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Intervista a Flavio Di Giorgio assistente alla preparazione atletica di Filippo Tortu

6 Marzo 2017 by Redazione

Flavio-Di-Giorgio-con-Filippo-Tortu-e-Andrea-Federici

Abbiamo il piacere di inaugurare la rubrica "I coach de Ilcoach" con un'intervista a Flavio Di Giorgio, giovanissimo tecnico che, in Italia, è conosciuto principalmente per la collaborazione con Salvino Tortu nella preparazione condizionale del talento della velocità Filippo Tortu.

In realtà Flavio, nonostante la giovane età, vanta già un curriculum di tutto rispetto sia da atleta, che da allenatore, che da "studente" dello sport.

Non é  infatti un caso che l'abbiamo conosciuto in quest'ultima veste, compagno di banco dello staff de ilCoach ad un corso dell' ISCI.

 

Ciao Flavio raccontaci un po' chi sei e quale è stato il tuo percorso nel mondo dello sport?

Finite le superiori a Varese, nel 2009, parto per il Galles per quella che si sarebbe poi rivelata essere non solo una grande esperienza di vita ma anche sportiva. Venendo dal mondo del rugby, infatti, i paesi anglosassoni rappresentavano la possibilità di crescere atleticamente in modo sostanziale. Lì ottengo una borsa di studio che mi permette di iscrivermi alla Swansea University, dove mi laureo in scienze motorie nel 2013. Dopo quattro anni passati all'estero decido di tornare in Italia: gioco, per due stagioni, al Petrarca Padova e comincio parallelamente anche la mia carriera di preparatore atletico, allenando l'under 18 e la squadra cadetta della società.

Nello stesso periodo inizio a lavorare anche con Mattia Schiavolin, considerato il quinto migliore atleta italiano di MMA di sempre, approcciandomi gradualmente anche a questa nuova disciplina.

Un infortunio e tanti dubbi sul mio futuro come giocatore mi fanno riflettere sul da farsi e decidere, infine, di smettere definitivamente di giocare per dedicarmi a tempo pieno alla preparazione fisica. Inizio così un percorso di tirocini che, oltre a portarmi in giro per il mondo, imprime un'accelerazione decisiva alla mia carriera.

Dapprima approdo al dipartimento di sport olimpici della University of Texas, ad Austin, negli Stati Uniti, dove seguo la preparazione delle squadre di atletica leggera, calcio femminile, nuoto, tuffi e pallavolo. In quei mesi, passo i pomeriggi nella palestra dal nome De Franco’s Gym, dove posso osservare la preparazione degli atleti di football americano amatoriali e dell'NFL.

Il secondo tirocinio mi porta, invece, a Columbus, in Ohio, dove trascorro tre mesi a fianco di Louie Simmons e Tom Barry alla Westside Barbell, considerata unanimemente la palestra di powerlifting più famosa al mondo. Louie è uno dei massimi esperti mondiali in materia di forza ed esplosività e le tecniche alternative che propone mi sono servite molto per confrontare i loro allenamenti con quelli che si vedono qui in Italia.

Nell'estate del 2016 torno in Europa, a Zurigo, dove, all'Elite Training, la palestra di Arno Galmarini, seguo la preparazione atletica degli ZSC Lions, la più importante squadra di hockey su ghiaccio svizzera, e di alcuni atleti della nazionale elvetica di sci e snowboard. A settembre comincio a lavorare con Filippo Tortu, giovane promessa della nazionale italiana di atletica, e divento capo preparatore atletico del Valpolicella Rugby, squadra di serie A. Faccio parte del team Magnitudo Training, una palestra dedicata alle performance atletiche di sport di squadra e individuali situata a Verona, e da qualche settimana lavoro con la FC Chiasso, una società di calcio, occupandomi nello specifico dello sviluppo fisico della forza e dell'esplosività dei giocatori della prima squadra.

Flavio Di Giorgio relatore ad un incontro di formazione all'Università Statale di Milano (Scienze Motorie)

Da quanto ci racconti attraverso lo sport hai viaggiato molto. Nel tuo caso la chiave dell internazionalità è stata più una ricerca, un' occasione, un caso o un'esigenza formativa e professionale?

