
Spesso quando si parla di allenamento della forza, anche per i saltatori e sprinter e quindi atleti che necessitano di sviluppare alti livelli di potenza e velocità, l'idea è ancora rivolta ad allenamenti in stile bodybuilding e all'idea che l'allenamento della forza è soltanto correlato ad un aumento di massa muscolare, riduzione del range articolare e utilizzo di serie ad esaurimento.
Questo è un approccio metodologicamente sbagliato nello sviluppo delle prestazioni di uno sprinter.
Ma gli errori nell'approccio dello sviluppo della forza sono molti e oggi ho intenzione di spiegarne 5 a mio avviso davvero importanti.
Errore N° 1. Lo squat è l'esercizio più importante per l'allenamento della forza nello sprinter.
Mi piace molto lo squat e lo reputo un ottimo esercizio multiarticolare per lo sviluppo della forza degli arti inferiori e che se allenato senza vincoli, quindi non al multipower (castello), aiuta a migliorare anche l'attivazione e il rinforzo del core, della stabilità e della mobilità dell'atleta.
Lo squat però può essere eseguito in vari modi: completo, sotto al parallelo, in 1/2 accosciata e in 1/4 squat.
Qual è la miglior variante di squat?
Dipende da cosa vogliamo ottenere.
Lo squat completo, quindi con i glutei che sfiorano le caviglie è molto utile per migliorare la forza generale e rinforzare anche tutta la muscolatura posteriore, i glutei e i femorali, oltre ai quadricipiti e alla muscolatura adduttoria.
E' inoltre un ottimo esercizio per migliorare la mobilità degli arti inferiori, ma risulta molto tecnico e se non si hanno grosse doti di mobilità potrebbe avere più svantaggi che vantaggi specie a carichi molto alti.
Tra le varianti parziali di squat quello sotto al parallelo è il più interessante in quanto non necessita dello sviluppo di una mobilità articolare estrema, permettendo in ogni caso comunque un rinforzo comunque completo della muscolatura.
Lo squat sotto il parallelo (indicato con "Squat PL" nell'immagine 1) è già più che sufficiente per far lavorare molto bene glutei, quadricipiti e femorali.
Gli squat "parziali"
Gli squat sopra al parallelo (1/2 squat, 1/3 squat e 1/4 squat) sono ovviamente ottimi esercizi per lo sviluppo della forza ad angoli più specifici e per lo sviluppo della potenza, ma se eseguiti male possono dare delle problematiche ed inoltre sono esercitazioni che fanno intervenire quasi unicamente la muscolatura quadricipite.
Inoltre per ottenere un transfer sullo sviluppo di forza e potenza andrebbero poi utilizzati con carichi molto elevati.
Gli allenatori di powerlifting probabilmente storceranno il naso (e l'immagine 1 lo può confermare, visto il nome dato al 1/4 squat da Paolo Evangelsita nel suo libro DCSS) a vedere le versioni di squat sopra al parallelo, ma credo che questo dipenda dalle influenze che hanno dal loro sport.
Questo non significa che siano meglio alcune varianti rispetto ad altre, ma che va analizzato il contesto, il livello dell'atleta e gli obiettivi che si vogliono raggiungere.
Sicuramente possiamo dire che squat parziali a carichi bassi non servono a nulla, se non a pensare che si sta facendo qualcosa.
Pensando a lungo termine, personalmente preferisco utilizzare le varianti di squat completo con i giovani e i principianti e man mano che i livelli di forza diventano interessanti iniziare ad aprire gli angoli facendoli diventare più specifici.
Nel video sotto vediamo il 1/4 squat eseguito da atleti della nazionale Cubana di salti, sotto l'attenta visione del Prof. Carlo Buzzichelli

Il primo obiettivo in palestra dovrebbe essere costruire un fisico equilibrato
Un atleta, velocista o saltatore, necessita di uno sviluppo armonico di tutta la muscolatura sia di quella che interviene nell'azione specifica di gara (glutei, ischiocrurali e gastrocnemio sono i prime movers principali). In caso contrario potrebbero crearsi problemi di infortuni, ed eccessive masse muscolari in muscoli che sono importanti si per correre veloci ma in un ottica di costruzione completa (i quadricipiti sembrano avere un azione isometrica e di stabilizzazione nell'accelerazione).
Uno dei problemi più grossi che mi è capitato di vedere a questo proposito è nella pianificazione e programmazione dell'allenamento, con programmi di allenamento della forza che prevedono numerose varianti di squat in tutte le salse, portando nel tempo a questo problema.
Un allenamento della forza completo dovrebbe prevedere una costruzione armonica dell'atleta, meglio se a lungo termine, con l'utilizzo di esercizi che vadano a creare un rapporto ottimale tra forza di agonisti e antagonisti.

Immagine 2. Rapporto forza tra agonisti ed antagonsiti. Tratto e adattato da "Periodizzazione dell'allenamento sportivo"
Per fare l'esempio dello squat, che sviluppa molto la forza e l'ipertrofia dei quadricipiti, dovrebbe prevedere almeno lo stesso numero di serie e ripetizioni di un esercizio per lo sviluppo della forza degli antagonisti come ischiocrurali e glutei (ad esempio stacco da terra).
Alcuni autori oltreoceano indicano addirittura di dedicare 2 esercitazioni per la catena posteriore per ogni esercitazione per quella anteriore.
Ma questo per un atleta che non ha scompensi.
Un atleta che ha dedicato ha sviluppato in maniera eccessiva la muscolatura dei quadricipiti con l'utilizzo di squat in tutte le varianti è giusto che abbandoni per un periodo sufficientemente lungo questi esercizi e si dedichi a lavori per il rinforzo di muscoli molto importanti per la performance ma anche per la prevenzione infortuni.
Ricordiamo che la maggior parte degli infortuni negli sprinter avvengono agli ischiocrurali.

Errore N° 2. Non conoscere il buffer ed allenarsi sempre ad esaurimento.
Le pratiche di cedimento muscolare sono famose nel Bobyduilding in quanto sono importati per lo sviluppo dell'ipertrofia dell'atleta.
Il velocista o il saltatore però, che devono spostare velocemente o "lanciare" lontano il proprio corpo, necessitano di ottimale rapporto peso-potenza.
Con alcuni soggetti, soprattutto i più giovani, potrebbe essere previsto un periodo di sviluppo ipertrofico utile a creare adattamenti strutturali (rinforzo di tendini e legamenti) ma senza la volontà di uno sviluppo spropositato delle masse muscolari che tra l'altro comunque aumentano anche con un allenamento di forza non improntato all'ipertrofia, e senza l'obiettivo primario dell'estetica.
Pensa a stimolare il SNC più che il muscolo in se!
Un altro motivo che dovrebbe spingere a non esagerare con lavori ad esaurimento è il fatto che nel velocista o saltatore l'obiettivo primario è stimolare il SNC per far si che sia in grado di migliorare sia la sua coordinazione intramuscolare che intermuscolare migliorando nel tempo la capacità di esprimere forza in tempi brevi.
Per questo è necessario per noi allenatori conoscere il concetto di buffer, ovvero il differenziale tra il numero di ripetizioni che potrebbero essere eseguite ad esaurimento ed il numero di ripetizioni programmate.
E' un parametro molto importante nell'allenamento della forza per il miglioramento della performance e fondamentale se si vuole che l'allenamento successivo in pista non sia compromesso da un affaticamento eccessivo del SNC.
Ti faccio un esempio.
Cos'è il buffer nella pratica?
Se prendiamo un intensità del 85% con il quale un atleta di potenza solitamente esegue 5 reps ad esaurimento potremmo chiedere al nostro atleta di fare:
- 5 reps ad esaurimento - Buffer = 0 (allenamento di forza assoluta e quindi ipertrofia)
- 3 reps - Buffer = 5% (allenamento di forza relativa)
- 2 reps - Buffer = 10% (allenamento di forza relativa e potenza)
- 1 reps - Buffer = 15% (allenamento di forza relativa e potenza)
Con un allenamento ad esaurimento a carichi elevati, come in questo caso, alleneremo principalmente la forza assoluta (aumento di forza accompagnata anche da aumento di peso corporeo), e la forza relativa (solo in caso di tempi di recupero molto molto elevati).
Più il buffer sale e più lavoreremo su adattamenti verso la forza relativa (aumento forza senza aumento ipertrofico) e la potenza.
Modulare gli stimoli variando il buffer
Conoscendo così il concetto di buffer, ampiamente spiegato nel libro "Periodizzazione dell'allenamento sportivo" potremo decidere di variare lo stimolo allenante nel corso della stagione con 3 strategie:
- mantenendo il carico aumentiamo le ripetizioni, con aumento il volume e riduzione del buffer e maggiori adattamenti strutturali del muscolo (hyp), ad esempio 3 x 6 @ 75% (buffer 5%) --> 3 x 8 @ 75% (buffer 0)
- mantenendo lo stesso buffer incrementiamo l'intensità e quindi riduciamo le ripetizioni, ad esempio da 3 x 6 @ 75% (buffer 5%) --> 3 x 3 a 85% (buffer 5%). Questa è la strategia in caso di ricerca di adattamenti nella forza massima
- mantenendo la stessa intensità riduciamo le ripetizioni andando ad aumentare il buffer, es: 3 x 6 @ 75% (buffer 5% --> 3 x 3 @ 75% (buffer 15%). In questo caso siamo passati da un allenamento di forza relativa ad un allenamento di potenza
Diventa quindi importante saper conoscere e gestire al meglio questo parametro per gli adattamenti voluti ed in ottica velocità e salti è molto importante nella fasi di sviluppo della potenza saperlo modulare al meglio.
Quando è fondamentale utilizzare il buffer?
Risulta molto importante aumentare il buffer nella fase agonistica, dove l'allenamento della forza e della potenza entra nella cosidetta "fase di mentenimento": in questo caso come vedremo nel 4° punto l'obiettivo è quello di mantenere i livelli di forza acquisiti durante il periodo preparatorio, ridurre la fatica residua, stimolare il SNC senza affaticarlo e aumentare così la readiness (prontezza alla performance)
Errore N° 3. Pensare di poter "trasformare la forza"
In Italia, purtroppo, è ancora molto in voga la pratica della "trasformazione della forza", ovvero il far seguire ad esercitazioni di forza (a volte ad esaurimento) altri esercizi dinamici sport specifici alla massima velocità (andature, sprint o balzi) con l'idea che la forza guadagnata vada subito trasformata nel gesto sport specifico.
