderato.

Così facendo, in pratica, lo si fa focalizzare sui punti più critici della corsa, quelli della pericolosità e del rischio.

Ed è proprio quello che un bravo allenatore deve evitare!

Per cui bisogna soffermarsi ad osservare gli atleti nel loro primo approccio alla corsa ad ostacoli in modo globale e un po’ superficiale, concentrandosi solo sulla corsa e la velocità del passaggio.

La tecnica sarà poi affrontata in un secondo momento, dopo aver acquisito una certa dimestichezza con il passaggio della barriera.

A questo proposito si può dare qualche suggerimento.

L'importanza dello sprint negli ostacoli alti

Il segreto della corsa ad ostacoli è che rimane in ogni modo una corsa e soprattutto una corsa veloce.

La velocità non deve essere solo applicata tra gli ostacoli (nei tre passi di corsa tra una barriera e l’altra) ma anche nell’esecuzione del passaggio.

È solo grazie al fatto che si corre forte, che si recupera il punto di impulso e spinta.

Sempre grazie alla velocità ci si garantirà una spinta decisa che attiverà la gamba di richiamo ad avanzare senza destabilizzarsi (grazie al principale riflesso del rimbalzo della spinta).

Fig. 2 Ostacoli alti. 100 ostacoli (Alessandra Neboli in azione)

Fig. 2 Ostacoli alti. 100 ostacoli (Alessandra Neboli in azione)

 

L’equilibrio

L’equilibrio permette la ripresa della corsa nelle migliori condizioni possibili nell’uscita del passaggio dell’ostacolo.

Bisogna per cui cercare di eseguire il passaggio della barriera cercando di equilibrare la spinta il meglio possibile e non scomporsi nell’esecuzione.

E’ l’impulso scorretto della gamba che provoca il disequilibrio del corpo.

In effetti un richiamo dell’arto di spinta programmato e volontario provocherebbe una rotazione della cintura pelvica e frenerebbe la gamba di richiamo.

Invece dobbiamo eseguire il richiamo della seconda gamba in modo più efficace possibile, senza scomporsi.

Per cui per iniziare non si dovrebbe proporre agli atleti degli esercizi analitici che si focalizzino sul passaggio tecnico, ma anzi, degli esercizi di spinta e dare importanza all’eterogeneità dell’esercizio.

Dopo che si è appreso che la velocità del passaggio e della corsa sono le principali caratteristiche della buona riuscita  di questa disciplina, si può iniziare a lavorare sui criteri di efficacia della corsa e del passaggio.

Il ritmo nella corsa ad ostacoli alti

Questo è il punto decisivo della corsa ad ostacoli, ancora prima di parlare di tecnica del passaggio: il ritmo

Prima di tutto il passaggio deve essere eseguito con la stessa gamba d’appoggio e deve essere sempre pari[1].

Per iniziare degli esercizi a 6 appoggi (5 passi, vedi nota) sono una buona proposta per un atleta alle prime armi.

Questa prima proposta di esercizio permette all’atleta di riprendersi dopo il passaggio dell’ostacolo e di concentrarsi spingendo ed accelerando per prepararsi ad oltrepassare la barriera.

Generalmente i due passi antecedenti l’ostacolo sono i più importanti perché permettono di concentrarsi e prepararsi ad affrontare l’ostacolo. Il ritmo da 6 passi va bene come primo inizio e può essere costruito e ripetuto su 5 intervalli.

Tutti gli esercizi proposti si dovrebbero basare sulla regolarità e sulla riproducibilità degli esercizi.

L’altezza degli ostacoli può essere leggermente inferiore rispetto all’altezza in gara e l’intervallo adatto ad una corsa rapida, facile da eseguire per l’atleta ( da +4 a +12 piedi per rapporto e intervallo da competizione).

Una volta che il ritmo da 6 è stato appreso e integrato, si può scendere a 4 intervalli, con le stesse intenzioni: 1.2.3.4. e si adattano altezze e distanze ( -1 a 4 piedi per intervallo). A questo proposito ci si può chiedere: si può passare al lavoro analitico del passaggio se la “musica” del ritmo è stata compresa?

Ampiezza e frequenza negli ostacoli alti

L'ampiezza e la frequenza del passo sono due criteri non separabili dallo sprint ad ostacoli.

Entrambi non sono fattori da prendere sotto braccio, perché sono necessari per la miglior riuscita degli intervalli tra gli ostacoli.

A questo proposito bisognerebbe fare una media dell’ampiezza dei passi dell’atleta durante una corsa in velocità per capire se bisogna lavorare e intensificare l’ampiezza del passo oppure accorciarlo e renderlo frequente.

Alla fine bisogna eseguire solo 3 passi … ma bisogna saperli calibrare bene.

