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La capacità di prestazione fisica

27 Settembre 2016 by Redazione

La capacità di prestazione fisica

Ph.: Roberto Click Passerini - Bressanone 2016

Introduzione: la capacità di prestazione fisica

La capacità di prestazione fisica nell’uomo presenta diversi aspetti, con notevoli differenze tra le singole persone. In campo sociale si presenta come attività di movimento, essendo un elemento del reciproco rapporto tra i diversi individui.

Per capacità di prestazione fisica è necessario intendere non solo ed unicamente la capacità funzionale dell’organismo, ma la sua correlazione con le azioni svolte per ottenere un risultato. Anche gli animali, il cui esame non diversifica da quello eseguito sull’uomo, sono essenzialmente capaci di prestazioni; la capacità di prestazione fisica nell’uomo, tuttavia, non può prescindere dalla valutazione dai comportamenti psichici e intellettuali dell’individuo: l’aspetto motivazionale, emozionale ed intellettuale è sempre fondamentalmente e costantemente presente. Non c’è solo l’aspetto biologico isolato, non può esistere alcuna scissione dalla personalità umana; questo aspetto essenziale deve essere sempre considerato in tutte le analisi. La mancata valutazione dei lati sia fisico che intellettuale dell’individuo, potrebbe altrimenti apparire come una svalutazione sostanziale della capacità fisica di prestazione e dei suoi risultati.

Per definire la “capacità di prestazione fisica” preferiamo di gran lunga la spiegazione che ne danno G. Schnabel-D. Harre- A. Borde in “Scienza dell’allenamento”:

“la personalità dell’atleta, nella sua interezza indipendentemente da una interpretazione in senso lato e ristretto della personalità, è indubbiamente di importanza cruciale per la sua capacità di prestazione: ogni prestazione viene determinata dalla personalità nel suo insieme. E infatti essa in senso stretto non dovrebbe essere considerata un fattore come gli altri. L’insieme dei presupposti personali che mettono in grado di rispondere a determinate richieste di prestazione, cioè la loro espressione e la loro struttura costituiscono la capacità di prestazione. Rispetto alla capacità di prestazione, i presupposti che si riferiscono agli impulsi all’azione, cioè agli atteggiamenti e alle motivazioni, all’emotività, alla volontà, debbono essere enucleati e inseriti tra quei presupposti che riguardano l’orientamento, l’esecuzione e il controllo dell’azione, definiti disponibilità di prestazione, per cui si può parlare di unità tra capacità e disponibilità alla prestazione. La capacità di prestazione può essere anche definita come quella forma di svolgimento, in gran parte generalizzata  e abitualmente stabilizzata entro un certo limite, dei processi psicofisici che determinano la prestazione possibile, intesa come realizzazione dell’azione.”

L’importanza del fattore ambientale sull'adattamento

Non esiste una capacità fisica universale, poiché dipende dalle diverse richieste provenienti dell’ambiente sociale.  In  risposta  alla  variabilità  delle  diverse  forme  di richiesta dell’ambiente sociale e naturale, divengono necessari differenti espressioni delle capacità fisiche di prestazione. Per fare un esempio, citeremo il caso dei migliori corridori di mezzofondo che contemporaneamente sono anche i peggiori per quanto riguarda l’espressione della forza massimale. Naturalmente non è possibile cercare di schematizzare, ridurre e semplificare il concetto di capacità fisica di prestazione, riducendola nel ristretto ambito di una sola scienza come possono essere la fisiologia, la biologia o la fisica. Bensì si può valutare come un concetto di pluridimensionalità ben si adatti al complesso concetto di capacità fisica, collocandosi come sintesi delle singole componenti delle diverse capacità di prestazione parziali, consentendo di conseguenza numerose specializzazioni.

Un individuo è selettivamente adatto verso una determinata richiesta e questa determinata spiccata prestazione nasce dall'accoppiamento di elementi diversi, che unitamente esaltano la capacità fisica di prestazione finale.

Se consideriamo l’ambito delle richieste prettamente fisiche, molti dei miglioramento socio- ambientali approntati dall’uomo ci hanno reso la vita più facile e comoda. Questi progressi vanno comunque valutati nell’ambito sociale ed economico di riferimento, dal momento che essi non sono privi di contraddizioni e conflitti. L’ambiente ormai esasperatamente tecnologizzato pone in una parte non certo trascurabile della popolazione, dei seri problemi per quanto riguarda il soddisfacimento di una pur minima attività nei campi della resistenza e della forza.

L’attuale adattamento dell’uomo “socializzato all’ambiente”, si manifesta chiaramente nel fatto che egli trasferisce quelle che inizialmente erano prerogative prettamente personali a strumenti tecnologici esterni al proprio corpo, e da egli stesso costruiti.

Non potendo sollevare pesi enormi, ha costruito la gru; non potendo correre più veloce per un tempo prolungato, si è affidato all’automobile. Oggi l’uomo può costruire opere fino a qualche decennio fa assolutamente inimmaginabili, ma queste conoscenze tecnico-scientifiche lo hanno condotto inevitabilmente al punto che il controllo sull’ambiente, non dipende quasi più dalle sue capacità fisiche. Questa forma di adattamento all’ambiente assume un’ importanza sempre maggiore col trascorrere dei secoli. L’uomo è il prodotto dell’evoluzione, e i tratti che lo caratterizzano sono il frutto di una selezione naturale durata milioni di anni. Tutti questi cambiamenti si sono nel corso dei secoli stabilizzati e sono stati effettuati in risposta alle diverse caratteristiche ambientali. I nostri antenati dell’età della pietra dovevano per forza approcciarsi con un’enfasi maggiore all’ambiente circostante per sopravvivere, e tale adattamento è avvenuto in un lasso di tempo decisamente grande. L’uomo non potrà separarsi dal suo fisico; esso non è un abito dismesso che può essere abbandonato per vestirne uno nuovo, ma un divenire in costante collaborazione con la sua natura biologica. Non bisogna però cadere nell’errore di considerare come unico elemento caratterizzante l’evoluzione del genere umano, l’ambiente circostante poiché è la storia nel suo insieme, e non solo il singolo elemento, a stimolare i processi di adattamento.