Vi confesso che anche io, quando più di 10 anni fa ho iniziato ad allenare, ho provato queste metodiche, ma nonostante l'inesperienza, usandole con gli atleti e a volte sperimentandole su me stesso mi accorgevo che qualcosa non andava e che non mi piaceva proporre allenamenti di velocità con la muscolatura affaticata.
Aggiornandomi e studiando mi sono accorto poi che i miei dubbi erano corretti e che si trattava di una teoria ormai ampiamente superata, che nel 2020 dovrebbe essere bandita da ogni sala pesi, e spesso confusa con la PAP, metodica invece molto interessante ed utile ma completamente diversa.
Perchè è sbagliato il concetto di trasformazione della forza?
La forza, per svilupparsi, necessita di uno stimolo (allenamento) e un tempo di recupero sufficientemente adeguato (24-72h a seconda del tipo di allenamento).
3 ripetizioni al 90% di un esercizio non mi aumentano nell'immediato la forza, al massimo mi affaticano il SNC e la muscolatura, andrò quindi a fare un esercizio alla massima velocità come uno sprint con un affaticamento con il rischio di incappare in infortuni.
La forza e la potenza necessitano inoltre di un certo tempo (in settimane) per essere sviluppate.
Pensare di trasformare la forza in potenza da un esercizio all'altro è assolutamente utopistico.
Lo abbiamo accennato nel punto sopra, ma è giusto rimarcarlo.
La velocità, le capacità di salto e di potenza vanno allenate in stato di freschezza del SNC e muscolare, farlo dopo aver pre-affaticato l'organismo no ha alcun senso, soprattutto con velocisti, saltatori e lanciatori.
Quindi, non ha mai senso fare esercizi con i sovraccarichi intervallati da esercizi di potenza, sprint o esercitazioni più esplosive?
Diciamo che dipende cosa vogliamo ottenere dal punto di vista dell'allenamento della forza.
Esistono alcuni metodi che sfruttano il così detto Post Activation Potentation (PAP), come il metodo a contrasto o Complex Training che effettivamente sembrano dare buoni risultati sullo sviluppo della potenza.
In pratica si è visto che dopo una stimolazione del SNC con sovraccarichi o esercitazioni pliometriche (anche il traino pesante da questo effetto), dopo un corretto tempo di recupero (>3') si registra una riduzione dei tempi di sprint breve (10-30 metri, un miglioramento nelle capacità di salto e in generale un miglioramento della capacità di esprimere potenza)
Ma anche in questo caso, e ci tengo a rimarcarlo, non si tratta di trasformazione della forza, ma dello sfruttamento di un meccanismo chiamato PAP, spesso sfruttato anche nel pre-gara per massimizzare le prestazioni.
La PAP, della quale magari parleremo meglio in un prossimo articolo, però non va considerata un vero e proprio allenamento di forza ma uno stimolo nervoso che permette di massimizzare la performance dell'esercitazione successiva, solitamente più specifica.
Per ottenere questo effetto l'esercizio di "forza" dovrebbe coinvolgere gli stessi muscoli motori che saranno usati nel secondo esercizio, utilizzare range di movimento abbastanza specifici, essere eseguito con carichi medio-alti e buffer molto alti (quindi mai ad esaurimento) ed essere seguito, come detto sopra, da un recupero che permetta di massimizzare l'effetto della stimolazione (>3').
Inoltre, essendo un esercitazione volta a massimizzare il secondo esercizio va impostato con poche esercitazioni, spesso soltanto una e poche serie (2-3).
Questo non lo porta sicuramente ad essere considerato il metodo d'eccellenza per migliorare in modo equilibrato i livelli di forza dell'atleta.
Personalmente considero i metodi che sfruttano la PAP evoluti e indicati per atleti con alle spalle già alcuni anni di allenamento con i sovraccarichi.
Errore N° 4. Allenare la forza in inverno ed abbandonarla in estate
Altra pratica utilizzata molto sulle piste di atletica è quella di dedicare l'inverno all'allenamento della forza (durante la preparazione generale) per poi abbandonarla totalmente nel periodo estivo (periodo pre-competitivo e competitivo), pensando che siano sufficienti le sole esercitazioni pliometriche per mantenerla.
Questo porta ad alcune problematiche sia a medio termine che a lungo termine:
- calo delle performance;
- difficoltà nel raggiungimento del picco nella gara clou della stagione;
- stallo della performance nelle stagioni successive e decadimento tecnico
Vediamoli nel dettaglio.
Calo della performance
I benefici di un aumento dei livelli di forza nei confronti del miglioramento delle prestazioni atletiche durano fino a quando gli adattamenti del SNC causati dall'allenamento sono mantenuti.
Se interrompiamo l'allenamento si va incontro al tanto temuto deallenamento, gli adattamenti ottenuti e gli effetti positivi svaniscono abbastanza velocemente, questo porta ad una riduzione delle performance poi in gara.
Difficoltà nel raggiungimento del picco nella gara clou della stagione
Il lavoro di forza influisce positivamente sul raggiungimento del picco di forma nella gara clou negli sport di potenza.
Capita spesso che la migliore performance è ottenuta proprio nella prima gara della fase competitiva, poco dopo aver interrotto l'allenamento di forza.
Togliere totalmente l'allenamento della forza non permette un miglioramento successivo delle performance.
Stallo della performance nelle stagioni successive e decadimento tecnico
A lungo termine, se l'obiettivo è quello di portare l'atleta a migliorarsi in più stagioni, è controproduttivo eliminare l'allenamento della forza nel periodi competitivo, in quanto all'inizio della preparazione successiva probabilmente si troverà ad un livello di forza molto simile a quello dell'inizio preparazione della stagione appena trascorsa.
Questo porta ad uno stallo a lungo termine che non permette di avere una crescita costante delle abilità biomotorie dell'atleta.
Inoltre vi è anche un aspetto tecnico da considerare.
Spesso nelle esercitazioni di forza di un atleta che non sia un powerlifting (che deve cercare una tecnica perfetta) va trovato un compromesso tra una buona tecnica esecutiva, che permetta di massimizzare il reclutamento muscolare, di eseguire l'esercitazioni in sicurezza evitando infortuni inutili e il tempo a disposizione.
Lo sprinter infatti dovrebbe dedicare tempo a migliorare la tecnica di corsa più che la tecnica esecutiva di uno squat.
Va ricercata quindi una tecnica esecutiva corretta che eviti infortuni e massimizzi gli adattamenti allenamenti.
Se però noi interrompiamo per svariati mesi l'allenamento di forza e quindi l'esecuzione di certi esercizi quando torneremo in sala pesi la stagione successiva probabilmente dovremo ricominciare da capo il processo di apprendimento, vanificando ancora una volta il lavoro fatto la stagione successiva.
Per evitare questi effetti negativi, durante tutto il periodo competitivo andrebbero pianificate e programmate sessioni di mantenimento della forza con l'obiettivo di stimolare il SNC e mantenere le proprietà contrattili della muscolatura.
Come impostare il "mantenimento della forza"?
Le sedute di mantenimento avranno volumi ridotti rispetto a quelle dei cicli di preparazione per evitare di creare eccessivo affaticamento che potrebbe poi portare a ridurre le performance nei gesti specifici.
Errore N° 5. Allenare la forza sempre con gli stessi carichi
Nell'allenamento capita spesso di lasciarsi andare a seguire le mode del momento.
Una cosa che di tanto in tanto noi allenatori dovremmo invece fare è andare a rivederci i principi dell'allenamento, le linee guida che dovrebbero essere alla base di ogni buon programma di allenamento.
Uno dei più antichi tra questi principi è quello dell'aumento progressivo dei carichi.
E qui arriva una delle storie più antiche nel mondo della metodologia dell'allenamento
Si narra che il primo a sfruttare questo principio fu Milone di Crorone, discobolo dell'Antica Grecia che, per diventare più forte, da ragazzo si caricò un vitello sulle spalle. Con il crescere del vitello, Milone diventava sempre più forte, fino a diventare l'uomo più forte al mondo quando il vitello divenne toro adulto.

Immagine 3. Milone da Crotone, tratta da Deipnosofista
Per creare adattamenti strutturali e fisiologici ma anche psicologici, i carichi di allenamento andrebbero incrementati in modo progressivo nel tempo, intervallando fasi di salita dei carichi a fasi di "scarico" (per massimizzare l'adattamento ed evitare l'overtraining).
Molti allenatori utilizzano invece il metodo del "carico standard", forse impauriti, in modo del tutto ingiustificato, che i carichi troppo elevati possano essere dannosi per la performance e per la salute dell'atleta.
Non volendo entrare nel dettaglio sul discorso prevenzione infortuni, nel quale l'allenamento della forza ricopre un ruolo molto importante e ormai scientificamente provato, mi soffermerò sui benefici di un aumento dei carichi nel miglioramento performance e sul fatto che mantenere sempre lo stesso carico potrebbe far decrescere la prestazione nel corso della stagione.
Se un atleta durante il suo allenamento di forza esegue sempre 5 ripetizioni di squat con 100 kg avrà degli adattamenti allenanti all'inizio della preparazione, ma a lungo andare l'allenamento diventerà sempre meno allenante e nel corso della stagione sarà addirittura controproducente, perdendo in realtà tempo nella sala pesi.
Se come allenatori abbiamo paura a far salire il carico sul bilanciere allora forse avrebbe senso non perdere tempo in una sala pesi e dedicarci alle cose che pensiamo più utili e meno dannose.
Ricordiamoci però che le forze di picco al contatto col terreno nella fase di appoggio della corsa a bassa velocità si attestano intorno a 2-2,5 volte il peso corporeo e ad alte velocità possono raggiungere 4 o 5 volte il peso corporeo.
Lascio a voi il calcolo di quanto peso su un bilanciere dovremmo mettere per ottenere le stesse sollecitazioni!
Letture consigliate
A. Roncari, P. Evangelista, A Biasci, Project Exercise. Biomeccanica applicata la fitness e al bodybuilding. Vol. 2, Project Invictus

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Gli sprint contro resistenza per migliorare l’accelerazione

L’allenamento con resistenze negli ultimi anni ha ottenuto molte attenzioni da parte della comunità scientifica per via della sua complessità e della varietà che esso offre.
Durante la mia review della letteratura scientifica, effettuata come prova finale per la mia laurea, ho voluto provare a identificare quale fosse il miglior metodo di allenamento contro resistenza per poter migliorare la capacità di accelerazione per quanto riguarda l’atletica leggera.
