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Le opportunità dell'insuccesso

17 Settembre 2015 by Redazione

Avrò segnato undici volte canestri vincenti sulla sirena, e altre diciassette volte a meno di dieci secondi dalla fine, ma nella mia carriera ho sbagliato più di novemila tiri. Ho perso quasi trecento partite. Trentasei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l’ho sbagliato. Nella vita ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto.
Cit. 
Michael Jordan

 

Il fallimento….

…una parola che incute timore negli atleti.

Eppure, sono maggiori gli insuccessi dei successi.

Come abbiamo visto nel precedente articolo, il successo è un concetto ricercato da ogni persona che cerchi di raggiungere un obiettivo, ma il percorso può essere pieno di insidie e può non portare i risultati sperati.

Un’idea deve essere presa in considerazione: il fallimento è parte integrante di ogni percorso. Si può “cadere” molte volte prima di riuscire a raggiungere la meta prestabilita.
E dopo essere “caduti”, è necessaria la forza di volontà per rialzarsi.

 

A chiunque è successo di fallire.

A volte l’insuccesso porta a rimandare l’obiettivo, altre a rinunciarci completamente.

Le emozioni che si provano a riguardo sono molteplici, spesso con una sequenza ben precisa: rabbia, tristezza, paura.

Rabbia per non essere stati in grado di riuscire, tristezza per il “lutto” dell’obiettivo mancato, paura di non poter mai riuscire nella vita a raggiungere una meta simile.

Il bello di questa condizione è che fa male, ma è momentanea. E deve essere affrontata come tale.

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I pericoli dell’insuccesso

Quando si fallisce, il pericolo più grande è il calo di motivazione. Ciò che ci dà la spinta a impegnarci in azioni e a mettere in gioco energie psichiche e fisiche è la voglia di raggiungere un obiettivo.

Dopo la fatica fatta, il tempo utilizzato, la forza mentale spesa nel tentativo di perseguire la meta, un insuccesso può far crollare le motivazioni. La performance sportiva risulta rovinata e il benessere psico-fisico che si ottiene facendo attività scompare. Tutto diventa una forzatura. Se tale situazione non cambia in un arco di tempo breve, l’intervento di uno psicologo dello sport può essere utile a ristabilire nuovi obiettivi, sportivi e non, e quindi nuove motivazioni.

In casi più gravi e fortunatamente rari, se la vita dell’atleta è stata basata sul lavoro necessario per raggiungere il successo, in caso di fallimento si rischia la depressione. Non solo l’attività agonistica viene influenzata negativamente, ma è la stessa salute psichica che viene compromessa. In tali casi, l’intervento di uno psicologo clinico è necessario per ristabilire l’equilibrio del benessere psicologico.

Dopo uno o ripetuti fallimenti, l’abbandono dell’attività sportiva è una possibilità reale, soprattutto in età giovanile. Se i giovani atleti, che in alcuni casi hanno avuto piccole o grandi soddisfazioni, non sono allenati o preparati al fallimento, possono chiedersi che senso abbia continuare a faticare per un’attività che non porta frutti. Il risultato è che un altro giovane abbandona una strada che potrebbe essere piena di soddisfazioni, non necessariamente costituite da successi sportivi, e che potrebbe essere una palestra di vita per affrontare tutti i fallimenti e i successi futuri.

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La paura del fallimento

Avere un obiettivo a cui si tiene particolarmente o che darebbe una svolta nella vita può portare ad avere paura, conscia o inconscia, di non riuscire a raggiungerlo.

Tale emozione nasce dal timore di non essere all’altezza del compito e di non vedere le proprie speranze realizzate. Basata o meno sulla realtà dei fatti, la paura di non raggiungere l’obiettivo è fondata sulla bassa autostima. Può provocare problemi di concentrazione e ansia pre-gara. L’ansia infatti è un sentimento che nasce nel momento in cui non si è sicuri di avere le risorse e le competenze per superare un certo ostacolo.

In alcuni casi, tale paura può avere un effetto meno visibile: può portare l’atleta a non impegnarsi completamente nel raggiungimento dell’obiettivo. Il ragionamento inconscio è semplice: se mi dovessi impegnare al cento per cento e, nonostante questo, non dovessi raggiungere l’obiettivo prefissato, significa che non ho le competenze e le risorse per avere il successo sperato. Sarebbe un ulteriore colpo per l’autostima.

L’intervento di uno psicologo dello sport può scoprire la paura del fallimento di un atleta e può ridimensionarla. Faccio spesso una domanda agli atleti: “Se dovessi fallire, cosa succederebbe? Come cambierebbe la tua vita?”. Dopo un primo momento di terrore puro pensando all’ipotetico insuccesso, mi trovo ad assistere spesso a un ragionamento molto profondo sulle sue conseguenze. Scoprirle può far capire all’atleta la vera portata del tutto e parlarne può permettergli di trovare soluzioni alternative nel caso di fallimento.

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Le opportunità dell’insuccesso

Come sempre, il bicchiere non è sempre solo mezzo vuoto.