Il processo biologico della capacità fisica di prestazione è lo stato di adattamento di un determinato organo ad una determinata prestazione e questo è ciò che si intende per attività fisica. Gli organi si adattano a seconda dell’uso, talvolta in modo irreversibile: struttura e funzione hanno un rapporto reciproco di causa- effetto. La manifestazione dell’adattamento personifica e rispecchia una determinata strutturale pretesa di prestazione. La capacità di prestazione implica adattamento e quest’ultimo, necessariamente  e  conseguentemente,   produce nuove richieste. Ciò lo possiamo rilevare negli effetti scambievoli tra influssi esterni ed interni; l’effetto combinato tra ambiente ed organismo è una importante caratterizzazione di ciò. Le  attuali condizioni di vita, con il loro intrinseco deficit nel campo delle attività motorie, riducono fortemente le capacità di adattamento dell’individuo alle mutate richieste. Ciò naturalmente non significa né implica l’atrofia.

 

Il ruolo delle capacità fisiche per nel mantenimento della salute

Questa nuova dimensione dell’uomo impoverito di attività fisica, ha come conseguenza la perdita della capacità di reagire all’ambiente, benché esso minacci con costanza, attraverso le sue modificazioni a volte negative, la salute dell’organismo. Una mancanza di movimento e con questo di una continua attività di adattamento, conduce spesso ed inevitabilmente ad un impoverimento della salute. Osservando l’evoluzione di un individuo, possiamo rilevare come esista e persista una necessità ed un impulso al moto solo nell’età giovanile, cioè sino al termine dello sviluppo; col crescere dell’età cala questa “ fame di movimento” , l’istintivo impulso verso il moto, anche se le capacità fisiche potrebbero essere ulteriormente migliorate ed incrementate. L’adulto non reagisce istintivamente, bensì realizza il movimento in modo razionale, valutando le informazioni e le conoscenze secondo le proprie necessità. Per lui è necessaria una conscia elaborazione della situazione. Si deve tuttavia sottolineare che gli effetti endogeni della mancanza di moto e la correlata mancanza di capacità di prestazione sono fortemente analoghi a quelli dei processi di invecchiamento.

La capacità di prestazione fisica

Le capacità di adattamento dell’uomo si traducono direttamente in una modificazione delle capacità di forza e di resistenza. Queste due caratteristiche presentano norme ben definite di adattamento biologico. In diretta dipendenza dalla tipologia della stimolazione esterna, vengono interessate capacità  e  abilità  in  maniera differente. Lo sviluppo finalizzato della capacità di prestazione dovrà essere sempre guidato dalla forma della risposta alla domanda esterna. I più evidenti e marcati adattamenti sono presenti nel campo della resistenza, che contemporaneamente presenta il più grande effetto di stabilizzazione della salute dell’individuo. In questo contesto gli adattamenti biologici si sovrappongono anche all’area  sociale. Per questo motivo qui sottolineiamo l’importanza dell’attività di resistenza, inquadrata nell’ambito sociale tecnologizzato,  per un consono mantenimento della salute.

 

Le capacità fisiche in ambito sportivo

Dimensione e funzionalità cardiaca, letto capillare, peso dei reni e del fegato, vengono influenzati anche dall’attività motoria volontaria portando anche ad un miglioramento della funzionalità organica. Si è dimostrato come l’espressione di determinate caratteristiche fisiche dipendenti da una speciale capacità di prestazione, in questo caso della resistenza, possono essere estremamente variabili.

Costruzione e funzione del fisico non sono mai individualmente costanti, bensì possano variare ampiamente col trascorrere del tempo. Tutte le modificazioni che avvengono sono in qualche modo misurabili. Prendendo come esempio il caso della funzione cardio-circolatoria è ormai provato che attraverso un costante adattamento alla prestazione di resistenza, assistiamo ad un ampliamento della funzione. Con il crescere della prestazione sportiva, partendo da un soggetto non  allenato  sino  all’atleta  d’élite  nel  mezzofondo,  possiamo  constatare  un notevolissimo aumento della funzione, che ovviamente in misura crescente si ottimalizza. La frequenza cardiaca si abbassa (da valori attorno alle 70 puls/min può passare a valori attorno alle 50 puls/min a riposo), portando ad un quadro configurabile con una bradicardia da allenamento. La massima assunzione  di ossigeno aumenta notevolmente (da valori attorno ai 3000ml/min sino a oltre 5000ml/min), in corrispondenza di un paritario incremento  del  volume cardiaco che può andare da 600ml sino a 1400ml. Tutte queste modificazioni , è superfluo ricordarlo, avvengono solo se provocate da adeguati stimoli di adattamento. Il soggetto allenato, dunque, può avere a disposizione una maggior “riserva”, oltre ad una più articolata area per la veloce e completa compensazione dello sforzo.

Lo “stato di sicurezza” o limite superiore in cui subentra uno stato di labilità ed uno stato di deterioramento della prestazione, è considerevolmente spostato in avanti. Per questa strada sarà possibile sopportare maggiori carichi esterni e tollerare e smaltire in modo migliore i disturbi che ne derivano. Il meccanismo di compensazione attraverso l’allenamento si fa più veloce e fa risparmiare all’organismo energie preziose, con un miglioramento del sistema di regolazione della compensazione. L’ omeostasi interna si sviluppa in risposta all’intervento di carichi esterni mentre la capacità di resistenza verso i disturbi esterni, e soprattutto verso l’affaticamento è grandemente migliorata. A questo punto è necessario ricordare il concetto importante dell’adattamento incrociato, che significa un miglioramento della capacità di adattamento e di resistenza, non solo verso i carichi prettamente specifici della resistenza, bensì anche in quelli provocati da  altre attività.

Nel linguaggio corrente parliamo di irrobustimento generale. C’è dunque un elevato incremento delle difese contro tutti gli agenti esterni indotti dall’ambiente. La tollerabilità verso questi stimoli esterni diviene sempre maggiore per cui in definitiva essi possono essere superati e sopportati con crescente facilità. In particolare dobbiamo ricordare il notevole miglioramento della termoregolazione e del livello immunologico.

Naturalmente questo effetto di incremento delle capacità fisiche implica sempre uno stretto legame tra la capacità di migliorare e facilità di recupero. Cioè, in altre parole, un incrementato catabolismo è l’ipotesi prima per un incrementato anabolismo, e viceversa. Le funzioni vegetative a riposo sono determinanti nel processo di adattamento e sono caratterizzate da un processo di economizzazione.