Fattori che determinano una corretta accelerazione
Partiamo parlando di come l’accelerazione sia il rapporto del cambiamento di velocità di un oggetto rispetto al tempo, partendo da questo concetto si possono analizzare alcuni fattori che distinguono una buona capacità di accelerare che sono aspetti fisiologici, morfologici ed anatomici, come ad esempio:
- l’antropometria di un atleta;
- la lunghezza e la frequenza del passo nei primi appoggi.
All’interno dei primi 7/9 appoggi di un 100 metri si “crea” il 75% circa della nostra accelerazione grazie a un’azione pistone al suolo dei primi appoggi, con recupero radente al suolo degli arti inferiori e soprattutto con l’aiuto delle braccia che andranno a bilanciare, grazie a una loro azione di “swing” molto vigorosa, l’azione delle gambe.
Parlando di angoli: il busto e le tibie dovranno trovarsi parallelamente tra i 40 e 45 gradi e successivamente questi angoli andranno ad aprirsi sempre di più fino ad arrivare alla fine dell’accelerazione.
Gli sprint contro resistenza per allenare l'accelerazione
Avendo chiari questi concetti si può iniziare a capire come andare ad allenare questa parte fondamentale per una gara come ad esempio i 60/100 e 200 metri, ma anche per sport di squadra dove sono richiesti sprint quali rugby, calcio e ad esempio football americano.
Ovviamente conosciamo i principi della forza speciale che viene utilizzata per generare una risposta specifica per un determinato sport, tra queste appunto abbiamo l’allenamento contro resistenza.
Per allenamento con resistenza si intende quella tipologia di allenamento nel quale utilizziamo ad esempio:
- un giubbotto zavorrato;
- un traino o prowler;
- delle salite per effettuare sprint;
Il giubbotto zavorrato
Per quanto riguarda il giubbotto zavorrato emerge come anche solo con un’aggiunta del 15/20% di peso rispetto alla massa dell’atleta i tempi aumentano sensibilmente del 7.5/10% sui 10 metri, rivelando come l’aumento di volume sulla zona del tronco porti a limitazioni dell’azione delle braccia quindi causando successivamente problemi al ciclo delle gambe rendendolo si più rapido ma meno efficace per quanto riguardi la sua lunghezza.
La corsa in salita
Le corse in salita sono state studiate molto poco per difficoltà nella standardizzazione delle medesime, ma si è analizzato come essa vada a creare modificazioni dell’azione di corsa perché porta l’atleta a un’esagerazione degli angoli durante la sua corsa e quindi a un rischio di modificazioni non volute della meccanica di corsa
La corsa con il traino
Si tratta del mezzo di allenamento, tra i 3 proposti, più dibattuto negli ultimi anni e oggetto di numerose ricerche dal 2008 ad oggi
Si può notare come gli studi che presentano una vera validità purtroppo siano pochi.
Cosa intendo con questo?
Voglio dire che purtroppo pochi studi sono stati eseguiti con una metodologia chiara.
Le variabili da considerare nell'allenamento con il traino
La prima variabile che influenza la percezione del carico e la tecnica del nostro atleta è la tipologia di traino usato, in primis la differenza tra traino e prowler che riguarda gli angoli a cui sottoponiamo il nostro atleta, maggiori per quanto riguarda il prowler che per il traino, per il peso utilizzato, nettamente maggiore nel prowler, ed infine per la tecnica che viene influenzata da esso, nel prowler viene tolto l’utilizzo delle braccia e vengono richiesti angoli più chiusi al nostro atleta.
Un'altra variabile è il tipo di superfice utilizzata per questo genere di allenamento
Si è visto, infatti, che utilizzare il traino su una superfice come un campo in erba sintetica, in erba naturale oppure su una pista di atletica possa influenzare la percezione del carico da parte del nostro atleta notevolmente dal 15 al 20%.
Qual'è il carico ottimale nell'allenamento con il traino?
Alcuni studi si son concentrati sulla ricerca di un carico ottimale per migliorare l’espressione di forza orizzontale prodotta, attestandolo intorno al 69-96% della massa corporea del nostro atleta, ovviamente dipendente dalle variabili precedenti.
Parlando di carico ottimale però è stato notato come invece di basarsi semplicemente sulla massa corporea del nostro atleta bisognerebbe invece andare a vedere la riduzione che il carico porti alla velocità generata.
Purtroppo ci sono ancora poche evidenze scientifiche a riguardo ma una riduzione di velocità tra il 20-40% sembrerebbe poi ottimale per l’espressione di forza orizzontale.
Conclusioni
Ognuno di questi studi mette in risalto come ci siano ancora molte ricerche a riguardo, su ognuna delle tipologie di allenamento con il carico, e che soprattutto non esistano studi sul come periodizzare questo carico durante l’anno e se sia meglio un carico pesante per concentrarsi su aspetti più tecnici e un carico più leggero per espressione di potenza.
La tesi di laurea completa di Riccardo

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Sprint running analisys: come monitorare i risultati degli allenamenti?
Sprint running analisys: come monitorare i risultati degli allenamenti
La corsa di velocità è un gesto che accumuna molteplici sport con finalità diverse (atletica leggera, calcio, rugby…) e per questo è un fattore determinante della performance.
Nell’ambito dell’atletica leggera, il riuscire a raggiungere (60 e 100 metri) o mantenere (200 e 400 metri) elevate velocità di corsa diventa determinante per poter ottenere la vittoria nelle corse di velocità. Di conseguenza il riuscire a determinare delle variabili o degli indici di performance in grado di dare un’indicazione sul risultato dell’allenamento è di vitale importanza per la programmazione dell’allenamento.
Sprint running analisys. Perché la potenza?
L’abilità dell’atleta di raggiungere una elevata accelerazione in orizzontale, è direttamente correlata alla sua capacità di imprime una grande quantità di forza nell’asse orizzontale di corsa (direzione di arrivo). Come conseguenza di ciò, l’atleta deve riuscire a generare il più alto valore possibile di potenza meccanica (P = F x v).
Recentemente, diversi studi hanno messo in luce la capacità degli atleti più abili di riuscire ad orientare al meglio la forza espressa a terra, generando così elevate potenze ad ogni passo. Tutto ciò permette a tali atleti di riuscire ad accelerare il corpo in maniera ottimale e arrivare in tempi brevi alla loro velocità massima di corsa.
È quindi evidente che poter monitorare i livelli di forza e potenza dei nostri atleti direttamente sul campo e a basso costo è di vitale importanza per riuscire a monitorare il loro stato di forma prima della competizione.
Sprint running analisys. Come si misura la potenza?
In passato gli strumenti utilizzati per misurare la potenza non erano accessibili a tutti, in quanto molto costosi e sicuramente “complessi” da utilizzare (es: piattaforme di forza).
Recentemente sono stati però messi appunto dei metodi alternativi e praticamente a costo zero in grado di stimare la potenza meccanica di ogni passo di corsa.
Il metodo che vi sto per spiegare lo trovate esplicato nel dettaglio nell’articolo di Samozino et al., 2015, mentre qui sotto vi riporto i passaggi fondamentali che vi consentiranno di applicare il metodo in maniera semplice.
- Procurarsi una fotocamera/telecamera/smartphone o qualsiasi altro dispositivo in grado di registrare dei file video.
- Assicurarsi che il dispositivo abbia almeno una frequenza di acquisizione di 100 fps. Qual ora non siate in possesso di un dispositivo del genere potete procedere in ogni caso, sapendo però che la precisione della vostra misura ne risentirà.
- A questo punto filmate la corsa del vostro atleta, mettendovi ad una distanza da lui che vi permetta di riprendere la zona di corsa desiderata. Tenete conto che con un singolo dispositivo è meglio non superare i 10 m di spazio di corsa
- Scaricate il file video sul PC e analizzatelo con un software di video analisi gratuito (es: Kinovea o Tracker Motion). In particolare vi dovrete ricavare: i tempi di volo, i tempi di contatto e l’ampiezza di ogni passo;
- Per coloro che volessero imparare ad usare il software ci sono dei tutorial online molto semplici: http://physlets.org/tracker/
A questo punto si procede come segue:
- La velocità di corsa, ricavata passo per passo, la si ottiene:
- La forza orizzontale espressa a terra ad ogni passo la si può ottenere a sua volta come:
dove m è la massa del soggetto, ah l’accelerazione che potete ricavare facilmente dividendo la velocità per il tempo (ah = ∆v/∆t) e Faero è la componente di forza che l’atleta deve generare per vincere la resistenza dell’aria. Per semplificare e rendere più semplice la computazione della potenza si può omettere la componente aereodinamica.
- A questo punto la potenza meccanica orizzontale espressa ad ogni passo può essere calcolata come:
Come risultato abbiamo tre variabili espresse passo per passo che ci permettono di individuare i punti di forza e debolezza del nostro atleta.
Infatti, possiamo ricavare un grafico forza-velocità, inserendo i valori appena ricavati e ottenendo un risultato simile a quello riportato sotto.
Supponiamo che il grafico qui riportato rappresenti i valori di forza e di velocità di un atleta prima (pallini bianchi) e dopo (pallini neri) un periodo di allenamento. Inserendo i valori che avete precedentemente ottenuto con il metodo elencato e aggiungendo una linea di tendenza potete immediatamente vedere come, in questo caso, il vostro atleta sia molto migliorare nella sua capacità di esprime velocità.
Potete quindi dedurre che il vostro allenamento ha ottenuto gli effetti desiderati. Se invece l’obbiettivo era quello di implementare la forza espressa, in questo caso avete fallito.
Infine, come risultato dell’allenamento, ci si dovrebbe aspettare un innalzamento della potenza espressa, che si potrebbe manifestare come nel grafico qui sotto.
Come si può notare, anche in questo caso, se supponiamo che la linea blu sia il test effettuato dopo un mese di allenamento si potrebbe affermare che il nostro atleta è effettivamente migliorato.
Sprint running analisys. Esistono altri metodi per ottenere lo stesso risultato?
Quello precedentemente elencato è il metodo indiretto più corretto. Ovviamente ci sono diversi strumenti utili ad ottenere una misura di velocità, dalla quale poi ricavare l’accelerazione, la forza e potenza.
Possiamo per esempio, mettere delle fotocellule ogni 5 m (per una distanza complessiva di 20m) e ricavare dai tempi di percorrenza la velocità media di ogni frazione. Successivamente, computiamo l’accelerazione e da quest’ultima la forza, arrivando infine alla potenza.
Con il metodo delle fotocellule, non avrete ovviamente la possibilità di monitorare ogni passo di corsa e di conseguenza non potrete sapere come si comporta il vostro atleta nelle diverse fasi dello sprint, ma è comunque un buon metodo per avere dei dati affidabili.