Tempo di contatto a terra negli ostacoli alti

Il tempo di contatto al suolo è il criterio che fa la differenza e che rende la corsa efficace e veloce.

Il tempo di contatto al suolo è associato alla nozione del tragitto del bacino sull’appoggio.

Bisogna ridurre il tempo di contatto al suolo a condizione che il centro di gravità non sia destabilizzato e rispetti tutti i tempi dei movimenti richiesti.

Si ritrova negli ostacoli, ma lo stesso paradosso che c’è nello sprint: bisogna rispettare la spinta del piede e dell’appoggio per poter avere un azione veloce ed efficace, altrimenti non si fa altro che perdere il piede ancora prima di poter applicare tutta la forza possibile.

Come allenare queste caratteristiche negli ostacoli alti?

Una volta che si sono compresi i principali punti del passaggio sugli ostacoli, si può finalmente integrare il lavoro con nuovi suggerimenti ed esercizi finalizzati ad aumentare la comprensione del passaggio dell’ostacolo e del ritmo della corsa ad ostacoli.

Variazioni d'intervallo e delle altezze degli ostacoli alti

L’obiettivo è, sicuramente, quello di allenare l’atleta per gli intervalli e le altezze ufficiali.

Come ormai avrete compreso, con l’andare del tempo, la perseveranza e la ripetizione continua di esercizi specifici ci avvicinerà alle distanze e le altezze da gara. Si passa come detto dai 6 passi ai 4 .

Questo lo si decide solamente quando si riscontra nell’atleta la completa  acquisizione delle capacità descritte in precedenza, che gli permettano di affrontare il livello successivo. Si proporrà ad ogni allenamento almeno tre intervalli con distanze variate.

Queste distanze dovranno riflettere ciò che si è imparato in precedenza e mettere in pratica il cambio di velocità tra le barriere. Non bisogna mai dimenticarsi di andare comunque veloci.

 

Fig. 3 Ostacoli alti. 100 ostacoli (Alessandra Neboli in azione)

Allenare il ritmo negli ostacoli alti

La ritmica è il riflesso della piena comprensione del proprio corpo e di quello che si sta eseguendo.

Il ritmo 1.2……3.4. dell’inizio deve evolvere nel tempo in  1.2…..3….4 per poi poter arrivare con l’esercizio e la pazienza ad un esecuzione rapida di 1.2.3.4 o addirittura 1.2.34! ( fare attenzione ai puntini!).

La conoscenza dei ritmi corretti

Bisogna comprendere quando e come aumentare per andare verso la spinta e il superamento della  barriera.

Sviluppare la resistenza alla ritmica di corsa

Per degli atleti che vogliono migliorarsi, bisogna lavorare sulla capacità di  mantenere un determinato ritmo per l’intera durata della corsa.

Questa, se fatta su delle ripetizioni relativamente lunghe con almeno 5 ostacoli, si può allungare fino a 10 intervalli.

In queste situazioni bisogna, per avere una grande frequenza, proporre degli intervalli permanenti per una falcata facile (distanze da -1 e -3 piedi). Questo sia per un ritmo da 6 che da 4.

Si potrebbe anche mixare i due tipi d’intervallo, ossia: ad inizio stagione si potrebbe iniziare con un ritmo da 4 per poi finire a 6. Se non si è in grado di tenere un ritmo di 4 appoggi, poco a dopo dall’inizio della preparazione si proverà allora a cambiare a 6 per riuscire ad arrivare alla fine del percorso/ripetuta senza troppe difficoltà (perché si ha più tempo per riequilibrarsi).

Mentre verso la fine della preparazione si riutilizzerà più il ritmo da 6 che da 4. Il passo da 6  viene utilizzato questa volta per prendere massima velocità e l’obiettivo è quello di mantenerla fino alla fine del percorso.

Con quest’ultima proposta si può arrivare fino a 3 intervalli con 6 appoggi.

Allenare "la spinta"

Come abbiamo visto, la spinta al suolo è la chiave dell’equilibrio durante il passaggio dell’ostacolo, che per essere efficace deve essere relativamente lontano dall’ostacolo e effettuato ad una velocità d’appoggio elevata. Un secondo criterio d’efficacia, è il tragitto del bacino sull’appoggio di spinta.

Più il bacino seguirà il tragitto della prima gamba in attacco nello scavalcamento della barriera, più il richiamo della seconda gamba resterà all’interno dell’asse di corsa.

Devono essere pertanto proposti agli atleti degli esercizi che abbiano l’obiettivo di memorizzare l’applicazione delle forze al suolo e di mantenere gli allineamenti corretti in modo tale che enfatizzino la ripresa del punto di appoggio/spinta e che non facciano perdere troppa velocità durante la fase aerea del passaggio.

Esercitazioni pratiche per l'allenamento degli ostacoli alti

Doppio apppoggio

In base all’età degli atleti, bisognerà mettere gli ostacoli all’altezza del ginocchio e a distanze variate.