Da sempre ormai sappiamo come una determinata funzione sotto l’influsso di un carico reagisca attraverso una fase di adattamento e di ripristino sino ad un livello non pari, ma superiore rispetto a  quello  iniziale.  E’ il cosiddetto  concetto  della super-compensazione. Da quanto ricordato precedentemente noi sappiamo che tale capacità non si traduce in un miglioramento specifico, bensì generalizzato, inducendo una migliorata stabilità della salute sia a riposo che in condizioni di attività sub-massimali. Non da ultimo in questa prospettiva interviene il concetto di nuove forme di recupero e riposo attivo per gli atleti. Si ottiene in definitiva, una migliorata capacità di prestazione,   in   stretta   correlazione   con   una migliorata capacità di ripristino e con questo una aumentata capacità di carico e compatibilità di carico.

Dobbiamo a questo punto ricordare che l’adattamento cardio-circolatorio ad attività specificatamente di resistenza, non avviene in maniera lineare. Parametri importanti quali la frequenza cardiaca, il VO2 max non mostrano una continua proporzionalità dei valori nell’intero campo di possibilità. Questa “rottura” della proporzionalità avviene, come dimostrato da numerosi esperimenti, intorno al valore di 950 ml di volume cardiaco. Valori più alti assistiamo ad un appiattimento della curva, che sta in definitiva a significare che qualsiasi ulteriore aumento funzionale può essere “acquistato” solamente attraverso una spesa sproporzionata.

La massima stabilità deve essere qui considerata come adattamento indotto dal carico fisiologico; naturalmente consideriamo qualsivoglia prestazione dell’uomo, come fenomeno sociale. Questo presuppone una catena di susseguenti connessioni che ha inizio con una motivazione sociale o psichica, per terminare nuovamente nell’area sociale con un finalizzato atto motorio. Quindi la prestazione fisica ha una funzione sociale di accesso e di realizzazione. Se paragoniamo il corpo ad una macchina tecnologica, essa potrà essere rovinata da una eccessiva fase lavorativa, ma contemporaneamente potrà subire dei danni gravi anche dall’eccessivo disuso.

 

Influenza del sesso e dell'età

Certamente i parametri sopra ricordati variano notevolmente anche in riferimento al sesso dell’individuo. Le differenze che possiamo chiaramente riscontrare tra maschi e femmine, aumentano ancor più considerevolmente con l’introduzione di metodiche di preparazione specifiche. Possiamo tuttavia rilevare come la donna abbia una notevole capacità di adattamento. Lo scarto funzionale non è tuttavia troppo marcato tra i due sessi in quanto le donne si adattano in maniera analoga ai maschi ai carichi a cui sono sottoposte Le capacità fisiche sono allenabili in ciascuna età della vita, anche se la potenza di adattamento dell’organismo a tali carichi  è  differente  con  il crescere dell’età. I fanciulli ed i giovani posseggono valide premesse per l’incremento costante delle loro prestazioni. Il miglior periodo per il raggiungimento della più elevata capacità di prestazione fisica è, come lo sport di prestazione chiaramente lo dimostra, il periodo compreso tra la fine del secondo e l’inizio del quarto decennio di vita. Con il crescere dell’età, diminuisce la potenzialità di adattamento dell’organo, anche se potrà essere mantenuta per i singoli organi in un certo grado anche nelle persone anziane tramite una adeguata specializzazione di carichi adatti alla conservazione della stabilità della salute. Da quanto detto sopra, possiamo certamente definire lo stato di salute come quella condizione in cui l’organismo può mantenere il suo optimum di capacità di adattamento all’ambiente. Se la capacità di prestazione umana può progredire in base alla potenza di adattamento dell’organismo, anche la salute può parimenti progredire in una dimensione misurabile. Secondo il nostro parere capacità fisica di adattamento e salute corrono di pari passo. Se è rilevabile un incremento nella prestazione, lo è certamente anche nel campo della salute. Come è evidentemente ragionevole pensare il contrario: cioè l’effetto degli impulsi esterni è largamente condizionato dalla situazione interna. Comunque ancora qualcosa sfugge alla nostra analisi in quanto la salute rappresenta un qualcosa di più della semplice capacità di prestazione fisica.

giovanile

 

L’ottimale capacità di prestazione fisica non è un fattore isolato e non è certamente un prodotto finale, ma si sviluppa attraverso singoli interventi successivi. L’organismo possiede straordinarie forze di auto-miglioramento e auto-strutturazione, come pure di auto-peggioramento. Esso dispone di una larga capacità di adattamento: l’uomo si migliora costantemente attraverso i suoi singoli rapporti col mondo esterno; la capacità di prestazione fisica è in definitiva il risultato di uno stile di vita relazionato all’ambiente di riferimento. Per la piena realizzazione del proprio  potenziale di adattamento come base biologico-materiale, è essenziale l’uso. La funzione migliora la funzione. Le richieste aumentano con il crescere dell adattamento alle domande precedenti: questo preziosissimo effetto fisiologico non potrà essere raggiunto se non attraverso questa via. La prestazione produce un effetto di adattamento che è origine dell’incremento della capacità di prestazione fisica che si pone quindi sia come premessa che conseguenza della prestazione  in sé. La prestazione fisica è dunque il punto di partenza, il contenuto e la meta della capacità di prestazione.

L’intero allenamento sportivo è basato su questo concetto fondamentale. Presupposto fondamentale per il progresso della prestazione fisica è il regolare esaurimento del potenziale. Tuttavia la capacità di prestazione fisica non è immagazzinabile in quanto è determinata dall’esercizio. Possiamo qui riscontrare come, un’attività svolta per tre volte alla settimana ed incentrata su un allenamento di resistenza, abbia la capacità di provocare nell’organismo effetti di adattamento che a loro volta determineranno effetti di miglioramento della prestazione fisica. Ciò vale a nostro avviso per persone che solitamente svolgono una attività prettamente sedentaria. Ciò potrà eliminare o in larga misura mitigare gli effetti della sostanziale mancanza di attività fisica tipica dello stile di vita attuale.