La decisione di frequentare l'università all'estero è nata dal mio desiderio di conoscere culture nuove e, soprattutto, di poter studiare in un ambiente professionale e all'avanguardia, di gran lunga più adatto alla realtà contemporanea delle scienze motorie rispetto a quello proposto in Italia.

I tirocini, invece, sono stati delle esigenze formative che definirei imprescindibili e inevitabili. Purtroppo sono ancora poche le persone in grado di rendersi conto di quanto sia antiquata, inefficace e - in alcuni casi - anche controproducente la preparazione atletica nel nostro Paese. Tutti coloro che abbiano avuto la possibilità di lavorare e confrontarsi con alcuni tra i migliori preparatori atletici in attività a livello mondiale lo possono confermare. Spesso, all'estero, noi italiani veniamo derisi per il modo in cui ci alleniamo.

 

Anche se sei molto giovane, hai già un curriculum piuttosto importante. Una volta che si è  raggiunto un certo livello di competenza non è semplicissimo districarsi e scegliere proposte formative adeguate. Tu come progetti la tua formazione e il tuo aggiornamento?

Di certo più si avanza professionalmente più il cerchio si stringe, ma sono e resterò sempre uno studente che, con umiltà, continuerà a studiare per migliorare le sue conoscenze e crescere nel campo dello sviluppo della performance atletica.

Da qui nasce, ovviamente, il desiderio di voler imparare dai migliori. Nel caso delle certificazioni, cerco sempre delle persone e delle metodologie che rispecchino un giusto compromesso tra la teoria scientifica e la pratica. Per me è molto importante la storia che porta con sé un preparatore, così come lo sono alcune metodologie di allenamento che negli ultimi decenni hanno contribuito al successo di molti atleti d'élite e hanno influenzato positivamente il mondo della preparazione atletica.

 

Tu sei arrivato all'atletica nostrana partendo subito dall'alto livello, ma dopo aver visto come funziona l'atletica negli USA e dopo una lunga esperienza in altri sport. Che idee ti sei fatto della nostra impostazione tecnica, paragonata a quella di altre discipline e al mondo americano?

Ora, va premesso che tutto il mondo è paese. È sbagliato idealizzare troppo l'America. Anche lì ho visto degli allenamenti agghiaccianti.

Detto ciò, una grande fortuna che ho è quella di poter collaborare con l'allenatore di Flippo, il padre Salvino Tortu che è, a sua volta, ossessionato dalla perfezione tecnica del gesto motorio e dalla programmazione. Il che si sposa perfettamente con la mia filosofia di lavoro.

Negli ultimi mesi ho avuto modo di assistere a molti allenamenti in varie società sportive del nord Italia e, per quanto riguarda la parte che si svolge in palestra, vedo la mancanza sostanziale di una conoscenza della tecnica e della biomeccanica delle alzate. Vengono utilizzati schemi motori di attivazione sbagliati e esecuzioni legate alla teoria della programmazione di forza ed esplosività che non fanno altro che danneggiare l'atleta stesso.

La differenza sostanziale tra il sistema americano e quello italiano sta, forse, nella specializzazione e nella possibilità di ampliare lo staff. Qui ci sono troppi tuttologi che, in realtà, non hanno le competenze necessarie per questo lavoro. In America invece ogni atleta ha a disposizione un capo allenatore tecnico e un preparatore fisico.

 

Il lavoro dell' allenatore è spinto in buona misura da una grande passione, ma occorre pensare sempre e in concreto alla propria evoluzione professionale. Come ti vedi da qui ai prossimi 5 anni?

So esattamente dove voglio arrivare. Sono scaramantico, quindi preferisco non rivelare nulla; tra cinque anni ci rivedremo e faremo il punto della situazione. E, quando sarà, spero di arrivarci con un bel sorriso stampato in faccia!

