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Definire i carichi di allenamento: il segreto sta nella velocità

9 Febbraio 2017 by Redazione

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Definire i carichi di allenamento secondo le percentuali (PBT) o secondo la velocità d'esecuzione (VBT)

 

Approccio tradizionale all'allenamento

Quando si pensa alla programmazione della forza in palestra, l’approccio “tradizionale” consiste nello stabilire delle intensità di allenamento ottimali per ogni esercizio in funzione dell’obbiettivo prestabilito. L’intensità dell'esercizio altro non è che la percentuale di carico utilizzato relativo al carico massimale (1RM).

Con l’esperienza e la ricerca sono state stabilite delle zone di intensità che vengono considerate ottimali per lo sviluppo di specifici “tratti” o tipi di Forza.

Per esempio è facile discutere di come un alta intensità negli esercizi di "Powerlifting" sia garanzia di un carico allenante per la Forza Massima e di come la zona tra 80 e 85% di intensità sia il limite sopra al quale si può considerare il carico allenante.

E' invece più difficile trovare la zona che garantisce la massima potenza. Coach e atleti sono spesso impegnati nella ricerca “ad occhio nudo” in una larga zona tra il 45% e il 70% di intensità. I tratti della Forza da allenare sono molteplici e fino ad oggi sta molto all’arte del coach riuscire a distinguere la percentuale giusta di carico in funzione della qualità che vuole allenare.

Uno strumento utile e abbastanza popolare quando si parla di ottimizzazione dei carichi e dei volumi è la famigerata tabella (figura 1) di A.S. Prilepin, che mostra il numero di ripetizioni ottimali in funzione delle percentuali di carico.

Figura 1. Tabella di Prilepin. Definire i carichi di allenamento

 

In effetti AS Prilepin è stato il primo a ricercare in ottica di ottimizzazione dei carichi ed è giunto ai numeri presenti nella tabella utilizzando un metodo che verso negli anni ’70 era pura fantascienza: aveva fatto i conti con le velocità di esecuzione delle ripetizioni, misurandole semplicemente con una strumentazione da laboratorio. A lui ne sono seguiti altri come C. Bosco, Komi, Jidovsteff, Jandacka, Verkhoshansky, Zatsiorsky e in ultimo e i piu recenti Bryan Mann e gli spagnoli Gonzalez-Badillo e Sanchez-Medina.

I coach la cui arte era oggetto delle righe in precedenza sapranno benissimo spiegare come la velocità sia anche alla base delle loro valutazioni e costituisca il “segreto” per valutare un carico ottimale.

Figura 2. Performance based model. Definire i carichi di allenamento

Possiamo quindi prendere la velocità come la caratteristica principale di ogni tipologia di forza e dividere le varie tipologie di forza a seconda della velocità a cui sono espresse. A partire dalla forza isometrica, che ha velocità nulla, passando per la forza massima assoluta che pensando ad una ripetizione massimale necessariamente mostrerà velocità di movimento lente, per finire con la forza esplosiva o come definita dagli americani, la Starting Strength, che avrà le piu alte velocità di movimento possibili.

E’ quindi possibile associare le differenti tipologie di Forza che precedentemente erano accompagnate da intensità di riferimento, con delle Velocità di riferimento. Queste velocità delimitano le zone di Forza esattamente come succede con le percentuali di carico relativo e le intensità.

Figura 3. Zone di velocità. Definire i carichi di allenamento

In pratica, i coach possono adesso cercare un peso che consenta una determinata velocità specifica per allenare la tipologia di Forza Specifica desiderata.

Per essere più precisi, parliamo qui sempre della velocità come riferita esclusivamente alla fase concentrica in uno sforzo per alzare il peso il più velocemente possibile.

Figura 4. Tipologie di forza e velocità d'esecuzione. Definire i carichi d'allenamento

Rispetto all’approccio basato sulle percentuali (Percentage Based Training), l’approccio fondato sulla velocità (Velocity Based Training) porta numerosi vantaggi:

  • posso scegliere gli esercizi in funzione della loro dinamica, garantendo il massimo rispetto del principio del SAID tramite un feedback oggettivo;
  • lo stesso feedback oggettivo mi consente un costante monitoraggio dei progressi in termini di forza e potenza applicata: a parità di carico l’atleta diventerà sempre più veloce;
  • l’allenamento è svincolato dalla ricerca di un massimale che costituisce il punto di partenza per la determinazione delle percentuali di carico;
  • c’è un controllo diretto tra la velocità di allenamento e la velocità delle performance su cui si desidera il transfer. In precedenza questo passaggio si faceva quasi tirando ad indovinare;
  • posso utilizzare la velocità per autoregolare il carico di allenamento e garantire il lavoro a determinate percentuali senza dover passare dalla stima o da prove di carico massimali. Il mantenimento della velocità target garantisce automaticamente il lavoro alla determinata percentuale di carico (intensità).