In alternativa, per coloro che non dispongono di nessuna di queste strumentazioni, è disponibile un’applicazione che si avvale di questa metodica per computare proprio la forza e la potenza durante lo sprint. Si chiama MySprint e funziona solo per dispositivi Apple.
Sprint running analisys. Concludendo…
Abbiamo visto come poter monitorare efficacemente l’effetto degli allenamenti sui nostri atleti in maniera semplice e a basso costo. Ricordo infine che è possibile ricavare la velocità di corsa in maniera accurata anche senza dover intraprendere un’analisi video.
Nonostante la semplicità del metodo proposto, è ovviamente necessaria un pò di esperienza nella rilevazione dei dati e nella preparazione dei test e degli atleti, al fine di ottenere risultati attendibili.
Bibliografia
Samozino P, Morin JB, Dorel S, Slawinski J, Peyrot N, Saez-de-Villareal E, Rabita G. A simple method for measuring power, force and velocity properties of sprint running. Scand. J. Med. Sci. Sports. 2015; doi: 10.1111/sms.12490.
Morin JB, Samozino P. Interpreting power-force-velocity profiles for individualized and specific training. Int J Sports Physiol Perform. 2016;11:267-272.

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La psicologia delle specialità: gli sprint!
L’importante non è quello che trovi alla fine di una corsa, l’importante è quello che provi mentre stai correndo.
Il vero miracolo non è essere giunti al traguardo, ma aver avuto il coraggio di partire. (Jesse Owens)
L’atletica è composta da specialità molto diverse tra loro, sia per quanto riguarda l’allenamento, sia per le modalità di competizione. Le regole da seguire sono diverse, spesso capita che un velocista non conosca esattamente le regole delle gare di salto in alto, e viceversa. Anche dal punto di vista psicologico le caratteristiche delle specialità sono diversificate tra loro. Si possono tuttavia trovare dei punti in comune.
Gli sprint: 100m, 200m, 400m.
Gli atleti che gareggiano nella velocità devono sostenere carichi di lavoro notevoli, diversi a seconda della distanza, durante la preparazione invernale. Ciò, insieme alla lunghezza del periodo di preparazione, necessita di una grande determinazione e motivazione a portare a termine ogni allenamento. Oltre alle difficoltà derivanti dalla fatica fisica e mentale, è presente anche la lontananza prolungata dalle competizioni. L’anno si divide infatti in stagione indoor e stagione outdoor, e i mesi che le separano riempiono la vita dell’atleta con la preparazione. Durante tale periodo si può provare la frustrazione di non poter (ma voler) gareggiare, di vedere lontani gli obiettivi per cui si sta duramente lavorando e la sensazione di non farcela a gestire un periodo così lungo senza competizioni. Come ho già suggerito nell’articolo sulla preparazione invernale nell’atletica, è necessario pensare di settimana in settimana, di giorno in giorno e, a volte, di allenamento in allenamento. Porsi obiettivi a breve termine aiuta ad affrontare anche la più dura delle preparazioni.
Passiamo a visionare le competizioni: un lungo riscaldamento (forse il più lungo di tutta l’atletica) precede le gare. In tale lasso di tempo è possibile che la mente vaghi in pensieri non aderenti alla situazione. Di sicuro è impossibile rimanere concentrati lungo tutto il riscaldamento: la massima concentrazione dura pochi minuti, soprattutto in un ambiente così pieno di stimoli distraenti (studiare nella propria stanza nel silenzio è una cosa, concentrarsi in mezzo ad altri atleti, altre gare, persone che urlano e che parlano, gente che si muove in continuazione non è semplice). La massima concentrazione deve essere presente nei pochi istanti che precedono la partenza, proprio perché caratteristica principe delle gare di velocità è l’unica possibilità che viene data all’atleta. Se si parte male in un 100m, non è possibile tornare indietro e rifare. Per questo motivo noi psicologi dello sport utilizziamo diverse tecniche per far raggiungere la massima concentrazione all’atleta nel momento in cui c’è più bisogno.
Altra necessità dell’unica possibilità data agli atleti è la capacità di recuperare l’errore. Che sia un 100 o un 400, se si parte male si deve tentare di recuperare il recuperabile, senza farsi prendere dallo sconforto o dalla foga di riprendere i metri persi. In un caso si smetterebbe di gareggiare, rinunciando ai tentativi di recupero, nell’altro caso ci si provocherebbe eccessiva tensione muscolare, negativa dal punto di vista tecnico. Anche in questo caso noi psicologi dello sport insegniamo tecniche agli atleti per aumentare la consapevolezza in gara e l’utilizzo delle proprie risorse. Anche se sembra difficile da credere, anche in un 100 metri è possibile rendersi conto di quello che succede e pilotare la situazione nella direzione più adeguata.
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Altra caratteristica delle gare di velocità: l’arousal, lo stato di attivazione mentale, che deve essere massimo poco prima della partenza. Troppa o troppo poca attivazione, un’attivazione precoce, o una mancanza totale di attivazione condiziona negativamente la competizione. Provare ansia o apatia sono segnali di una cattiva gestione delle emozioni pre-gara. Una buona gestione di tali emozioni, un’autostima e un’auto-efficacia adeguate , portano a un’attivazione ottimale per la competizione. Anche qui entrano in gioco gli psicologi dello sport, che prendono in esame le risorse dell’atleta e le convogliano nella direzione voluta.
Le condizioni atmosferiche, nelle gare outdoor, influenzano molto la mente del velocista (e non solo). Una temperatura troppo bassa o troppo umida non permette di raggiungere la sensazione di essere pronti alla gara, il vento contro può infastidire e inficiare la prestazione, la pioggia può distrarre e mettere a disagio. Anche in questo caso, una mente allenata e preparata può superare le difficoltà e riuscire a dare il 100% di quello che la situazione consente.
Come le altre specialità, la velocità è una gara molto complessa, con diverse sfaccettature e caratteristiche.
Un atleta è tale non solo con il corpo, ma anche con la mente.
Psicologa dello sport
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Le determinanti meccaniche della prestazione sui 100 metri (da Sci-Sport.com)
Nel seguente articolo proponiamo la traduzione, a cura di Alessandra Neboli, all’interessante articolo francese “Les déterminants mécaniques de la performance au 100m“, scritto nel 2012 da P. Debraux e pubblicato sul sito Sci-Sport.
Ecco la traduzione:
Nell’atletica lo sprint sui 100 metri è una prova mitica, che corona gli uomini e le donne più veloci nella corsa a piedi. Questa disciplina illustra la capacità meccanica della velocità massima durante la locomozione terrestre. Ma lo sprint è in ogni modo un elemento principale della performance di molte altre discipline sportive (come ad es. calcio, football americano, bob, ecc..). Esso può essere suddiviso in tre fasi: accelerazione, velocità massima e decelerazione. Tendenzialmente, nelle discipline sportive dove interviene, viene osservata e analizzata solo la fase di accelerazione, che a volte non rispettando i tempi della corsa e provocando per cui un’azione troppo corta, non permette di raggiungere la velocità massima.
Ad ogni posizione dei piedi, viene applicata dal corridore una forza verso il suolo (FT in Newton). Questa forza può essere scomposta in 3 tipi di forze: Verticale (fv in N), orizzontale (FH in N) e laterale (anche se quest’ultima spesso viene trascurata durante una corsa in linea dritta). A sua volta, e secondo la terza legge di Newton, è possibile osservare le forze di reazione sul suolo, che sono di intensità uguale ma opposta (Fig. 1). Pochi studi si sono interessati alle determinanti della prestazione nello sprint, ma alcuni studi hanno dimostrato che la prestazione a velocità massima è strettamente correlata alla componente verticale della forza totale. Tuttavia, per la fase di accelerazione, la componente della forza orizzontale sembra essere determinante. Una forza totale orientata verso l’avanti sarebbe decisiva per una migliore accelerazione e dunque una miglior risultato sui 100m.
Lo studio svolto
Nell’arco di circa due anni, una squadra di ricercatori francesi guidati dal Dottor Morin ha svolto uno studio con grande minuziosità soprattutto sulla fase si accelerazione nello sprint e il suo stretto collegamento con la prestazione sui 100 metri. Questo è stato possibile grazie all’esperimento effettuato su un tapis roulant “fuori dal normale”, dipendente infatti, dalla forza applicata dal corridore stesso per farlo muovere (Fig. 2).
Al contrario di un tapis roulant da corsa classico, dove la velocità è definita dalla macchina, questo particolare tapis roulant reagisce solamente alla forza applicata dal corridore. Se questo è fermo, il tappeto non reagisce, ma se il corridore comincia a correre, il tapis roulant ruota in funzione dell’accelerazione e se il corridore decelera, il tappeto si ferma. In fine questo tappeto è dotato di una piattaforma di forza che permette di registrare le forze applicate dall’atleta ad ogni contatto dei piedi in tre dimensione dello spazio in funzione del tempo.
In questo studio, pubblicato nel 2012, i ricercatori francesi hanno studiato il legame tra i parametri biomeccanici (cinetica e cinematica) durante uno sprint di 6 secondi sul tapis roulant “speciale” e le prestazioni cronometriche sui 100 metri. Lo studio è stato svolto su 13 atleti con diversi livelli di abilità: 9 erano studenti di scienze motorie (non specialisti nello sprint), 3 erano velocisti a livello nazionale e l’ultimo era uno sprinter di livello mondiale: Christophe Lemaitre.
Il protocollo sperimentale consisteva per ciascun atleta nell’eseguire 6 secondi di sprint sul tapis roulant non motorizzato e uno sprint sui 100m sulla pista sintetica. I 9 atleti non specialisti hanno svolto questi due test durante la stessa sessione, mentre i 4 atleti di alto livello, hanno svolto le esercitazioni in due sessioni differenti.
Sono qui elencate di seguito le variabili analizzate nel test del tapis roulant:
- Forze (Fig. 1): forza totale (FT, N) forza orizzontale (FH in N) e forza verticale (FV in N)
- Velocità massima e media
- Potenza orizzontale massima e media: uguale al prodotto della forza e della velocità massima orizzontale.
Queste variabili sono stati usate per studiare i profili di forza-velocità e potenza-velocità nella corsa degli atleti.
- Rapporto resistenza (RF in%): esso permette di quantificare la produzione di forza orizzontale rispetto alla forza totale applicata al suolo. E’ pari a FH / FT × 100.