Si potrebbe iniziare da 9 piedi per poi passare progressivamente aumentare da 1 ad un piede e mezzo, fino a mezzo intervallo per i migliori atleti.

Il primo ostacolo deve essere approcciato abbastanza velocemente ma il fattore più importante è quello di mantenere la velocità costante nonostante gli intervalli tra gli ostacoli si allarghino o diminuiscano, siano per cui più stretti o lontani.

Lo stesso esercizio può essere anche svolto in modo analitico e laterale. In camminata, o con un passaggio laterale a 4/5 piedi di distanza tra un ostacolo e l’altro, si può effettuare un passaggio e una discesa molto veloci al suolo .

Il rafforzamento specifico del core e della muscolatura

La più grande perdita di tempo su un ostacolo è quella data dal disequilibrio dell’atleta durante la fase aerea sulla barriera facendolo uscire “fuori asse”.

La perdita di tempo viene accentuata ancora di più in seguito, quando l’atleta deve riparare al danno commesso sperando molta della forza che gli rimane.

Ricorda: in pista, non bisogna eliminare il contro peso degli ostacoli.

Se capitasse di toccare una barriera, ancora meglio!

Cercare di resistere ad un contraccolpo e tutte le sue conseguenze è un vero rinforzo e allenamento!

Attenzione però: l’obiettivo non è cercare di toccare o inciampare in un ostacolo!

Al contrario!

Al di fuori del rinforzo muscolare, bisogna cercare di lavorare per guadagnare il più possibile sul passaggio dell’ostacolo, sorpassandolo  con tutta l’asse del corpo in linea.

Bisogna rinforzare il core su tutto l’asse del corpo dell’atleta, rafforzare il collegamento delle due cinture scapolare e pelvica a partire dai piedi per arrivare alle spalle (un semplice lavoro di esercizi obliqui non serve; si può anche prendere un ostacolo e avvicinarlo al muro, appoggiare le mani al muro e indirizzare l’asse del corpo in obliquo verso il muro avendo le gambe e ginocchia libere indirizzate verso l’ostacolo  e camminare, attaccare e sorpassare l’ostacolo con le mani sempre ferme sul muro).

La partenza negli ostacoli alti

“Come ci si sente bene sul primo ostacolo...”

Ecco, esattamente questo è quello che Monsieur Vallayes vuole che rimanga impresso nella partenza degli ostacolisti.

Essendo una gara di velocità, la partenza potrebbe assomigliare a quella di un velocista, invece qua ci sbagliamo.

La partenza di un ostacolista è suddivisa in diverse fasi.

Generalmente i primi passi di uscita dal blocco sono i più ampi e in spinta.

Questo lo si fa generalmente per procurarsi l’impressione di essere troppo vicino all’ostacolo col risultato di dover accorciare e velocizzare gli ultimi passi prima del superamento della prima barriera.

Questo permetterà di avere le cadenze elevate sugli ultimi appoggi prima dell’ostacolo e di preparare così il ritmo del primo intervallo.

Questo consiglio permette agli atleti di aumentare davanti al primo ostacolo, condizione che li fa sentire in asse.

Per gli esercizi si propone una partenza con dei passi ampi in uscita dai blocchi magari su delle distanze a 5 , 4  poi 3 passi in base al momento della preparazione (diminuirà più ci si avvicina ai periodi gara).

Non bisogna esitare ad entrare convinti al primo ostacolo!

Come per il primo intervallo, bisogna adattarsi a questa distanza d’entrata e renderla facile grazie alla velocità e il passaggio.

Su questo modello, è anche possibile pensare a una partenza ( per maschi e femmine) di soli 7 appoggi, che permetta agli sprinter di non indugiare e avere dubbi..e che lasci parlare le loro qualità!

Fig. 4 Ostacoli alti. 100 ostacoli (Alessandra Neboli in azione)

Costruire l'ostacolista a lungo termine

Terminata questa fase di apprendimento, la tappa successiva sarà quella di lavorare sui seguenti punti:

  • Diminuzione del tempo del passaggio
  • Diminuzione del tempo d’inerzia
  • Efficacia della gamba d’attacco e di richiamo
  • Circuito dei piedi all’interno della corsa tra gli ostacoli
  • La muscolatura
  • Catene propulsive
  • Catene di sostegno o antigravitazionali

Con questi nuovi punti, si è totalmente dentro un'altra sfera dell’allenamento specifico degli ostacoli che richiede almeno 3 o 4 allenamenti a settimana.

[1] In questo caso viene considerato anche il primo appoggio di discesa dell’ostacolo (per questo quattro passi). Anche gli esercizi proposti si seguito tengono in considerazione l’appoggio della discesa.