Scoperta numero 1 : Training Load = Training Speed

Cerchiamo di analizzare in maniera piu approfondita quest’ultimo punto riguardante l’Autoregolazione.
In Spagna, a Siviglia, è molto attivo un nucleo di professori che sono oramai immersi da anni nella ricerca del Velocity Based Training. Gonzalez-Badillo e Sanchez-Medina in testa, hanno portato delle scoperte che rivoluzioneranno il modo di concepire l’allenamento.

In particolare, per chi è interessato ad approfondire, sono due gli studi principali.

Con il primo studio (Movement Velocity as a Measure of Loading Intensity in Resistance Training) sono andati ad esaminare la possibilità di utilizzare appunto la velocità di movimento come misura diretta di un carico percentuale. Un centinaio di atleti sono stati testati con carichi crescenti nella panca piana al fine di determinare per ognuno il carico massimale nell’esercizio e il completo profilo di corrispondenza tra il carico e la velocità nell’esercizio.

E’ stato dimostrato che nonostante un incremento medio del 10% nel carico massimale degli atleti, la velocità con cui questi eseguivano la ripetizione massimale rimaneva stabile e costante. La stessa stabilità era mantenuta su tutto il resto del profilo, indipendentemente dal livello di intensità, di forza o di carico relativo.

Questi risultati rendono quindi possibile valutare la forza massima semplicemente creando il profilo di carico velocità per ogni atleta senza eseguire quindi un test massimale diretto (1RM) o un test di ripetizioni a fallimento (XRM). Gli stessi risultati e la stabilità della velocità nei confronti del carico relativo rendono anche possibile la determinazione del carico percentuale in uso non appena la prima ripetizione viene eseguita, semplicemente deducendolo dalla velocità di movimento. In ultimo, è quindi possibile prescrivere e monitorare il carico di allenamento in funzione della velocità, piuttosto che delle percentuali di carico rispetto ad 1RM.

In pratica ci stanno dicendo che quando l’atleta X eseguirà una ripetizione alla velocità di 0.3 m/s ad esempio, non solo starà lavorando per la forza massima, ma sarà anche automaticamente possibile determinare che quel carico corrisponde al 90% di carico relativo e il massimale quel giorno corrisponderà quindi a 100 kg.

Scoperta numero 2: Fatica = Perdita di velocità

Il secondo studio (Effects of Velocity Loss during Resistance Training on athletic performance, strength gains and muscle adaptations) indaga invece sulla fatica e quindi su come stabilire un numero di ripetizioni ottimali.

Sono stati paragonati due gruppi di allenamento la cui velocità era costantemente monitorata e il cui programma differiva solamente nella perdita di velocità (Velocity Loss, VL) consentita all’interno di ciascun set. I gruppi sono stati denominati VL20 e VL40 in base alla perdita di velocità percentuale consentita. In pratica, a VL20 veniva chiesto di proseguire nel set fino a che la velocità delle ripetizioni rimaneva superiore al 80% del valore massimo registrato nella prima. A VL40 invece veniva chiesto di proseguire fino ad un calo piu marcato, abbassando la soglia al 60%.
Alla fine del programma di allenamento durato 8 settimane entrambi i gruppi avevano aumentato le dimensioni del vasto laterale: sebbene VL40 abbia ottenuto un effetto ipertrofico superiore però, VL20 aveva preservato i livelli di miosina nei muscoli laddove VL40 invece aveva visto una notevole riduzione. Questo si traduce in guadagni di forza paragonabili tra i due gruppi di allenamento nonostante volumi di allenamento notevolmente diversi (40% in meno per VL20), ma soprattutto in una grossa differenza nel miglioramento del CMJ (9,5% per VL20 e 3,5% per VL40).

In conclusione, VL20 si è allenato praticamente la metà di VL40, con lo stesso esercizio e in ottica di performance atletiche ha ottenuto miglioramenti decisamente piu alti. Questo ci porta a concludere come la perdita di velocità sia un parametro fondamentale nella progettazione di un programma di allenamento vista la forte influenza che riveste negli adattamenti neuromuscolari e nel monitoraggio della fatica.

Si può quantificare la fatica all’interno di un set o piu in generale di un esercizio come il calo di velocità delle ripetizioni. E’ proprio questo in definitiva il segnale che già tanti allenatori utilizzano per leggere quante ripetizioni prescrivere all’interno di un set. Fino ad oggi questo calo di velocità che può essere davvero molto tenue, viene letto tramite costosi encoder lineari oppure piu comunemente purtroppo semplicemente ad occhio.

Con l’avvento di strumenti di misurazione piu comodi, versatili e soprattutto economici come gli accelerometri è possibile avere questo tipo di misure molto facilmente.