 

Flavio Di Giorgio

Athletic Performance Coach- S&C

Westside Barbell Special Strengths certified Coach

Facebook: https://www.facebook.com/flaviodig/ 

Instagram: https://www.instagram.com/flaviodig/

 

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Che la forza sia con voi… e con i vostri atleti!

13 Gennaio 2016 by Redazione

(immagine di copertina da pixabay: Bilanciere crossfit sollevamento)

È semplicistica e poco lungimirante l’impostazione di chi si vanta di non utilizzare i sovraccarichi, quanto l’esaltazione degli allenatori di ragazzi ultra ventenni orgogliosi del fatto che, le prestazioni ottenute dai propri allievi, siano state raggiunte tramite esercizi a carico naturale, oppure “usando pesi con carichi ridicoli!”.

Tutto ciò che non viene preparato al momento giusto, prima o poi presenterà il conto, facendo perdere tempo prezioso, limitando le capacità di carico e portando ad infortuni proprio quando l’utilizzo di certe metodiche diverrà indispensabile.

A prescindere da quelle che sono le filosofie di allenamento di ciascuno, sembra ragionevole ricordare che i vari mezzi di sviluppo della forza, bilanciere compreso, sono risorse che non vanno demonizzate né esaltate, ma che se proposte con il giusto tempismo non fanno che accrescere il curriculum motorio dei nostri allievi (P.S. allievi, intesi come atleti in generale e non come fascia d’età)

Come succede con ognuno degli altri mezzi, l’allenatore bravo non è quello che ne esclude aprioristicamente qualcuno, ma piuttosto quello che, consapevolmente, lo sa inserire nel  progetto di allenamento come parte di un sistema più complesso.

Un altro pregiudizio da sfatare,  perché totalmente privo di fondamento, è quello che contrappone gli atleti tecnicamente abili a quelli che utilizzano i sovraccarichi.

In realtà, sollevare bene i pesi, è una disciplina che richiede capacità coordinative non indifferenti e il cui apprendimento non è quasi mai semplice e che, oltretutto,  in età avanzata quasi sempre richiede maggiore sforzo portando spesso a risultati non del tutto soddisfacenti.

Ai giovani insomma bisognerebbe insegnare e far conoscere le esercitazioni con i sovraccarichi!

E bisognerebbe farlo bene, o imparando come si fa, o rivolgendosi ad un esperto del settore, oppure, meglio ancora, facendo entrambe le cose.

 

Lo sviluppo della forza

Fatta questa premessa, occorre definire cosa si intende con utilizzo del bilanciere o più in generale per lavori volti allo sviluppo della forza.

I mezzi di allenamento per lo sviluppo della forza  possono essere distinti in diverse tipologie, ognuna delle quali presenta i propri vantaggi e le proprie controindicazioni.

La miglior strategia di allenamento sembra essere quella che comporta l’inclusione intelligente e la miscelazione ragionata di tutte queste tipologie. Al contrario sembrerebbe controproducente, sia sul piano formativo che in ottica prestazionale, un approccio volto all’esclusione dell’uno o dell’altro mezzo.

Piuttosto saranno gli atleti evoluti, nella fase di “super-specializzazione”, che dovranno togliere il superfluo, affidandosi a routine di lavori collaudati e mirati a colpire un bersaglio sempre più piccolo.

 

Le tipologie di allenamenti di questo tipo sono infatti molteplici e, per farne una panoramica, si possono dividere in esercitazioni:

  1. A carico libero, bilanciere o manubri o altri attrezzi[su_spacer size=”10″]
  2. A carico guidato, macchine a carrucola, a camme o a carico diretto o altre macchine speciali[su_spacer size=”10″]
  3. Pliometria, come viene chiamato impropriamente il metodo d’urto[su_spacer size=”10″]
  4. Core training, che spesso è confuso col solo allenamento degli addominali[su_spacer size=”10″]

Accanto a queste ultimamente stanno prendendo piede, anche in Italia, l’allenamento funzionale e, soprattutto, il CrossFit, che merita un cenno.

Il CrossFit è il risultato della miscela di esercitazioni tipiche della pesistica, di altre prese dalla ginnastica artistica, di alcune di forza esplosiva su box jump,  che vengono combinate con lavori di tipo aerobico quali corsa, funicella e vogatore.

