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Salti e psicologia. Come ottimizzare la performance

13 Novembre 2019 by Redazione

psicologia e salti

Immagini realizzate da Roberto Click Passerini

“Gli scienziati hanno dimostrato che è impossibile saltare in lungo fino a trenta piedi, ma è un genere di discorso che io non ascolto.

Pensieri come quelli riescono a entrarti dentro fino ai piedi.”

Carl Lewis

 

Salti e psicologia, ottimizzare e migliorare la performance

I salti nell'atletica si dividono in estensione, salto in lungo e salto triplo, ed in elevazione, salto in alto e salto con l'asta.

Psicologia e salti. Salto in alto, Desiree Rossit. Ph. Roberto Click Passerini

Psicologia e salti. Salto in alto, Desiree Rossit

Tali specialità hanno una caratteristica comune ai lanci: sono concorsi, e come tali hanno peculiarità simili.

Vedi anche: La psicologia nei lanci

In tutte le specialità dei salti, molto importante è la gestione della concentrazione, poiché è impossibile mantenerla massima per tutta la durata della gara. È normale che la mente vaghi tra un salto e un altro, ma necessario è tornare con l’attenzione alla gara e al gesto tecnico quando arriva il proprio turno.

Altra caratteristica dei saltatori, è la necessità di saper gestire l’errore. Capita di sbagliare, ma ogni salto dovrebbe essere considerato come unico. Concentrarsi sul passato o sul futuro non aiuta a sfruttare l'occasione presente.

Psicologia e salti. Salto con l'asta. Ph. Roberto Click Passerini

Psicologia e salti. Salto con l'asta. Ph. Roberto Click Passerini

Un'altra situazione che l'atleta saltatore deve imparare a gestire, è la paura del nullo. Iniziare il gesto tecnico con il pensiero fisso di non dover far cadere l'asticella o di non superare il limite della pedana di stacco può influenzare enormemente la prestazione inficiandola completamente. Tale condizione è assolutamente da modificare, poichè l'atleta non riuscirà mai a dare il 100% delle sue possibilità se è concentrato su non sbagliare.

Come tutte le specialità dell'atletica, i saltatori sono in balia degli agenti atmosferici, almeno nelle gare outdoor. Pioggia vento e temperature rigide sono avversari degli atleti. Queste situazioni non sono controllabili, e come tali vanno affrontate nel migliore nel miglior modo possibile. Anche le condizioni della pedana possa influenzare l'atleta. Per questo motivo, oltre che per lo stato di forma dell'atleta che può essere diverso da quello dell'allenamento precedente, è necessario provare la rincorsa.

In tutte le situazioni sopra elencate, possiamo vedere come la mente possa inficiare la prestazione e la preparazione fisica e tecnica è soltanto una delle componenti che permette la buona riuscita delle gare.

Le gare hanno caratteristiche diverse tra l'estensione e l’elevazione.

I salti in estensione hanno numero di prove già stabilito.

L'atleta saprà quindi di avere sicuramente almeno tre possibilità per fare una buona prestazione e, quando riesce a raggiungere la finale, avrà altri tre salti a disposizione. È quindi necessario saper sfruttare tutte le opportunità che vengono concesse all’atleta.

Psicologia e salti. Salto triplo. Ottavia Cestonaro. Ph. Roberto Click Paserini

Psicologia e salti. Salto triplo. Ottavia Cestonaro. Ph. Roberto Click Paserini

I salti in elevazione hanno invece una quantità di prove non prevedibile. L’uscita dalla gara dipende dal numero degli sbagli che si fanno ad ogni misura. Questo comporta una durata variabile delle gare che, soprattutto per quanto riguarda il salto con l'asta, possono protrarsi per un tempo molto ampio. Inoltre, la difficoltà aumenta man mano che la gara prosegue. Tale caratteristica è difficile da gestire, poiché la stanchezza fisica, nervosa e mentale aumenta con l'alzarsi dell'asticella. Per tale motivo è necessario saper ben distribuire gli sforzi fisici e mentali. Inoltre, l’ingresso in gara non è uguale per tutti. L’atleta deve comunicare ai giudici la misura d’ingresso, concordata con l’allenatore. Tale situazione è da ben gestire, poiché i salti di prova vengono fatti prima dell’inizio della gara. Gli atleti devono quindi mantenersi concentrati e riscaldati fino al sopraggiungere della misura richiesta.

Come possiamo notare i salti e i lanci hanno diverse caratteristiche in comune. Le competenze di un atleta sono molteplici, la preparazione fisica quindi è soltanto una parte dell'allenamento dello sportivo.

Uno psicologo dello sport può aiutare a permettere all’atleta di dare il meglio di sé in ogni situazione che si presenta.

Martina Fugazza

Martina Fugazza

Psicologa dello sport
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Filed Under: News, Psicologia, Salti Tagged With: psicologia dei salti, psicologia dello sport, salti, salti in elevazione, salti in estensione, salto con l'asta, salto in alto, salto in lungo, salto triplo

Come insegnare il salto in alto a scuola media (tecnica Fosbury)

9 Gennaio 2017 by Redazione

salto in alto a scuola

Insegnare il Fosbury flop alle scuole medie.

Abbiamo realizzato 3 filmati che hanno lo scopo di avvicinare gradualmente gli alunni al salto in alto in stile fosbury-flop.

1. Insegnare il salto in alto: cadere in basso, rimbalzare, saltare in alto, saltare lontano.
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Nel primo filmato sono sono presentate le esercitazioni che hanno lo scopo di creare i prerequisiti al salto in alto:

  • saper cadere in basso;
  • il sapere rimbalzare;
  • sapere saltare superando attrezzi – materiale in elevazione;
  • sapere saltare superando attrezzi – materiale in estensione.

I “VALORI” considerati fondamentali sono l’equilibrio in fase di volo , il controllo della postura , la capacità di stacco  e la abilità nell’ ammortizzare in fase di ricaduta a terra.

Il lavoro è proposto in forma di circuito a stazioni con attività contemporanea di tutti gli allievi.

Anche i meno abili, come si può vedere , sono totalmente coinvolti.

2. Insegnare il salto in alto: le basi di pre-acrobatica.
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Nel secondo video propongo una semplice sequenza di esercizi di pre- acrobatica generale e specifica, indispensabile prima di affrontare un gesto come il Fosbury caratterizzato da una fase di volo e ricaduta con schiena rivolta al terreno.

Particolare attenzione viene data, infatti, alla caduta indietro.

Ritengo indispensabile, anche sotto il profilo della sicurezza , programmare tali attività prima di proporre il gesto tecnico ai ragazzi.

 

3. Insegnare il salto in alto: salto frontale, salto in sforbiciata, salto Fosfury-Flop.
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Nel 3° video potrete osservare prima una progressione didattica che parte dal salto frontale e , passando per le sforbiciate con rincorsa diagonale ed in curva, arriva al Fosbury- Flop.

La scelta del piede di stacco avviene dopo la proposta delle sforbiciate da entrambi i lati e viene confermata dall’esercitazione di stacco ed arrivo in piedi sulla zona di ricaduta dopo avere effettuato la rotazione.

Un evidente uso di segnaletica favorisce l’ acquisizione dei punti fondamentali della tecnica: traiettoria della rincorsa ed esecuzione della curva - posizione di stacco rispetto al piano dei ritti .

4. Insegnare il salto in alto: l'organizzazione del lavoro con l'intera classe.
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Nell'ultimo video la mia proposta di organizzazione del lavoro con l’ intera classe .

Si utilizzano asticelle didattiche per favorire la continuità delle attività e c’ è largo spazio per  salti che prevedono l’arrivo in piedi su tappetini duri o su materassone. Infatti , a scuola, il fosbury è spesso interpretato dai ragazzi come un tuffo di schiena sui materassoni di ricaduta.

Certamente la proposta è giustificata dall’interesse che suscita nei ragazzi il gesto, dalla sua attualità, e dalla componente di acrobaticità e di controllo del corpo in volo che viene sviluppata, ma mi pare necessario, se si vuole lavorare sul salto in elevazione, che siano richieste esecuzioni che sottolineino al massimo anche questo aspetto.

Nel triennio della secondaria inferiore svolgo quattro- cinque lezioni sul salto in alto per anno e, al termine del percorso , gli allievi conoscono la tecnica frontale, le sforbiciate con rincorsa in curva ed in diagonale, lo scavalcamento ventrale (cui è dedicato il prossimo filmato) ed il Fosbury.

Ogni ciclo annuale è completato dalla verifica – gara in cui è previsto l’ utilizzo dell’ asticella e che permette agli allievi di provare la vera esperienza del valicamento che le asticelle didattiche permettono solo in parte.

Giuseppe Balsamo

Giuseppe Balsamo

Professore | Tecnico Fidal ASA Salti
Laureato in Scienze Motorie presso l’Università Cattolica Milano, e Allenatore Specialista Fidal nei Salti (Tecnico ASA). Dal 1979 è Tecnico Fidal Dal 1984 è Docente di ruolo scuola secondaria primo grado Dal 1998 è Allenatore Specialista di Atletica (FIDAL) – Settore salti Dal 2007 è Docente a contratto presso l’Università dell’Insurbia Dal 2013 al 2016 è stato Responsabile tecnico del settore salti della Fidal Lombardia
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Come allenare il salto in alto secondo un Campione Olimpico

11 Dicembre 2016 by Redazione

Stefan-Holm-salto-in-alto

L’edizione 2016 della “European Pole Vault and High Jump Conference” organizzata dalla German Sport University di Colonia e rientrante negli eventi di formazione promossi dalla European Athletics ha visto la presenza di relatori di alto livello come lo svedese Stefan Holm e l’americano Cliff Rovelto per i momenti riservati al salto in alto.

Nel precedente articolo abbiamo presentato il sistema di allenamento del salto in alto di Cliff Rovelto (14 atleti alle Olimpiadi...).

Di seguito invece viene riportata la relazione tecnico-esperienziale dei contenuti esposti nelle presentazioni teoriche e pratiche presentate da Stefan Holm.

Relazione Conferenza Europea Salto in Alto

Come allena il salto in alto Stefan Holm (Campione Olimpico)

L’andamento prestativo della carriera di Stefan Holm, campione Olimpico di salto in alto ad Atene 2004, evidenzia alcuni aspetti dello sviluppo a lungo termine della performance nell’atletica leggera.

Dopo aver provato discipline sportive come lo sci di fondo e il calcio, Holm viene a contatto con il mondo dell’atletica.

I primi successi arrivano in terra svedese fin da giovanissimo ma ciò che più impressiona viene nel periodo assoluto.

In tutte le competizioni internazionali lo svedese ha raggiunto 21 finali su 21 partecipazioni dimostrando una singolare continuità per più di dieci stagioni.

Nonostante ciò la prima medaglia internazionale arriva solamente all’età di 25 anni.

Dopo essersi ritirato dopo l’Olimpiade di Pechino 2008, da circa due anni Holm segue un gruppo di saltatori in alto tra i quali spicca la presenza della finalista olimpica Sofie Skoog (PB 1.94m).

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La filosofia di allenamento di Stefan Holm

Tre sono le linee guida del progetto tecnico di Stefan Holm, frutto della sua esperienza come atleta professionista e come tecnico:

  • “Se vuoi essere un buon saltatore, hai bisogno di saltare”;
  • l’individuazione di un numero limitato di esercizi specifici per lo sviluppo dello stacco in modo da apprendere le posture e favorire gli adattamenti neuromuscolari in funzione della disciplina (segue: “Lo sviluppo della capacità di salto verticale nel salto in alto”) e,
  • l’andamento e la pianificazione a lungo termine della prestazione. Relativo a quest’ultimo punto il tecnico svedese sostiene che gli effetti di un buon allenamento non si vedono nel corso di una sola stagione, ma dai 3 ai 5 anni di pratica sportiva.

La periodizzazione dell'allenamento secondo Stefan Holm

E’ stata presentata la doppia periodizzazione utilizzata con Sofie Skoog per la stagione 2016.

La periodizzazione è costituita da due periodi di preparazione generale, un periodo di sviluppo della forza massima e un periodo competitivo.

Per la stagione outdoor a causa di un infortunio al piede di stacco nel mese di maggio a questa sono state effettuate modifiche che hanno comunque portato la Skoog a raggiungere la finale europea e quella di Rio.

Di seguito vengono riportate le tabelle di allenamento utilizzate per la stagione indoor:

Data inizio Data fine Periodo
12 ottobre 2015 8 novembre 2015 Ground I
9 novembre 2015 6 dicembre 2015 Ground II
7 dicembre 2015 10 gennaio 2016 FMax & Explosivity
11 gennaio 2016 28 febbraio 2016 Competitive II
9 febbraio 2016 6 marzo 2016 Rest

Tabella 1. Periodizzazione dell’allenamento nel salto in alto per la stagione indoor 2016

Il primo periodo della preparazione per il salto in alto è costituito da quattro sedute di allenamento ripetute sei volte nel corso del periodo di quattro settimane.

I mezzi utilizzati includono una vasta serie di esercizi con sovraccarichi, balzi e pliometria.