Dall'approccio Test all'Approccio Autoregolazione

Ci sono vari modi con cui queste nuove conoscenze possono essere sfruttate ed implementate a vantaggio sia dei coach che soprattutto degli atleti. Per cominciare, il monitoraggio della velocità può essere inserito gradualmente all’interno dell’allenamento, senza necessariamente dover stravolgere improvvisamente tutte le sessioni. E’ infatti fuori di discussione come questa metodologia di allenamento sia scientificamente superiore a tutte le altre, soprattutto per allenare gli atleti di potenza. Dall’altra parte bisogna tenere in considerazione che l’introduzione della tecnologia all’interno della sessione di forza potrebbe comportare alcuni cambiamenti organizzativi e logistici e questo non deve costituire una distrazione. Organizzare la “logistica" correttamente diventa tanto importante quanti piu atleti si allenano contemporaneamente.

Il primo passo consiste nell’inserire le misurazioni gradualmente in situazioni di test e di definizione degli obbiettivi dell'allenamento.

Per esempio, monitorare regolarmente l’elevazione (tramite la velocità) o la potenza espressa tramite test di Squat Jump e Countermovement Jump per tracciare le prestazioni dell’atleta al termine di ogni ciclo di allenamento. Il set up per il test è rapidissimo e consente sia al coach che all'atleta di prendere confidenza con la tecnologia.

Una volta capito come misurare, il passo successivo è quello di andare più nel dettaglio e cercare una descrizione più completa delle caratteristiche dell’atleta eseguendo un test per stabilire la relazione carico - velocità (e magari anche quella carico - potenza), esattamente come hanno fatto gil spagnoli : per l’esercizio che si considera principale si prosegue con 3 - 4 prove con carico incrementale in modo da conoscere le metriche di riferimento per l’atleta.

Questo test si esegue in una ventina di minuti e può essere parte anche del warm up quotidiano che consente di attivare il Sistema Nervoso Centrale e arrivare ai carichi allenanti:

  • 3 ripetizioni con carico relativo stimato pari al 35% 1RM 
  • 3 ripetizioni con carico relativo stimato pari al 50% 1RM 
  • 3 ripetizioni con carico relativo stimato pari al 65% 1RM 
  • 3 ripetizioni con carico relativo stimato pari al 80% 1RM

il recupero tra le serie deve essere completo. Bisogna assicurarsi che le ripetizioni siano eseguite al massimo della velocità possibile.

E’ facile segnare sia la ripetizione migliore in termini di velocità che di potenza per ogni serie ed utilizzarla per andare a costruire le due relazioni. Per chi è interessato può approfondire qui. M. Jovanovic stato il primo a scrivere a riguardo di questi test e potete trovare i suoi lavori qui.

Questo test ha numerosi vantaggi: in primis costituisce una raccolta dati su cui è possibile programmare i carichi per gli allenamenti successivi in modo molto più veloce. Un’altro vantaggio è che i carichi in questo modo risultano personalizzati. Bryan Mann ha accumulato una notevole quantità di dati allenando squadre di diversi sport all’università di Missouri e ha creato delle vere e proprie tabelle che indicano le velocità di allenamento ottimali per ciascuno degli esercizi principali. Questi range di velocità massimizzano la potenza espressa per gli esercizi segnalati. E’ utile anche andare a cercare con il test precedente i carichi che consentono le velocità di allenamento indicate.

Oltre alla semplificazione per il lavoro di programmazione del coach, sono evidenti alcuni vantaggi anche per l'atleta. Immaginate quanto possa essere stimolante per la natura tipicamente competitiva di un’atleta la possibilità di abbattere costantemente un record.
Il feedback istantaneo sulla ripetizione è infatti una potente motivazione da non sottovalutare. Studi sul rugby neozelandese (JB Cronin, Randell, Effects of Instantenous Performance Feedback during 6 weeks of Velocity Based Training on Sport Specific Performance Tests) hanno dimostrato come il gruppo di allenamento che aveva a disposizione la lettura dei valori velocità immediatamente dopo che la ripetizione era conclusa, abbiano ottenuto risultati nettamente migliori (a parità di programma di allenamento) rispetto al gruppo che non aveva a disposizione il feedback.

Quando sia l’atleta che il coach hanno preso confidenza nell’utilizzo della metodologia di allenamento e nella tecnologia che la accompagna, allora si aprono nuovi scenari. Chi si vuole spingere oltre può infatti pensare di monitorare costantemente tutto l’allenamento della forza, a partire dall’esercizio principale per poi proseguire con anche gli esercizi accessori. I dispositivi necessari per la misurazione della velocità sono infatti progettati per tenere traccia anche di altre importanti statistiche sul singolo esercizio come sull’intera sessione di allenamento. A parte le medie nelle performances di velocità, potenza e forza che sono utili per determinare il progresso di un atleta, si registrano infatti collateralmente alcune informazioni preziosissime per quanto riguarda la programmazione degli allenamenti futuri e soprattutto la prevenzione degli infortuni o del sovrallenamento.
Registrando gli allenamenti infatti sono a disposizione tutte le informazioni che prima andavano scritte in un diario di allenamento come il numero di ripetizioni eseguite, il tonnellaggio sia del singolo esercizio che di tutta la sessione di allenamento che quello settimanale. Informazioni che con il tempo diventano fondamentali per una corretta periodizzazione dei carichi e che evitano di dover eseguire calcoli matematici che possono diventare noiosi o prendere parecchio tempo.