 

Letture consigliate

The Art of Hurdling: A Manual for Hurdle Coaches

Secrets To Becoming A Successful Hurdler

 

Alessandra Neboli

Alessandra Neboli

Traduttrice
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Allenare la velocità. Teoria e pratica della scuola USA

29 Marzo 2017 by Redazione

Allenare la velocità – SOLD OUT

Corso teorico e pratico secondo la scuola USA.

Lunedì 24 e martedì 25 aprile a Desenzano del Garda

Impara ad allenare lo sprint secondo la scuola dell’ALTIS.

Come creare un protocollo di riscaldamento in base all’obiettivo centrale dell’allenamento?

Come programmare la stagione?

Quali sono i punti chiave di una buona partenza dai blocchi? E della fase di accelerazione?

Quali esercitazioni utilizzare in palestra e come utilizzarle per sviluppare la forza del velocista in modo ottimale?

Questo corso ti fornirà tante risposte (e magari qualche nuova domanda)! Scopri il programma.

Le iscrizioni saranno limitate per motivi organizzativi. 

SOLD OUT!!!

Programma del corso

MODULO 1: LUNEDÌ 24 APRILE (13:00 – 18:00)

Il modello dell’Altis: organizzazione per l’alto livello – Alessandro Vigo

  • Cos’è l’Altis e perchè è un modello di organizzazione da seguire

Il riscaldamento del velocista: la teoria – Alessandro Vigo

  • Riscaldarsi seguendo un protocollo: continuità e progressione.
  • Costruire la base del riscaldamento: torso activation (TA), dynamic mobility (DM), dynamic flexibility (DF).
  • Il cuore del riscaldamento del velocista: sprint drills (SD).
  • Preparare al lavoro pliometrico: elastic strength (ES) e multiple jump (MJ).
  • Preparare al lavoro di forza: general strength (GS).
  • Il riscaldamento negli allenamenti rigenerativi: crawl and slide (CS)
  • Protocolli di riscaldamento del velocista: A, B e C
  • Il riscaldamento come strumento di monitoraggio quotidiano (daily assessment): cosa osservare?

Il riscaldamento del velocista: la pratica (in pista) – Alessandro Vigo

  • Sessione pratica in campo

Linee guida di periodizzazione del velocista – Alessandro Vigo e Tommaso Finadri

  • Periodizzare e pianificare l’allenamento secondo il modello ALTIS
  • Periodizzare e pianificare l’allenamento tramite l’utilizzo dell’accelerometro

 

MODULO 2: MARTEDÌ 25 APRILE (09:00 – 13:00)

L’accelerazione e la partenza dai blocchi: la teoria – Alessandro Vigo

  • Introduzione e curiosità
  • Punti chiave della partenza dai blocchi
  • Punti chiave dell’accelerazione
  • Esercitazioni per migliorare la partenza e l’accelerazione

L’accelerazione e la partenza dai blocchi: la pratica – Alessandro Vigo

  • Sessione pratica in campo

L’allenamento della forza per il velocista – Flavio Di Giorgio

  • Individuazione dei prime movers dello sprinter
  • Forza generale e forza specifica
  • Il ruolo del core per un buon assetto di corsa
  • Quali esercitazioni per sviluppare la forza nel velocista
  • L’esecuzione dei principali esercizi

 

MODULO 3: MARTEDÌ 25 APRILE (15:00 – 19:00)

La fase lanciata: la teoria – Alessandro Vigo

  • Introduzione e curiosità
  • Punti chiave della fase lanciata
  • Esercitazioni per migliorare la fase lanciata

La fase lanciata: la pratica – Alessandro Vigo

  • Sessione pratica in campo

 

 

Location e orari

Centro sportivo Desenzano del Garda – Via Giotto 104, Desenzano del Garda (BS) –  Gli orari sono indicati nel programma dei vari “MODULI” (è consigliato presentarsi 20′ prima dell’orario indicato).

La parte teorica del corso sarà svolta in un aula del centro sportivo. La parte pratica sarà svolta campo “Ghizzi” (nella foro sotto) che è fornito di una pista di atletica leggera ad otto corsie.

Pista atletica Desenzano del Garda

Pista atletica Desenzano del Garda

 

Costi e scontistiche

Le iscrizioni saranno limitate per motivi organizzativi. 