Programmazione dell'allenamento

Settimana tipo nel periodo "Ground 1" (12.10.2015 - 8.11.2015)

Day 1 Day 2 Day 3 Day 4
Deep squat (6x6), Half squat (6x6), Calf raises (4x16), Step-ups (3x5/ben), Hamstringscurl (3x12) Snatch (5x5), Cleans (5x5), Jerks (3x12), Core Both feet (10x5), Jump on side of hurdle (8x5), Jump over hurdle (6x5), Holm hurdles (6x5), Drop-jump (10x2), Drop-jump between boxes (3x12) Bounces (16x15-steps upwards) and medicinball

Tabella 2. Programmazione “Ground 1”

Il secondo periodo presenta la formula inversa rispetto al precedente con sei sedute di allenamento effettuate quattro volte nel corso del periodo.

In questo ciclo viene introdotta la tecnica di salto una volta la settimana.

Settimana tipo del periodo "Ground 2" (9.11.2015 - 6.12.2015)

Monday Tuesday Wednesday Thursday Friday Saturday
Snatch (2-3), Deep squat (5x5), Step ups (3x5/ben), Bouncing(16 x 10-steps) Cleans (6x3), Haft squats (5-4-3-4-3-4), Calf raises (4x12), Bothfeet hurdlejumps (10x5) Jump on side of hurlde (10x5), Holm hurdles (8x5), Snatch(6x3), Core Half squat (5x3), Jerks (8-6-4-2-), Drop-jump between boxes(3x12), Hamstringscurl (4x8) leans (2-3), Both feet (10x5), Drop-jump (10x2), Medicinball High jump

Tabella 3. Programmazione “Ground 2”

Il terzo ciclo è incentrato sullo sviluppo della forza massima. Questa viene sviluppata attraverso alzate olimpiche ed esercizi fondamentali eseguiti con metodo piramidale fino all’insuccesso.  Le sedute di tecnica di salto salgono a due alla settimana. Di queste una viene svolta in mattinata e l’altra nel pomeriggio al fine di lavorare in funzione dei grandi eventi che presentano spesso i turni di qualificazione nel corso della mattina.

Settimana tipo del periodo "FMax & Explosivity" (7.12.2015 - 10.11.2016)

Monday Tuesday Wednesday Thursday Friday Saturday
Deep squat (3-3-2-1… until max), Half squat (5-5-3-3-3explosive), Step ups (5x3 three boxes), Calf raises (4x12) Snatch (3-3-2-1… until max), Cleans (3-3-2-1… until max),Jerks (8-6-4-2) Wednesday High jump High jump Both feet (5x5), Jump on side of hurdle (5x5), Holm hurdles(5x5), Drop-jump (5x2) Bounces 10-steps/5-steps, Medicinball High jump

Tabella 4. Programmazione “FMax and Explosivity”

Infine il periodo competitivo si sviluppa a seconda del calendario delle competizioni. Il suggerimento è quello di pianificare il prima possibile le date delle competizioni. L’allenatore durante questo periodo dovrebbe proporre esercitazioni e carichi di lavoro familiari all’atleta in modo da favorire una routine pre-gara positiva alla performance del proprio atleta.

Lo sviluppo della tecnica nel salto in alto

Per quanto riguarda lo sviluppo della tecnica del salto in alto, secondo Holm, questa deve essere enfatizzata nel periodo adolescenziale (14-20 anni) in modo da permettere la costruzione di un proprio stile di salto che sarà poi ottimizzato nel periodo adulto.

Confrontando dal punto di vista tecnico i salti dei Mondiali Junior di Lisbona 1994 e il salto vincente di Atene 2004, Holm ha posto l’accento sulla costruzione della tecnica in età giovanile e sul solo perfezionamento di questa in fase adulta.

L’enfasi tecnica del periodo puberale e postpuberale lascia poi spazio allo sviluppo delle capacità condizionali con utilizzo di sovraccarichi solo a partire dai 18-19 anni.

Lo sviluppo della capacità di salto verticale nel salto in alto

Fondamentalmente lo scopo del saltatore in alto è quello di superare altezze sempre più alte attraverso la costruzione di una rincorsa valida e di uno stacco idealmente perfetto.

Il punto centrale della preparazione in relazione all’outcome della disciplina è rivestito dallo sviluppo della capacità di stacco verticale.

Oggi sono conosciute varie esercitazioni di salto per lo sviluppo dello stacco, secondo Stefan Holm la chiave sta nell’individuare quei 5-6 esercizi che soddisfino l’obiettivo lavorando in maniera globale sull’organismo e allo stesso tempo in maniera specifica per le richieste della disciplina.

La scelta di tali esercizi è fatta anche in funzione delle caratteristiche dell’atleta e dalle necessità biomotorie e tecniche.

Video degli esercizi di stacco per il salto in alto utilizzati da Stefan Holm

Nel video seguente sono stati da me riproposti alcuni dei principali esercizi di stacco utilizzati da Holm nel periodo di attività e che tutt’ora utilizza con i suoi atleti:

  • Box Jumps
  • Holm Jumps
  • Balzi
  • Esercizi pliometrici 

Al seguente link potete trovare tutte le presentazioni, scaricabili, dei relatori del seminario sul salto in alto di Colonia:

http://polevault-symposium.jimdo.com/downloads/

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Filed Under: Salto in alto, Specialità Tagged With: Cliff Rovelto, esercitazioni salto in alto, European Pole Vault and High Jump Conference, salto in alto, Stefan Holm, tecnica salto in alto

L’allenamento del salto in alto secondo Cliff Rovelto (14 atleti olimpici)

8 Dicembre 2016 by Redazione

Raduno salto in alto Lombardia

Il sistema di allenamento di Cliff Rovelto

L’edizione 2016 della “European Pole Vault and High Jump Conference” organizzata dalla German Sport University di Colonia e rientrante negli eventi di formazione promossi dalla European Athletics ha visto la presenza di relatori di alto livello come lo svedese Stefan Holm e l’americano Cliff Rovelto per i momenti riservati al salto in alto.

In questo articolo viene riportata una relazione tecnico-esperienziale dei contenuti esposti nelle presentazioni teoriche e pratiche presentate da Cliff Rovelto.

Se volete leggere la relazione sulla presentazione del Campione Olimpico Stefan Holm leggete "Come allenare il salto in alto secondo un Campione Olimpico"

Chi è Cliff Rovelto?

Cliff Rovelto è un allenatore americano di atletica leggera specializzato nel salto in alto.

E’ il responsabile della squadra di atletica della Kansas State University (NCAA Division I) e, senza dubbio, è uno dei tecnici di riferimento per la disciplina in tutto il Nord America.

Nella sua carriera ha allenato, e tutt’ora allena, saltatori e multiplisti di livello mondiale.

I 14 atleti portati alle Olimpiadi da Atlanta 1996 a Rio 2016 rappresentano la cartina tornasole di un lavoro eccellente portato avanti insieme ai suoi atleti.

Erik Kynard, Jessi Williams, Matt Hemingway e Jamie Nieto sono solo alcuni dei nomi di spicco che hanno raggiunto il loro picco prestativo sotto la guida di Rovelto.

Oggi l’head coach di K-State University segue sia gli studenti-atleti del college che gli atleti top non frequentanti l’università.

La filosofia nell’allenamento di Cliff Rovelto

Il sistema di allenamento è fondato sullo sviluppo a lungo termine dell’atleta operando scelte in funzione dei benefici a lungo termine della prestazione.

Questo concetto implica la costruzione delle fondamenta e delle basi che hanno la funzione di minimizzare il rischio di infortuni e consentire una certa consistenza della performance.

Il ruolo del coach è quello di insegnare: non è solamente una questione di competenze e conoscenze ma soprattutto l’abilità di comunicare le informazioni in maniera efficace.

Il processo di coaching vede la definizione di una mission che è relativa al livello di aspirazione dell’atleta e all’individuazione di obiettivi personali, misurabili e tempo-specifici.

L’idea alla base dell’allenamento è quella di rendere gli atleti indipendenti senza vincolare la propria prestazione alla presenza dell’allenatore sul campo di gara.

Gli atleti di grande talento sono anche considerati “geni del movimento” (motor genius), ma le caratteristiche dello sviluppo atletico e personale di questi passano sempre attraverso l’etica del lavoro, la pazienza, l’onestà e la perseveranza.

Principi per la preparazione fisica dei saltatori e delle saltatrici in alto

Secondo Cliff Rovelto l’obiettivo primario della preparazione fisica rimane quello di raggiungere il livello d’elite attraverso il raggiungimento del minimo di partecipazione per le maggiori manifestazioni, entrare a far parte del Team USA, qualificarsi per la finale e in ultimo competere per una medaglia.

Il successo durante il periodo estivo è diretta conseguenza della qualità del carico di lavoro svolto durante il periodo autunnale e invernale.

Lo sviluppo tecnico e lo sviluppo biomotorio sono in stretta relazione in quanto, in primis, l’atleta deve possedere le capacità fisiche per soddisfare i requisiti tecnici della disciplina.

Non esistono scorciatoie per saltare più alto, anche per gli atleti di talento.

Questi possono anche raggiungere ottime misure nel salto in alto, ma senza una adeguata progressione delle componenti tecniche e biomotorie non potranno esprimere una certa consistenza, che è quanto ricercato durante la stagione visto il calendario delle competizioni.

La componente di preparazione fisica durante il periodo preparatorio e agonistico vede l’instaurarsi di differenze fra i generi.

In generale le donne sembrano capaci di lavorare con volumi comparabili o addirittura più alti degli uomini, mentre per quanto concerne l’intensità essa è maggiore negli uomini.

Nella fase competitiva gli uomini riducono il volume e mantengono alta l’intensità mentre le donne sembrano riportare maggiori vantaggi nel picco prestativo lavorando ancora con volumi alti ed intensità leggermente più basse.

L'importanza della rincorsa nel salto in alto

Considerando la relazione di causa-effetto dei fenomeni, la rincorsa gioca un ruolo primario nella costruzione del salto.

La maggior parte degli errori riguardanti lo stacco del salto in alto sono causati da una rincorsa spesso inconsistente, non riproducibile allo stesso modo ad ogni tentativo.

Quanto ricercato sta nella riproducibilità della rincorsa a velocità ottimali.

Una rincorsa ottimale deve permettere all’atleta di accelerare in maniera uniforme e precisa vista la biomeccanica della corsa in curva.

La corsa in curva pone l’accento sull’allineamento naturale e perpendicolare alla direzione di corse dell’asse delle anche e delle spalle.

L’organizzazione dell’allenamento di Cliff Rovelto

Sedute ad impatto neuromuscolare e sedute ad impatto metabolico

Uno degli aspetti più importanti è ricoperto dalla preparazione generale che solitamente inizia nel mese di settembre per poi concludersi a dicembre.

A questa segue la fase o il ciclo di conversione della potenza precedente l’inizio della stagione indoor.

I periodi, o cicli di allenamento, sono suddivisi seguendo il classico schema della periodizzazione con 3 settimane di carico e una settimana affidata alla rigenerazione.

Il programma di allenamento settimanale per gli atleti del college è costituito da 4 sedute di (Lunedì, Martedì, Giovedì e Venerdì). Queste sono classificate in due grandi gruppi a seconda della natura del programma.

Il primo e il terzo giorno di allenamento settimanale sono dedicati alla “componente neuromuscolare” invece la seconda e la quarta seduta alla “componente metabolica”.

Gli allenamenti con enfasi neuromuscolare sono costituiti da lavori di potenza e reattività, mentre quelli con enfasi metabolica racchiudono esercitazioni di corsa, allenamento del core e circuiti di forza generale.

Nel periodo agonistico l’organizzazione della settimana muta individuando una sessione leggera ad impatto muscolare due giorni, un giorno prima o la mattina prima della gara a seconda delle caratteristiche del singolo atleta.

Il giorno dopo la gara è dedicato alla rigenerazione attraverso attività leggere ad impatto metabolico.

L'allenamento della forza mediante circuiti

I circuiti di sviluppo generale della forza sono costituiti da 5 esercizi relativi alla parte superiore e altrettanti 5 esercizi per la parte inferiore del corpo.

Sono circuiti a tempo che con il passare delle settimane diminuiscono la componente tempo delle serie di ciascun esercizio (esempio: 1min, 45 sec, 30 sec).

Tutti gli esercizi dei circuiti vengono eseguiti con carichi medio-bassi, preferendo una rigorosa e corretta esecuzione tecnica piuttosto che alti carichi di lavoro.

Inoltre il sistema di allenamento prevede l’utilizzo di esercizi isometrici sulla pedana a vibrazioni. Ancora le esercitazioni di corsa e accelerazione ricoprono distanze dai 20 ai 60 metri.

L'allenamento della tecnica di salto in alto 

L’allenamento della tecnica di salto è una diretta conseguenza del lavoro della preparazione della componente biomotoria.

Vengono svolti i classici salti con rincorsa ridotta e rincorsa completa ed a questi sono aggiunte sessioni con salti su una pedana rialzata nuovamente sia con rincorsa completa che con quella ridotta.

Il numero annuo delle sedute non è mai superiore di 30-35 per anno.

Nell’ultima stagione Erik Kynard ha svolto 29 sedute di tecnica, mentre Alyx Treasure, finalista a Rio 2016, 34 allenamenti.