I prodotti che permettono questo tipo di tracking offrono spesso dei sistemi Cloud (a volte sono inclusi nel prezzo di acquisto del sensore, a volte bisogna pagare un abbonamento annuale aggiuntivo al costo del sensore). Tramite il Cloud è possibile per il coach l’allenamento a distanza, o in remoto. Il coach che ha necessità di seguire atleti che non si allenano nella palestra in cui lui stesso opera può infatti utilizzare questo sistema per prescrivere e controllare le singole sessioni di allenamento che l’atleta riceverà sul proprio smartphone.

Veniamo cosi al vantaggio più grande che si ottiene una volta compreso il Velocity Based Training: la possibilità di utilizzare un feedback oggettivo per l'Autoregolazione dei carichi e dei volumi di lavoro.

Ultimamente si sente sempre di piu parlare di sistemi come l’RPE (Rate of Perceived Effort) di Mike Tuscherer che utilizzano la scala di Borg per far valutare all'atleta lo sforzo necessario per compiere una determinata serie e si regolano tramite la scala per ottenere l’effetto desiderato. Si tratta di feedback soggettivi che vengono associati a delle performance per ottimizzare l’intensità dello sforzo percepito con quello richiesto dalla sessione di allenamento. Un altro sistema simile, specifico per la regolazione dei carichi durante la sesione è il Reps Left in The Tank ovvero quante ripetizioni si hanno in “riserva” una volta finita la serie.

Con la velocità invece si può attuare la regolazione in base ad un feedback oggettivo e si può contemporaneamente stabilire una precisa intensità di lavoro. Grazie allo studio di GB e SM sulla relazione tra la velocità e l'intensità del carico è infatti stata dimostrata la stabilità tra una certa velocità e una precisa percentuale di carico relativo.

Questa informazione può quindi essere utilizzata per garantire un lavoro alla percentuale richiesta, semplicemente cercando il peso massimo che consente una velocità target. La regolazione al peso ottimale è possibile in un paio di serie semplicemente togliendo peso quando la velocità è inferiore al target o aumentando il peso quando le ripetizioni sono troppo veloci.

Come spiegato prima, il VBT è molto più solido, infatti consente tramite la velocità di mantenere la corrispondenza dinamica richiesta dall’esercizio.

Questa scelta taglia drasticamente i tempi necessari per la programmazione ma riduce anche notevolmente le energie richieste in palestra per adattare i carichi al momento.

Caratteristica che assume ancora più importanza In un contesto di allenamento di gruppo,
quando il preparatore si trova a dover gestire più atleti contemporaneamente.

Tommaso Finadri

Ing. Tommaso Finadri

Imprenditore | Ingegnere aeronautico | Preparatore atletico
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Filed Under: Allenamento della forza, News, Tecnologia nella corsa Tagged With: Bryan Mann, C. Bosco, Gonzalez-Badillo, Jandacka, Jidovsteff, Komi, Prilepin, Sanchez-Medina, Velocity Based Training, Verkhoshansky, Zatsiorsky

Il maestro della forza: Yuri Verkhoshansky

16 Febbraio 2016 by Redazione

Fortunati sono quegli atleti che si affidano ad allenatori che sanno trarre vantaggio dallo studio dei grandi studiosi della teoria dell’allenamento.

Fra questi riveste un ruolo fondamentale il Prof. Yuri Verkhoshansky le cui intuizioni ed i cui contributi continuano a produrre risultati significativi sui campi, sulle piste e le pedane di tutto il mondo.

Famoso per il suo “metodo d’urto”, noto con il termine improprio di pliometria, ha portato validissimi insegnamenti non soltanto nel campo dello sviluppo della forza ma anche in quello dell’organizzazione razionale del processo di allenamento.

L’applicazione sistematica delle esercitazioni proprie del metodo d’urto non è la materia  principale nel programma dell’allenamento di costruzione proprio del periodo giovanile. Tuttavia, a partire dalla categoria cadetti e soprattutto da quella allievi, diviene sempre più importante la conoscenza ragionata dei principi che stanno alla base della periodizzazione dell’allenamento.

Di seguito propongo la traduzione di un articolo relativo alla pianificazione dell’allenamento per lo sviluppo della velocità, vero obiettivo di ogni allenamento della forza in atletica leggera. Tale traduzione trae per noi ancora più valore in quanto corretta e revisionata dalla figlia del Prof., la Prof.ssa Natalia Verkhoshansky che si è resa disponibile a leggere e rivedere il nostro lavoro.

L’articolo contiene spunti di grande interesse. La versione originale, in inglese, la trovate sul sito www.verkhoshansky.com.

Alla base della periodizzazione dell’allenamento non ci sono semplicemente delle regolette che i tecnici devono mandare a memoria per essere sicuri di inserire le diverse esercitazioni nella “giusta”successione .