- Indice di applicazione della forza (DRF): Questo indice rappresenta la diminuzione RF con crescente velocità di corsa. È la pendenza della retta rappresentativa della relazione RF-velocità di corsa. Un valore elevato rappresenta una limitata diminuzione di RF, e viceversa.
- Tempo di contatto (tc, in s)
- Tempo di volo (TV, in s)
- Frequenza del passo(F in Hz)
- La lunghezza del passo (L, m)
- Tempo tra due appoggi dello stesso piede (ts in s)
Durante la prova di sprint sulla pista sintetica, le velocità massime e medie dei 100m sono state misurate con l’aiuto di una fotocellula. E per indicare le prestazioni nella fase di accelerazione, è stata misurata la distanza percorsa durante i primi 4 secondi (d4,in m).
Una volta che tutti i dati sono stati raccolti, i ricercatori hanno effettuato alcuni test statistici per stabilire i legami tra queste variabili biomeccaniche durante la fase di accelerazione e la prestazione sui 100 metri.
Risultati e analisi
I principali risultati di questo studio mostrano che vi è una correlazione significativa tra la forza orizzontale, l’indice di applicazione della forza, la produzione di energia orizzontale sul tapis roulant e la prestazione sui 100m. Solo la velocità massima sui 100 metri è correlata in modo significativo con la forza totale e la forza verticale. Per quanto riguarda le variabili cinematiche, il tempo di contatto sul terreno, il tempo tra due appoggi dello stesso piede e la frequenza del passo sono correlati con la prestazione sui 100 metri. Tutte le varie correlazioni sono riportati nella Tabella 1.
[su_table]
Tabella 1. Correlazione tra le variabili cinetiche e cinematiche misurate sul tapis roulant e le prestazioni sui 100m. | |||
---|---|---|---|
Velocità massima ai 100m (m·s-1) | Velocità media ai 100m (m·s-1) | Distanza dopo 4s (m) | |
Le correlazioni significative sono scritte in grassetto | |||
Variabili cinetiche | |||
DRF | 0.875 | 0.729 | 0.683 |
FH | 0.773 | 0.834 | 0.773 |
FV | 0.593 | 0.385 | 0.404 |
FT | 0.611 | 0.402 | 0.408 |
PMAX | 0.863 | 0.850 | 0.892 |
Pmoy | 0.810 | 0.839 | 0.903 |
FH0 | 0.560 | 0.447 | 0.432 |
V0 | 0.819 | 0.735 | 0.841 |
Varianti cinematiche | |||
tc | -0.852 | -0.751 | -0.775 |
tv | -0.018 | -0.773 | -0.002 |
ts | -0.654 | -0.630 | -0.670 |
F | 0.897 | 0.893 | 0.935 |
L | 0.363 | 0.337 | 0.212 |
[/su_table]
L’insieme di questi risultati dimostrano una maggiore importanza delle variabili associate alla velocità piuttosto che forza (Fig. 3).
La differenza tra i non specialisti e gli specialisti risiede principalmente nella capacità di dirigere la forza totale verso l’avanti e non nell’applicazione di una forza maggiore totale possibile. Più alto è il livello dell’atleta, maggiore è la sua capacità di dirigere la forza applicata al terreno in avanti mantenendo questo orientamento il più lungo possibile durante l’accelerazione.(Fig. 4).
Le figure 3 e 4 illustrano perfettamente questi risultati. È possibile vedere i dati relativi all’atleta più lento e più veloce (Christophe Lemaitre). È possibile constatare che la differenza di forza è piccola tra i due atleti, ma Christophe Lemaitre possiede la capacità di orientare in miglior modo le forze che applica il terreno per più tempo, permettendo così di ottenere una migliore accelerazione e una velocità di corsa maggiore.
Le correlazioni osservate tra le variabili cinematiche e prestazioni sui 100m mostrano che l’accelerazione, la frequenza dei passi, un tempo di contatto ridotto e la velocità di riposizionamento del piede sono tutti fattori fondamentali per una velocità di corsa elevata. Come dichiarato dagli autori dello studio, il dibattito sull’importanza relativa della frequenza o di ampiezza è tutt’ora d’attualità. Tuttavia, il presente studio mostra una chiara tendenza per la frequenza in tutti gli atleti testati.
Applicazioni pratiche
Dai risultati di questo studio, la performance sui 100m sarebbe collegata principalmente ad profilo di Forza-Velocità orientato verso la velocità. Ciò si spiega con un migliore orientamento delle forze applicate verso l’avanti durante l’accelerazione, un mantenimento più lungo questa capacità di dirigere con efficacia tali forze e una frequenza del passo più elevata.
L’uso di uno strumento di valutazione come il tappeto WR ADAL3D apre una nuova era nello studio dei parametri critici durante l’accelerazione. Questo studio e quelle che seguiranno, permetteranno ai ricercatori e agli allenatori di dirigere la loro ricerca per attuare i risultati osservati sul campo. Inoltre, saranno necessari ulteriori ricerche per capire meglio le capacità dello sprinter di alto livello nel saper orientare le forze e applicarle a suo piacimento.
Fonti
1. Morin J-B, Bourdin M, Edouard P, Peyrot N, Samozino P and Lacour J-R. Mechanical determinants of 100-m sprint running performance. Eur J Appl PhysiolDOI 10.1007/s00421-012-2379-8
La "forma" dell'accelerazione secondo Alessandro Nocera (video)
Dopo aver presentato la relazione della parte teorica del Convegno Lombardo sulla velocità con relatore Alessandro Nocera, di seguito pubblichiamo il video da noi realizzato sulla successiva parte pratica nella quale Alessandro ha presentato, secondo la sua esperienza, la tecnica di partenza dai blocchi ideale e quali sono i punti chiave per ottenerla.
Buona visione
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Gli sprint contro resistenza nell’allenamento della velocità

In copertina Alexi Atchori Essoh. Foto di Roberto Passerini.
Traduzione di un articolo preso dal libro "Sprints & Relays: Contemporary Theory, Technique and Training" edit by Jess Jarver - Mountain View, CA 94040 USA 2006.
Nell'articolo originale, "Resistance Runs in speed training" (pag. 51-57), gli autori (Ralph Mouchabahani, Albert Gallofer, Hans Herman Dickhuty - Germany) analizzano l'influenza degli sprint contro resistenza e facilitati nello sviluppo della velocità, giungendo alla conclusione che il valore di queste esercitazioni non va sicuramente trascurato ma nemmeno enfatizzato in maniera eccessiva.
Introduzione
La pratica dell’allenamento, gli studi scientifici e i convegni han fatto sorgere diversi interrogativi sull’efficacia di certe metodiche di allenamento. Con la seguente ricerca vorremo valutare, attraverso uno studio condotto su base scientifica, cosa sia utile effettivamente all’allenamento della velocità e come il riscontro di queste esercitazioni possa essere verificato. L’ efficacia dell’allenamento non è collegata solamente all’incremento dei carichi e delle intensità, ma dovrebbe essere supportato su fondamenti scientifici ed essere costruito su solide basi anche per quanto riguarda l’aspetto coordinativo.
Il seguente contributo è semplicemente l'ennesimo spunto di ragionamento e non pretende di essere esaustivo o esente da critiche. Il suo significato è quello di fornire un’analisi critica e uno stimolo per incoraggiare ulteriori studi per trovare nuove filosofie di lavoro nell’allenamento della velocità.
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I termini del problema
Il nostro tentativo è mostrare che la strada per raggiungere alte prestazioni nella velocità non sia solo legata allo sviluppo di rilevanti (e rilevabili? n.d.r.) parametri diretti, ma più probabilmente dipenda dallo sviluppo sinergico di tutti i fattori. Questa combinazione coordinata dei differenti parametri si verifica nelle attività inter ed intramuscolari che caratterizzano la pratica di allenamento della corsa di velocità che si sviluppa nelle seguenti fasi:
- Reazione – partenza (drive)
- Partenza – accelerazione
- Accelerazione – raggiungimento massima velocità
- Massima velocità (mantenuta il più lungo al possibile) – fase di decadimento della velocità
La complessità del fenomeno richiederebbe di includere tutte le componenti che hanno rilievo nella performance nella corsa di velocità:
- Tempo di contatto a terra
- Elettromiografia dei seguenti muscoli:
- vasto mediale;
- retto femorale;
- bicipite femorale;
- gluteo massimo;
- tibiale
- gastrocnemio
- Rilevamento tempo fino ai 40 metri, con parziali ogni 10 metri
- Analisi del lattato (richiesta energetica a seconda di diversi carichi di lavoro)
- Analisi cinematica del movimento con video con telecamere ad alta frequenza
Il rilevamento dei tempi di contatto è un parametro biomeccanico semplice da definire ma di difficile acquisizione. Può, ad esempio, essere estrapolato dall’analisi video ad alta frequenza.
Tuttavia, nello sprint è importante mantenere un errore di approssimazione il più piccolo possibile.
Un tempo di contatto ridotto di 0,01 secondo in una gara di 100 metri che si compone di circa 50 appoggi a terra, comporterebbe un miglioramento di mezzo secondo.
Utilizzare pedane ergometriche potrebbe essere un vantaggio, ma queste devono essere "calpestate" dagli atleti senza cambiare la normale azione di corsa, creando un problema complicato.
Per questo studio noi (gli autori) abbiamo inserito il dispositivo di rilevamento dei tempi di appoggio in speciali scarpe chiodate riducendo notevolmente il margine di errore.
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Metodi dello studio
Agli atleti è stato chiesto di svolgere due prove che comprendessero le condizioni più significative:
- partenza
- corsa con traino
- super-velocità
Nella prima prova venivano effettuati rilievi elettromiografici del muscolo retto femorale e del bicipite mentre nella seconda prova si rilevavano i parametri relativi all’intervento di glutei e vasto mediale
L’azione di tibiali e gatrocnemi veniva considerata in entrambe le prove.
Si è effettuato un recupero di tre minuti fra le prove e di 15 minuti fra le serie. In questo modo ogni atleta coinvolto nello studio era impegnato per circa un’ora.
Le rilevazioni elettromiografiche sono state registrate telemetricamente così da ottenere una condizione di corsa realistica.
I tempi di contatto al suolo erano rilevati attraverso speciali scarpe chiodate e anche questi dati erano trasmessi telemetricamente.
Si sono utilizzate attrezzature per svolgere supervelocità e traino.
Il sovraccarico utilizzato per il traino variava dai 2,5 ai 5 kg a seconda del livello di qualificazione dell’atleta impiegato nel test.
Gli atleti più prestanti hanno utilizzato il carico maggiore.