Le esercitazioni per il salto in alto (con video)

Cliff Rovelto, durante il seminario a Colonia, ha presentato esercizi relativi allo sviluppo della rincorsa ed esercitazioni incentrate sullo stacco. Le prime prevedono esercitazioni di accelerazioni e corsa in curva (corsa su cerchio, corsa su 8, corsa in curva), mentre per quanto riguarda lo stacco l’enfasi è posta sugli ultimi due appoggi (pop-off e take-off) attraverso esercitazioni che collegano e dissociano il movimento tra questi due elementi chiave del salto in alto.

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Nel video è possibile osservare alcune delle esercitazioni proposte al convegno da Cliff Rovelto

  • andature specifiche per l’azione della gamba libera su traiettoria curvilinea (circle popoffs);
  • un esercizio fra gli ostacoli (hurdle popoffs) relativo alla rapidità di esecuzione del penultimo appoggio in connessione allo stacco;
  • un esercizio di forza speciale (penultimate leg strengtnening) per il penultimo appoggio e lo stacco che può essere effettuato utilizzando bastoni e/o bilanceri.

 

Al seguente link potete trovare tutte le presentazioni, scaricabili, dei relatori del seminario di Colonia, compresa quella di Ctiff Rovelto

http://polevault-symposium.jimdo.com/downloads/

Alberto Franceschi

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5 principi per migliorare nel salto in alto

29 Novembre 2016 by Redazione

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Presentiamo un articolo di Joel Smith che affronta la tematica delle integrazioni alla preparazione specifica e lo fa da un punto di vista inconsueto, specialmente laddove si inserisce la pratica degli sport di squadra come possibilità da percorrere nel programma di allenamento.

Interessanti anche le annotazioni teorico-pratiche aggiuntive su pesistica e multidisciplinarità.

È evidente che la cosa abbia suscitato il nostro interesse, sia per l’approccio multidisciplinare sia il peso necessario che intendiamo conferire allo sviluppo delle prove multiple in chiave di crescita dell’atleta, ma certamente anche per una innegabile e forse non casuale coincidenza con l’esperienza biografica del nostro saltatore di punta a livello mondiale.

L’articolo si compone di due parti che noi abbiamo assemblato omettendo tuttavia il cappello iniziale basato sulla narrazione biografica per concentrare l’attenzione del nostro lettore su quella concettuale.

Lasciamo spazio a Joel che ringrazio sentitamente, buona lettura!

Per chi volesse integrare la lettura consigliamo il libro di Joel, Vertical Foundations: The Physiology, Biomechanics and Technique of Explosive Vertical Jumping

5 principi per la crescita degli atleti nel salto in alto

(…)E’ necessario chiarire che le indicazioni che seguiranno si fondano su quello che serve per creare le caratteristiche fisiche di un saltatore in alto, non sono quindi veri e propri consigli tecnici (che potranno eventualmente essere oggetto di un altro articolo).

Scrivo ciò perché queste righe potrebbero rivelarsi di interesse per quegli atleti e allenatori che non necessariamente si specializzano nel salto in alto, ma i cui principi generali di riferimento potrebbero in qualche modo incontrarsi.

Senza ulteriori indugi, facciamo un salto al primo principio, quello relativo agli sport di squadra.

1. Non perdere il contatto con gli sport di squadra

Per quanto gli allenatori di college detestino che gli atleti della pista pratichino sport di tipo indoor, e per quanto possano provocare traumi quali distorsioni alle caviglie ecc, non sempre è un male.

Possiamo considerare l’attività del movimento nello sport, soprattutto al livello più alto, essere basata su un cosiddetto programma motorio generalizzato.

Questo programma motorio si può considerare uno schema di istruzioni che il cervello utilizza per eseguire movimenti in modo economico ed efficiente.

Il cervello non vuol dover "ri-comprendere" come eseguire un movimento ogni volta che un atleta lo esegue.

Questo avviene anche con i processi abitudinari che presiedono alla gestione dei limiti che poniamo alla velocità.

Come si fa a rompere queste abitudini?

Lo facciamo dando al corpo qualcosa che non è esattamente il modello che stiamo cercando di migliorare, ma un cugino stretto che porta con sé molte specifiche qualità del movimento primario.

Questo deve anche essere fatto ad una velocità maggiore, al fine di fare pressione (e rompere) quei limiti di velocità di origine neurale che tendono a trattenere il moto principale, nel nostro caso il salto in alto.

5 principi per la crescita degli atleti nel salto in alto tratto da Just Fly Sport

Il miglioramento dei movimenti sportivi si basa sull’insegnare al corpo ad acquisire un migliore schema motorio

Per capirci meglio, cerchiamo di utilizzare un esempio basato sulla velocità (sprint).

Se tutto ciò che fai è un lavoro di velocità su terreno pianeggiante per un periodo di tempo, il tuo corpo alla fine si adatta a quello schema motorio e si accontenta di un modello che non porterà il fisico fuori dalla sua zona di comfort.

E infatti per rimediare a questa situazione abbiamo aggiunto lavori di resistenza e supervelocità nel programma di allenamento.

Dal momento che il cervello non comprende del tutto il fatto che si sta facendo più o meno lo stesso lavoro di velocità, non farà scattare abbastanza presto il "limite di velocità" in atto in occasione di un lavoro di velocità assistita, e l'abilità ottenuta producendo al meglio il nuovo sforzo di allenamento verrà ‘infusa’ nello schema motorio utilizzato per il lavoro tradizionale di velocità su terreno pianeggiante.

Alla fine, le sessioni di resistenza possono aggiungere le istruzioni motorie per generare più forza nello schema, mentre quelle “assistite” sono in grado di fornire istruzioni per lo sviluppo della forza.

Queste situazioni danno al cervello più scenari e istruzioni da cui attingere quando si crea il modello finale di movimento.

OK, allora che cosa ha a che fare tutto ciò con gli sport di squadra??

Così, lasciando da parte tutto questo complicato discorso di scienze motorie, praticare sport di squadra, come pallacanestro, pallavolo o calcio permette al saltatore di sperimentare un'ampia gamma di abilità esplosive, abilità che sono cugine delle competenze necessarie per spingere se stessi e il proprio fisico ad un livello superiore.

Tutto ciò ha il pregio di avvenire senza il logorio mentale e la tensione tipica di un lavoro di forza attentamente pianificato, di progressioni pliometriche e di allenamento della velocità che consentono ai saltatori in alto di proseguire nel loro allenamento stagionale standard.

La pratica degli sport di squadra aiuta anche a migliorare la capacità di lavoro specifico dell'atleta a causa del gran numero di accelerazioni, decelerazioni, tagli, salti e balzi.

La capacità di lavoro specifico di un saltatore deve alla fine diventare abbastanza alta per consentirne uno sviluppo ottimale. 

Nel caso del salto in alto, è impossibile ottenere la capacità di lavoro necessaria per il salto ad alto livello attraverso soltanto il salto in alto a causa del sovraccarico di quel percorso specifico.

Un’attività eccessiva è un ottimo modo per tarpare lo sviluppo di un atleta, succede invece che i giocatori di basket e pallavolo non arrivano ad una situazione di affaticamento totale degli arti di stacco con la stessa frequenza... la loro varietà di salti è enorme!

Diviene evidente quindi che lo sviluppo atletico dei saltatori in alto (specie a livello delle scuole medie e superiori) ha davvero bisogno di una pratica alternativa di altri sport basati sull’esplosività, non come non un optional, ma piuttosto come un aspetto integrante del loro sviluppo!

Una volta che un atleta inizia a specializzarsi (ad esempio al college), vorrà smettere di praticare lo sport di squadra nel corso dell'anno, ma io raccomando ancora di pianificarne un uso periodico nella stagione non agonistica, ma anche di praticarli come metodo di riscaldamento per gli allenamenti nei periodi di preparazione (giocando ad esempio 30 minuti come un riscaldamento è uno dei modi migliori per ottenere che i saltatori siano pronti a muoversi esprimendo la necessaria potenza).

Praticare giochi a bassa intensità è anche un buon modo per un saltatore in alto per favorire la transizione dal periodo agonistico al coperto a quello all'aperto.

Ora... ovviamente, una volta che un atleta arriva a livelli avanzati, occorre che si stia attenti a come e quando partecipano a sport di squadra, alla modalità in cui si inserisce nel modello di allenamento globale, ma dato che questo articolo si rivolge di più agli atleti in fase di sviluppo, tralasciamo questo aspetto per ora.

2. Fare altre discipline di velocità/potenza

Lungo le stesse linee della teoria del programma motorio, i saltatori in alto hanno bisogno di integrare con altre discipline di tipo esplosivo in pista come contributo al loro sviluppo.

Se si guarda al contributo fondamentale di Anatoly Bondarchuk "Transfer of Training in Sports", si noterà che cose come i 100m piani, oppure le progressioni nei balzi portano a un transfer molto (e dico molto!) superiore al risultato finale dell’allenamento rispetto a cose come lo strappo al bilanciere o anche il mezzo squat.

Impegnandosi in altre discipline, i saltatori stanno espandendo il loro programma motorio in modo molto più specifico rispetto ad un allenamento eseguito solo nel contesto della loro specialità e dell’allenamento ai pesi che ne consegue.

Guardate a gente come Derek Drouin che, oltre a saltare 2,38 può anche piazzare un gran punteggio nelle prove multiple a livello indoor (e a volte corre anche i 400 m ostacoli, ecco la sua scheda IAAF, NdT).

La scuola russa del salto in alto ha predicato l'importanza delle abilità nel salto in lungo per generare un livello prestazionale aumentato anche nei loro saltatori in alto.

Non troverete troppi saltatori da 2,25 m che non possano andare almeno a 7,30 m nel salto in lungo e la maggior parte andrà anche ben oltre.

Il ragazzo che ha vinto i NAIA (National Association of Intercollegiate Athletics, NdT) a 2,25 m, io ero lì tra i presenti, e ha chiesto di saltare 2,33 m (Trevor Barry), ha saltato anche 7,90 m nel lungo e ha fatto una gran frazione della 4x400m!

Ho avuto il piacere di gareggiare contro James "Flight” White quando frequentava l'Università di Cincinnati, e sebbene il suo stile di salto possa essere descritto come "il peggior stile di valicamento mai visto”, riuscì a saltare 2,10 m con una tecnica che piuttosto avrebbe fatto certamente meglio in sforbiciata.

Se si fosse impegnato seriamente, avrebbe avuto il potenziale per andare oltre quota 2,35 senza problemi.  Saltava in lungo oltre i 26 piedi (circa 8 m).

C’è da dire che l'influenza del basket e la mancanza di uno sviluppo complessivo a livello sportivo, naturalmente, è parte del motivo per cui gli Stati Uniti sono oggi carenti nel generare talenti in pista.

Tempo fa vidi un liceale a Dayton in un meeting del 2012, probabilmente senza alcun allenamento, correre in 47,3 sui 400m, corricchiando in curva e sprintando nei rettilinei, ogni tanto mettendosi a guardare all’indietro.

Ha continuato a giocare a basket in una scuola molto piccola del West Virginia per un anno e non ha fatto più altro.

Ma perdonatemi questa ulteriore digressione...

Insomma, sono convinto che tutti i saltatori debbano cimentarsi nelle seguenti discipline insieme a quella principale per fare in modo di realizzare il loro schema motorio definitivo.

5 principi per la crescita degli atleti nel salto in alto tratto da 5 Just Fly Sports

5 principi per la crescita degli atleti nel salto in alto tratto da Just Fly Sports

 

Livello elite

  • Salto in lungo (saltuariamente)

Livello universitario:

  • Salto in lungo (saltatori di velocità) o salto triplo (saltatori di potenza, e infatti il salto triplo era la mia arma preferita). Allenare gli atleti secondo il loro punti di forza e il loro potenziale fisico e strutturale (qui volevo ugualmente riportare l’espressione americana “train athletes where they live” in quanto particolarmente efficace ed espressiva, NdT).
  • 100/110 ostacoli (sempre che l'atleta non vada ad autolesionarsi)
  • Velocità 60 / 100m o staffette
  • Giavellotto (sempre che l'atleta non vada a procurare danni agli altri!)

Livello scuola superiore.

  • Salto in lungo e triplo
  • 100/110 ostacoli e 300 ostacoli (i 300 ostacoli sono perfetti all'inizio stagione per allenare la coordinazione e la resistenza elastica)
  • Staffette di velocità (se sei magro e abbastanza potente per saltare sopra un’asticella allora vai bene per correre anche una 4 × 400)
  • Una discreta conoscenza dei lanci

----

Negli anni 60, l’allenamento col bilanciere si è fatto strada in atletica nell’ambito dell’allenamento dei lanciatori (con grande successo!).

Negli anni 70, Boyd Epley diede inizio al fenomeno della forza, condizionando e cambiando il football (e tutti gli altri sport di squadra) per sempre, creando un nuovo sistema di atleti grossi, forti ed esplosivi.

Per molti atleti, l'adozione del bilanciere e dei metodi moderni basati sull’allenamento della forza ha finito per promuovere nella nostra cultura atletica a strumento primario ciò che dovrebbe essere uno strumento di supporto, finendo per diventare un vero e proprio obiettivo di sviluppo a lungo termine per molti un atleti.