Se un atleta, soprattutto giovane, viene correttamente seguito sia dal punto di vista fisico ed emotivo, può vivere un fallimento come un’opportunità per crescere. Fa male fallire. Si provano emozioni negative e l’autostima ne risente. Ma è un momento passeggero. Essere consapevoli di ciò aiuta.

Così lo sport agonistico può essere realmente una palestra di vita. La competenza principale che viene allenata è la nostra amica resilienza: la capacità di superare ostacoli e momenti negativi ed uscirne rinforzati.

Se la motivazione è alta e gli obiettivi, i successi o gli insuccessi correttamente dimensionati, senza esagerarne l’importanza, un giovane atleta può diventare non solo un atleta grande, ma soprattutto un grande atleta. Necessario, in questo caso, è l’atteggiamento positivo dell’allenatore e dei genitori, che come sempre hanno un ruolo fondamentale nella vita, sportiva e non, dei ragazzi.

 

Evviva dunque gli insuccessi, così più numerosi rispetto ai successi.

E, ricordando ciò che un atleta mi disse:

“Se avessimo più successi che fallimenti, non ci godremmo così tanto il successo quando arriva” (cit.).

 

A cura di Martina Fugazza

 

Se sei interessato agli altri contenuti realizzati da Martina vista la nostra sezione Psicologia

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La motivazione: i perchè del comportamento

25 Maggio 2015 by Redazione

“La più grande motivazione viene sempre da dentro” (M.Johnson)

 

Nello sport un argomento molto discusso e di primaria importanza è la motivazione. Tutti ne abbiamo sentito parlare almeno una volta nella vita, tutti abbiamo riflettuto sulla motivazione che ci spinge a fare quello che facciamo, soprattutto se sono attività non necessarie per la sopravvivenza e il sostentamento.

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Ma che cos’è scientificamente la motivazione?

La psicologia definisce la motivazione come uno stato interno che attiva dirige e mantiene nel tempo un comportamento.
Tale comportamento può costare fatica fisica e psicologica alla persona ma la motivazione dà forza all’individuo a perpetuare l’attività anche superando enormi difficoltà.

Un esempio adeguato alla vita di tutti i giorni è il lavoro: l’attività lavorativa può non piacere, può essere stressante, faticosa, può essere lontano dalla propria abitazione, può necessitare di sforzi fisici e psicologici continui, ma una persona si reca al lavoro tutti i giorni.
La motivazione a tale comportamento è facilmente riscontrabile: senza lavoro la famiglia non può avere sostentamento.

Ma per quanto riguarda tutte quelle attività che un individuo sceglie di fare di sua spontanea volontà e che non sono necessarie per il sostentamento proprio e degli altri, come lo sport?
La motivazione concerne i perché del comportamento, le cause, i motivi, le ragioni, i fini che spingono un individuo a seguire alcune attività. E’ l’interfaccia tra organismo e ambiente da cui dipende l’innesco, l’ampiezza, l’intensità, la durata e la cessazione di un comportamento. E’ dunque di primaria importanza per lo sport.
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Due sono i concetti che è utile differenziare dalla motivazione:

  • L’istinto è una disposizione psicofisica congenita che spinge la persona a prestare attenzione a certe categorie di oggetti, a sperimentare un eccitamento emotivo e ad agire o avere l’impulso di agire in un certo modo.
    E’ dunque qualcosa di impulsivo, di legato alle nostre origini arcaiche, senza dover aspettare che il ragionamento cosciente (troppo lento) ci dica cosa fare.
    Per dare un esempio concreto, è ciò che prepara il nostro corpo ad essere pronto a scappare appena percepiamo un leone inferocito.
  • I bisogni fisiologici, come la fame e il sonno, guidano il comportamento della persona e sono legati alla sopravvivenza.

Come possiamo vedere in nessuna di queste categorie possiamo inserire l’attività sportiva che non è dettata dal bisogno o dall’istinto.

E qui entra in gioco la motivazione.

 

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Motivazione intrinseca e motivazione estrinseca

E’ molto utile la differenziazione fatta da Deci e Ryan nel 1985 tra motivazione intrinseca e motivazione estrinseca.

  • La motivazione estrinseca porta a comportamenti svolti per raggiungere o evitare obiettivi esterni all’attività che si sta svolgendo.
    Per esempio un atleta professionista che viene pagato per la sua attività sportiva e lega tutta la sua motivazione allo sforzo a tale compenso ha una motivazione estrinseca.
    Stesso discorso per gli atleti che si allenano solo per raggiungere obbiettivi sportivi importanti, per vincere gare e medaglie.
  • La motivazione intrinseca porta a compiere un’azione per il solo piacere di farla.
    Un atleta ha una forte motivazione intrinseca se si allena solo per l’appagamento che ne deriva.

La motivazione più efficace è quella intrinseca poiché non è collegata a premi esterni .
Un atleta con che possiede tale motivazione riesce a superare brillantemente i momenti negativi, gli obiettivi falliti, gli infortuni che sono all’ordine del giorno nella vita di uno sportivo.