Il carico per il traino (molto ridotto n.d.r.) è stato scelto deliberatamente in modo che fosse sufficiente a comportare uno stimolo muscolare ma non elevato al punto da cambiare i tempi di contatto al suolo.
Sono stati effettuati test ematici per verificare l’accumulo di acido lattico e questo verrà di seguito discusso nella parte relativa ai risultati.
Lo studio si è sviluppato nell’arco di due giorni analizzando tre atleti ogni giorno. Le condizioni sono rimaste inalterate all’interno dell’impianto di atletica indoor di Kornwestheim. Il periodo dell’anno (8 e 9 gennaio) è stato scelto perché gli atleti preparati per la stagione al coperto si trovavano in condizioni ideali per ottenere alte prestazioni.
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Risultati
I dati relativi ai tempi di contatto al suolo, indicano che le prove effettuate con carichi molto diversi, danno dei risultati che differiscono sensibilmente (fig. 1)
La figura 2 mostra il diverso impegno muscolare rapportato tra corsa con traino, supervelocità e corsa libera.
Tutti i muscoli considerati hanno dovuto affrontare un impegno maggiore nelle prove con traino.
Tuttavia, la prove di corsa con traino non comportavano uno sforzo contro un peso elevato ma piuttosto si richiedeva di effettuare uno sprint, di superare il momento di inerzia portando il carico in movimento e di mantenere la velocità.
D’altra parte invece la supervelocità mostrava un alleggerimento del lavoro dei glutei, dei retti femorali dei tibiali e dei gastrocnemi, mentre il vasto mediale faceva registrare un impegno maggiore.
Questo sembra essere riconducibile alla accresciuta stiffness dovuta alla maggior velocità ottenuta attraverso il traino con supervelocità.
Un’ altra spiegazione potrebbe essere che la maggior attivazione del vasto mediale sia il risultato di un meccanismo di protezione che serve a stabilizzare l’articolazione del ginocchio alla maggior velocità.
È interessante notare che l’impegno ed il disimpegno del muscolo termina non appena il gancio viene staccato, mentre l’atleta continua a mantenere la stessa andatura senza diminuire la velocità per altri 10, 15 metri.
Le velocità aumenta parimenti anche quando il traino di resistenza viene staccato. Una riduzione apprezzabile dei tempi di contatto si verifica tra il 5 ed il sesto doppio appoggio nella corsa con traino (89,6ms negli ultimi 3 appoggi doppi contro i 105,3 ms rilevati tra il 4 ed il sesto doppio appoggio).
Il tempo di contatto nella super-velocità mostra una minima riduzione al momento dello sgancio prima che sia ulteriormente accorciato. Il minor tempo di contatto si realizza nella fase di massima velocità ed è significativamente ridotto rispetto allo sprint libero (78,6 ms negli ultimi 3 doppi appoggi). I tempi di appoggio al terreno negli sprint liberi sono ridotti gradualmente sino al momento della massima velocità (82,3 m/s negli ultimi 3 doppi appoggi).
Il tempo medio di contatto in tutti e nove i doppi appoggi (in millisecondi) è stato:
- Super-velocità: 89,6 ms
- Sprint: 93,9 ms
- Traino: 108,4 ms
L'alleggerimento dell'impegno dei glutei è stato chiaramente rilevato nella super-velocità mentre la corsa con traino comportava un aggravio del lavoro in questo distretto (fig. 3)
Nello sprint libero l’intervento dei glutei è significativamente minore rispetto al traino. La corsa con traino comporta una accresciuta attività del retto femorale (fig. 4), mentre il traino per la supervelocità all’inizio produce un alleggerimento dell’impegno di questo muscolo. L’attivazione del retto femorale non subisce variazioni dopo lo sgancio in ognuna delle tre condizioni.
L’attivazione del bicipite femorale non è sovraccaricata durante la supervelocità ed aumenta leggermente nel traino.(fig5). Va notato che i bicipiti femorali, chiamati a sollevare le gambe sotto le anche, non dovrebbero essere messi in maggiore difficoltà perché un’azione di accelerazione in avanti è la base di una falcata lunga e veloce.
Questo compito è molto più semplice in condizioni senza sovraccarico.
Il vasto è stato l’unico muscolo a mostrare un’accresciuta attivazione durante le prove di super-velocità. Sembra infatti che i ridotti tempi di contatto al suolo necessitino di una maggiore attività stabilizzatrice che non è contemplata nello sprint libero (fig. 6).
I tibiali sono stati leggermente meno sollecitati nella super-velocità rispetto allo sprint libero al fine di produrre un minor tempo di contatto. Una più elevata pre-attivazione comporta tempri più ridotti al suolo (fig. 7).
Il gastrocnemio è il muscolo fondamentale nell’azione della gamba ed ha mostrato un significativo alleggerimento nella supervelocità e un evidente sovraccarico nel traino. Il minor tempo di contatto nella super-velocità sembra avere un significato collegato al sistema nervoso. Dopo lo sgancio il gastrocnemio lavora allo stesso modo in tutte le tre condizioni. I valori medi dei soggetti mostrano una maggiore attività del gastrocnemio e per questo un minore tempo di contatto nella supervelocità. (fig.8)
Per riassumere dai diagrammi presentati si rileva inequivocabilmente che la corsa con traino comporta un accrescimento dell’attività muscolare che viene invece ridotta dalla supervelocità.
E’ anche ovvio che il livello di attività muscolare, successivamente al momento dello sgancio, torni alla situazione iniziale,
Una comparazione dei tempi di appoggio dice inoltre che, più alte velocità possono essere ottenute nonostante una minore attivazione muscolare o addirittura grazie a questa riduzione.
Lo sprint libero (partenze) può essere valutato come condizione intermedia.
Il nostro esperimento, come studi analoghi, rivela che l’effetto della super-velocità diviene efficace solo dopo la fase di accelerazione e può, in relazione alla qualificazione dell’atleta, esser mantenuta per non più di 10 o 15 metri,
I campioni di lattato non mostrano un incremento significativo con il crescere delle velocità e la conseguente riduzione dei tempi di contatto. Ogni prova è stata effettuata a velocità massimale o sovra massimale con 3 minuti di recupero tra le due prove e 12 minuti di recupero tra le serie ( traino, partenze, super-velocità).
La rilevazione del lattato ha indicato un aumento fino a 10 mmol/l al 12esimo minuto ma è scesa dopo le prime due serie a 5 minuti dal lavoro.
Per qualche ragione sconosciuta questo non è avvenuto nella terza serie.
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Discussione
Si può dire che la super-velocità e la corsa con traino non crei una situazione di allenamento artificiale laddove l’obbiettivo sia il transfer degli stimoli creati (in questo senso è un esercizio specifico).
Tuttavia, entrambe queste esercitazioni specifiche non vanno ne sopravvalutate ne trascurate. Vanno considerate come esercitazioni complementari con un'influenza positiva sulle componenti della corsa di velocità.
Le corse con traino dovrebbero sempre permettere un azione di corsa fluida permettendo un esecuzione con tempi di contatto al suolo simili a quelli richiesti dall’attività di gara.
È provato che un esecuzione che preveda lo sgancio è efficace quando viene adattata al livello prestativo dell’atleta.
Negli atleti da 11" nei 100 metri dovrebbe essere previsto lo sgancio dopo 25-30 metri, che possono essere portati fino a 30-40 (max 45) per gli atleti più veloci.
L'allenatore può rilevare ad occhio nudo un aumento di frequenza dei passi come un aumento dell’ampiezza dopo lo sgancio.
È importante che le prove di super-velocità permettano uno sprint coordinato e permettano all’atleta di provare a mantenere la velocità raggiunta per almeno 10 metri dopo lo sgancio.
Chi osserva dovrebbe vedere che le frequenze aumentano senza che i passi si accorcino.
Lo sgancio della supervelocità deve essere adattato ai limiti coordinativi dell’atleta.
Come riferimento si possono tenere 40-45 metri per gli atleti da 11", che diventano 45-55 per i più veloci.
Queste distanze indicano il limite dopo cui un atleta non è più in grado di coordinare lunghezza e frequenza dei passi.
L’aspetto fondamentale è il modo in cui queste esercitazioni assistite sono eseguite.
L’unico modo per ottenere riscontri positivi sulla coordinazione intra ed intermuscolari è quello che prevede una esecuzione di buon livello con una corsa coordinata e fluida.
Le quattro fasi di transfer sono ancora:
- Reazione – partenza (drive) il primo passo avanti;
- Partenza – accelerazione
- Accelerazione – massima velocità
- Massima velocità– mantenimento della velocità – fase di decadimento della velocità
Da un punto di vista dei sistemi energetici le sei prove eseguite ad intensità massimale e sovra massimale con tre minuti di recupero tra le ripetizioni e 12 tra le serie sono sufficienti a creare uno stimolo per la velocità.
Questi possono essere ricreati in maniera efficace nelle esercitazioni purché si rispettino i principi dell’allenamento che per lo sviluppo della velocità prevedono tempi di appoggio molto brevi, altrimenti il rischio è quello di trasformare questo allenamento in un lavoro di "speed endurance"
Peggio ancora, allungare i tempi di contatto può sviluppare schemi motori non desiderabili.
Anche se (come può essere notato nella fig. 1) i tempi di appoggio che si riducono dopo lo sgancio nella corsa col traino, non hanno effetto sulla velocità.
D’altra parte invece, nella super-velocità i tempi di contatto ridotti vengono mantenuti anche dopo lo sgancio.
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Conseguenze pratiche
I seguenti principi dovrebbero essere rispettati nella pratica dell’allenamento:
- Gli stimoli di velocità nella direzione della massima velocità possono essere riprodotti solo quando hanno un riscontro nei tempi di contatto dei piedi al suolo;
- Tutte le condizioni di allenamento dovrebbero essere informate alle richieste prestative sopra menzionate;
- Le condizioni di allenamento riprodotte devono permettere un gesto tecnico il più vicino a quello di gara;
- Più lo situazione dell’esercitazione si discosta dagli schemi motori del gesto tecnico più diviene inefficace;
- Stimoli sovra massimali dovrebbero essere proposti solo ad atleti ad alto livello coordinativo. Questi sono raggiunti dopo lo sgancio nella supervelocità e rinforzati con esercitazioni tecniche;
- La corsa con traino deve permettere una tecnica corretta di sprint e serve a stabilizzare e a migliorare il livello di forza veloce. Lo sgancio dopo la fase di accelerazione in questo caso ha un effetto favorevole;
- L’allenamento dello sprint è efficace prima di tutto in relazione al suo aspetto qualitativo piuttosto che a quello quantitativo.