Solo 4 posti disponibili per la giornata di Martedì 25/4

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Pacchetti

Descrizione

Costo

(pagamento in loco)

Costo

(pagamento entro il 17 aprile
tramite bonifico o PayPal)

 

FULL (SOLD OUT) MODULO 1 + MODULO 2 + MODULO 3 187,00 € (SOLD OUT) 157,00 € (SOLD OUT)
2 MODULI (a scelta) 2 MODULI A SCELTA tra quelli del programma 137,00 € (SOLD OUT) 119,00 €(SOLD OUT)
1 MODULO (a scelta) 1 MODULO A SCELTA tra quelli del programma 77,00 € ((SOLD OUT) 67,00 € ((SOLD OUT)

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Prezzo di gruppo
(pagamento entro il 17/4 – prezzo a persona)

Solo 4 posti disponibili per la giornata di Martedì 25/4

Cosa si intende per prezzi di gruppo? Se vieni con uno o più amici e prenotate insieme potete fruire di uno sconto

Iscritti FULL 2 MODULI (SOLD OUT) 1 MODULO (SOLD OUT)
2 139,90 € (SOLD OUT) 109,90 59,90
3 129,90 € (SOLD OUT) 104,90 57,90
4 119,90 € (SOLD OUT) 99,90 54,90

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Prezzo per studenti di Scienze Motorie
(pagamento entro il 17/4)

SOLD OUT!!!!

FULL (3 moduli)
117,70 € (sconto 35% sul prezzo totale)

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Cosa comprende la quota d’iscrizione?

PACCHETTO FULL CON PAGAMENTO ENTRO IL 17 APRILE

Per chi si iscrive entro il 17/4 il pacchetto “FULL”, che comprende tutti e 3 i moduli, include:

  • lezioni teoriche e pratiche;
  • dispensa cartacea del corso;
  • eventuale tesseramento base a ilCoach.net A.S.D. (permette di ottenere bonus e sconti su futuri corsi e servizi da noi proposti, oltre ad una copertura assicurativa base dell’AICS);
  • attestato di partecipazione;
  • possibilità di visionare illimitatamente, online, il/i video dell’evento.

*in caso di iscrizione e pagamento online, e mancata partecipazione all’evento per motivi personali, se comunicato entro il 21/4 si ha diritto ad un rimborso pari al 50% della quota pagata.

 

ALTRE OPZIONI

Tutte le altre opzioni di iscrizione includono:

  • lezioni teoriche e pratiche;
  • eventuale tesseramento a ilCoach.net A.S.D. (permette di ottenere bonus e sconti su futuri corsi e servizi da noi proposti, oltre ad una copertura assicurativa base dell’AICS);
  • dispensa in PDF del corso che sarà inviata tramite e-mail al termine del corso stesso.

 

PRANZO

Il pranzo, per chi volesse, sarà effettuato presso un ristorante vicino al luogo del corso, ad un prezzo convenzionato (15 €). Nella e-mail di iscrizione indicare se si vuole pranzare con noi oppure no!

 

SOGGIORNO

Desenzano, come le località limitrofe, ha una grande tradizione turistico ricettiva e sono numerosissime le tipologie di strutture nelle quali é possibile pernottare.

Desenzano del Garda

Desenzano del Garda

 

Modalità di iscrizione e pagamento.

Le iscrizioni saranno limitate per motivi organizzativi. 

Corso al completo! SOLD OUT!!!

 

 

Partner istituzionali dell’evento

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Partner tecnico dell’evento

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Intervista a Flavio Di Giorgio assistente alla preparazione atletica di Filippo Tortu

6 Marzo 2017 by Redazione

Flavio-Di-Giorgio-con-Filippo-Tortu-e-Andrea-Federici

Abbiamo il piacere di inaugurare la rubrica "I coach de Ilcoach" con un'intervista a Flavio Di Giorgio, giovanissimo tecnico che, in Italia, è conosciuto principalmente per la collaborazione con Salvino Tortu nella preparazione condizionale del talento della velocità Filippo Tortu.

In realtà Flavio, nonostante la giovane età, vanta già un curriculum di tutto rispetto sia da atleta, che da allenatore, che da "studente" dello sport.

Non é  infatti un caso che l'abbiamo conosciuto in quest'ultima veste, compagno di banco dello staff de ilCoach ad un corso dell' ISCI.

 

Ciao Flavio raccontaci un po' chi sei e quale è stato il tuo percorso nel mondo dello sport?

Finite le superiori a Varese, nel 2009, parto per il Galles per quella che si sarebbe poi rivelata essere non solo una grande esperienza di vita ma anche sportiva. Venendo dal mondo del rugby, infatti, i paesi anglosassoni rappresentavano la possibilità di crescere atleticamente in modo sostanziale. Lì ottengo una borsa di studio che mi permette di iscrivermi alla Swansea University, dove mi laureo in scienze motorie nel 2013. Dopo quattro anni passati all'estero decido di tornare in Italia: gioco, per due stagioni, al Petrarca Padova e comincio parallelamente anche la mia carriera di preparatore atletico, allenando l'under 18 e la squadra cadetta della società.

Nello stesso periodo inizio a lavorare anche con Mattia Schiavolin, considerato il quinto migliore atleta italiano di MMA di sempre, approcciandomi gradualmente anche a questa nuova disciplina.