Ho quindi pensato di parlare di come l’allenamento al bilanciere possa essere meglio distribuito nell'allenamento degli atleti di salto in alto, e anche come si possa garantire che le qualità che stanno andando a ricercare in vista dei più alti livelli di sviluppo (velocità) possano essere sostenute durante tutto il loro percorso di allenamento.

Cominciamo con il potere del bilanciere per rinvigorire (o azzerare) i risultati degli atleti di salto in alto.

3. Non praticare il sollevamento (magari anche spinto) tutto l'anno

Molti saltatori non hanno problemi nel gestire questo assunto.

Diamine, un sacco di saltatori in alto però odia la palestra, o non sono inclusi in un programma dove una ben pianificata attività di sollevamento sia un'opzione.

Questo suggerimento vale per coloro che hanno familiarità con il potere della sala pesi.

I pesi sono molto importanti per i saltatori poiché i loro contatti a terra sono più lunghi di quelli dei velocisti, e in più devono combattere la gravità.

In generale e su base annua, i saltatori tendono ad aver bisogno di un maggiore lavoro di forza rispetto al lavoro dei velocisti.

Un concetto dell’allenamento per la velocità e la potenza è che il sollevamento pesi in un formato (tradizionale) pesante e di periodizzazione complessa/parallela (un modo molto raffinato per dire che si fa del sollevamento contemporaneamente al lavoro di velocità e salto nel ciclo di allenamento) durante tutto l'anno non aiuta in effetti l'atleta secondo una prospettiva di consentirgli di raggiungere il suo potenziale di velocità massima.

Il fatto vero è che gli atleti in realtà devono seriamente ritornare sui loro mezzi di allenamento della forza, non solo in vista di una fase apicale, ma su tutti i punti chiave di allenamento durante il corso dell'anno dove forza e velocità si interscambiano.

Questo deve essere fatto in quanto ogni atleta può dare a velocità e potenza l'attenzione che meritano disponendo di riserve fisiche e mentali che li rendono soggetti particolarmente adattabili. La velocità non può essere pienamente realizzata in presenza di un lavoro di forza eseguito su volumi indifferentemente elevati.

Lo stesso vale nell’altro senso, quindi alternando periodi di enfasi  su forza e velocità, aiuterà a creare gradualmente la realizzazione di un potenziale di velocità più alta dell’atleta nel corso del suo sviluppo a lungo termine.

Abbassare il pedale del gas sul sollevamento durante l'anno, per poi alzarlo una volta sola nel “punto focale” è una cattiva idea, perché si sta solo dando all'atleta una sola finestra durante tutto l'anno per insegnare al suo cervello a lavorare meglio ad alta velocità e potenza, e che è possibile farlo solo in assenza di un volume alto, o anche moderato dell’attività di sollevamento.

Questa filosofia dà all'atleta solo una possibilità nel corso dell'anno di esporsi a un ambiente dove egli possa creare un modello motorio meglio utile a concentrarsi principalmente e migliorare i suoi fattori di salto basati sulla velocità.

Diversamente agli atleti devono essere offerte più "chances" ogni anno per concentrarsi esclusivamente sulla massima velocità e sulla produzione di potenza, con pesi utilizzati solo ai picchi di potenziamento posto che l'atleta sia reattivo a quel tipo di lavoro.

Quando si tratta di sviluppare la velocità, in particolare, meglio non esagerare.

L'idea di "minima dose efficace" è qualcosa che davvero è nato nel regno dello sprint.

I periodi basati sul lavoro di forza basata possono/devono essere più caricati e concentrati dei blocchi basati sulla velocità, ma occorre ricordare che le fibre veloci hanno bisogno di un riposo più ampio di quelle a contrazione lenta.

Velocità e salti in basso (pliometria) vanno molto bene per le fibre di tipo IIB, inoltre le fibre veloci vivono di riposo e di un allenamento su frequenze più basse, quindi i blocchi basati sulla velocità si svilupperanno ad una frequenza inferiore, soprattutto per gli atleti che lavorano su contrazioni molto veloci.

Anche se concepito per gli atleti evoluti, il grafico sotto riportato (preso da pagina 384 di Supertraining di Verkhoshansky & Mel Siff) rappresenta un modo semplice ed efficace per lo scambio tra forza e velocità durante l’allenamento annuale.

Scambio tra forza e velocità durante l’allenamento annuale. Tratto da Supertraining di Verkhoshansky & Mel Siff

Lasciare il sollevamento e il lavoro di forza nel dimenticatoio (o ad un volume molto basso le sessioni ad alta intensità) per periodi di 2-3 settimane può anche essere un buon modo per "lavare via" alcuni degli adattamenti alle fibre a contrazione lenta che possono subentrare da un volume di lavoro costante al bilanciere (squat, stacchi, step) e mantenere nell'atleta mese per mese e anno in anno gli adattamenti al somatotipo atto a favorire un buon risultato nella loro disciplina.

Alcuni allenatori invece non seguiranno l’inserimento dei pesi ogni 3asettimana, e porteranno questa ideologia su una scala più piccola delle cose, per paura dei cali temporanei delle prestazioni che inevitabilmente si producono utilizzando la teoria dei blocchi.

Tra l’altro, alzare l’intensità del sollevamento la settimana che precede un grande appuntamento può essere un ottimo modo per potenziare alcune grandi prestazioni, ma questo dovrebbe essere testato e programmato durante tutto l'anno in modo da determinarne un utilizzo ottimale.

Gli atleti che lavorano sulle contrazioni veloci in genere hanno bisogno di mantenere uno stimolo intenso a livello del sistema nervoso centrale (SNC) nel loro programma di allenamento al momento delle grandi competizioni, mentre quelli in cui prevalgono le contrazioni lente potrebbero rispondere meglio ad una caduta di intensità dei mezzi di sollevamento nell’andare verso la fase della prestazioni di picco.

4. Gareggiare coi velocisti (o almeno prendi il tempo sugli sprint brevi)

Non starò molto su questo punto, ma la lezione qui è molto importante.

Se si desidera essere più veloci, porsi obiettivi riscontrabili diventa davvero importante.

Come i grandi tecnici della velocità amano sostenere, se non prendi i tempi allora non potrai correre più velocemente.

Oltre a cronometrare i lavori di velocità per generare obiettivi riscontrabili (e questi sono una gran bella cosa), gareggiare contro atleti di livello simile o superiore è un altro modo per suscitare grande adattamenti alle alte velocità e in definitiva andare più veloci, ossia un modo alternativo di lavorare coi tempi.

Perché?

Molto semplice.

5 principi per la crescita degli atleti nel salto in alto tratto da 5 Just Fly Sports

5 principi per la crescita degli atleti nel salto in alto tratto da Just Fly Sports

 

Se i saltatori fanno lavori di velocità da soli, senza prendersi i tempi, non viene generato alcun obiettivo tangibile, col risultato che tutti i miglioramenti saranno basati su convinzioni personali sul modo di migliorare la velocità, ciò che davvero non migliora le prestazioni (il cervello cosciente è utile per cose come le decisioni di tipo morale, o per capire come inserire al meglio gli ultimi concetti sulla periodizzazione nel programma di allenamento, ma non vanno bene se vuoi coordinare migliaia di neuroni preposti alle attività motorie che si attivano nell’arco di una decina di secondi).

Se invece ci si pone un risultato come obiettivo (come fanno i velocisti, o come quando si riceve un feedback accurato sul lavoro eseguito), si consente alla mente subcosciente qualche input sul modo di organizzare le risorse del motore dell'atleta al fine di migliorare l’obiettivo stesso che ci si è posti.

Se questi obiettivi mancano, il cervello subcosciente avrà difficoltà a valutare come migliorare il lavoro di velocità appena eseguito dall’atleta, poiché egli non saprebbe come comparare e valutare in termini di miglioramento/peggioramento rispetto a ciò che egli è stato precedentemente in grado di fare.

Un aneddoto. Il mio salto più alto al college

Vi racconterò un piccolo aneddoto; uno dei salti più alti su un piede solo che io abbia mai fatto è stato al college, dove ho toccato con le dita un punto che stava un paio di pollici sopra la parte superiore del quadrato bianco che sta dietro il cerchio del ferro sul tabellone da basket. 

Questo salto è giunto dopo un mese di continue prove, quando cioè il coach ci aveva costantemente messo in gara tra di noi sui lanciati brevi. 

Il mio obiettivo era quello di battere il play della nostra squadra di basket (e calcio nei mesi estivi e per questo generai una vera e propria competizione (basata come si vede su risultati tangibili). 

Inoltre per circa 2-3 settimane in precedenza non ho mai saltato fino a quel livello, la cosa mi ha dimostrato che dovevo quindi lasciare che l’effetto del mio allenamento della forza svanisse per un po’ per preparare il terreno alla fase di velocità misurata e stimolare il mio sistema, e permettere di migliorare il mio schema motorio consentendo di raggiungere il mio personale nel salto ad una gamba. 

5. Sapere quali metodi di allenamento generino un transfer qualitativo e non si facciano sentire troppo a lungo

Per gli atleti che vogliono migliorare la loro capacità massima nel salto in alto, la cosa importante è sapere che i metodi di allenamento potranno determinare un transfer che li porti il più vicino possibile ai loro risultati migliori; queste sono le aree dell’allenamento a cui prestare maggiore attenzione nel corso del programma annuale.

Anche se questo varia un po' tra i saltatori di "velocità" e quelli di "potenza" (altrimenti denominati saltatori di velocità e forza nel mio Vertical Foundations) in linea generale, i seguenti mezzi di allenamento sono utili nell'aiutare i saltatori in alto a raggiungere un elevato livello di prestazioni.

I metodi primari di allenamento sono quelli con il più grande potenziale di transfer, e ogni parte del ciclo annuale dovrebbe essere dedicata a migliorare alcuni aspetti di tali metodi primari.

Ciò significa anche che non si può iniziare l'anno con i metodi terziari, per passare ai secondari, quindi ai primari... questo è il peggior modo di accostarsi alle cose, poiché il miglioramento sui metodi primari si innesta su una supporta speranza di miglioramento proveniendo da un metodo secondario o terziario (ciò che molte volte appunto non accade).

Il motivo per cui tenere pesantemente il focus sul metodo primario durante tutto l'anno potrebbe non funzionare, risiede nel fatto che un allenatore potrebbe non sapere come organizzare, progredire e variare l’allenamento in un modo da preservare l'atleta dal rischio di sovrallenamento.

Ciò che fa il continuo basarsi sui metodi secondari e terziari nelle prime fasi del ciclo, è di tenere a bada il senso di fatica a livello di CNS dovuto ad un intenso allenamento, cosa che permette all’atleta di percepire una sensazione di avanzamento nel corso dell'anno.

Metodi primari dell'allenamento

Mezzi di allenamento che consentano di costruire il potenziale finale a livello motorio (quindi i mezzi di allenamento più importanti)

  • Varie forme di salto (salti a rincorsa breve, salti in sforbiciata, schiacciate, salti fino a cercare di colpire qualcosa su un oggetto alto, "ostacoli alla holm", salto in lungo, salto triplo, vari salti tipici degli sport di squadra, altre forme di alto come tuck o il ventrale).
  • Pliometria verticale: Salti in basso, salti in basso a una gamba, balzi su ostacoli, balzi su ostacoli a una gamba, combinazioni di balzi su ostacoli, salti in alto coadiuvati con fasce elastiche.
  • Pliometria orizzontale: Combinazioni di corsa balzata, salto triplo da fermo, salto triplo a rincorsa breve o con 5 balzi anticipati da una breve rincorsa.
  • Accelerazioni (0-30 m, o su brevi pendenze), queste sono più importanti per i saltatori di potenza.
  • Accelerazioni (35-65m), molto importanti per i saltatori di velocità,
  • 1/2 oppure 2/3 di squat e step al bilanciere (meno importante per i saltatori estremamente veloci).

Metodi secondari dell'allenamento

Mezzi di allenamento per costruire una coordinazione esplosiva o un po’ di  massa muscolare specifica (molto importante, ma senza inseguire questi mezzi troppo a lungo. Molti di questi sono utili solo se presenti in dosi concentrate di coordinamento della forza per singole porzioni nel corso dell'anno).

  • Lavori al bilanciere in distensione lenta
  • Squat completi
  • Squat a pistola (single leg)
  • Lanci esplosivi della palla medica
  • Esercitazioni di velocità
  • Esercitazioni su ostacoli
  • Resistenza alla velocità (60-120m, in tal modo l’attività di coordinazione in presenza di fatica motoria si aggiunge allo schema motorio)

Metodi terziari dell'allenamento

Questo allenamento è inteso a migliorare la struttura corporea e lo stato di forma generale (da basso a moderato volume di lavoro e leggermente costante durante tutto l'anno, non tutti gli ingredienti in questo caso sono fondamentali per la riuscita del programma. Sono tutti strumenti ad uso creativo e strategico in mano al tecnico. I saltatori caratterizzati da fibre più lente possono trarre maggiore beneficio da un uso più ampio di questi mezzi di allenamento.   Se questi metodi sono utilizzati in modo esagerato tuttavia, soprattutto nel caso degli sprint più lunghi o i gradoni, possono interferire con lo sviluppo ottimale del percorso relativo allo sviluppo primario)

  • Gli sprint lunghi fatti a ritmi più lenti (150-400m, vanno bene per gli atleti che mentalmente amano sentirsi "in forma", e/o chi non riesce a gestire alti volumi di pliometria, velocità e salti).
  • Sprint lunghi in salita
  • Sprint sui gradoni
  • Pratica degli sport di squadra
  • Pliometria di qualità a un volume di bassa intensità
  • Esercizi pliometrici di base, balzi e skip
  • Salto della corda
  • Allenamento della forza per la parte inferiore delle gambe
  • Allenamento per la forza nei piedi
  • Forza, postura e condizionamento a livello del tronco e spinale
  • Circuiti di forza e movimento corporeo
  • Circuiti bodybuilding di base

Sintesizzando...