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[su_note note_color="#8bc751" radius="1"]Le nostre riflessioni (ilcoach.net):
Ricordiamo che queste metodiche (traino e super-velocità) vanno considerate mezzi di allenamento per lo sport di alto livello.
Il loro utilizzo nel periodo dell'adolescenza (e anche nelle fasce d'età precedenti) andrebbe evitato o comunque fortemente limitato, in quanto esistono altri mezzi di allenamento che offrono la possibilità di ottenere miglioramenti comunque notevoli.
Anche nello studio proposto si ribadisce che le esercitazioni di traino e super-velocità debbano essere eseguite rispettando un modello di esecuzione tecnica di buon livello.
Prima di proporle, a nostro avviso, questo buon livello deve essere già stato raggiunto!!![/su_note]
A cura di Andrea Uberti e Andrea Dell'Angelo
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Intervista a Giovanni Galbieri e Alessandro Nocera
In Italia si parla molto del modo di allenare all’estero, molti atleti si sono trasferiti fuori dall’Italia per provare nuovi metodi di allenamento, cosa ne pensi? Hai mai pensato di farlo anche tu?
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Dalla multilateralità alla multidisciplinarietà
Quale è lo scopo con cui si inizia l’allenamento?
Lo scopo è rappresentato dall’obiettivo che si intende raggiungere nell’arco di 10-15 anni: la prestazione sportiva!
E’ proprio l’obiettivo futuro a determinare gli scopi, i contenuti e gli obiettivi durante il corso degli anni. (E.Arbeit)
Compito dell’allenamento giovanile è quello di sviluppare le caratteristiche fisiche che in quel momento sono nelle condizioni migliori, cioè hanno i presupposti fisici e psichici migliori e più adatti ad essere allenati.
Principi metodologici dell’attività giovanile
- Dall’elementare al complesso
- Dal facile al difficile
- Dal generale allo specifico
- Dal globale al particolare (C. Vittori)
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Obiettivi dell’allenamento giovanile:
Miglioramento pianificato ed a lungo termine di uno stato specifico di prestazione fino ad un livello tale da rendere possibile iniziare l’allenamento per lo sport di alta prestazione. La pianificazione richiede che vi sia sempre un rapporto ottimale tra:
- formazione generale
- formazione speciale
- condizioni di sviluppo dell’organismo
Stabilizzazione di una motivazione elevata al successo sportivo. Con la pratica di un solo sport (o disciplina sportiva) non si possono sviluppare uniformemente tutte le capacità coordinative. Solo richieste motorie diverse che si completano tra loro, garantiscono una formazione coordinativa multilaterale di base (formazione polisportiva).
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Caratteristiche dell’allenamento giovanile
“Gli atleti adulti si allenano per il presente mentre i giovani si allenano per il futuro” (Arbeit)
L’obiettivo finale determina i contenuti e gli obiettivi particolari durante il corso degli anni. Inizialmente è necessaria un’attività di base che ponga in primo piano l’acquisizione di un voluminoso repertorio di movimenti che sottenda ad una formazione multilaterale. Questo percorso consentirebbe la realizzazione di un bagaglio motorio basato sugli schemi motori di base, indispensabile per gli ulteriori apprendimenti.
Successivamente, infatti, il percorso sportivo si completa con l’apprendimento di obiettivi, costruiti funzionalmente gli uni sugli altri e rappresentati dalle abilità motorie.
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Perché la multilateralità?
- Per stabilire il più precisamente possibile le attitudini di un ragazzo è necessario che le sue doti fisiche vengano sviluppate in ogni loro aspetto. (Bauersfeld – Schoeter)
- Nel tempo, ci sono evoluzioni nei materiali e nelle tecniche. Solo un atleta con alti livelli di capacità coordinative, sviluppate in età giovanile attraverso attività multilaterale, può trasformare le tecniche già acquisite. (Bauersfeld -Schoeter
La pratica di attività multilaterali produrrà una ricchezza di esperienze, che determinerà apprendimenti significativi, i quali, immagazzinati nella memoria motoria, amplieranno le funzioni motorie producendo nuove abilità. Il risultato sarà quindi un gesto economico, in quanto il ragazzo potrà scegliere, dal proprio patrimonio motorio, il movimento più efficiente, ciò lo renderà più sicuro e lo porterà al miglior rendimento.
E.Hahn (1986) autorevole studioso sostiene in merito che il ”fondamento di ogni allenamento, nello sport di prestazione, è una formazione di base generale, che va oltre le varie discipline ed è impostato su larga scala, in cui ha gran valore la molteplicità dei modelli motori.
Più è vasto il repertorio di esperienze motorie in diverse discipline sportive, più facilmente si ottiene una strutturazione a livelli più alti di rendimento”.
Principio della multilateralità:
Per multilateralità si intende la scelta dei mezzi e l’organizzazione dei contenuti in modo da attivare ed affinare il maggior numero possibile di schemi motori e, costruire abilità motorie significative per, qualità e quantità tali da essere trasferibili nella acquisizione di abilità motorie specifiche della disciplina sportiva. In particolare le attività motorie saranno organizzate con l’attivazione del maggior numero di schemi motori e posturali, per la costruzione di abilità motorie significative per qualità, quantità e trasferibilità
Per MULTILATERALITA’ si intende inoltre la molteplicità di attività e contenuti motori che si sviluppano nel tempo attraverso:
- FORMAZIONE MULTILATERALE GENERALE (ESTENSIVA) 9-11 anni: che ha per obbiettivo l’incremento delle capacità funzionali generali di rendimento dell’organismo (sviluppo delle capacità condizionali e delle capacità coordinative di base);
- FORMAZIONE MULTILATERALE SPECIALE (INTENSIVA ORIENTATA) 12-14 anni: che ha l’obbiettivo di promuovere attraverso l’adozione di diversi mezzi speciali , lo sviluppo delle capacità maggiormente richieste per la/e specialità.
- FORMAZIONE MULTILATERALE (INTENSIVA MIRATA) 15-17 anni
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Tappa della multilateralità estensiva (9-11 anni)
Contenuti ed obiettivi della preparazione:
Miglioramento delle capacità fisiologiche e della sensibilità dei gesti attraverso attività e giochi di grande movimento, imitativi, derivati e propedeutici dell’attività sportiva scelta.
Le esercitazioni dovranno essere tali da stimolare il sorgere ed il consolidarsi di apprendimenti di carattere generale, trasferibili anche in altre discipline sportive.
Obiettivi da raggiungere sono quindi la conoscenza e padronanza del proprio corpo, lo sviluppo degli schemi motori di base e delle capacità coordinative.
- Insegnamento della tecnica della corsa piana, della marcia, in forma semplice
- Far prendere confidenza con palline e palle adatte alle dimensioni del giovane. Lanci ad una mano da tutte le posizioni, lancio a due mani da tutte le posizioni. Familiarizzazione con la tecnica di salto, gli esercizi di salto e la corsa con ostacoli
- Sviluppo della forza generale con i mezzi della ginnastica e dell’acrobatica semplice.
- Sviluppo dell’equilibrio e del ritmo con ogni mezzo (usando proposte ritmiche in ogni situazione, andature rettilinee avanti/indietro, movimenti rotatori singoli, continui, successivi sul posto e in avanzamento)
- Sviluppo ed incremento della rapidità dei movimenti ciclici ed aciclici, dosati attraverso un lavoro sapiente che prediliga non solo la quantità ma soprattutto la qualità dei gesti. Lo sviluppo di questa qualità rappresenta l’obiettivo prioritario in questa fase per migliorare le capacità e le abilità motorie.
Gran parte di queste proposte possono essere sviluppate attraverso un lavoro in circuito, con gruppi di lavoro, all’interno di moduli che comprendano una o più caratteristiche da sviluppare senza dimenticare che, in questo periodo della preparazione sarebbe opportuno utilizzare esercitazioni simmetriche che successivamente e progressivamente vengono sostituite da esercitazioni asimmetriche (specificità del gesto).
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Tappa della multilateralità intensiva (orientata) 12-14 anni
Contenuti ed obiettivi della preparazione:
Insegnamento tecnico specifico per perfezionare la padronanza dei gesti e assimilare gli elementi fondamentali della tecnica. Obiettivi da raggiungere sono la polivalenza e la multilateralità, il potenziamento fisiologico (sviluppo delle capacità condizionali), il perfezionamento degli schemi motori di base.
- Apprendimento della tecnica degli esercizi generali del corpo libero della ginnastica e dell’acrobatica attraverso l’utilizzo di attrezzi ginnici, esercizi di pre-acrobatica, esercizi a coppie, sviluppo e consolidamento della capacità di equilibrio e coordinazione attraverso esercitazioni lineari e rotatorie
- Apprendimento della tecnica degli esercizi di salto, della tecnica di salto, degli elementi fondamentali del salto con l’asta.
- Apprendimento degli elementi tecnici della corsa con ostacoli. (esercizi generali e speciali con ostacoli da 50/60 cm.)
- Apprendimento degli elementi tecnici dei lancio ( getto del peso, lancio del disco e del giavellotto – vortex)
- Apprendimento della tecnica della corsa piana e degli esercizi generali e speciali di corsa
- Sviluppo delle capacità ritmiche ( attraverso gli esercizi e durante la corsa)
- Sviluppo in modo funzionale e corretto dei gruppi muscolari dei piede dell’addome e delle spalle.
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Obiettivi da perseguire
Blocco corsa – ostacoli, dal saper..
- Essere in grado di effettuare un appoggio corretto dei piedi a terra, senza frenare
- Compiere movimenti coordinati braccia – gambe
- Mantenere una buona postura durante la corsa
- Passare gli ostacoli correndo, senza saltare
- Mantenere il ritmo di corsa tra gli ostacoli (3-5-7 passi)
- Sviluppare e fissare i primi esercizi speciali per gli ostacoli.
Al saper…
- Saper effettuare partenze in piedi e dai blocchi con energia e senza interruzioni
- Passare gli ostacoli correndo e senza frenare
- Saper realizzare cambi di ritmo durante la corsa sia in rettilineo che in curva mantenendo una tecnica corretta ed una azione decontratta.
- Saper superare 5/7 ostacoli mantenendo un ritmo corretto e continuo fra distanze uguali
- Saper correre 5/7 ostacoli a distanze variabili (3-4-5-6-7passi) superando gli ostacoli sia con la gamba destra che con la gamba sinistra.