Un infortunio e tanti dubbi sul mio futuro come giocatore mi fanno riflettere sul da farsi e decidere, infine, di smettere definitivamente di giocare per dedicarmi a tempo pieno alla preparazione fisica. Inizio così un percorso di tirocini che, oltre a portarmi in giro per il mondo, imprime un'accelerazione decisiva alla mia carriera.

Dapprima approdo al dipartimento di sport olimpici della University of Texas, ad Austin, negli Stati Uniti, dove seguo la preparazione delle squadre di atletica leggera, calcio femminile, nuoto, tuffi e pallavolo. In quei mesi, passo i pomeriggi nella palestra dal nome De Franco’s Gym, dove posso osservare la preparazione degli atleti di football americano amatoriali e dell'NFL.

Il secondo tirocinio mi porta, invece, a Columbus, in Ohio, dove trascorro tre mesi a fianco di Louie Simmons e Tom Barry alla Westside Barbell, considerata unanimemente la palestra di powerlifting più famosa al mondo. Louie è uno dei massimi esperti mondiali in materia di forza ed esplosività e le tecniche alternative che propone mi sono servite molto per confrontare i loro allenamenti con quelli che si vedono qui in Italia.

Nell'estate del 2016 torno in Europa, a Zurigo, dove, all'Elite Training, la palestra di Arno Galmarini, seguo la preparazione atletica degli ZSC Lions, la più importante squadra di hockey su ghiaccio svizzera, e di alcuni atleti della nazionale elvetica di sci e snowboard. A settembre comincio a lavorare con Filippo Tortu, giovane promessa della nazionale italiana di atletica, e divento capo preparatore atletico del Valpolicella Rugby, squadra di serie A. Faccio parte del team Magnitudo Training, una palestra dedicata alle performance atletiche di sport di squadra e individuali situata a Verona, e da qualche settimana lavoro con la FC Chiasso, una società di calcio, occupandomi nello specifico dello sviluppo fisico della forza e dell'esplosività dei giocatori della prima squadra.

Flavio Di Giorgio relatore ad un incontro di formazione all'Università Statale di Milano (Scienze Motorie)

Da quanto ci racconti attraverso lo sport hai viaggiato molto. Nel tuo caso la chiave dell internazionalità è stata più una ricerca, un' occasione, un caso o un'esigenza formativa e professionale?

La decisione di frequentare l'università all'estero è nata dal mio desiderio di conoscere culture nuove e, soprattutto, di poter studiare in un ambiente professionale e all'avanguardia, di gran lunga più adatto alla realtà contemporanea delle scienze motorie rispetto a quello proposto in Italia.

I tirocini, invece, sono stati delle esigenze formative che definirei imprescindibili e inevitabili. Purtroppo sono ancora poche le persone in grado di rendersi conto di quanto sia antiquata, inefficace e - in alcuni casi - anche controproducente la preparazione atletica nel nostro Paese. Tutti coloro che abbiano avuto la possibilità di lavorare e confrontarsi con alcuni tra i migliori preparatori atletici in attività a livello mondiale lo possono confermare. Spesso, all'estero, noi italiani veniamo derisi per il modo in cui ci alleniamo.

 

Anche se sei molto giovane, hai già un curriculum piuttosto importante. Una volta che si è  raggiunto un certo livello di competenza non è semplicissimo districarsi e scegliere proposte formative adeguate. Tu come progetti la tua formazione e il tuo aggiornamento?

Di certo più si avanza professionalmente più il cerchio si stringe, ma sono e resterò sempre uno studente che, con umiltà, continuerà a studiare per migliorare le sue conoscenze e crescere nel campo dello sviluppo della performance atletica.

Da qui nasce, ovviamente, il desiderio di voler imparare dai migliori. Nel caso delle certificazioni, cerco sempre delle persone e delle metodologie che rispecchino un giusto compromesso tra la teoria scientifica e la pratica. Per me è molto importante la storia che porta con sé un preparatore, così come lo sono alcune metodologie di allenamento che negli ultimi decenni hanno contribuito al successo di molti atleti d'élite e hanno influenzato positivamente il mondo della preparazione atletica.

 

Tu sei arrivato all'atletica nostrana partendo subito dall'alto livello, ma dopo aver visto come funziona l'atletica negli USA e dopo una lunga esperienza in altri sport. Che idee ti sei fatto della nostra impostazione tecnica, paragonata a quella di altre discipline e al mondo americano?

Ora, va premesso che tutto il mondo è paese. È sbagliato idealizzare troppo l'America. Anche lì ho visto degli allenamenti agghiaccianti.

Detto ciò, una grande fortuna che ho è quella di poter collaborare con l'allenatore di Flippo, il padre Salvino Tortu che è, a sua volta, ossessionato dalla perfezione tecnica del gesto motorio e dalla programmazione. Il che si sposa perfettamente con la mia filosofia di lavoro.