Piuttosto ci sono dei concetti che bisogna conoscere e sui quali ogni allenatore è chiamato a ragionare e, questo articolo,  ci aiuta a farlo.

 

Principi per una razionale organizzazione del processo di allenamento finalizzato allo sviluppo della velocità

Del Professor Yuri V. Verkhoshansky

Lo sviluppo della velocità di esecuzione dell’esercizio di gara è l’obiettivo principale dell’allenamento nella maggior parte delle specialità atletiche.

Lo sviluppo della velocità dovrebbe costituire un processo graduale, che dovrebbe essere successivo ad un periodo di condizionamento fisico speciale. Il periodo preparatorio di allenamento dovrebbe mirare ad accrescere le disponibilità di forza piuttosto che essere volto (subito n.d.t.)  al miglioramento della velocità di esecuzione dei gesti dell’attività in se stessa. L’autore descrive le modalità con cui questo principio dovrebbe essere rispettato nel corso dei vari macro cicli dell’allenamento annuale.

 

1 Introduzione

In molte discipline sportive i risultati della prestazione sono determinati principalmente dalla velocità del movimento o della locomozione (fig. 1). Infatti tutti i tipi di allenamento, che siano incentrati sul condizionamento speciale, sulla tecnica e la tattica, sulla preparazione pre gara, sulla preparazione psicologica etc., alla fine mirano ad un miglioramento della velocità e della capacità di sfruttare questa abilità nel corso della competizione.

Per quanto riguardo l’allenamento degli atleti di alto livello, bisogna presupporre e tener presente che questi atleti hanno già una eccellente tecnica di esecuzione dell’esercizio di gara. Di conseguenza, l’obiettivo principale dell’allenamento, il miglioramento della velocità di esecuzione dei gesti specifici di gara, non dovrebbe essere circoscritto allo sviluppo delle abilità tecniche. D’altra parte, la tecnica dell’esecuzione dell’esercizio di gara non può essere trattata indipendentemente dal rapporto con la velocità dei movimenti. Per questo motivo, la velocità dei movimenti rappresenta anche la componente principale della tecnica sportiva.

Potremmo affermare perciò che la velocità di esecuzione dello specifico gesto sportivo di gara risulta essere:

  • il fattore principale che determina il risultato e il progresso della maestria sportiva;
  • la caratteristica principale della maestria sportiva;
  • un risultato generale del processo di allenamento e un criterio oggettivo della sua valutazione;
  • un obiettivo principale nell’organizzazione del processo di allenamento.

Dal momento che la velocità è una delle fondamentali caratteristiche delle abilità sportive, il suo sviluppo deve costituire il punto di partenza per l’elaborazione del programma di allenamento. È pertanto necessario determinare in che modo la velocità debba essere sviluppata.

Fig. 1: Fattori che determinano e limitano le attività sportive

Fig. 1: Fattori che determinano e limitano le attività sportive

 

In linea di principio, il periodo di preparazione dell’allenamento potrebbe pertanto essere organizzato in maniera conforme ad una delle possibili varianti alternative (fig. 2 I, Curve A e B): un aumento rapido (A) e un aumento graduale (B) della velocità di esecuzione dell’esercizio di gara (o della potenza degli impegni di forza applicati nei movimenti specifici).

La scelta delle varianti è determinata dal livello di preparazione professionale dell’allenatore, in particolare, dalla sua esperienza e dalle sue conoscenze sulla teoria dell’allenamento.

Ad esempio, molti allenatori sono convinti dei seguenti principi:

  • “… occorre che la velocità sia allenata ogni settimana, ogni mese, ogni anno, etc.”;
  • “… quando l’obiettivo principale è la velocità non ci si deve allontanare da esso”;
  • “… la velocità raggiunta nel periodo estivo deve essere mantenuta durante l’inverno successivo”;
  • “… anche durante l’allenamento invernale bisogna svolgere un lavoro di velocità”;
  • “… meglio percorrere 100 km in una settimana a velocità elevata che 200 km a velocità bassa”.

Seguendo questa linea di pensiero, gli allenatori tendono a preferire la variante “A” e commettono un grave errore, perchè allenare la velocità attraverso solo la velocità è un lavoro poco proficuo.

Infatti, l’intensificazione dell’allenamento nella fase di preparazione, in particolare eseguendo esercizi specifici di gara ad alta velocità, o con un grande impiego di forza, aumentano le capacità funzionali di un atleta nel breve periodo (Figura 2II), ma non favoriscono le trasformazioni o la riorganizzazione morfologica necessaria per un successivo miglioramento delle specifiche abilità e dello sviluppo delle capacità di carico. Per questo, un incremento prematuro della velocità influenza negativamente il livello di sviluppo dell’allenamento. Così che, nelle discipline sportive che richiedono forza veloce, questo metodo causa un affaticamento muscolare eccessivo (in alcuni casi anche infortuni) ed un’alterazione della struttura bio-dinamica dell’esercizio di gara e, in particolare, del ritmo dei movimenti. Come conseguenza, il processo di specializzazione funzionale e morfologica è rallentato, mentre (oltretutto n.d.t.) si è prodotto uno schema di coordinazione motoria che non corrisponde quello delle condizioni di gara.