La miglior prestazione fisica individuale viene solitamente raggiunta in età adulta, tra i 20 e i 30 anni. Pertanto, l'allenamento in età giovanile non è soltanto fine a se stesso, ma rappresenta altresì la preparazione ottimale per il raggiungimento della massima prestazione fisica individuale. In sostanza,  ciò rende ben chiari i concetti di "crescita" e "allenamento in età evolutiva”. In Germania, al fine di accentuare il carattere preparatorio dell'allenamento in età giovanile, si è affermata la denominazione "allenamento di costruzione", chiarendo in questo modo come lo scopo primario dell'allenamento in età evolutiva sia quello di creare ed ottimizzare i presupposti per successive prestazioni di alto livello

Uno dei presupposti fondamentali è rappresentato dall'acquisizione di una tecnica individuale ottimale, oltre ovviamente ad una buona preparazione fisica, che è il secondo importante presupposto per future prestazioni di elite. Tuttavia, con il termine “preparazione fisica”,  in  questa fase non si intende la preparazione condizionale diretta, per mezzo della quale, ad  esempio, è possibile migliorare l'accelerazione dello sprint grazie ad un allenamento della forza massimale, bensì l'aumento generale della capacità di carico. In particolare, tendini, legamenti, capsule articolari, cartilagini e apparato osseo devono essere rinforzati in vista delle sollecitazioni date dai carichi di trazione e compressione, ad esempio nel momento di appoggio del piede o durante il lancio.

Con il progredire dell'età, la preparazione fisica generale sarà poi utile, oltre che ai fini della preparazione, anche alla compensazione dell'allenamento specifico, spesso improntato ad un forte carico unilaterale. Siccome i tessuti che vengono sollecitati nel corso del processo di allenamento mostrano un adattamento lento, per dare origine ad adattamenti stabili sono necessarie sollecitazioni a lungo termine dalla durata pluriennale. L'esperienza insegna che l’alternanza di molti stimoli di carico leggeri a singoli stimoli di carico di forte intensità (sempre nell’ambito fisiologico), rappresenta il metodo ottimale al fine di rafforzare le strutture motorie passive.

Da questo punto di vista, le zone più importanti sono il piede e l'articolazione della caviglia, la zona lombare del rachide e, nel caso dei lanci, le spalle. Inoltre, devono essere rinforzati i muscoli sinergici ed antagonisti, compresi quelli della muscolatura retta e obliqua del tronco. Tutti questi distretti muscolari devono essere potenziati in maniera mirata e intensiva, grazie alla preparazione fisica generale. Metodi tipici di allenamento sono il circuit training,  i carichi di resistenza aspecifici, i lanci e salti in genere, gli esercizi di stabilizzazione del tronco statici e dinamici, i giochi con la  palla e gli esercizi di coordinazione.

Per chi si occupa dell’allenamento di soggetti in età evolutiva, soprattutto nel caso in cui abbia a disposizione sedute di allenamento di durata limitata, è difficile accettare che gran parte dell'allenamento debba essere utilizzato per esercitazioni a carattere generale. In questo caso, vale la regola per cui tanto più aumenta il tempo totale di allenamento e quindi, tanto migliore e talentuoso è uno sportivo, tanto più dovrà aumentare anche la percentuale dedicata all’allenamento generale.

Di Graziano Camellini ed Elisa Bettini

L’articolo originale "La capacità di prestazione fisica" di Ugo Cauz è stato pubblicato sul n° 42-43 nel Luglio- Agosto del 1980 di “ Nuova Atletica del Friuli”. La revisione attuale è stata effettuata da Elisa Bettini e Graziano Camellini.  

 

BIBLIOGRAFIA

Killing: Training im Jugendalter

Dietrich Martin, Klaus Carl, Klaus Lehnertz; “Handdbuch trainingslehre”. Traduzione italiana ad opera di Mario Gulinelli: Manuale di teoria dell’allenamento

Schnabel-D. Harre- A. Borde in : Scienza dell’allenamento

grazioano camellini

Graziano Camellini

Responsabile Prove Multiple Fidal Nazionale
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Elisa Bettini

Allenatrice 2° Livello Fidal
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Influenza della stiffness nella corsa prolungata (parte 2)

8 Marzo 2016 by Redazione

2° articolo estrapolato dalla tesi di Laurea di Alberto Mazzucchelli “Influenza della stiffness nella corsa prolungata”.

Nell’articolo precedente Alberto ci ha parlato della corsa, della sua biomeccanica e dei fattori che influenzano il suo costo energetico.

Ecco i temi del seguente articolo:

indice 2

2.1   Definizione

In campo fisiologico, con il termine stiffness si intende la forza, la resistenza, la densità e la rigidità dei tendini e delle strutture di tessuto connettivo del muscolo.

Quindi, maggiore è la stiffness di questi tessuti, maggiore è l’energia che può essere immagazzinata durante un movimento eccentrico, per essere poi restituita e liberata durante la fase concentrica.

La rigidezza k di un corpo si deforma a distanza δ sotto una forza

applicata P è definita secondo la relazione:

  • k = P/δ

La rigidezza si misura in N/m (newton su metri), dato che sia la forza applicata P che lo spostamento δ sono vettori, in generale  la  relazione  è  caratterizzata  dalla  “matrice  di  rigidezza”,  k  dove:

  • P = k x δ

“Matrice” perché una struttura complicata si deforma oltre alla direzione della forza applicata, si può caratterizzare la rigidezza della struttura in tutte le direzioni.

Elasticità non è sinonimo di rigidezza; il modulo elastico è una proprietà costitutiva del materiale, mentre la rigidezza è una proprietà relativa del corpo elastico. Ovvero il modello elastico dipende soltanto dal materiale; la rigidezza dipende dal corpo e dalle condizioni di vincolo. Esempio: per un elemento in compressione, la rigidezza assiale si ricava attraverso la relazione k = AE/L dove A è l’area della sezione resistente, E è il modulo di young (rapporto tra tensione e deformazione), L è la lunghezza del corpo.

Per un runner l’elasticità è spesso un parametro immodificabile, frutto sì delle caratteristiche fisiche, ma anche degli sport praticati da adolescente o comunque in giovane età. L’elasticità è un pregio se l’atleta ha un sufficiente rapporto fra forza ed elasticità, la corsa  non risente troppo di un’elasticità alta; la sua corsa non è verso l’alto.

In questo caso l’elasticità è un pregio soprattutto su terreni che non ritornano nulla, per esempio sterrati, o sulle salite. L’elasticità è un difetto se invece l’atleta ha una forza muscolare insufficiente, la corsa diventa troppo elastica, la fase di volo è troppo lunga e l’elasticità diventa un handicap, soprattutto su quei terreni (come la pista o l’asfalto) dove la corsa troppo aerea si traduce in un’effettiva lentezza.