Si tratta di una disciplina impegnativa che sembra essere di confine tra il mondo del fitness e quello agonistico. Esistono infatti competizioni con protocolli di gara ben definiti.

Per quanto ci riguarda, consistendo in una combinazione di varie tipologie di lavoro di forza e resistenza, può essere assimilato al più familiare circuit training.

Fra le novità che porta con sé, quella dell’introduzione nel fitness di movimenti molto complessi, la quantificazione dell’allenamento in un’ottica di automiglioramento, e, non da sottovalutare, una grande capacità di coinvolgimento.

Come ogni attività insieme ai pregi presenta alcune controindicazioni.

Fra queste ultime sicuramente ci sono le critiche mosse dai puristi delle varie discipline singole da cui attinge ed il fatto che, talvolta, la qualità dell’esecuzione viene sacrificata a favore della prestazione.

Per quanto ci riguarda, il suo carattere a metà strada tra il fitness e l’agonismo, può farla diventare un’attività capace di assorbire, anche durante l’inverno e cioè quando ne faremmo volentieri a meno, le energie nervose degli atleti dotati di un forte spirito di competizione.

 

Detto questo, osservando più nello specifico, le tipologie sopra elencate possono essere ulteriormente distinte.

 

1) Con riferimento alle Esercitazioni a carico libero (con bilanciere e manubri o altri attrezzi) che si possono distinguere in:

     a) Alzate classiche della pesistica/Weightlifting (e relative esercitazioni complementari o da queste derivate);

Abolita la famigerata distensione lenta gli esercizi della pesistica sono oggi:

  • Lo strappo (snatch per gli anglofili);
  • Lo slancio (clean and jerk);

clean and jerk wikipedia

Foto 1. Clean and jerk (da https://en.wikipedia.org/wiki/Clean_and_jerk)

Quest’ultimo si compone di due fasi e cioè la girata al petto (uno degli esercizi più utilizzati in atletica) e la spinta.

Sia strappo che slancio ( ma principalmente  la girata) sono declinati in numerose varianti ed esercitazioni adattate. Ad esempio con partenza dalle ginocchia (o poco sopra o poco sotto) oppure in divaricata sagittale, mono arto inferiore oppure mono arto superiore utilizzando un manubrio, piuttosto che salendo o scendendo da rialzi etc,

Ciò che ad ogni modo accomuna queste esercitazioni è il fatto che siano costituite gesti complessi, multi articolari, eseguiti da in piedi e  che richiedono un’esecuzione veloce e rispettando un timing preciso.

Proprio questa velocità comporta due dei vantaggi offerti da queste esercizi di forza e cioè lo sviluppo di una grande espressione di potenza associata ad un accrescimento della massa muscolare (e quindi del peso) molto più contenuto rispetto ad altri metodi.

Tuttavia sono esercizi altamente tecnici, che richiedono tempo per essere padroneggiati (quale periodo migliore se non quello delle categorie giovanili?), una costante assistenza da parte dell’allenatore, oltre che spazio e la possibilità di lasciare cadere il peso a terra.

Per eseguire queste alzate occorre disporre di bilancieri olimpici con portapesi da 50mm, dischi bumper e zone di caduta.

Solo queste condizioni associate ad una buona tecnica esecutiva rendono questi esercizi utili e sicuri!!!

L’atleta infatti non dovrebbe mai cercare di portare a termine un’alzata nata male, abbandonando piuttosto il bilanciere ed evitando in questo modo incidenti.

Un atleta adulto che inizi ad affrontare slancio e strappo, a meno che non sia dotato di un talento e un’inclinazione naturali, dovrà mettersi il cuore in pace dedicando una stagione all’apprendimento tecnico dei gesti, rimandando solo alla successiva l’utilizzo di carichi elevati.

Fra questo tipo di esercitazioni, per certi versi e con le proprie peculiarità, possono essere inserite le kettlebell, strumento molto versatile di origine russa ora riscoperto e diventato di gran moda  negli ultimi anni.