Un incremento graduale dell’intensità dei carichi, distribuito nel lungo periodo, produce un maggiore e più stabile sviluppo delle possibilità funzionali (Fig. 2II Curve B e C).

Fig. 2. Organizzazione logica di un ciclo di allenamento di lunga durata

Fig. 2. Organizzazione logica di un ciclo di allenamento di lunga durata

 

Nelle discipline sportive caratterizzate da movimenti ciclici, negli sport di combattimento e nei giochi sportivi, una prematura intensificazione del lavoro ad alta velocità provoca delle reazione di astenia, risposte improduttive che hanno il significato di proteggere l’organismo da modificazioni repentine dell’equilibrio acido-alcalino.

Carichi intensivi di lavoro anaerobico somministrati prematuramente su atleti che non sono adeguatamente preparati per questo tipo di lavoro, richiedono agli stessi l’impiego di una quantità considerevole di energia, causando così un carico eccessivo della funzione cardiaca ed il conseguente ’ispessimento’ delle pareti arteriose che, ritardando lo sviluppo della circolazione periferica, ostacola in questo modo l’ attività cardiaca stessa. Tali fattori potrebbero, a loro volta, causare la distrofia miocardica.

Inoltre, l’alterazione dell’integrità strutturale dei mitocondri dei muscoli scheletrici provoca una diminuzione della loro potenza ossidativa e, di conseguenza, della velocità sulla distanza a livello della soglia anaerobica. Tutto ciò non solo limita la possibilità del progresso delle prestazioni, ma crea anche un pericolo per la salute dell’atleta.

In ragione di ciò, all’inizio del macrociclo è necessario intensificare, entro limiti ottimali, la funzione contrattile dei muscoli coinvolti nei movimenti principali dell’esercizi di gara  (Fig 2 III, curva F) in modo da favorire le necessarie trasformazioni morfologiche primarie dell’organismo (Fig2 III, curva M). Per raggiungere tale obiettivo devono essere utilizzati carichi di carattere estensivo. Solo successivamente sarà possibile intensificare il regime di lavoro specifico (Fig. 2 III, curva r) e quindi  migliorare la capacità dell’atleta di sfruttare i nuovi livelli funzionali raggiunti per l’attività di gara.

 

Da questo punto di vista, la variante “B” (Figura 2 I), che è basata sull’incremento graduale della velocità o dell’intensità dello sforzo muscolare, permette una preparazione programmata dell’apparato muscolare per il futuro regime di lavoro intensivo, mentre sviluppa contemporaneamente la capacità dell’atleta di esprimere gli esercizi specifici di gara ad una intensità moderata. Nelle discipline sportive caratterizzate da gesti ciclici, il lavoro svolto ad una velocità ottimale (quello della soglia anaerobica che aumenta progressivamente) favorisce:

 

  1. Lo sviluppo pianificato del volume delle cavità cardiache e successivamente del potenziale del muscolo cardiaco;[su_spacer size=”5″]
  2. la formazione di reazioni adeguate dei vasi periferici;[su_spacer size=”5″]
  3. il graduale perfezionamento morfologico – funzionale (sia delle fibre muscolari lente e che di quelle veloci.

 

Tuttavia, c’è il pericolo che l’esecuzione dell’esercizio di gara a velocità moderata, protratto per un periodo di tempo relativamente lungo, potrebbe ritardare il processo di adattamento dell’organismo a quel regime di velocità elevata che  è necessario per ottenere il risultato pianificato nelle gare principali.

Inoltre, negli sport ciclici e nei giochi sportivi, la specializzazione funzionale dei gruppi muscolari è più lenta rispetto a quella del sistema vegetativo e questo costituisce un fattore limitativo in riferimento alle capacità di lavoro speciale.

Per questo, una crescita del livello di condizionamento speciale, il cui obiettivo principale è l’intensificazione del regime di lavoro dell’apparato motorio, deve precedere un incremento del livello di velocità, così da evitare un affaticamento eccessivo(Fig.2 IV, curva PSF). L’allenamento per il condizionamento fisico speciale deve essere orientato specificamente ai distretti muscolari principalmente coinvolti negli specifici esercizi di gara.

Successivamente, l’esecuzione di questo tipo di allenamento a velocità progressivamente più alta (fino al massimo livello) diventa uno dei fattori dell’intensificazione del regime di lavoro (Fig.2 II, Curva 5). In questo modo il processo di intensificazione, avviene in condizioni che sono molto simili a quelle che si incontrano in gara, ma questo non provoca eccessivo affaticamento grazie al precedente lavoro di condizionamento speciale.