Spero che, attraverso questi 5 consigli, voi o i vostri atleti vi farete una migliore comprensione sulla metodologia e sulle procedure che conducono i saltatori in alto (o altri aspiranti atleti che utilizzano il salto in verticale) al loro più alto potenziale.

Buona fortuna!

“Se non cambiate direzione, si può anche finire dove siete diretti".  Lao Tzu

 

Chi è Joel Smith

Joel Smith è il fondatore del sito Just Fly Sports Performance, un sito di informazione e formazione per atleti e tecnici.

Joel è assistente responsabile dell’allenamento della forza e condizionamento per gli sport olimpici presso l’Università della California, Berkeley, dove lavora altresì con atleti degli sport acquatici, tra cui vari medagliati ai giochi olimpici.

Joel ha 11 anni di esperienza come un allenatore di atletica, ora sta lavorando con atleti a livello junior.

E’ autore di ricerche e docenze e ha al suo attivo due libri sull’allenamento dei salti: Vertical Foundations e Vertical Ignition.

E' anche autore dell'interessante libro sull'allenamento degli sprint: Speed Strength

Gli articoli originali sono qui:

http://www.just-fly-sports.com/5-training-tips-for-the-developing-high-jump-athlete/

http://www.just-fly-sports.com/5-training-tips-for-the-developing-high-jump-athlete-part-ii/

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Matteo Rozzarin

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Salti e psicologia: come ottimizzare la performance!

21 Novembre 2016 by Redazione

Salti e psicologia: come ottimizzare la performance!

Immagini realizzate da Roberto Click Passerini

“Gli scienziati hanno dimostrato che è impossibile saltare in lungo fino a trenta piedi, ma è un genere di discorso che io non ascolto.
Pensieri come quelli riescono a entrarti dentro fino ai piedi.”
Carl Lewis

 

 

Salti e psicologia, ottimizzare e migliorare la performance

I salti nell'atletica si dividono in estensione, salto in lungo e salto triplo, ed in elevazione, salto in alto e salto con l'asta.

Psicologia e salti. Salto in alto, Desiree Rossit. Ph. Roberto Click Passerini

Psicologia e salti. Salto in alto, Desiree Rossit

Tali specialità hanno una caratteristica comune ai lanci: sono concorsi, e come tali hanno peculiarità simili.

Vedi anche: La psicologia nei lanci

In tutte le specialità dei salti, molto importante è la gestione della concentrazione, poiché è impossibile mantenerla massima per tutta la durata della gara. È normale che la mente vaghi tra un salto e un altro, ma necessario è tornare con l’attenzione alla gara e al gesto tecnico quando arriva il proprio turno.

Altra caratteristica dei saltatori, è la necessità di saper gestire l’errore. Capita di sbagliare, ma ogni salto dovrebbe essere considerato come unico. Concentrarsi sul passato o sul futuro non aiuta a sfruttare l'occasione presente.

Psicologia e salti. Salto con l'asta. Ph. Roberto Click Passerini

Psicologia e salti. Salto con l'asta. Ph. Roberto Click Passerini

Un'altra situazione che l'atleta saltatore deve imparare a gestire, è la paura del nullo. Iniziare il gesto tecnico con il pensiero fisso di non dover far cadere l'asticella o di non superare il limite della pedana di stacco può influenzare enormemente la prestazione inficiandola completamente. Tale condizione è assolutamente da modificare, poichè l'atleta non riuscirà mai a dare il 100% delle sue possibilità se è concentrato su non sbagliare.

Come tutte le specialità dell'atletica, i saltatori sono in balia degli agenti atmosferici, almeno nelle gare outdoor. Pioggia vento e temperature rigide sono avversari degli atleti. Queste situazioni non sono controllabili, e come tali vanno affrontate nel migliore nel miglior modo possibile. Anche le condizioni della pedana possa influenzare l'atleta. Per questo motivo, oltre che per lo stato di forma dell'atleta che può essere diverso da quello dell'allenamento precedente, è necessario provare la rincorsa.

In tutte le situazioni sopra elencate, possiamo vedere come la mente possa inficiare la prestazione e la preparazione fisica e tecnica è soltanto una delle componenti che permette la buona riuscita delle gare.

Le gare hanno caratteristiche diverse tra l'estensione e l’elevazione.

I salti in estensione hanno numero di prove già stabilito. L'atleta saprà quindi di avere sicuramente almeno tre possibilità per fare una buona prestazione e, quando riesce a raggiungere la finale, avrà altri tre salti a disposizione. È quindi necessario saper sfruttare tutte le opportunità che vengono concesse all’atleta.

Psicologia e salti. Salto triplo. Ottavia Cestonaro. Ph. Roberto Click Paserini

Psicologia e salti. Salto triplo. Ottavia Cestonaro. Ph. Roberto Click Paserini

I salti in elevazione hanno invece una quantità di prove non prevedibile. L’uscita dalla gara dipende dal numero degli sbagli che si fanno ad ogni misura. Questo comporta una durata variabile delle gare che, soprattutto per quanto riguarda il salto con l'asta, possono protrarsi per un tempo molto ampio. Inoltre, la difficoltà aumenta man mano che la gara prosegue. Tale caratteristica è difficile da gestire, poiché la stanchezza fisica, nervosa e mentale aumenta con l'alzarsi dell'asticella. Per tale motivo è necessario saper ben distribuire gli sforzi fisici e mentali. Inoltre, l’ingresso in gara non è uguale per tutti. L’atleta deve comunicare ai giudici la misura d’ingresso, concordata con l’allenatore. Tale situazione è da ben gestire, poiché i salti di prova vengono fatti prima dell’inizio della gara. Gli atleti devono quindi mantenersi concentrati e riscaldati fino al sopraggiungere della misura richiesta.

Come possiamo notare i salti e i lanci hanno diverse caratteristiche in comune. Le competenze di un atleta sono molteplici, la preparazione fisica quindi è soltanto una parte dell'allenamento dello sportivo.

Uno psicologo dello sport può aiutare a permettere all’atleta di dare il meglio di sé in ogni situazione che si presenta.

 

A cura di Martina Fugazza
Psicologa dello sport

 

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Martina Fugazza

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Psicologa dello sport
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Darcy Ahner, intervista alla coach di salto in alto della UCSD

25 Settembre 2016 by Redazione

Darcy-Anher3

In questa intervista, Robert Marchetti che ringraziamo per la gentile concessione alla traduzione (l’originale è qui), discute con Darcy Ahner, capo allenatore alla UCSD (Università di San Diego) alcuni aspetti fondamentali del salto in alto. Noi intendiamo sottolineare, prima ancora dell’aspetto tecnico (si sa, gli americani non tradiranno mai la loro impostazione e fama di incalliti biomeccanici), una forma mentis che traspare da questi articoli (si veda anche quello sull’allenamento della tecnica nel salto in lungo), che vorremmo in qualche modo o in qualche parte passasse nel nostro piccolo/grande mondo. In primo luogo la grande disponibilità a cercare di fare rete condividendo idee ed esperienze, in secondo luogo, ma non ultima per importanza, la disarmante propensione a dichiararsi in debito verso i maestri, di riconoscere il portato di esperienza di atleti e colleghi. Certamente questa è l’immagine tipica di una comunità professionale al pari di altre tra le più evolute, comunità che vivono e si organizzano sulla base di una formazione continua, di crediti, di gruppi di discussione, di riconoscimenti tangibili.

ilCoach in questi giorni ha abbozzato una prospettiva, mettiamoci in movimento.

Buona lettura!

 

Intervista a Darcy Ahner, allenatrice di atletica della UCSD

Darcy Ahner è una delle migliori coach di salto in alto della NCAA, e i risultati sulla pista lo dimostrano. Lei ha allenato campioni a livello nazionale e avviato svariati saltatori uomini da oltre 2,10 e donne da oltre 1,80. L’abilità più riconosciuta a Darcy è la sua comprensione completa dei salti da un punto di vista biomeccanico, come pure la capacità di applicarne i principi ai suoi atleti. Molto spesso i suoi atleti raggiungono progressioni davvero ragguardevoli dal momento in cui entrano a far parte del suo programma.  

Prima che alla UCSD, Darcy ha allenato alla Northern Arizona, e alla University of New Mexico. Darcy Ahner si occupa anche dell’allenamento di atleti assoluti e paralimpici. 

Darcy Ahner

Darcy Ahner. Foto tratta dal profilo Linkedin di Robert Marchetti

 

Coach Ahner, grazie per aver trovato il tempo per questa intervista. Come hai cominciato ad allenare?

Darcy Ahner: Quando ho terminato la mia idoneità, il mio allenatore al college ha fatto l'offerta che si vede spesso nel nostro sport: "prova a gareggiare con meno intensità facendo allo stesso tempo da assistente allenatore." Così ho fatto, e ho capito che ero più brava da allenatrice che da atleta.

 

Chi ti ha aiutato di più nella fase di apprendimento del coaching? 

Darcy Ahner: Ho avuto alcuni grandi maestri quando ho frequentato per molto tempo e con una certa frequenza il Livello II della scuola di coaching.  Bob Meyers, Boo Schexneyder, Dan Pfaff, Rocky Light... solo per citarne alcuni.  

Lungo la strada ho raccolto tanti spunti da tanti buoni allenatori, ma soprattutto gli atleti mi hanno insegnato tantissimo.

 

Qual è il più grande fattore limitante per il miglioramento dei saltatore in alto a livello universitario?

Darcy Ahner: Se si dispone di un atleta motivato che ha tutti gli strumenti giusti, penso che il fattore che più incide sia di solito l'aspetto mentale.  Quando l’asticella viene posta davvero in alto, è la ferma convinzione al momento in cui si avvia la rincorsa a determinarne il successo, o forse anche la capacità di rimanere concentrati sull’esecuzione al punto tale da non lasciare spazio a dubbi.  

 

Nella tua metodologia di allenamento per i saltatori, quanto è importante lo sviluppo della velocità e dell’accelerazione nel programma di allenamento?

D. A.: Si tratta di una parte importante, ma credo in modo equilibrato. Credo che tutti gli aspetti dell’allenamento del Salto in alto quali velocità assoluta, velocità in curva, la forza applicata al salto, la forza assoluta, la tecnica, la necessità di un recupero mentale e consapevole devono essere parte dell'intero processo di allenamento.  

 

Riesci a mettere in evidenza i fondamenti chiave di una buona curva di nella rincorsa del salto in alto?

Darcy Ahner:

  • La fase rettilinea è di forza – sicura dalla testa ai piedi

  • Il piede rimbalzante e attivo sotto il centro di massa

  • Mantenere una inclinazione equilibrata nella fase di velocizzazione e in curva

  • Allineamento del piede

  • Lieve inclinazione del lato destro (per chi salta di sinistro e viceversa) sapendo mantenersi in velocità

  • Essere pazienti con la velocità nella transizione da fase rettilinea alla curva

  • Il ritmo verso lo stacco viene stabilito negli ultimi quattro appoggi in curva

 

Coach, descriva per noi il modello di una buona fase di stacco, da due angolature diverse se si vuole... La prima, che cosa dovrebbe cercare l'allenatore per quanto concerne la meccanica e da un punto di vista antropometrico? 

Darcy Ahner: Credo che gli allenatori spesso definiscono la fase di stacco per gli ultimi 2 appoggi (il penultimo e quello di tutta pianta) e il decollo vero e proprio, ma tutto sembra troppo interrelato ai miei occhi per non includere gli ultimi tre se non quattro appoggi prima dello stacco.

Io ricerco questa situazione:

  • Il mantenimento delle posizioni del corpo  stabilite in curva (vedi sopra) alti, inclinati verso l'interno, piede attivo sotto il CdM, allineamento del piede (cioè senza “uscire” nel penultimo appoggio)

  • Un buon ritmo allo stacco  grazie a una rapidità crescente degli ultimi quattro appoggi (1-2 pausa 3-4)

  • Quindi, forte impulsto sull’appoggio di stacco (fase tra terzo e ultimo appoggio)     per ottenere una buona oscillazione dell'anca e rimanere in spinta, anche per spostare il bacino con forza sull’appoggio di pianta.