 

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Le conseguenze della motivazione.

Chi ha una motivazione intrinseca, secondo Deci e Ryan, soddisfa i bisogni di base di sentirsi competente in quello che fa, il bisogno di autonomia, quindi la voglia di non sentirsi dipendente dagli altri, e il bisogno di relazione, ossia la necessità di mettersi in contatto con altre persone.

La motivazione di un’atleta può avere diverse caratteristiche.

  • Una persona può iniziare a fare sport spinta da una motivazione intrinseca, che cresce col tempo grazie alla passione per l’attività sportiva.
  • In alcuni periodi può anche essere spinta da una motivazione estrinseca: gli obiettivi sportivi sono importanti nella vita di un atleta e la volontà di raggiungerli segna la sua carriera.
  • In caso di obiettivo raggiunto, fallito o scaduto, oppure in presenza di infortuni, il suo amore per lo sport che pratica lo aiuta a superare e ad affrontare tutto.

morivazione e sport

Un atleta con un’alta motivazione ha un buon livello di orientamento e persistenza, ossia riesce a orientare correttamente il proprio comportamento e non si lascia scoraggiare dalle difficoltà continuando l’attività.
Tale individuo vede le situazioni avverse come parte del tutto, sa che potrebbero esserci e le affronta come parte del gioco.
Inoltre sa attendere il momento giusto per mostrare le proprie potenzialità: non ha paura a rimandare la soddisfazione del bisogno di riuscire nel proprio intento.

Un’alta autostima caratterizza l’atleta con un alta motivazione: l’individuo si aspetta di riuscire a vincere ma allo stesso tempo trae vantaggio dalle sconfitte che vede, come affermato precedentemente, come parte del tutto.

Il rischio principale di una bassa motivazione è il drop out, ossia l’abbandono precoce dell’attività sportiva.

Un altro rischio riguardante la motivazione concerne quella estrinseca: l’atleta è portato a pensare che appena non si riesce a raggiungere l’obiettivo sportivo, non valga la pena di continuare lo sforzo.

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Cosa può fare lo psicologo dello sport?

Uno psicologo dello sport può attuare diversi interventi riguardanti la motivazione:

  • Ha le capacità e gli strumenti per valutare la motivazione dell’atleta;
  • Può aumentarla lavorando al goal setting, ossia alla ricerca di obiettivi.
  • Può aiutare l’atleta a trovare nuove motivazioni o a incanalare quelle che già esistono.
  • Pone molta attenzione agli aspetti più rilevanti dello sport e ricerca le motivazioni che hanno portato a iniziare l’attività sportiva, riuscendo in questo modo capire quali siano i bisogni di base che vengono soddisfatti.
  • Aiuta a trovare nuove strategie per superare sia i cali di motivazione sia le difficoltà insite nell’attività sportiva.
  • Lavora sulla self-efficacy, ossia sul senso di autoefficacia che porta l’atleta a pensare di essere in grado di superare le difficoltà e di affrontare le fatiche dell’allenamento.
  • Può aiutare l’atleta a trovare un locus of control interno, ossia la percezione di poter essere agente nel mondo e di poter fare qualcosa per raggiungere il proprio obiettivo.

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Conclusione

Abbiamo dunque potuto vedere come la motivazione sia una componente fondamentale nella vita sportiva di una persona e sia un concetto molto caro alla Psicologia dello Sport.

Abbiamo approfondito le sue implicazioni: un’alta e adeguata motivazione può portare un atleta a esperienze di grandi soddisfazioni e può far raggiungere gli obiettivi importanti della sua carriera sportiva.

Abbiamo visto anche i rischi di una bassa motivazione soprattutto, in età giovanile in cui a volte i ragazzi, i giovani atleti, si trovano a vincere diverse competizioni per poi solcare le piste da adulti e trovare diverse difficoltà non riuscendo più a trovare la spinta a continuare a faticare senza più salire sul podio.

Abbiamo visto anche che cosa può fare uno psicologo dello sport per aumentare, modificare e incanalare la motivazione in un atleta.

Abbiamo affrontato un argomento molto vasto e fondamentale per lo sport, soprattutto per l’atletica leggera a causa delle caratteristiche insite di questo meraviglioso sport.
L’organizzazione e le necessità dell’atletica fanno sì che gli atleti debbano affrontare lunghissimi periodi di faticoso allenamento con brevi periodi di competizioni.
Gli allenamenti sono faticosi e a volte solitari, e vengono affrontati in condizioni non facili, soprattutto in una regione come la Lombardia con un inverno molto lungo, rigido, freddo, umido e nebbioso e in cui le strutture adeguate scarseggiano.

Un’altra considerazione è da fare: “gli atleti sono i maestri della motivazione.”

Un intervento di uno psicologo dello sport può aumentare tale competenza e può renderla totalmente a disposizione del raggiungimento dell’obiettivo sportivo di una persona.

A cura di Martina Fugazza

 

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