Questa strategia di lavoro permette un aumento generale nell’intensità, che è molto importante per gli atleti di alto livello. Un altro aspetto positivo è che questo metodo tiene conto dal periodo di adattamento dei vari sistemi funzionali e non ostacola gli adattamenti programmati per le particolari condizioni di pratica sportiva. L’implementazione di questo tipo di strategia di lavoro richiede che il lavoro di condizionamento fisico speciale sia concentrato all’inizio del macro ciclo (Fig.2 V, Curva Psf).

 

2) Contenuti dei carichi di lavoro

Fino oggi, la preparazione fisica speciale (PFC) è stata considerata soprattutto in riferimento allo sviluppo della forza muscolare. Questa impostazione non è corretta. La capacità di lavoro dei muscoli scheletrici, ed in particolare la loro capacità di esprimere forza, è determinata dall’energia che viene prodotta per la loro contrazione dai corrispondenti processi biochimici (energia metabolica).

L’effetto di lavoro muscolare (cioè la potenza espressa) è tanto maggiore quanto maggiore è la produzione di energia nell’unità di tempo.  L’efficacia e l’autonomia del sistema di lavoro muscolare è determinata dai substrati di energia. Per questo, il lavoro di condizionamento speciale deve essere orientato al miglioramento della capacità dell’organismo di produrre l’energia richiesta per un efficiente lavoro muscolare, in relazione sia a alla richiesta  propria dello specifico esercizio muscolare che a quella particolare  delle varie discipline sportive. In termini pratici, con la Preparazione Fisica Speciale (PFS) si ottiene il miglioramento sia della potenza che della capacità del sistema energetico.

Dobbiamo considerare che anche le proprietà elastiche dei muscoli dovrebbero essere sfruttate all’interno di alcune fasi del movimento. Questa capacità  è quella che permette al muscolo di accumulare energia durante la propria deformazione e quindi di utilizzarla per i compiti assegnati. Questo utilizzo si  chiama “recupero di energia elastica” (in altre parole, energia non metabolica) ed aumenta significativamente l’economia del movimento ad esempio nei salti e nella corsa.

Il movimento dovrebbe essere considerato biomeccanicamente adeguato, quando viene impiegata efficientemente sia l’energia metabolica che quella non metabolica. Per questo, l’intensificazione del lavoro dell’apparato muscolare attraverso il PFS, non deve essere intesa solo come lo sviluppo della forza muscolare ma anche, principalmente, come l’innalzamento del potenziale di dell’energia dell’organismo e della capacità di impiegarla nelle specifiche situazioni di gara. Questo ci conduce direttamente al principio secondo cui il miglioramento debba essere strutturale, coinvolgendo tutte le proprietà del muscolo (contrattile, ossidativa ed elastica). A seconda di quella specifica fra le discipline sportive considerate, questo favorirà un incremento sia della capacità di esprimere forza massima e forza esplosiva, sia lo sviluppo di resistenza muscolare locale (LME – Local Muscular Endurance).

Se noi applichiamo questo principio all’organizzazione di un macrociclo (Fig. 2 IV), noi possiamo notare che la concentrazione dei carichi di lavoro (Fig. 2 V) riduce i parametri funzionali delle capacità di lavoro di un atleta (Fig.2 V, Curva F) che, si trasforma, in un ostacolo del miglioramento della tecnica e della velocità del movimento. Ma questo è un fenomeno temporaneo. Quando, dopo una concentrazione di alti carichi di lavoro, questi carichi sono decisamente ridotti, appaiono gli effetti posticipati dell’allenamento. Questo a lungo termine risulta produttivo  e determina  un miglioramento dei parametri funzionali.

Per questo, carichi concentrati di PFS e carichi mirati al miglioramento della tecnica o della velocità di esecuzione degli specifici esercizi di gara, non dovrebbero essere proposti contemporaneamente.

In altre parole, i carichi di PFS dovrebbero precedere l’allenamento della tecnica e della velocità, così da preparare l’organismo ad un lavoro ad alta velocità. In questo modo, l’allenamento della tecnica e della velocità si collocherà nella condizione più favorevole e cioè nel momento in cui si realizzano gli effetti posticipati a lungo termine dei carichi PSF.

Il massimo livello di velocità (Vmax) e di potenza (W), nell’esecuzione degli esercizi specifici di gara, scenderà in un primo momento (Figura 2 IV, curva in neretto che indica V o W) rispetto ai valori raggiunti nella stagione precedente e dopo aumenterà gradualmente per raggiungere prima e successivamente superare i livelli precedenti.

Ricordiamo che l’utilizzo dei carichi concentrati della preparazione fisica speciale (PFS) ha un altro importante significato: poiché negli atleti di vertice il livello di preparazione fisica speciale è molto elevato, per aumentarlo occorrono elevati stimoli allenanti. Ciò viene assicurato dai carici concentrati della PFS (carichi localizzati su un periodo di tempo limitato), i quali, però, portano alla diminuzione temporanea dei parametri funzionali specifici.

Potremmo ora esaminare il modello di macro ciclo di allenamento, organizzato seguendo questi principi (Fig. 2 VI).