  • Il CdM viene abbassato negli ultimi 4 appoggi e avanza decisamente,   senza balzare durante il penultimo

  • Il penultimo appoggio del piede si conforma come un rapido movimento di spinta in rotazione per mantenere la velocità durante lo stacco invece di caricare il piede e spezzarne il dinamismo. (L’uscita dalla traiettoria è solitamente il problema maggiore di questa fase)

  • La gamba di stacco è rapida, il bacino è rialzato ed allineato precisamente su di essa
  • Il movimento del ginocchio è stretto e veloce, tale da portare in alto la coscia fino a raggiungere il naturale punto di blocco  *    Le braccia (sia entrambe che singolarmente) lavorano intorno a un busto statico, leggermente lontano dal corpo per generare equilibrio nella torsione. I pollici verso il basso, il petto rimane aperto e si estende per creare una risposta riflessa

  • Gli ultimi due passi non sono paralleli all’asticella ma piuttosto formano una leggera inclinazione rispetto l'angolo posteriore del materasso. 

 

In secondo luogo, che cosa dovrebbe sentire l’atleta nella fase di stacco e come affrontarla?

Darcy Ahner: Dipende completamente dall'atleta e da qual è il problema che si sta tentando di correggere.    

Qualunque cosa si stia tentando di correggere nello stacco, in genere è necessario capirne la causa e lavorare su ciò che sta generando il problema. A volte tuttavia funziona anche soltanto dire loro dove vuoi farli arrivare, saranno loro a trovare un modo per arrivarci e impostare tutto al meglio.  

Penso che una delle grandi differenze tra la visione del coach e dell’atleta  è che ci sono così tante situazioni che intervengono per come si sente da dentro o si vede dall’esterno il caricamento e l’alleggerimento nella gestione del penultimo passo e dello stacco.  Un atleta può compiere un ottimo penultimo semplicemente pensando di percepire una transizione, mentre altri hanno bisogno di percepire una azione di recupero.  

Nello stacco alcuni prediligono pazientare fino a caricare solo dopo che si sentono attivi sull’ultimo appoggio, altri rovineranno tutto se cercano quella sensazione, devono quindi pensare ad una azione quanto mai rapida.  Si tratta proprio di riuscire a mantenere tutte le cose al loro posto, ma il punto di partenza è il raggiungimento di posizioni e ritmo giusti, il fatto di arrivare ad avere a che fare con la complessità dello stacco è segno che si è arrivati a un buon livello.  

Darcy Ahner

Darcy Ahner. Foto tratta dal profilo Linkedin di Robert Marchetti

 

 

Proviamo a discutere sulla grande differenza nella biomeccanica dei salti di tanti atleti. Quali tipi di movimenti categorizzeresti da una parte come "stile" o "manierismo",  e quali gli aspetti della forma che non possono andare a discapito dell’efficienza?

Darcy Ahner: Wow. Questa domanda mi esalta perché sento che potrei scrivere un libro su come nel mondo del salto in alto diversi atleti lavorano sui loro punti di forza e di debolezza.  La risposta breve è che tutti hanno bisogno di incanalare la velocità entro una forte azione di stacco partendo da una rincorsa pulita e inclinata, mantenendo quella inclinazione fino a quando il caricamento eccentrico viene completato.  Al decollo vero e proprio ci sono un sacco di modi per crearsi dei problemi nella fase di volo, ma se i problemi li crei lì, di solito si finisce per saltare comunque abbastanza in alto.  

 

In che quantità il vostro programma di allenamento si compone di pliometria, e come si sono evolute le tue idee su questo punto da quando hai cominciato ad allenare? 

Darcy Ahner: Il modo in cui si sono evolute le mie idee sugli esercizi di pliometria hanno determinato la mia convinzione circa la loro criticità, ti possono dare il salto di qualità ma possono anche rivelarsi dannosi. È una metodologia che continuo a studiare. È una parte davvero importante della fase di preparazione, ma una volta che si inizia a lavorare sulla tecnica di salto un paio di volte a settimana, il lavoro di pliometria comincia a diminuire.  Ancora una volta ragiono in termini di un programma equilibrato. 

  

Come lavori sulla salute degli atleti? Quali sono le chiavi per evitare o prevenire gli infortuni? 

Darcy Ahner: La risposta migliore che mi sono data su questo punto è ottenere che i tuoi atleti capiscano davvero che hanno bisogno di ascoltare il loro corpo e che devono sentirsi atleti 24 ore al giorno, 7 giorni su 7.  Ciò che fanno dopo l’allenamento è altrettanto importante, se non di più, di ciò che fanno quando sono in pista. Nel mio caso avendo a che fare con atleti universitari, la gestione del sonno è il più grande problema.  

 

Qual è il tuo consiglio ai giovani allenatori? 

Darcy Ahner: Ascoltare gli atleti e imparare da essi.  Loro sono i vostri insegnanti migliori. Troppo spesso gli allenatori sentono come se dovessero fornire tutte le risposte. Gli atleti hanno le risposte! Devi solo aiutarli a rendersi conto di ciò. Inoltre, non si cerchi il colpo ad effetto, ma piuttosto badino di assicurarsi che gli atleti abbiano i fondamentali.

Grazie, Coach!

--

Nota aggiuntiva: La biografia di Darcy Ahner presso la UCSD si trova qui.

Matteo Rozzarin

Matteo Rozzarin

Istruttore Fidal | Traduttore
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Intervista a Sara Simeoni, la regina del salto in alto italiano!

22 Aprile 2016 by Redazione

Oggi intervistiamo una delle icone dell’atletica italiana, Sara Simeoni che è entrata, grazie ai suoi risultati, nella storia del salto in alto mondiale.

Sara, ha stabilito il primato del mondo nel 1978 con la misura di 2,01 metri, misura saltata quell’anno per ben due volte, una delle quali a Brescia all’ormai inutilizzabile Campo Calvesi. Due anni dopo è diventata Campionessa Olimpica e medaglia d’oro alle Olimpiadi di Mosca 1980.

Il suo palmares è ricco di titoli nazionali, continentali ed internazionali: due medaglie d’oro alle Universiadi, due ai Giochi del Mediterraneo, quattro titoli di campionessa europea indoor, un titolo europeo (1978) e ben 14 titoli di Campionessa italiana. Ha inoltre partecipato a ben 4 edizioni dei giochi Olimpici: Monaco di Baviera 1972 (6° posto), Montreal 1976 (2° posto), Mosca 1980 (1° posto), Los Angeles 1984 (2° posto)  

Per 36 anni ha detenuto il primato italiano nel salto in alto, dal 1971 al 2007, quando fu superato da Antonietta Di Martino.

È stata alfiera azzurra durante la cerimonia d’apertura delle olimpiadi di Los Angeles, e il 26 febbraio 2006 ed è stata portatrice della bandiera olimpica nel corso della Cerimonia di chiusura della XX Olimpiade invernale di Torino.

Nel 2014, occasione dei 100 anni del CONI, è stata eletta “Atleta del Centenario” (insieme ad Alberto Tomba).

Fu allenata prima dal tecnico Bragagnolo, in seguito da Erminio Azzaro, anche lui saltatore in alto, che diventerà poi suo marito.

 

1. Ciao Sara, è un grandissimo onore per noi poterti intervistare. Sei e resterai l’atleta simbolo del salto in alto femminile italiano. Quali sono stati i momenti più belli della tua fantastica carriera?

È normale dire che i momenti più belli sono quelli  dell’oro Olimpico, degli argenti o del titolo europeo con il record del mondo, ma mi piace pensare a come sono stati belli e soddisfacenti anche altri momenti che hanno segnato un percorso della mia carriera sportiva.

 

2. Nella tua carriera hai vinto tantissimi titoli nazionali ed internazionali. Nell’atletica però si sa, l’Olimpiade è il sogno più grande di ogni atleta, solo parteciparvi vale più di ogni altro riconoscimento. Tu, nel 1980, sei riuscita a vincere la medaglia d’oro Olimpica a Mosca. Quali ricordi hai di tale vittoria?

Un ricordo intenso perché a differenza di tutte le altre partecipazioni a grandi eventi,quella è stata l’unica volta in cui desideravo proprio la medaglia d’oro. Avevo fatto il record del mondo e perciò dovevo vincere! L’emozione è stata grande e appena entrata nello stadio per la finale ho realizzato che quella era la  mia opportunità per coronare anni di allenamento e di scelte di vita fatte assieme al mio allenatore. Non potevo sbagliare! ho avuto un attacco di panico tremendo che ho dovuto superare…alla svelta, perché la gara cominciava e non guardava in faccia nessuno. Sono soddisfatta per come sono riuscita a gestirmi e a vincere.

Sara Simeoni 4

3. Sotomayor, intervistato a ottobre dello scorso anno a Milano, parlando dell’esecuzione del suo salto ha confidato di essersi ispirato a te per quanto riguardava l’azione “aperta” della gamba libera: come si è evoluta negli anni la tua tecnica?

Mi ha fatto piacere sentire che Sotomayor si sia ispirato a me, è gratificante. L’azione dell’arto libero (flop 2) era un movimento ricercato dal momento che il mio tempo di stacco non era velocissimo.

 

4. Negli ultimi anni alcune atlete hanno tentato invano l’assalto al record del mondo: secondo te chi sarà la prima a superare i 2,10m?

In passato Blanca Vlasic era la più accreditata. Sicuramente ha preferito dedicarsi più ai meeting che finalizzare una preparazione per ottenere il record. Oggi non so dire un nome,aspettiamo di vedere che delle atlete saltino oltre i 2,05 …..

 

5. Quali erano i tuoi allenamenti preferiti? E quali invece i più odiati?

Sicuramente l’allenamento tecnico lo preferivo ma,pensando a quello che ho fatto la cosa positiva è stata l’aver fatto già allora un allenamento vario (corsa veloce, ostacoli, balzi verticali e orizzontali, pesi a gogo….) e quindi tutto sommato era tutto interessante, magari la voglia non era sempre al 100 per 100.

 

6. Tu e Pietro Mennea siete stati i più grandi di un gruppo di campioni che ha reso l’Italia dell’atletica degli anni 70, 80 e 90 una nazione, se non protagonista, per lo meno in grado di dire sempre la sua a livello internazionale. La realtà dei fatti dice che, dopo di te, il salto in alto nazionale ha saputo trovare degli eredi di buono ed ottimo livello, sia in campo femminile che in campo maschile mentre, nella velocità, è stato molto più difficile ottenere soddisfazioni. Qual è la spiegazione che daresti a questo fenomeno?

Nei salti sicuramente ci sono più gruppi di lavoro che pur nella loro individualità si confrontano e si scambiano esperienze. Probabilmente negli altri settori questo non avviene. Poi, ovviamente, bisogna avere anche la fortuna di imbattersi nei  talenti .

Sara Simeoni 7

7. Trost, Tamberi, Chesani, Fassinotti e dietro di loro un movimento giovanile sano e vitale: le gare di salto in alto di Rio “rischiano” (lo speriamo) di essere davvero interessanti per il pubblico italiano. Quale consiglio daresti, a quattro mesi dall’evento, ad un tuo atleta che prepara un appuntamento così importante essendo consapevole di poter essere competitivo?

Intanto incrociamo le dita e tifiamo per i nostri ragazzi! Per esperienza, il risultato si costruisce con l’allenamento quotidiano perciò anche la serenità  è fondamentale, è quella che ti porta all’appuntamento con la giusta concentrazione e la consapevolezza del proprio valore….perciò tranquilli.

 

8. Prima di Rio ci saranno gli Europei di Amsterdam, un “problema” in più che ai tuoi tempi non c’era. Quando i giochi saranno fatti, con il senno di poi, sarà facile dire chi avrà fatto bene a partecipare o a snobbarli e, a seconda dei risultati, si dirà che si è programmato bene o che si son fatti errori madornali…Dovessi gareggiare tu, vivresti questi Europei più come una distrazione o un’opportunità?

Vero non c’erano 2 impegni importanti vicini, ma i tempi sono cambiati e credo che non sia impossibile programmarli tutti e due. Però nella vita spesso bisogna fare delle scelte, se sei un atleta  candidato al podio olimpico, finalizzerai la preparazione per i 5 cerchi…….io comunque li avrei fatti entrambi .

 

9. Ottenere l’oro Olimpico ed essere nello stesso momento detentrice del primato mondiale è una circostanza particolarissima che si verifica per pochissimi atleti. Significa essere arrivati al livello più alto a cui un atleta possa ambire, ma anche che, in un certo senso, si sono finite tutte le sfide e che si sono raggiunti tutti gli obbiettivi che ci si era prefissati all’inizio della carriera. “In questo mondo non vi sono che due tragedie: una è causata dal non ottenere ciò che si desidera, l’altra dall’ottenerlo. Quest’ultima è la peggiore, la vera tragedia.” Credi ci possa essere del vero in questa frase attribuita ad Oscar Wilde? Tu come hai vissuto un successo così “assoluto” e dove hai saputo trovare le motivazioni nuove che ti hanno fatto continuare fino a vincere la medaglia di Los Angeles?

Si certo, ottenere un risultato è una tragedia per tutto quello che all’improvviso ti trovi addosso ma l’importante è sdrammatizzare. Ad esempio nel 78 ho fatto 2 volte il record del mondo e l’attenzione verso di me è stata tanta e tale che per un anno,nonostante stessi benissimo e in grado  di migliorare il record, ho avuto un rifiuto verso misure oltre 1,95. Per fortuna ,per educazione ricevuta e per la bravura e pazienza nel proteggermi del mio allenatore sono riuscita a sopravvivere, non ho smesso anche perché mi piaceva troppo fare atletica e perché fondamentalmente la sconfitta non mi ha mai creato un  problema.