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   b) Esercitazioni di Powerlifting;

Sono le esercitazioni derivate dalla squat con carico sulle spalle, dalla distensione in panca e dagli stacchi rumeni e loro varianti. Anche questi esercizi sono multi articolari e la maggior parte sono eseguiti da in piedi. Squat e stacchi, nonostante non presentino la complessità delle alzate classiche, richiedono comunque un’ottima tecnica, anche in virtù degli alti carichi di peso che consentono di sollevare.

Sullo squat sono stati scritti volumi ed esistono numerose scuole di pensiero con sostenitori dell’una o dell’altra delle sue innumerevoli varianti.

Lo squat libero rispetto a quello guidato richiede una capacità propriocettiva e tecnica maggiore. Lo squat guidato consente di sollevare carichi maggiori rispetto a quello libero, così come il back squat rispetto al front squat, che risulta però più formativo nell’ottica dell’apprendimento della girata. Ognuna di queste varianti sollecita i gruppi muscolari in maniera leggermente diversa. Esistono peculiarità soggettive che vanno considerate perché rendono per il singolo atleta più o meno facile una tipologia di esercizio rispetto ad un altro. Tra questi ad esempio (ma non solo!), la lunghezza dei femori,  la mobilità della caviglia e quella dei polsi.
Allo stesso modo lo squat sotto il parallelo, con carico libero ed eseguito rispettando determinati canoni esecutivi, può rappresentare un punto di arrivo didattico e tecnico al di là del carico sollevato. Esistono però, anche in questo caso, caratteristiche anatomiche che possono rendere questo esercizio molto difficile e a cui impegno, tecnica corretta e mobilità articolare ed adattamenti vari (vedi rialzo sotto i talloni) possono solo  in una certa misura porre rimedio.


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Nelle immagini sopra Alex Atchori nella palestra Free Time di Gardone Valtrompia

In questi casi, dopo un’analisi volta a stabilire se le difficoltà nascono da problemi addestrativi, ideomotori o piuttosto siano dovuti a scompensi di mobilità o posturali, è sempre importante rispettare i limiti dell’atleta con cui si lavora adattando il gesto all’atleta e non viceversa.

Il mezzo squat consente carichi maggiori e risulta essere più specifico, lavorando su angoli più tipici dell’attività di gara. Nonostante questo, essendo un esercizio molto più “facile”,richiede un’abilità minore rispetto a quello profondo, determinando quindi un minor transfert nelle altre espressioni di forza.

Questi esercizi sono generalmente eseguiti più lentamente rispetto alle alzate olimpiche e pertanto sono molto efficaci nello sviluppo della forza, ma non altrettanto in quello della potenza.  

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2) Esercitazioni di body building o più semplicemente di cosiddetta muscolazione generale.

Lo scopo di questi esercizi è quello di migliorare la forza e l’ipertrofia di singoli muscoli (almeno per quanto nella realtà questa selettività risulti possibile) o singoli distretti muscolari. Molto spesso sono esercitazioni mono articolari da eseguire da posizione seduta e sono esercizi molto buoni quando si devono sviluppare singole aree corporee. Tuttavia come tutte le esercitazioni mono articolari sono poco “funzionali” e non hanno un riscontro diretto nell’attività di gara. Sono molto semplici da effettuare ed è difficile sbagliare (ma non impossibile!). Tuttavia presentano tutti i limiti delle esercitazioni eseguiti sulle macchine che, se sviluppano una certa forza, non “insegnano” ad utilizzarla su “percorsi” diversi da quelli pre impostati dall’attrezzatura utilizzata. La macchina, specie quelle con camme e carrucole, comportano un’esecuzione rallentata sia nella fase eccentrica che concentrica e questo, se non è un problema per la costruzione della massa muscolare, lo può essere nell’ottica dello sviluppo di espressioni di potenza. Gli esercizi sulle macchine, generalmente abbastanza sicuri, tornano invece utili in caso di riabilitazione dopo un infortunio.