La curva “A” mostra il carico del PFS, la curva “C” mostra i carichi del lavoro agonistico che concludono il macrociclo; la curva “B” mostra i carichi corrispondenti al punto in cui c’è un cambio nella direzione dei carichi dell’allenamento verso il graduale incremento della velocità , ciò avviene “sullo sfondo” di un rapido recupero delle capacità funzionali (Figura 2 V, curva F). I carichi “B” per questo motivo giocano un ruolo molto importante nel macrociclo ed hanno l’obiettivo principale di produrre cambiamenti adattativi, in preparazione di un regime di lavoro ad alta velocità. In altre parole questi preparano l’atleta per i carichi di lavoro agonistico “C”. I carichi di lavoro agonistico hanno il significato di aumentare le capacità di lavoro speciale (Figura 2 V, curva F) e la velocità di esecuzione dell’esercizio fino al massimo valore possibile.

Il macrociclo, quindi include 3 fasi relativamente indipendenti, il comune denominatore delle quali è il principale obiettivo di allenamento della preparazione dell’atleta per la competizione. (Figura 3)

Il periodo preparatorio è indirizzato principalmente a sviluppare, attraverso i mezzi della preparazione fisica speciale, il potenziale motorio dell’atleta, che è un prerequisito del lavoro che riguarda la velocità di esecuzione specifica di gara.

Il periodo speciale ha per obiettivo il miglioramento delle capacità dell’atleta di svolgere l’esercizio di gara ad alta (la massima possibile) velocità, riproducendo le condizioni (i carichi) di gara.

Il periodo agonistico ha per obiettivo quello di raggiungere la massima velocità possibile di esecuzione dell’esercizio di gara e al perfezionamento dello schema motorio dell’atleta.

La logica che detta l’ordine di successione dei periodi è la seguente:

  • Il compimento della preparazione multifunzionale dell’atleta per renderlo pronto al regime di lavoro ad alta velocità del periodo preparatorio;[su_spacer size=”5″]
  • Il perfezionamento della capacità dell’atleta ad eseguire l’esercizio di gara ad alta velocità e il conseguimento dei prerequisiti per una prestazione efficiente durante il periodo speciale.[su_spacer size=”5″]
  • La realizzazione dei principali obiettivi di allenamento del macrociclo-il livello record di velocità; questo deve essere pianificato e raggiunto al momento degli eventi più importanti.

 

Fig. 3. Modello riassuntivo di un piano di allenamento

Fig. 3. Modello riassuntivo di un piano di allenamento

 

Quelle che seguono sono considerazioni generali circa il modello di un macrociclo di allenamento (Figura 3):

  • Le curve “ABC” rappresentano schematicamente  i differenti obiettivi principali (directions) dei carichi e non il loro volume![su_spacer size=”5″]
  • A seconda delle particolari situazioni, potrebbe essere necessario includere il cosiddetto periodo di transizione (o il periodo conclusivo). La durata di questo periodo, e la necessità o meno di inserirlo nella programmazione, dipende dall’intensità della stagione di gara.[su_spacer size=”5″]
  • Nel caso di atleti di alto livello, il modello di un macrociclo di allenamento dipende più da una programmazione efficiente che dal calendario di gare. Questo concetto deve essere applicato con un certo grado di creatività, tenendo in considerazione la specificità motoria della disciplina sportiva, le sue regole ed il calendario tradizionale.

Ad esempio, ci potrebbero essere due macrocicli in un anno (Fig. 4). In questo caso, le competizioni principali sono inclusi nel secondo ciclo, e questo fatto determina i principali obiettivi di allenamento ed il contenuto di ciascun macrociclo. Se ci sono 3 periodi di gara in un anno, possono essere seguiti i modelli 2 e 3, permettendo sempre a seconda della specificità della disciplina sportiva, di stabilire gli obiettivi principali per quell’anno e l’importanza di quegli eventi (competizioni di controllo, qualificazioni e competizioni principali).

Il macrociclo deve essere sempre organizzato tenendo conto di quella che è la situazione reale. In alcuni casi, la velocità dimostrerà un trend ondulatorio con una tendenza generale nella direzione di un miglioramento. Questo potrebbe essere associato con maggior lavoro intensivo ad alta velocità nel secondo macrociclo, in cui dovrebbe esserci un’intensificazione del lavoro di velocità ed una riduzione del volume di allenamento di condizionamento speciale. In alcune attività, come per esempio la boxe, il sollevamento pesi e la pallavolo, il macrociclo potrebbe comprendere solo 2 fasi. La prima potrebbe essere incentrata sull’allenamento di condizionamento speciale e la seconda sulla preparazione speciale, portando l’atleta fino alle competizioni vere e proprie.

 

Fig.4. Possibili schemi di programmi di allenamento annuali

Fig.4. Possibili schemi di programmi di allenamento annuali

 

Traduzione a cura di Andrea Uberti, revisione a cura della Prof.ssa Natalia Verkhoshansky.

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