 

10. Un consiglio che ti senti di dare ai giovani che decidono di avvicinarsi al mondo dell’atletica, ed in particolare del salto in alto.

Ai giovani dico che devono fare lo sport con divertimento e sapere che il gioco è bello ma deve essere fatto seriamente. Di non avere fretta nel volere raggiungere un risultato ma avere la pazienza di ascoltare e seguire colui che vi sta vicino. I risultati arrivano se si rispettano i tempi della propria crescita e se si programma un buon allenamento. Ai saltatori in alto dico che è opportuno superare le misure alla prima prova!

Sara Simeoni 3

 

Grazie a Sara per la disponibilità a rispondere alle nostre domande. Di seguito riviviamo tramite questo filmato la sua impresa Olimpica a Mosca 1980.

[su_youtube_advanced url=”https://youtu.be/QXfPnvlLJDo”][/su_youtube_advanced]

Fonti: immagini tratte dalla pagina Facebook di Sara Simeoni

 

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Filed Under: Interviste Tagged With: Alberto Tomba, atleta del centenario, campionessa olimpica, Erminio Azzaro, Giochi Olimpici Mosca 1980, high jump, Olimpiadi, record mondo, record monod, salto in alto, salto in alto femminile, Sara Simeoni

12 Marzo 1978 Vladimir Yashchenko sale sul tetto del mondo.

12 Marzo 2016 by Redazione

vladimir-yaschenko

(foto di copertina Atletica Sport Rrace)

Oggi ricorre il 38 esimo anniversario del miglior salto mai effettuato da un uomo utilizzando lo stile ventrale.

All'epoca, il 2,35 metri ottenuto a Milano da Vladimir Yashchenko, era stato addirittura un destabilizzante record del mondo che riunificava in una sola persona i primati all'aperto e al coperto.

E quelli Juniores considerata l'età dell'atleta non ancora ventenne!

L'atleta ucraino in quell'occasione aveva alternato errori clamorosi a salti stupefacenti, facendo intravedere la possibilità di poter superare quote ancora più formidabili.

All'epoca Yashchenko aveva solo 19 anni e quello che avrebbe dovuto essere un grande futuro.

Tecnici e biomeccanici, cadendo nel solito gioco della fanta-speculazione sportiva, erano arrivati a fissare il limite delle sue potenzialità all'incredibile quota di 2.50! Vette ancora più elevate sarebbero state indicate da chi, con i rudimentali mezzi dell'epoca, aveva provato a misurare l'elevazione del suo cavallo, analizzando i fotogrammi dei suoi salti con squadra e carta millimetrata.

Oggi motivi statistico burocratici poco comprensibili, vedono affiancato al nome del campione ucraino quello del russo Danyl Lysenko e del suo più convenzionale 2.31 Fosbury, quali "codetentori" (ma con misure diverse!) del primato europeo U20 indoor.

Nel 78 però la Gazzetta dello Sport eccitava la fantasia degli italiani, raccontando di questo atleta formidabile, capace di superare una cabina telefonica o il garrese di un elefante.

Yashchenko non era l'unico ventralista a saltare sulla pedana di Milano, ma era sicuramente il più giovane.

Non era il vecchio campione che non ha più il tempo per  adattare il proprio stile alla nuova tecnica che nei dieci anni precedenti aveva spopolato e regalato risultati e primati mondiali.

Era piuttosto un grande punto di domanda per quelli che, forse troppo alla svelta, avevano deciso di  pensionare il vecchio stile considerato obsoleto e, al tempo stesso, era un grande punto esclamativo, che pareva in viaggio per raggiungere destinazioni verso cui nessuno altro sarebbe stato in grado di seguirlo.

A quanto pare, il giovane saltatore di Zaporižžja avrebbe provato entrambi gli stili, optando poi per quello che a lui meglio si adattava.

Questo rende la sua scelta controcorrente e, per certi versi, rivoluzionaria quasi quanto quella di Dick Fosbury.

Del resto, se Fosbury aveva ribaltato il salto in alto, Yashchenko ne aveva ribaltato le gerarchie.

Se il primo aveva messo sotto i riflettori il nuovo grande salto, il secondo, girando le carte ancora una volta,  con quel passo in dietro metteva in luce se stesso: il grande saltatore.

Il "salto della rana" di Yashchenko o quello "del gambero" di Dick Fosbury in fondo, però, non sono troppo diversi.

Anche se per qualche istante ci regalano l'illusione del volo, dopo poco ci  fanno ricadere, riportandoci con i piedi per terra.

 

Per celebrare questo anniversario e ricordare Volodja, pubblichiamo un brano tratto dal libro Latletamascherato, uno dei pochi romanzi che parla anche di piste, pedane ed atletica leggera.

 

 

La menzogna di Dick Fosbury

Per capire un poco che tipo di campione fosse Pietro bisogna  considerare il suo atteggiamento verso il salto in alto.

Al salto alla Fosbury preferiva lo stile ventrale. Non c’erano scuse per giustificare questa cocciutaggine.

Pietro non era vecchio abbastanza per aver imparato a saltare in quel modo.

Né era vecchio a sufficienza per aver assistito al tradimento dell’ortodossia del salto esatto per la sua variante di successo blasfema e capovolta.

Se da molti Dick Fosbury è celebrato come un rivoluzionario, per Pietro rimaneva una sorta di impostore, anche se in buona fede.

Fra i suoi meriti forse gli riconosceva quello di aver guardato alla realtà da una prospettiva diversa. Dell’atleta aveva ammirato il coraggio di aver saputo affrontare un’olimpiade vinta tra le risa dei

cosiddetti esperti e degli addetti ai lavori che, quando capiscono, sono sempre fra gli ultimi.

Pietro però avvertiva che nel suo salto c’era qualcosa di poco genuino.

Nello stile Fosbury flop c’è pur sempre una scorciatoia, un compromesso.

Forse, riflettendoci bene, quella di Fosbury più che un’idea originale era stata una soluzione premessa e suggerita dalle mistificazioni e dalle esigenze commerciali dello sport spettacolo.

La vicenda sportiva che davvero aveva entusiasmato Pietro l’aveva scovata cercando in un angolo della rete ed era stata un’altra: la controrivoluzione in nome dello stile ventrale attuata da Vladimir Yashchenko.

Rivoluzione di marzo, non di ottobre.

E restaurazione certo, ma in nome della verità.

A ben vedere nulla è più rivoluzionario che sostenere un’idea superata dalla storia.

La storia di Yashchenko termina con una sconfitta.

Pietro in questo fallimento sapeva riconoscere molta più verità e bellezza che in tante vittorie.

I piccoli rivoluzionari cercano un’alleanza nella storia e nel futuro.

I grandi rivoluzionari se ne fregano.

I piccoli rivoluzionari hanno ragione.

I grandi rivoluzionari hanno torto.

Da Gesù in poi e probabilmente anche da prima.

E se si può ben sostenere che un eroe che tradisce perde ogni valore, è altrettanto vero che un eroe tradito, se possibile, diviene ancora più grande!

Yashchenko appariva a Pietro proprio in quel modo!

Lassù! Più in alto di tutti. Campione splendido ed effimero.

Anacronistico e moderno. Lui sì che gli era sembrato un eroe romantico. Epico nel suo tentativo di ristabilire l’ordine delle cose, nel nome della verità.

Non della convenienza.

Se è vero che ogni atleta è un visionario, che nell’allenamento rappresenta la realizzazione del proprio successo, Yashchenko era stato la scintillante Cassandra del salto in alto.

Pietro lo trasfigurava in una specie di Telemaco tragico.

Più intraprendente rispetto al suo antecedente classico non attende il ritorno di Ulisse e si decide riconquistare Itaca da solo.

Con le proprie forze. E Yashchenko, contro ogni presagio divino, per un istante ci riesce! Ce la fa! Un lampo prima di capitolare.

Costruisce il proprio successo nel più assurdo dei modi.

Nel modomeno sovietico possibile: percorrendo una strada lastricata di errori, di goffi tentativi e incertezze prima di salire sino ai due metri e trentacinque del nuovo primato mondiale.

Proprio a Milano, il 12 marzo 1978, ai Campionati Europei.

In quegli anni di confusione e di delirio sociale c’è una rivoluzione che riesce, che si compie davvero.

Uno scatto in avanti che si attua portando indietro di dieci anni le lancette della storia.

Pochi se ne accorgono.

L’imperialismo culturale americano sta propagandando una menzogna: il salto con atterraggio da dietro.

Il salto cervicale con caduta sull’atlante, anatomicamente parlando.

Non se ne rendono conto nemmeno i rivoluzionari del terrore, che pretenderebbero di

sovvertire l’ordine sociale partendo dal basso.

Yashchenko, anche in questo caso, fa l’opposto: la sua rivoluzione parte dall’alto.

Il destino delle rivoluzioni però, di quelle vere per lo meno, non è di durare un istante e di morire.

Nelle rivolte tutto torna come prima. Nelle rivoluzioni no.

Il segno nella rivoluzione di Yashchenko è uno squarcio indelebile nella certezza della supremazia del Fosbury.

E non soltanto.

Il successo di Yashchenko è la rivincita del pensiero autonomo rispetto al conformismo e all’accettazione passiva della mistificazione della propaganda.

Se la cabala pretende che i numeri siano in grado di influenzare il destino di un uomo, anche le parole possono reclamare lo stesso diritto.

E infatti il nome dell’americano Fosbury è diventato uno stile di massa mentre il sovietico Yashchenko è rimasto una persona, un individuo.

Fosbury è un salto. Yashchenko un uomo: Vladimir. Anzi, è un ragazzo: Volodja!

Yashchenko è il campione dell’anti pensiero-omologato che per un istante, come per un disguido tecnico, interrompe le trasmissioni che stanno tambureggiando: “Fidati! Atterra sull’osso

del collo! Il progresso significa che puoi fare quello che vuoi!”

Lo dicono tanto bene che una bugia, entro i limiti ristretti di un materassone di gomma sintetica, diventa vera.

Non per Yashchenko, che non crede al paracadute che la società, che pretende spregiudicatezza e incoscienza in nome dello sviluppo, promette di aver preparato per ognuno di noi.

Yashchenko non si butta alla cieca.

Non si fida né si affida alle bugie di chi, a terra nella torre di controllo, rimane al sicuro a

impartire ordini.

Yashchenko sale in orbita da solo, mantiene il controllo, fa esattamente il contrario di quanto imporrebbero logica e biomeccanica.

E vince!

Un lampo e una luce di verità in una parabola che finisce subito dopo essere cominciata.

A meno di vent’anni e dopo tre record del mondo e alcuni tentativi per recuperare il ginocchio sinistro e la propria carriera, Yashchenko, il saltatore in alto più talentuoso di sempre, è già finito.

Gli americani avrebbero boicottato i giochi di Mosca 1980, ma ciò nonostante quelle non sarebbero state le Olimpiadi dell’estroverso saltatore ucraino che con i suoi lunghi capelli biondi e il bel viso

sorridente somiglia più a un surfista californiano che non a un militare sovietico.

Sarebbe finito nel peggiore dei modi: colto, solo, consapevole della propria grandezza passata, alcolista e povero. 

Abbandonato dalla ragione della forza gli sarebbe restata l’inutile forza della ragione: maestro di un’arte che nessuno vuole più imparare.

La grandezza della sua stella e la brevità della sua vita non gli avrebbero permesso nemmeno il conforto della pace e della tranquillità che sono la misera consolazione degli eroi dimenticati.

Il Fosbury non è l’invenzione di un saltatore americano.

Il Fosbury è figlio della gomma piuma.

È un gesto innaturale. Inutile. È spettacolare ma non è bello. Non è possibile superare un vero ostacolo in quel modo.

Il saltatore, ricadendo per terra sulla schiena, si fracasserebbe la spina dorsale.

È una splendida illusione.

Il ventrale è una difficile realtà.

Fosbury ha colto un’opportunità.

Yashchenko, per un istante, ha cancellato una bugia.

Icaro che prima di bruciarsi le ali e ricadere a terra realizza il proprio sogno.

Il Fosbury offre numerosi vantaggi, è innegabile.

È più semplice da imparare e molto più facile da insegnare. Permette di avere saltatori più alti e leggeri.

Non ha bisogno della stessa preparazione della forza e ha reso più lunghe le carriere di chi si

affida alle promesse di questa tecnica. Non distrugge le ginocchia dei suoi interpreti con la rapidità del ventrale.

Il Fosbury è incoscienza.

Il ventrale è consapevolezza.

Nel Fosbury dai le spalle all’asticella.

Il ventrale ti pone faccia a faccia con il tuo limite.

Il Fosbury è un fuoco d’artificio.

Consente una rincorsa e un’entrata sullo stacco molto più veloci.

È un salto più efficiente.

Regala qualche centimetro di vantaggio a parità di altezza del baricentro dell’atleta.

Il ventrale è ordine essenziale.

Il Fosbury è gioco d’azzardo.

Il Ventrale è ragionamento.

Il Fosbury è tutta una serie di vantaggi, ma è un salto sleale.

Il ventrale invece è sincero.