 

2.2   Pillole di storia

I muscoli della coscia e della gamba sviluppano potenza e affinchè questa spinta esplosiva sia trasmessa al terreno nel minor tempo possibile, giocano un ruolo fondamentale due tendini molto importanti:

  • il tendine di Achille;
  • il tendine Rotuleo o Patellare

 

Il tendine di Achille origina dal muscolo tricipite della sura e dal soleo, inserendosi nella parte centrale della faccia posteriore del calcagno.

E’ lungo circa 15 cm., parte dalla parte mediana della gamba, si assottiglia gradualmente verso il basso e poi si allarga all’estremità dell’osso calcaneare. E’ deputato alla trasmissione degli impulsi meccanici derivanti dalla contrazione muscolare del polpaccio al segmento scheletrico, realizzando un movimento articolare di fondamentale importanza: la spinta del piede.

Il tendine rotuleo o patellare nell’articolazione del ginocchio collega  la rotula alla tibia e decorre longitudinalmente in posizione centrale alla rotula ed è facilmente individuabile nello spazio sotto la rotula e sopra la testa della tibia. E’ un tendine di forma piatta piuttosto resistente lungo circa 8 cm. e largo 3,5-4 cm. Fino a qualche tempo fa si pensava che il tendine di Achille partecipasse passivamente alla trasmissione della potenza dal muscolo all’osso e, quindi, nel generare movimento; si è scoperto, invece, che ricopre un ruolo essenziale nella “stiffness”.

Partendo dal concetto di stiffness, introdotto dal fisico inglese Robert Hooke, secondo il quale “qualunque corpo sottoposto all’azione di una forza esterna subisce una deformazione la cui entità dipende dall’intensità della forza applicata e dalle caratteristiche del materiale a cui la forza è applicata”, si è appurato che se il tendine è troppo elastico il passaggio della potenza dal muscolo all’osso avviene con un tempo maggiore, con una riduzione della potenza che in parte è smorzata o meglio assorbita dall’elasticità del tendine stesso. Se invece il tendine è rigido, la trasmissione della potenza avviene in un tempo minore con un conseguente aumento della stessa, con il gesto tecnico che è eseguito in un tempo minore e con un’energia maggiore. Naturalmente, però, un tendine troppo rigido aumenta il rischio di lesioni, per cui è necessario trovare un giusto compromesso tra elasticità e rigidità; quando si parla di stiffness non si fa riferimento esclusivamente al tendine, ma a tutta l’unità muscolo-tendinea, formata dal muscolo, dal tendine, osso, legamenti e cartilagini, ognuno con una sua propria stiffness.

 

2.3   Tempi ed effetti

Il tendine di Achille trasferisce alla struttura ossea la forza generata dal muscolo permettendo il movimento scheletrico, inoltre svolge un importante ruolo nell’ambito dell’accumulo di energia elastica, che avviene nella fase eccentrica del movimento e della sua conseguente restituzione sotto forma di energia meccanica, trasformazione che avviene durante la fase eccentrica del  movimento.

L’UMT (Unità Muscolo Tendinea) funziona, in particolari tipi di movimento, in modo molto simile a una molla che è allungata e poi rilasciata, con conseguente trasformazione dell’energia elastica potenziale in lavoro meccanico.

In tal modo, durante la fase eccentrica della corsa, il tendine di Achille che, come tutti i tendini, costituisce l’interprete principale  del fenomeno elastico, si allunga del 6% pari a 1.5 cm. rispetto alla  sua lunghezza iniziale e restituisce circa il 90% dell’energia elastica potenziale immagazzinata, sotto forma di lavoro meccanico, nella successiva fase concentrica del movimento.

In questo modo il rendimento muscolare passa dal 25% ad oltre il 40%, l’energia elastica costituisce così un’energia “metabolica gratuita”.

Il carico esterno ideale per enfatizzare la capacità di immagazzinamento e restituzione di energia elastica si situa a circa il 35% della forza massimale isometrica del soggetto.

Le caratteristiche biomeccaniche del tendine sono soprattutto basate sulla sua elevata resistenza tensile, dovuta alla struttura molecolare e sovra molecolare sulle sue fibre collagene e alla sua inestensibilià che gli conferisce un’elasticità ottimale.

L’allenamento della forza comporta un aumento del Modulo di Young (rapporto tra tensione e deformazione) e conseguentemente della stiffness tendinea.

L’incremento di quest’ultima comporta a sua volta del rateo di forza trasmesso dal complesso muscolare al segmento osseo e un cambiamento della relazione forza-lunghezza del muscolo  considerato.

Più specificatamente la stiffness tendina è in grado di influenzare:

 

1) il tempo necessario all’allungamento della componente elastica in serie; 2) il ritardo elettromiografico (tempo tra attivazione elettrica e contrazione);

  • il rateo sviluppo della

 

Inoltre, occorre considerare che un aumento della stiffness del tendine può rappresentare un importante fattore al fine di prevenire e diminuire i danni all’UMT.

Le espressioni di forza, velocità e potenza da parte del muscolo non sono solamente dipendenti dalla sua tipologia di fibre e dalla sua architettura anatomica ma dipendono anche e in modo non sottovalutabile, dalla stiffness tendinea.

 

Di Alberto Mazzucchelli
Laureato in Scienze Motorie

 

L’articolo precedente: “Influenza della stiffness nella corsa prolungata (1° parte)”

 

Bibliografia

  1. Mondoni, Basket e Biomeccanica, Libreria dello Sport, Milano, 2002
  2. Bisciotti, I tendini. Biologia, patologia, aspetti clinici, Calzetti Mariucci Editore, Ferriera di Torgiano (PG), 2013
  3. Bosco, La  forza  muscolare.  Aspetti   fisiologici  e  applicazioni pratiche,  Società Stampa Sportiva, Roma, 2002
  4. Di Prampero, La locomozione umana su terra, acqua, in aria. Fatti e teorie, Edi.Ermes, Milano, 1985
  5. Bosco, P. Lohtanen, Fisiologie e Biomeccanica applicata al calcio, Società Stampa Sportiva, Roma, 1992

Sitografia

www.runlovers.it

www.runnersworld.it

Filed Under: Uncategorized Tagged With: corsa, corsa prolungata, costo energetico corsa, forza, rendimento corsa, resistenza, stiffness, tecnica di corsa