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3) Esercitazioni di pliometria

Più propriamente andrebbero definite metodo d’urto, che in Jury Verchoshansky ha avuto il suo primo grande maestro e teorico.

Ciò che fa sorridere quando ci si confronta con i detrattori della forza fatta con sovraccarichi, è scoprire che l’esigenza che ha portato lo scienziato russo ad utilizzare i salti in basso, sia stata  proprio quella di andare oltre ai carichi massimi consentiti dall’utilizzo del bilanciere.

Nozioni elementari di fisica (ma non chiedete a me di far calcoli!), consentono di capire che un corpo di 70 kg di massa, sottoposto alla forza di gravità e che cade da un metro, subisce una forza di impatto maggiore rispetto a quella esercitata dal temutissimo bilanciere.
Il ciclo allungamento accorciamento, specie quando l’adattamento all’allenamento ha permesso di spostare un po’ l’intervento di auto inibizione della contrazione muscolare, porta ad un’attivazione del sistema nervoso che   permette espressioni di forza superiori a quelle registrate durante una contrazione massima volontaria. Se a questo punto qualcuno fosse tentato di evitare anche questa tipologia di lavori, occorre ricordare che una situazione di questo tipo si verifica ogni volta che il nostro atleta dovrà scendere da un ostacolo, staccare per un salto in alto o un salto in lungo, con l’aggravante che lo dovrà  fare su un arto solo invece che su due.

Le esercitazioni pliometriche consistono in

  • balzi tra gli hs
  • cadute in basso e successivo balzo
  • salti ed altre esercitazioni di questo tipo

Assimilabili a questa tipologia sono certi lavori  di policoncorrenza.

Bisogna inoltre ricordare che anche le esercitazioni in sala di muscolazione quali squat jump o i già citati strappo e slancio presentano fasi pliometriche.

Anche le esercitazioni pliometriche necessitano di una tecnica specifica e di un percorso di apprendimento oltre che di successivo adattamento.

Negli ambienti sportivi è abbastanza diffuso l’adagio che le vorrebbe proponibili solo quando l’atleta sia in grado di sollevare nello squat il doppio del proprio peso corporeo.

In realtà la cosa importante è che l’atleta presenti una buona solidità dell’apparato di sostegno e una buona capacità di eseguire i gesti in maniera efficace.

Esistono anche criteri per stabilire l’altezza di caduta dei salti in basso: si dovrebbe cercare il plinto che consente di superare nel successivo rimbalzo la quota maggiore.

Anche i tempi di appoggio non dovrebbero diventare troppo lunghi per non perdere le finalità ed il senso di questo metodo di sviluppo della forza e, soprattutto, della potenza o forza esplosiva.

Dal momento che sono esercitazioni che non comportano un grande senso di fatica è molto facile eccedere sia nella direzione della quantità che dell’intensità, diventando così esercitazioni che si possono rivelare controproducenti e anche foriere di infortuni.

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4) Esercizi per il core.

Negli ultimi anni sono diventate sempre più utilizzate.

Core training

Core training: plank alternato

Non si tratta in questo caso di fortificare semplicemente i muscoli addominali o lombari del tronco.

Piuttosto si cerca di dare solidità e adattabilità ad una parte del corpo necessaria per l’equilibrio e lo sviluppo della maggior parte dei movimenti.

Il core, o nucleo in italiano, risulta importante sia quale fattore di solidità e di stabilità che deve essere vista in maniera dinamica e nella capacità di modulazione e se si vuole di rielaborazione della statica e del movimento attraverso adattamenti propriocettivi (statica) e cinestetici (con riferimento alla dinamica).

In questa panoramica sui metodi di sviluppo della forza gli esercizi per il core training sono state considerati per ultimi.

Tuttavia, questo tipo di lavoro a carattere generale deve precedere e costituisce un presupposto imprescindibile per affrontare le esercitazioni sopra elencate ed in particolare quelle a carico libero e pliometriche.