Negli ultimi mesi ho avuto modo di assistere a molti allenamenti in varie società sportive del nord Italia e, per quanto riguarda la parte che si svolge in palestra, vedo la mancanza sostanziale di una conoscenza della tecnica e della biomeccanica delle alzate. Vengono utilizzati schemi motori di attivazione sbagliati e esecuzioni legate alla teoria della programmazione di forza ed esplosività che non fanno altro che danneggiare l'atleta stesso.

La differenza sostanziale tra il sistema americano e quello italiano sta, forse, nella specializzazione e nella possibilità di ampliare lo staff. Qui ci sono troppi tuttologi che, in realtà, non hanno le competenze necessarie per questo lavoro. In America invece ogni atleta ha a disposizione un capo allenatore tecnico e un preparatore fisico.

 

Il lavoro dell' allenatore è spinto in buona misura da una grande passione, ma occorre pensare sempre e in concreto alla propria evoluzione professionale. Come ti vedi da qui ai prossimi 5 anni?

So esattamente dove voglio arrivare. Sono scaramantico, quindi preferisco non rivelare nulla; tra cinque anni ci rivedremo e faremo il punto della situazione. E, quando sarà, spero di arrivarci con un bel sorriso stampato in faccia!

 

Flavio Di Giorgio

Athletic Performance Coach- S&C

Westside Barbell Special Strengths certified Coach

Facebook: https://www.facebook.com/flaviodig/ 

Instagram: https://www.instagram.com/flaviodig/

 

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Andrea Dell'Angelo

Sprint&Hurdles Coach | Fondatore e presidente ilCoach.net ASD
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Sprint running analisys: come monitorare i risultati degli allenamenti?

26 Gennaio 2017 by Redazione

Sprint running analisys: come monitorare i risultati degli allenamenti

La corsa di velocità è un gesto che accumuna molteplici sport con finalità diverse (atletica leggera, calcio, rugby…) e per questo è un fattore determinante della performance.
Nell’ambito dell’atletica leggera, il riuscire a raggiungere (60 e 100 metri) o mantenere (200 e 400 metri) elevate velocità di corsa diventa determinante per poter ottenere la vittoria nelle corse di velocità. Di conseguenza il riuscire a determinare delle variabili o degli indici di performance in grado di dare un’indicazione sul risultato dell’allenamento è di vitale importanza per la programmazione dell’allenamento.

Sprint running analisys. Perché la potenza?

L’abilità dell’atleta di raggiungere una elevata accelerazione in orizzontale, è direttamente correlata alla sua capacità di imprime una grande quantità di forza nell’asse orizzontale di corsa (direzione di arrivo). Come conseguenza di ciò, l’atleta deve riuscire a generare il più alto valore possibile di potenza meccanica (P = F x v).
Recentemente, diversi studi hanno messo in luce la capacità degli atleti più abili di riuscire ad orientare al meglio la forza espressa a terra, generando così elevate potenze ad ogni passo. Tutto ciò permette a tali atleti di riuscire ad accelerare il corpo in maniera ottimale e arrivare in tempi brevi alla loro velocità massima di corsa.
È quindi evidente che poter monitorare i livelli di forza e potenza dei nostri atleti direttamente sul campo e a basso costo è di vitale importanza per riuscire a monitorare il loro stato di forma prima della competizione.

Sprint running analisys. Come si misura la potenza?

In passato gli strumenti utilizzati per misurare la potenza non erano accessibili a tutti, in quanto molto costosi e sicuramente “complessi” da utilizzare (es: piattaforme di forza).
Recentemente sono stati però messi appunto dei metodi alternativi e praticamente a costo zero in grado di stimare la potenza meccanica di ogni passo di corsa.
Il metodo che vi sto per spiegare lo trovate esplicato nel dettaglio nell’articolo di Samozino et al., 2015, mentre qui sotto vi riporto i passaggi fondamentali che vi consentiranno di applicare il metodo in maniera semplice.

  1. Procurarsi una fotocamera/telecamera/smartphone o qualsiasi altro dispositivo in grado di registrare dei file video.
  2. Assicurarsi che il dispositivo abbia almeno una frequenza di acquisizione di 100 fps. Qual ora non siate in possesso di un dispositivo del genere potete procedere in ogni caso, sapendo però che la precisione della vostra misura ne risentirà.
  3. A questo punto filmate la corsa del vostro atleta, mettendovi ad una distanza da lui che vi permetta di riprendere la zona di corsa desiderata. Tenete conto che con un singolo dispositivo è meglio non superare i 10 m di spazio di corsa
  4. Scaricate il file video sul PC e analizzatelo con un software di video analisi gratuito (es: Kinovea o Tracker Motion). In particolare vi dovrete ricavare: i tempi di volo, i tempi di contatto e l’ampiezza di ogni passo;
  5. Per coloro che volessero imparare ad usare il software ci sono dei tutorial online molto semplici: http://physlets.org/tracker/