La resistenza aerobica intensiva e specifica

12 Agosto 2015 by Redazione

La resistenza aerobica intensiva e specifica

Il concetto di sviluppo e incremento della resistenza aerobica specifica è da interpretare in due diverse fasi della preparazione, dapprima in forma Intensiva e successivamente in forma Specifica, in relazione ai ritmi gara individuati per ogni atleta. A mio avviso questa tipologia di allenamento (R/A/ Intensiva )  è tra le più importanti da sviluppare e curare come forma di successo per l’ ultramaratoneta d’elite.
Come abbiamo già detto nei precedenti articoli, la fonte energetica di utilizzo muscolare per correre una 100 km è costituita dai carboidrati in parte, ma soprattutto in maniera più massiccia dall’ utilizzo dei grassi. Ebbene la capacità di utilizzare questa energia, è dovuta dallo sviluppo e l’ incremento della cosiddetta Potenza Aerobica Lipidica

L’ allenamento per migliorare e incrementare la Potenza Lipidica è costituito non solo da corsa prolungata, ma condotta anche ad una velocità alla quale il consumo dei grassi è elevato. Mi riferisco alla velocità di Soglia Aerobica ( S/A/2 ).
Parliamo quindi di tutte quelle andature di corsa Media, Progressiva, con variazioni a blocchi, tipica dei maratoneti. Quindi migliorare la Potenza Lipidica attraverso lo sviluppo di questi mezzi di allenamento con l’ obiettivo finale di enfatizzare sempre più il volume di corsa e non l’ intensità, che invece favorisce il consumo dei zuccheri ( glicogeno).
A tal proposito si possono utilizzare sedute di allenamento sottoforma di ripetute lunghe da 5 a 7 km, con una prima parte estensiva a ritmo gara e la successiva  in forma ripetuta a velocità vicino la s/a/2. Esempi:

  • C/A/E 15 km + s/a/2 al 90%: 3 x 7 km rec 1km
  • C/A/E 15 km + s/a/2 dal 80 al 90%: km 7/6/5/4/3/ rec 1km

In alternativa tratti di corsa interi da 26 a 42 km a seconda dello stato di forma dell’ atleta, con volumi indirizzati ad un chilometraggio maggiore rispetto a quelli di un maratoneta.

Visto la specificità di questi allenamenti, preferisco, se ve ne fosse la possibilità, la partecipazione a gare di maratona o similari.
Chiaramente bisogna essere attenti ad interpretare bene quello che è la % d‘ impegno di questa prova che ci dovrà consentire un dispendio energetico al max dell’ 80/87% per poi proiettarci ai successivi allenamenti senza la necessità di dover recuperare troppo. Sicuramente da 2 a 3 maratone nell’ arco della preparazione possono creare il segnale biologico giusto e necessario al fine di garantire un importante disponibilità energetica.

È utilissimo eseguire ogni fine mese un test di “ Verifica Condizionale “ per determinare meglio la crescita in ambito aerobico nei valori di soglia, in modo da apportare le relative modifiche programmatiche.

Se si è impossibilitati a disputare la maratona, possiamo utilizzare allenamenti alternativi molto efficaci detti "lavori a Blocchi Speciali", prove eseguite in doppia seduta giornaliera, con la possibilità di correre nello stesso tempo su ritmi sostenuti senza penalizzare il volume della doppia seduta, che può arrivare anche a 38/45 km complessivi.

Attenzione! 

Dopo una prova del genere è preferibile dedicare l’ allenamento del giorno successivo alla rigenerazione con l’ utilizzo di attività polivalenti come la piscina, bike, o il riposo.

Maurizio Riccitelli

Maurizio Riccitelli

Allenatore Ultramaratona
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Lo sviluppo e l’incremento della resistenza muscolare;

10 Giugno 2015 by Redazione

resistenza muscolare

La pianificazione di un programma di allenamento finalizzato al miglioramento delle qualità psicofisiche di un atleta, necessita di una specifica programmazione, attraverso tipologie e mezzi di allenamento che enfatizzino l’ aspetto condizionale e funzionale che la disciplina richiede.

Facendo seguito al precedente articolo “ Concetto di resistenza “ parlerò della specialità dell’ ultramaratona, ed in particolare di un mezzo di lavoro importante e determinante ai fini prestativi:

Lo sviluppo e l’incremento della resistenza muscolare

Premesso che, l’attività sportiva in generale nonché quella agonistica sottopone l’organismo dell’atleta a sforzi importanti,  per intensità e/o per durata, ma anche per il fatto che si ripetono con frequenza, come sicuramente accade nella specialità dell’ultramaratona dove il grande volume di lavoro espresso in km sia in fase di preparazione sia in competizione, risulta uno degli aspetti principali ai fini della performance.

Ne consegue che, lo sviluppo e l’ incremento della resistenza muscolare nella specialità dell’ ultramaratona (e nelle altre gara di endurance) riveste un ruolo determinante quanto l’allenamento aerobico metabolico, anzi a mio parere è uno degli sviluppi metodologici che merita una più accurata attenzione.

Possiamo affermare con certezza  che per la nostra disciplina il muscolo deve esprimere forza di tipo resistente, sollecitato e condizionato  attraverso carichi di lavoro tendenti ad enfatizzare il principio della resistenza muscolare.

Pertanto anche qui vige il concetto della resistenza, intesa come espressione muscolare, cioè la capacità del muscolo di resistere a lungo a tutte quelle contrazioni e sollecitazioni ripetute per molti km.

Perché allenare la resistenza alla forza?

La resistenza alla forza rappresenta la capacità dell'organismo di opporsi e contrastare l'affaticamento in prestazioni di forza di lunga durata, oltre ad economizzare il gesto atletico nella corsa per un minor dispendio energetico.

  • I fattori della fatica negli sforzi prolungati sono di origine sia neuro-muscolare che energetica.
  • La fatica ha come conseguenza la riduzione della tensione muscolare e della capacità di esprimere forza
  • I danni provocati dall’azione muscolare sono in parte responsabili del calo di performance in quanto alterano le caratteristiche del muscolo.
  • Lo stress eccessivo dovuto al ripetersi degli allenamenti, può essere considerato il fattore primario degli infortuni sportivi
  • I muscoli affaticati tendono a rimanere in uno stato di contrazione e ciò aumenta la loro vulnerabilità alle lesioni.