Per maggiori chiarimenti sul core rimandiamo alla nostra guida sul core training

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Nelle immagini sopra Andrea Uberti nella palestra Free Time di Gardone Valtrompia

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Altre esercitazioni di forza

Esistono anche altre esercitazioni di forza che vengono solitamente utilizzate come lavoro “speciale” o “specifico” in base alla disciplina affrontata. Tra queste troviamo gli sprint con traino, gli sprint con giubbotto zavorrato, gli sprint a ultravelocità, i lanci con attrezzi più pesanti rispetto a quelli di gara, gli sprint in salita, etc..

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Corsa con paracadute

Per quanto riguarda la corsa con traino rimandiamo al seguente articolo: Gli sprint contro resistenza nell’allenamento della velocità.

 

A cura di Andrea Uberti

 

Per approfondire:

Weineck Jürgen: L’allenamento ottimale, cap. 16: L’allenamento della forza, 2° edizione italiana, Calzetti e Mariucci Editore, Torgiano, 2009;

Urso Antonio: Pesistica, Sport per tutti gli sport, Calzetti e Mariucci Editore, Torgiano, 2011;

Cissik John: Strength Training for track & field, Track & Field news press, El Camino Real,, 2003;

Filed Under: Uncategorized Tagged With: addominali, allenamento della forza, allenamento funzionale, allenamento potenza, alzate pesistica, balzi, bilanciere, bilanciere olimpionico, bodybuilding, clean and jerk, core training, crossfit, dorsali, forza, forza a carico libero, forza funzionale, ipertrofia, Jury Verchoshansky, kettlebell, lombari, metodo d'urto, metodo shock, mezzo squat, panca piana, pesistica, pliometria, policoncorrenza, potenza, Powerlifting, slancio, snatch, sovraccarichi, squat, stacco da terra, stacco rumeno, strappo, sviluppo della forza

Seminario a Milano: lo squat sotto al parallelo

16 Maggio 2015 by Redazione

In questo articolo presentiamo una breve relazione del seminario “Biomeccanica non convenzionale” tenutosi all’Università di Scienze Motorie di Milano nella mattinata di sabato 9 Maggio 2015, che ha visto come relatore Paolo Evangelista, ingegnere, laureando in scienze motorie, autore del libro “DCSS Power Mechanics for Power Lifters, proprietario di una palestra, ex velocista (10″4 nei 100, 21″57 nei 200 e 48″5 nei 400), finita l’avventura atletica si è buttato nel mondo del PowerLifting che tutt’ora pratica.

Le due tematiche trattate da Paolo al seminario sono state:

  • Lo squat sotto il parallelo.
  • Supercompensazione: la storia, tra mito e realtà.

Davvero molto interessante la prima parte, nella seconda purtroppo per mancanza di tempo non si è riusciti ad entrare nel dettaglio di un argomento molto interessante. Nonostante ciò molto interessanti alcuni spunti dati da Paolo. In questa relazione mi soffermerò sulla prima parte.

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Lo squat sotto il parallelo

Cos’è lo squat e a cosa serve?
Lo squat è un’esercitazione di “tripla estensione”, in quanto prevede l’estensione di 3 articolazioni: caviglia, ginocchio ed anca.
Vista questa particolarità è un esercizio utile per allenare, dal punto di vista coordinativo, nervoso, muscolare gli sport che nei loro movimenti prevedono una tripla estensione di queste 3 articolazioni dell’arto inferiore (correre, saltare..), attraverso il cosi detto “transfert”.

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È sicuro lo squat?
Nel mondo scientifico esiste moltissimo materiale che tratta dello squat.

  • 1961 Klein: studio che arriva alla conclusione che lo squat può aumentare l’instabilità del ginocchio (lassità del legamento collaterale), e viene consigliato l’utilizzo del solo 1/2 squat con punte ruotate internamente (esercizio quasi impossibile…). Negli anni successivi altri studi dichiareranno che nello studio di Klein vi è stato un errore di strumentazione, che ha dato dati non veritieri.
  • 2000: la comunità scientifica afferma che lo squat è sicuro e salutare (forse un’esagerazione, in ogni caso non può essere considerato un’esercizio che di per sé crea dei problemi);
  • 2013: un altro studio conclude che lo squat non è un esercizio che crea rischio di infortuni alle ginocchia e alla schiena.