Sprint running analisy. Tracker Motion

Sprint running analisy. Tracker Motion

Sprint running analisy

Sprint running analisys. Tracker Motion

A questo punto si procede come segue:

  1. La velocità di corsa, ricavata passo per passo, la si ottiene:Calcolo velocità di corsa. Sprint Running Analisy
  2. La forza orizzontale espressa a terra ad ogni passo la si può ottenere a sua volta come:Forza orizzontale. Sprint Running Analisydove m è la massa del soggetto, ah l’accelerazione che potete ricavare facilmente dividendo la velocità per il tempo (ah = ∆v/∆t) e Faero è la componente di forza che l’atleta deve generare per vincere la resistenza dell’aria. Per semplificare e rendere più semplice la computazione della potenza si può omettere la componente aereodinamica.
  3. A questo punto la potenza meccanica orizzontale espressa ad ogni passo può essere calcolata come:potenza meccanica orizzontale

Come risultato abbiamo tre variabili espresse passo per passo che ci permettono di individuare i punti di forza e debolezza del nostro atleta.
Infatti, possiamo ricavare un grafico forza-velocità, inserendo i valori appena ricavati e ottenendo un risultato simile a quello riportato sotto.

Fig. 1. Grafico Forza-Velocità. Sprint running analisy

Fig. 1. Grafico Forza-Velocità. Sprint running analisys

Supponiamo che il grafico qui riportato rappresenti i valori di forza e di velocità di un atleta prima (pallini bianchi) e dopo (pallini neri) un periodo di allenamento. Inserendo i valori che avete precedentemente ottenuto con il metodo elencato e aggiungendo una linea di tendenza potete immediatamente vedere come, in questo caso, il vostro atleta sia molto migliorare nella sua capacità di esprime velocità.
Potete quindi dedurre che il vostro allenamento ha ottenuto gli effetti desiderati. Se invece l’obbiettivo era quello di implementare la forza espressa, in questo caso avete fallito.
Infine, come risultato dell’allenamento, ci si dovrebbe aspettare un innalzamento della potenza espressa, che si potrebbe manifestare come nel grafico qui sotto.

Fig. 2 Potenza espressa. Sprint running analisy

Fig. 2 Potenza espressa. Sprint running analisy

Come si può notare, anche in questo caso, se supponiamo che la linea blu sia il test effettuato dopo un mese di allenamento si potrebbe affermare che il nostro atleta è effettivamente migliorato.

Sprint running analisys. Esistono altri metodi per ottenere lo stesso risultato?

Quello precedentemente elencato è il metodo indiretto più corretto. Ovviamente ci sono diversi strumenti utili ad ottenere una misura di velocità, dalla quale poi ricavare l’accelerazione, la forza e potenza.
Possiamo per esempio, mettere delle fotocellule ogni 5 m (per una distanza complessiva di 20m) e ricavare dai tempi di percorrenza la velocità media di ogni frazione. Successivamente, computiamo l’accelerazione e da quest’ultima la forza, arrivando infine alla potenza.
Con il metodo delle fotocellule, non avrete ovviamente la possibilità di monitorare ogni passo di corsa e di conseguenza non potrete sapere come si comporta il vostro atleta nelle diverse fasi dello sprint, ma è comunque un buon metodo per avere dei dati affidabili.

In alternativa, per coloro che non dispongono di nessuna di queste strumentazioni, è disponibile un’applicazione che si avvale di questa metodica per computare proprio la forza e la potenza durante lo sprint. Si chiama MySprint e funziona solo per dispositivi Apple.

Sprint running analisys. Concludendo…

Abbiamo visto come poter monitorare efficacemente l’effetto degli allenamenti sui nostri atleti in maniera semplice e a basso costo. Ricordo infine che è possibile ricavare la velocità di corsa in maniera accurata anche senza dover intraprendere un’analisi video.

Nonostante la semplicità del metodo proposto, è ovviamente necessaria un pò di esperienza nella rilevazione dei dati e nella preparazione dei test e degli atleti, al fine di ottenere risultati attendibili.

Bibliografia

Samozino P, Morin JB, Dorel S, Slawinski J, Peyrot N, Saez-de-Villareal E, Rabita G. A simple method for measuring power, force and velocity properties of sprint running. Scand. J. Med. Sci. Sports. 2015; doi: 10.1111/sms.12490.

Morin JB, Samozino P. Interpreting power-force-velocity profiles for individualized and specific training. Int J Sports Physiol Perform. 2016;11:267-272.

Andrea Monte

Prof. Andrea Monte

Ph.D. Student Biomeccanica e Fisiologia Movimento Umano
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