E Pietro non lo avrebbe mai abbandonato per qualche centimetro in più.*******

 

A scanso di ogni equivoco lo stile ventrale, al di fuori della finzione letteraria, difficilmente può trovare oggi altra applicazione se non quella di esperienza didattica e addestrativa, circoscritta nell'ambito di una preparazione multilaterale.

Lo stesso stile Fosbury flop è stato oggetto di numerose evoluzioni ed è di certo a quello (almeno fino alla prossima rivoluzione) e al futuro che si deve rivolgere lo sguardo del tecnico.

Forse il Fosbury non è lo stile che porta l'atleta più in alto ( fra i tanti miti c'è quello sostenuto dalle immagini davvero impressionanti che vorrebbe che nessun saltatore abbia mai portato il proprio baricentro tanto alto quanto Volodja superando a Milano 2.27) ma sicuramente è quello che permette di scavalcare l'asticella alle quote più elevate.

Quello che però ci può far riflettere, è ricordare che in ogni specialità strade profondamente diverse possono portare a prestazioni simili ed altrettanto buone.

Proponiamo di seguito e in sequenza i 2.35 indoor di Yashchenko, Tamberi e Fassinotti: la stessa quota accomuna tre salti, tre atleti parecchio diversi ed unisce epoche molto lontane.

Gimbo Tamberi, con il 2.36 di Ancona dello scorso 6 marzo, ha fatto crollare l'ultimo primato di Volodja, realizzando il miglior salto al coperto mai ottenuto da un atleta di qualunque nazionalità sul suolo italiano.

Questo record era durato così a lungo anche grazie ad un altro crollo: quello del Palaindoor di Milano, teatro dell'impresa di Yashchenko.

A nostro parere però, Gimbo non cancella il mito di Volodja ma, piuttosto, ne raccoglie il testimone.

Infatti i tempi dello sport non si misurano soltanto in ere, quadrienni, cicli e macrocicli.

Piuttosto si dilatano in attimi indimenticabili, al punto che ci sembra di scorgere in questi ragazzi, fra tante differenze, anche qualcosa di molto simile.

Ed in questo modo, viaggiando con la fantasia, riusciamo persino ad immaginarceli  insieme, a saltare acclamati da un pubblico esultante sulla stessa pedana.

 

 

 

 

Andrea Uberti - cofondatore de IlCoach

Andrea Uberti

Combined Events Coach | ilCoach.net ASD Vice President
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Filed Under: News, Salti, Salto in alto Tagged With: Dick Fosbury, fosbury flop, gianmarco tamberi, high jump, jump, La menzogna di Dick Fosbury, Latletamascherato, marco fassinotti, salto del gambero, salto della rana, salto fosbury, salto in alto, salto ventrale, stile ventrale, Vladimir Yashchenko, Volodja, Yashchenko, Zaporižžja

Visti dall'alto

23 Febbraio 2016 by Redazione

Intervista a Marco Tamberi, allenatore e padre di Gianmarco primatista italiano di salto in alto con 2,38 metri.[su_spacer size=”5″]

Intervista di grandissimo interesse che arriva dal mondo del salto in alto, che più alto non si può..

..O perlomeno da dove più in alto nessuno è stato capace di arrivare: quest’anno nel mondo, né mai, prima d’ora, in Italia.

Marco Tamberi infatti è un ex saltatore in alto di livello ed è l’allenatore e il padre di Gianmarco, primatista italiano e atleta di punta della squadra nazionale italiana maschile: attualmente la più forte al mondo in questa specialità.

Le domande di oggi a Marco riguardano le metodologie e le metodiche che sono state utilizzate per allenamento del figlio in questi anni.

I risultati, ad oggi, sembran suggerire che, se si vogliono ottenere risultati eccezionali, occorrono strategie di allenamento d’avanguardia.

Le considerazioni di Marco Tamberi riguardano la super-specializzazione. Tuttavia nelle sue parole abbiamo trovato spunti molto importanti, di certo utili anche per l’attività di un normale tecnico di club.

Fatte questa premesse e i dovuti complimenti per i risultati ottenuti, ecco cosa ha risposto alle nostre domande:

 

1) Che metodiche utilizza Gianmarco Tamberi per preparare la forza?

Difficile essere sufficientemente sintetico ed allo stesso tempo esaustivo, quindi preferisco esporvi la filosofia che mi ha guidato nel fare determinate scelte piuttosto che descrivere gli esercizi. Innanzitutto una considerazione iniziale: ho diviso le esercitazioni di forza in due grandi categorie molto differenti fra loro per obbiettivi e metodologia di applicazione.

  • Tutte quelle esercitazioni che servono a preservare l’atleta da infortuni. In questo caso gli esercizi non hanno nessuna correlazione con lo sviluppo delle qualità specifiche di una determinata disciplina tanto che vengono utilizzate sia da maratoneti che da saltatori… Parlo di esercitazioni con bilancieri e corpo ibero che coinvolgono simultaneamente un gran numero di distretti muscolari: utilizziamo queste esercitazioni con carichi molto bassi solo nel periodo introduttivo, cioè nel primo mese, max 40 gg di ripresa degli allenamenti.[su_spacer size=”5″]
  • La preparazione specifica ( quella che utilizziamo 10 mesi l’anno per migliorare la performance) deve rispondere a quesiti strettamente correlati al gesto tecnico. L’allenatore deve porsi al di là ed al di sopra delle convenzioni che prevedono esercitazioni pre-confezionate e formulare una serie di considerazioni derivanti dall’analisi biomeccanica del gesto. Alcuni esempi di considerazioni che ho fatto su queste basi:
    • Altissima correlazione tra prestazione e minore deformazione dell’angolo del ginocchio allo stacco.
    • Altissima correlazione nel rapporto del tempo di applicazione della forza tra fase eccentrica e fase concentrica allo stacco: più la fase eccentrica è corta maggiore è la prestazione
    • I picchi di forza massimale sono tutti nella fase eccentrica: in quella concentrica la forza richiesta è nettamente inferiore ( 30/40% ) rispetto all’eccentrica
    • Max picco di forza richiesto più o meno 7.500 netwon ( circa 700 kg) in un angolo variabile tra i 170 e i 160° al ginocchio ( sull’arto di stacco) per un salto di m 2.25

Deduzioni: devo aumentare la forza massimale del mio atleta negli angoli di utilizzo, quindi tra i 170° e 160°… quale esercizio di pesistica mi consente questo incremento? Non ne ho trovato nessuno.

Ancora una domanda: se uno dei nodi centrali della prestazione è la capacità di esprimere tantissima forza in quegli angoli, perché dovrei concentrarmi sullo sviluppo forza lontano da quegli angoli e, sotto il punto di vista temporale, lontano dal periodo agonistico?

La mia soluzione è stata quella di utilizzare es. isometrici che sono in assoluto quelli che hanno la maggior capacità di sviluppare forza, con la controindicazione di svilupparla solo in prossimità dell’angolo esercitato ( 10° in più o in meno). Tale controindicazione non ha alcun motivo di essere nel mio caso visto che la richiesta di forza max nel salto in alto si muove all’interno di un numero molto ristretto di gradi. Grazie all’enorme incremento di forza che otteniamo da tale esercitazione possiamo ridurre drasticamente il tempo dedicato a favore di altri valori condizionali altrettanto importanti. In proposito un dato interessante: abbiamo creato un gruppo di 10 volontari per misurare l’incremento di forza ( utilizzando costosissimi macchinari creati proprio per questo obbiettivo) su 3 angoli: 150° 160° e 170°: la media di incremento del gruppo, dopo 4 gg di lavoro, è stata del 35% sul precedente valore massimale. Gianmarco, che è esperto nell’utilizzo dell’isometria ha incrementato i suoi valori di forza max del 51%… sempre con 4 gg di lavoro: ammesso di poter trovare una esercitazione “tradizionale” per sviluppare forza nei gradi che mi servono… quanto tempo dovrei dedicare per ottenere lo stesso risultato? Aggiungo che tali esercitazioni vengono fatte solo ed unicamente nel periodo agonistico, con brevi cicli ripetuti.

gianmarco tamberi

Gianmarco Tamberi con Usain Bolt

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Essendo stato l’allenatore anche di tuo figlio Gianluca (giavellottista di livello nazionale), probabilmente avrai affrontato in maniera ancora più importante il problema dello sviluppo della forza e della potenza muscolare. Credi che il lavoro con i sovraccarichi sia da limitare anche nelle altre specialità o è un discorso che vale principalmente nel salto in alto?

L’approccio è stato lo stesso, ma le valutazioni ovviamente diverse: nel salto in alto non si spinge ma si tiene, nel giavellotto si spinge grazie ad una risposta riflessa. Anche qui la forza è molto lontana da quella sviluppata con i pesi anche se una maggior correlazione c’è.

Gianluca lanciò 78.61 a vent’anni con un massimale di panca di 80 kg…
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L’utilizzo dei sovraccarichi è stato principalmente evitato per scongiurare una crescita dell’ipertrofia muscolare e compromettere il rapporto peso/potenza o ci sono anche altre ragioni? Slanci e strappi ed esercitazioni derivate sono totalmente escluse ella preparazione di Gianmarco?

Credo di aver risposto esaurientemente nella precedente domanda; comunque si, strappo e slancio sono totalmente esclusi e li trovo controproducenti, eccezion fatta per il periodo introduttivo citato in precedenza e per motivazioni di carattere precauzionale. Qui di seguito le motivazioni, non è che posso dire è controproducente e basta.

Da anni abbiamo cercato di eliminare tutti gli esercizi che prevedano una spinta “volontaria” . Uno dei punti centrali del nostro sistema è proprio questo: cancellare il più possibile dalla mente l’idea di dover “spingere” ed utilizzare eventualmente esercitazioni che prevedano un riflesso per avvicinarci il più possibile al sistema neuromuscolare che interviene nel salto (ovviamente eccedo per farmi capire). Un esempio? Esclusi totalmente dalla preparazione da molti anni i balzi orizzontali ed il passo stacco.

Per seguire il processo logico che ho esemplificato prima vi spiego i motivi di questa scelta: in tutte le contrazioni muscolari le fibre vengono sempre reclutate nello stesso ordine: prima le lente poi le intermedie ed infine quelle veloci…. Ma c’è una eccezione: nel caso di un accentuato pre-stiramento la contrazione avviene invertendo l’ordine delle fibre reclutate: immediatamente quelle veloci ed eventualmente le altre.
Questo aspetto assolutamente involontario ma determinante per la prestazione va educato ed allenato!!!

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Da quali lavori di pliometria Gianmarco sente di ottenere i migliori benefici?

La pliometria è una delle basi del nostro lavoro. Usiamo cadute tra i 70 e 90 cm, mantenendo il piede nella sua massima estensione all’impatto: la ritengo l’esercitazione più correlata con lo stato di forma dell’atleta
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Nel lavoro di forza è molto importante anche quello del core. In particolare la “compattezza” che deve avere il saltatore dal momento dello stacco. Come ci lavora Tamberi?

Certamente anche con esercizi dedicati . Al tempo stesso sono un fervido assertore del lavoro “globale” e non “ analitico” sia per l’apprendimento motorio che per il potenziamento, ove possibile…

FINITA 3

I festeggiamenti di Gianmarco Tamberi dimostano le sue doti acrobariche!!! Ph. Roberto Passerin

 

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Quanto prove di salto fa Gianmarco in una seduta di allenamento? Tra rincorse complete e più brevi?

20/30 salti. Non saltiamo praticamente mai, se non in casi eccezionali, con rincorsa completa, troppo rischioso.
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Fate molti lavori per migliorare la sensibilità e la precisione del piazzamento dell’ultimo appoggio nello stacco?

Come detto prima per l’apprendimento motorio non utilizziamo esercitazioni analitiche: un esempio? Credo che Gianmarco non abbia mai fatto un passo stacco in tutta la sua carriera di atleta.
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In cosa consistono le sedute di velocità di Gianmarco Tamberi?

Dipende dal periodo: creiamo basi di resistenza nel periodo invernale per avere maggiore possibilità di utilizzo nella stagione agonistica in cui lavoriamo  tra i 60 metri e 20 lanciati. Molte sedute dedicate anche agli ostacoli senza mai arrivare ai 110H … troppo lunghi  e rischiosi per un saltatore in alto!!!
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Quali sono i lavori principali per il mantenimento di un centro di gravità adeguato ed un efficace arco dorsale senza che le anche cadano sull’asticella?

Ripeto: non facciamo lavori analitici. Penso comunque che sia l’arco dorsale che la conseguente chiusura non sono frutto di particolari doti fisiche ma di capacità tecnica ad eseguirli che va acquisita nell’ambito del salto stesso (a patto di non avere un atleta con caratteristiche di  rigidità  congenite ovviamente).

FINITA

Gianmarco Tamberi in azione. Ph. Roberto Passerini

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Ecco il 2,38 metri di Gianmarco Tamberi:

[su_spacer size=”10″]Ringraziamo Marco per la grande disponibilità e le risposte veramente interessanti. Speriamo siano un ottimo spunto di riflessione per tutti i tecnici di salto in alto (e non solo…). 

Auguriamo a lui e a Gianmarco buon lavoro e un grande in bocca al lupo per i futuri obiettivi!!!

 

A cura di Andrea Uberti

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