Obiettivi dell'allenamento specifico di resistenza alla forza

  • Modifica del profilo delle fibre muscolari
  • Miglioramento dell’attività degli enzimi aerobici e anaerobici
  • Incremento della produzione di forza
  • Aumento del glicogeno intra-cellulare
  • Migliorare la fase di traslazione e spinta per un gesto di corsa più economico


I mezzi di allenamento della resistenza alla forza

  • Corsa prolungata in salita a velocità media con pendenze varie - distanze 15/30 km
  • Corsa continua in salita veloce - distanze 8/10/12 km
  • Ripetute in salita su distanze medie - (400-500-600-1000 m)
  • Sprint in salita su distanze brevi - (100-200 m )

 

MEZZI DI ALLENAMENTO “ ASPECIFICO “

  • Palestra: ( Circuit – Training )
  • Campo: Circuit – Training  Modificati

 

2 regole importanti nell'allenamento della resistenza alla forza

  • REGOLA N 1: ABITUARE L’ATLETA AL LAVORO COSTANTE  SULLA FORZA, IN TUTTE LE FASI DELLA PROGRAMMAZIONE.
  • REGOLA N 2: L’ allenamento della forza nelle discipline di endurance = MIGLIORAMENTO DELLA PERFORMANCE.

 

Articolo a cura di Maurizio Riccitelli

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Periodizzazione a blocchi

29 Maggio 2015 by Redazione

VLADIMIR ISSURIN
Vladimir Issurin è arrivato in Israele nel 1991 dopo avere esordito nella sua carriera scientifica in seno alla squadra olimpica russa (URSS) di canoa – kayak.
Integrato nel dipartimento di ricerca in scienze dello sport al « Wingate Institute for Physical and Sport » e realizza il suo dottorato in fisiologia dell’allenamento sportivo pure assicurando il seguito delle squadre nazionali in seno al comitato olimpico israeliano.

Leader della squadra olimpica di kayak per i giochi di Sydney e di Atene, orienta le sue ricerche verso la pianificazione – periodizzazione dell’allenamento degli atleti di alto livello da alcuni anni.

Il suo ultimo articolo fa il punto sul metodo tradizionale di periodizazione e considera le prospettive di sviluppo di questo metodo attraverso il concetto di periodizzazione dell’allenamento a blocchi.

[su_divider top=”no” divider_color=”#b8f976″]

Modello tradizionale di periodizzazione  

Nel modello tradizionale di periodizzazione, le unità di allenamento sono ripetute in modo periodico secondo un sistema che si declina spesso su 4 o 5 livelli:

  1. il ciclo quadriennale olimpico che è facoltativo o addirittura assente in alcuni sport come il calcio professionistico per esempio e riguarda solamente gli atleti di livello molto elevato
  2. il macrociclo (mese) che comprende i periodi di preparazione, di competizioni, di transizione,)
  3. il mesociclo (settimane) che raggruppano diversi microcicli simili in seno ad un stesso macrociclo)
  4. il microciclo (giorni) che sono composti da una sequenza strutturata di sedute di allenamenti) spesso su una base settimanale
  5. la seduta di allenamento (ore – minuti) il cui contenuto è specifico agli adattamenti auspicati

Ogni macrociclo si divide in tre periodi (preparazione – competizione – transizione), definite dai mesocicli di cui la tipologia ne definisce i microcicli che lo compongono.

In modo molto generale, i grandi principi che definiscono il contenuto di ogni periodo, di ogni mesociclo e sono ripresi nel quadro sottostante.

[su_table]

Periodo Scopo Carico
Preparazione Preparazione generale Abilità motorie Volume + / Intensità –
Preparazione specifica Abilità tecniche Volume ± / Intensità +
Competizione Preparazione competitiva Abilità motorie / tecniche / tattiche Volume – / Intensità
esercizi specifici
Prima della competizione Termine preparazione specifica Volume – / Intensità +
Transizione Transitorio Recupero Recupero attivo

[/su_table]

In questo articolo, Issurin riprende i punti positivi e negativi del metodo di periodizazione tradizionale.
Rileva in particolare due punti positivi:

  1. gli elementi che definiscono questo metodo rispettano i principi scientifici riconosciuti del ciclo di ” carico – recupero – supercompensazione “.
  2. è facilmente applicabile nella programmazione del contenuto degli allenamenti di atleti esordienti – di livello modesto, ed in modo particolare perché permette di rispettare una progressività lenta (grazie alla lunga durata dei suoi periodi) del carico di allenamento.

In compenso, evidenzia tre punti critici/negative così riassunti :

  1. il metodo tradizionale è stato elaborato quando le conoscenze scientifiche sull’allenamento sportivo erano solamente ai loro albori , e non ne hanno seguito la loro evoluzione;
  2. non si è adattata allo sviluppo dello sport di alto livello (dettagliata più in basso), ed è, per questa ragione,poco applicabile alla preparazione degli sportivi di alto livello.
  3. gli allenamenti non sono specifici allo sviluppo di alcune abilità o adattamenti ricercati.

 Si allena un poco tutto allo stesso tempo. Le evidenze scientifiche dimostrano che l’allenamento specifico di un’abilità porta degli adattamenti specifici allo stimolo di allenamento. Se tutte le abilità sono allenate allo stesso tempo, lo stimolo di allenamento attribuito a ciascuna è ridotto e gli adattamenti che ne conseguono sono meno evidenti.

Una caratteristica importante di questo modello tradizionale è che permette solamente 1, 2 o 3 picchi di forma nella stagione. Questa caratteristica non si adatta allo sport di alto livello attuale che necessita di ben più di 3 picchi di forma per anno.

 

Il modello tradizionale non si è adattato all’evoluzione dello sport di alto livello, ed Issurin evidenzia le ragioni a partire da 3 osservazioni:

  1.  l‘aumento del numero delle competizioni per anno. La stagione degli sportivi può nell’immediato futuro svilupparsi per più di 8 mesi. Era già il caso negli sport collettivi negli anni ’70 ma non negli sport individuali. Ora le competizioni internazionali (parliamo quindi di atleti di alto livello) si svolgono nel mondo, ciò di conseguenza allunga considerevolmente la durata della stagione, dovunque.
    Si nota anche un aumento importante delle prestazioni realizzate. Ora, questa osservazione può spingere verso la professionalizzazione degli atleti ma anche verso il cambiamento dei loro metodi di preparazione.
  2. In questi ultimi anni si è evidenziata una diminuzione importante del volume di allenamento. Gli atleti hanno il loro periodo di preparazione fondamentale con un volume considerevole. Poi il volume viene diminuito lasciando spazio a vantaggio di intensità specifica.
    Questa diminuzione nel carico di allenamento può essere spiegata attraverso fattori diversi quali ad esempio, i controlli antidoping che dissuadono certi sportivi dall’utilizzare metodi di recupero illecito, ed il cambiamento di mentalità di alcuni paesi, ex URSS in particolare.
  3. Sono apparsi dei nuovi concetti di preparazione, più specifici e meglio indicati ai bisogni degli atleti di alto livello. Questa ultima osservazione è la conseguenza dei due punti precedenti.