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Blocco salti;
- Realizzare la rincorsa con ritmo progressivamente crescente (alto – lungo)
- Tentare l’esecuzione dell’impostazione della gamba di stacco senza rallentamenti (sia con la gamba destra che con la sinistra)
- Compiere movimenti di coordinazionone, associazione-dissociazione degli arti inferiori e superiori
- Compiere movimenti di salto, di stacco (alto e lungo) facilitati
- Compiere movimenti corretti (coordinati) al momento dello stacco
- Saper interpretare in modo corretto una rincorsa nel salto in alto, (7 passi) e nel salto in lungo con non più di13/15 passi
- Saper correre in progressione ogni tipo di rincorsa
- Saper correre in cerchio e su raggi di curvatura di varie metrature (da 5 a 8 mt.)
- Saper impostare una tecnica di stacco corretta, estensione allo stacco di tutto il corpo, coordinazione dei segmenti liberi, ultimi passi della rincorsa senza perdita di velocità.
Per il salto con l’ asta oltre a quanto detto e, ad una buona capacità di controllo negli esercizi di ginnastica e acrobatica è importante:
- Saper correre con l’asta senza modificare la tecnica di corsa
- Saper saltare in lungo realizzando presentazione ed imbucata con rincorsa corta
- Saper realizzare la presentazione e l’imbucata con 4-6-8 passi di rincorsa
- Con l’assistenza dell’allenatore, saper realizzare una rincorsa di due, quattro o sei appoggi, imbucata, stacco ed oscillazione avanti-alto con atterraggio in posizione frontale a gambe unite e semipiegate. Aumentando la lunghezza della rincorsa aumenta la velocità d’uscita dallo stacco, aumenta l’inerzia necessaria all’oscillazione del corpo in verticale.
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Blocco lanci:
Fin dagli esercizi più semplici è opportuno ricordare che il movimento inizia sempre dai muscoli estensori degli arti inferiori, prosegue con i muscoli del tronco ed infine si conclude con i muscoli estensori degli arti superiori con gesti motori specifici di getto, lancio e tiro. Un altro aspetto comune a tutti i lanci, ma evidenziato anche nei salti è il ritmo in progressione della rincorsa, della traslocazione e della rotazione. La capacita di traslocazione e di rotazione è elemento da sviluppare e consolidare in ogni fase, in quanto suscettibile ad adattamenti e miglioramenti continui in funzione dello sviluppo delle abilità tecniche e delle modificate capacità condizionali.
Esercitazioni generali:
- Pallone di 1 kg lanci da fermo frontali a due braccia sopra la testa (in piedi con arti divaricati sull’asse frontale e sagittale, in ginocchio, in ginocchio su un arto, seduti, supini..)
- Pallone di 2-3-4 kg da fermo, spinte a due braccia dal petto in avanti-alto (piedi divaricati sull’asse frontale e sagittale) (in piedi, seduti, in ginocchio su un arto, in ginocchio su due arti)
- da fermo, lanci dorsali, lanci frontali dal basso in avanti-alto
- da fermo, lanci frontali dalla torsione a dx e sx in avanti-alto
- salita sulla panca con un arto e lancio dal petto in avanti-alto
- cadendo dalla panca, piegamento arti inferiori risalita e lancio dal petto in avanti-alto
- da seduti sopra la panca, raddrizzamento arti inferiori e lancio dal petto in avanti-alto
- con un passo (dx-sx o sx-dx) e lancio dal petto in avanti-alto
- con un passo dx-sx, torsione del tronco a dx e lancio frontale dal petto in avanti alto (idem con un passo sx-dx , torsione a sx).
Lancio del giavellotto:
Palline, sassi, vortex (max 150gr.): lanci con un braccio propedeutici al lancio del giavellotto:
- da fermo, arti divaricati frontali, braccio disteso dietro, arco del corpo e lancio
- da fermo, arti divaricati sagittali, braccio disteso dietro, semipiegamento arto posteriore
- spinta e puntello attivo anteriore, arco e lancio.
- con un passo incrociato (sx-dx-sx) e lancio alto sopra la testa
- braccio mantenuto in linea di lancio, rincorsa corta e lancio alto sopra la testa
Lancio del disco:
Si tratta di realizzare un gesto semplice e corretto nella forma e nel ritmo
- Spostarsi girando sull’asse (Concatenazione delle rotazioni)
- Localizzare il reparto di rotazione, linea spalle / braccio,
- Mantenere gli appoggi al suolo nella realizzazione del finale
- Orientare l’attrezzo su una traiettoria di prestazione
Pianificare la meta, dominare le sensazioni esterocettive.
- Lanciare in una direzione ad un bersaglio in una corsia
- Esigere l’equilibrio
- Percepire il fissaggio della gamba sinistra ed i successivi allineamenti
- Giocare con lo spazio tempo S – DS utilizzando bastoni, clavette, palle con maniglia: lanci con un braccio propedeutici al lancio del disco
Lancio del peso:
Esercizi tecnici tecnica classica (lanciatore destro):
- da fermo, lancio frontale: posizione frontale alla direzione di lancio, torsione del tronco e semipiegamento degli arti inferiori, lancio in avanti-alto.
- da fermo: posizione laterale alla direzione del lancio, semipiegamento dell’arto posteriore in appoggio sull’ avampiede, torsione di 90° del tronco sull’asse “arto anteriore – spalla”, spinta arto posteriore ed anche frontali, prestiramento, apertura e chiusura dell’arto superiore libero e spinta finale del braccio lanciante.
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Tappa della multilateralità intensiva (mirata) 15-17 anni
Contenuti ed obiettivi della preparazione i contenuti negli aspetti generali sono:
- Contenuti a carattere multilaterale per il 50% della preparazione, completamento dello sviluppo qualitativo necessario attraverso gli elementi specifici della tecnica, (indirizzare sempre più le esercitazioni verso il gesto specifico)
- scelta della disciplina sportiva, acquisizione di abilità tecnico-tattiche e incremento delle capacità condizionali.
- Realizzare, tenendo conto del livello di preparazione acquisito un approfondito e continuo lavoro sulla/e tecniche
- Prosecuzione, nello sviluppo delle capacità fisiche della rapidità e della forza veloce
Obiettivi da perseguire:
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Blocco corsa – ostacoli,
- Controllo della postura e l’allineamento di tutte le azioni
- Controllo della frequenza e ampiezza del passo e capacità di modularlo
- Saper effettuare la partenza dai blocchi in modo corretto ed efficace
- Saper dominare la tecnica del passaggio dell’ostacolo (coordinazione) con l’utilizzo di esercizi speciali della tecnica e del ritmo della corsa tra gli ostacoli (la tecnica della corsa in funzione del ritmo tra gli ostacoli, più corti, più lunghi) E’ importante ricordare che la velocità è un fattore limitativo della tecnica, e che questa deve adattarsi per poter essere efficace ad ogni più piccola variazione della velocità.
- Saper effettuare, modulare, la partenza dai blocchi in funzione della prove (corsa sul piano o con ostacoli, diversificazione del ritmo in funzione della distanza)
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Blocco salti:
- Dominare il ritmo progressivo e crescente della rincorsa senza ridurre la velocità e senza abbassare le anche
- Realizzare una impostazione corretta della gamba di stacco sia per il salto in lungo che per il salto in alto (la differenza è nell’impostazione degli ultimi passo)
- Saper effettuare un ritmo corretto della rincorsa e saper coordinare l’azione dei segmenti liberi durante il volo
- Saper effettuare una corretta tecnica nell’atterraggio per il salto in lungo ed una caduta corretta per il salto in alto
- Saper effettuare un salto (lungo) utilizzano ambedue le gambe
Per il salto con l’asta oltre agli esercizi proposti è importante:
- Saper trasportare l’asta durante la rincorsa
- Saper effettuare una presentazione ed una imbucata corretta dell’asta con una rincorsa di 10-12 passi
- Saper fare un salto con 8 passi di rincorsa oscillando ed infilando verticalmente senza girare, toccando con i piedi un elastico posto a 50-60 cm. Più alto dell’impugnatura.
La sensazione del collegamento rincorsa – salto ed avanzamento con l’asta in flessione dà al saltatore la sicurezza per la successiva fase acrobatica sull’asticella.
- Salti completi con rincorse variabili in base al momento della preparazione, (adeguando il tipo di asta e l’altezza delle impugnature.
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Blocco lanci
Peso (velocità, altezza del rilascio,angolo di rilascio)
- Dal lancio da fermo al lancio completo con partenza dorsale (classico o rotatorio)
Disco (Equilibrio, accelerazione, ritmo)
Giavellotto (accelerazione del corpo e dell’attrezzo, postura, rilassamento)
- Lanci in movimento di passo o di corsa, passi incrociati mantenendo il braccio disteso e rilassato
- Passi incrociati mantenendo l’attrezzo in linea, appoggio in anticipato del piede destro ed appoggio in avanti del piede sinistro (posizione finale di lancio), lancio teso (anche a bersaglio).
Lanci con tre o cinque appoggi (di passo e di corsa):
- Incrocio arto inferiore destro sull’arto inferiore sinistro, spinta arto inferiore destro, appoggio piede sinistro (impulso), spinta dinamica radente ed appoggio anticipato del piede destro e del piede sinistro (posizione finale di lancio) e lancio in avanti.
Le fasi successive della preparazione dovranno prevedere uno sviluppo armonico dell’apparato neuro muscolare per innalzare il livello raggiunto e preparare il giovane ad una fase di specializzazione che porti verso una preparazione agonistica a carattere multilaterale (multidisciplinare) gareggiando sia in quelle che egli ritiene siano le sue specialità preferite, ma anche in quelle prove che a ragione sa di non padroneggiare perfettamente.
Alcuni riferimenti sono stati ripresi da un articolo di Giovanni Tucciarone apparso su Atletica Studi n°2 del 1994
A cura di Graziano Camellini
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Perchè Lavillenie è il miglior saltatore con l'asta al mondo?
Sul profilo di facebook della IAAF è stata caricata una breve intervista al Coach di Renaud Lavillenie, Philippe D’Encausse.
La domanda era:
Perchè Renaud Lavillenie è il saltatore con l’asta più forte al mondo?
Questa la risposta, veramente sintetica:
- È il corridore più veloce mentre impugna un’asta.
- Non ha paura.
- Egli vuole essere il migliore.
Ecco il video dell’intervista:
Insomma, sembra che il saltatore con l’asta moderno debba essere dotato di grandi doti di velocità e ovviamente questa velocità deve saperla sfruttare durante la gara, deve avere una buona dose di incoscienza e deve aver voglia di darsi da fare per migliorare sempre di più!