Queste tre osservazioni possono spiegarsi attraverso differenti fattori di cambiamento nell’evoluzione dello sport di alto livello. Issurin cita, tra gli altri, il numero dei campionati e coppe continentali o mondiali, le motivazioni finanziarie degli atleti di presentarsi su certe competizioni, ed il contributo delle competizioni di preparazione nel programma di allenamenti.

[su_divider top=”no” divider_color=”#b8f976″]

La periodizzazione a blocchi

Sergei Bubka, nel 1991, ha effettuato una stagione che durò da gennaio a settembre. Egli effettuò 17 competizioni separate da 12 a 43 giorni queste hanno composto il suo anno atletico. In ognuna di queste competizioni, ha effettuato delle prestazioni che si trovano tra il 92 ed il 100% del suo personnal best che si trovava a 614cm. Per informazione, il 92% del suo personnal best (590cm) rappresenta la prestazione del campione del mondo del 2009…

allenamento a blocchi

Per rimanere al top durante la sua stagione, si è indirizzato verso un periodizzazione non tradizionale che poteva assomigliare già alla attuale periodizzazione a blocchi.

 

Il metodo di periodizzazione a blocchi consiste in una programmazione a breve termine, ± 2 mesi,:

3 blocchi di lavoro si inseriscono nei mesocicli del periodo tradizionale, lo compongono e si definiscono come segue:

  1. blocco “Accumulo” nel quale ci si concentra sullo sviluppo delle qualità aerobiche generali, della forza generale e del pattern tecnico.
  2. blocco “Trasformazione” nel corso del quale si ricerca lo sviluppo delle qualità aerobiche specifiche e della forza specifica. È quindi un blocco di lavoro delle abilità specifiche dell’atleta.
  3. blocco “Realizzazione” che è per la sua competenza orientato verso gli esercizi di course/match, specifici al tipo di sforzo competitivo.

Issurin riassume nella tabella sotto le grandi linee di questo tipo di periodizzazione. È importante notare l’aumento veloce del carico. La durata del blocco è dunque corta ed il carico è condensato. Questo principio di condensazione è spiegato più basso.

[Issurin, 2010]

[su_table]

Obiettivi Volume – Intensità Fatica – Recupero
Accumulo
(2 à 4 settimane)
Abilità di base Volume + / Intensità – Recupero incompleto ma fatica ragionevole
Forza – Resistenza – Coordinazione
Trasformazione
(1 à 2 settimane)
Abilità specifiche Volume – / Intensità + Accumulo della fatica
Tecnica – Forza specifica –  resistenza specifica
Realizzazione
(5 giorni a 1 settimana)
Preparazione integrata Volume — / Intensità ++ Recupero completo
Massima velocità di esecuzione – Situazioni di competizione

[/su_table]

 

I principi generali che definiscono questo tipo di pianificazione possono riepilogati in 3 punti:

  • in un solo blocco vengono allenate un numero minimo di abilità.
    Si parla di condensazione degli allenamenti mirati su queste abilità (cf. Durata degli effetti dell’allenamento delle abilità specifiche).
  • le abilità sono allenate in modo consecutivo e non concorrenziale, come è il caso del metodo di periodizzazione tradizionale.
  • la durata di ogni blocco è determinata dalla durata degli effetti residui di allenamento.

 

Durata degli effetti dell’allenamento delle abilità specifiche [Issurin & Lustig, 2004]

[su_table]

Abilità motorie Effetti dell’allenamento (giorni)
Endurance estensiva 30 ± 5
Forza massima 30 ± 5
Endurance intensiva (sistema glicolitico) 18 ± 4
Endurance di forza 15 ± 5
Velocità massimale 5 ± 3

[/su_table]

Questo modello di periodizzazione è criticabile su alcuni punti ed in modo particolare sulla durata dei blocchi di allenamento. Gli adattamenti e l’effetto residuo dell’allenamento sono specifici all’atleta, alla sua età ed alla sua esperienza.

Allo stesso modo, questo tipo di periodizzazione, e ciò è già stato brevemente enunciato, è poco progressivo.
Il carico di allenamento viene aumentato velocemente. È il principio di condensazione evidenziato dall’autore. Una delle grosse difficoltà di questo tipo di periodizzazione è la sua complessità nella gestione della durata dei blocchi e del carico specifico.

Tuttavia, questo modello ha il merito di soddisfare le esigenze della stagione degli sportivi di alto livello grazie alla sua programmazione a breve termine.

[su_divider top=”no” divider_color=”#b8f976″]

Conclusioni.

I due modelli presentano dei vantaggi e degli svantaggi.

Sembra evidente che il modello tradizionale, più vecchio e meglio conosciuto, è da raccomandare con gli atleti che esordiscono con l’allenamento regolare, in modo particolare grazie alla sua progressione dei carico di lavoro. È anche più facile da utilizzare per i giovani allenatori, lasciando loro più margine di manovra e di adeguamento nella loro programmazione.

Il modello più contemporaneo di périodisation in blocchi si adatta meglio alla programmazione degli sportivi di alto livello ma è molto più complesso a dirigere. Deve essere proposto da un allenatore che possiede già una certa esperienza del suo atleta perché il carico condensato specifico non adattato può provocare dei grossi danni all’atleta se viene sottovalutato oppure, un disallenamento manifesto se è sopravvalutata.

 

A cura di Graziano Camellini

 

[su_divider text=”torna su” divider_color=”#b8f976″]

Filed Under: Uncategorized Tagged With: allenamento, allenare, camellini, forza, graziano camellini, il coach allenamento, il coach better yourself, ilcoach, ilcoach.net, intensità, issurin, periodizzazione, periodizzazione a blocchi, periodizzazione allenamento, periodizzazione dell'allenamento, periodizzazione lineare, resistenza, tecnica, training, training periodisation, vladimir issurin, volume

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