Fondamentalmente, quindi, lo squat è un’esercitazione sicura, ma ovviamente come tutte le cose può diventare pericoloso se eseguito senza le giuste progressioni, pensando soltanto a caricare kg e senza permettere al fisico di adattarsi agli stimoli ricevuti (es anche l’acqua è salutare e non pericolosa ma se ne beviamo 15 litri in un giorno probabilmente avremo dei problemi!!!).

Squat: la tecnica ideale?
Premettendo che un esercizio non va visto come un modello da riprodurre, ma come un problema da risolvere, vi sono dei vincoli che possono portare a svolgere in maniera diversa lo stesso esercizio:

  • meccanici;
  • antropometrici;
  • fisiologici (forza del soggetto),
  • esperienze;
  • modello mentale.

Squat

Squat – da wikimedia.commons.org

 

Vi sono due indicazioni principali nel mondo dell’allenamento quando si parla di squat:

  • non far scendere le ginocchia oltre le punte dei piedi, per non portare tutto il carico sulle ginocchia;
  • mantenere la schiena dritta scendendo perpendicolare al terreno per evitare di sovraccaricare eccessivamente il tratto lombare;

Queste due “regole”, però, si soffermano a guardare il movimento non nel suo insieme, ma soltanto prendendo come riferimento o solo l’articolazione ginocchio o solo il segmento schiena.
Quando si guarda un movimento bisognerebbe, invece, valutare l’insieme, il gesto globale e la dinamica finale di tale esercizio:

il movimento è un’equilibrio che dipende dal soggetto e va osservato nel suo complesso, nella sua dinamica (non osservare un singolo fotogramma!!!)

l’esecuzione dello squat può essere non ottimale per la schiena ed il ginocchio, ma in equilibrio nel suo complesso.

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Squat o 1/2 squat per migliorare le capacità di salto?
Sono molti gli studi che prendono in esame questo tema, e si possono trovare risposte molto spesso contrastanti. Paolo ci ha presentato uno studio, che a suo avviso era molto esaustivo, in quanto prendeva un numero elevato di soggetti, li testava (tutti) nei massimali del back squat, front squat, 1/2 squat, CMJ (counter movement jump) e SJ (squat jump). I soggetti sono stati poi divisi in 3 gruppi che si sarebbero allenati per un periodo prestabilito solo su 3 esercizi diversi, il front squat il primo, il 1/2 squat il secondo e il back squat il 3° gruppo
Alla fine dell’allenamento i soggetti sono stati ri-testati su tutti gli esercizi. Ecco i risultati:

  • i soggetti allenati solo col 1/2 squat sono migliorati nel mezzo squat e basta, regredendo negli altri esercizi (compreso il CMJ e lo SJ)
  • i soggetti allenati nel front squat sono migliorati in tutti gli esercizi, anche nel 1/2 squat e nei test di salti (CMJ e SJ)
  • i soggetti allenati nel back squat sono migliorati in tutti gli esercizi, maggiormente rispetto ai soggetti che hanno fatto solo front squat.

Perchè è meglio lo squat al parallelo (front o back) rispetto al 1/2 squat?
Il risultato di un’ esercitazione dipende dalla soluzione che do al problema che essa pone:

  • se il problema è troppo semplice (in questo caso il 1/2 squat è un movimento più semplice dello squat parallelo), rischio di cambiare e trovare soluzioni diverse al problema (nel mezzo squat l’utilizzo della sola articolazione del ginocchio) e inoltre permette di mettere scarsa attenzione all’esecuzione, rendendo l’esercitazione inefficace;
  • l’esercitazione più complessa invece obbliga il soggetto a restare concentrato sull’esercizio, a reclutare tutti i muscoli coinvolti nel movimento e tutte e 3 le articolazioni nella tripla estensione ed inoltre la sua difficoltà non permette scorciatoie tecniche;
  • il 1/2 squat è efficace se lo imposto come lo squat parallelo (il suo inizio);
  • il back squat è il più complesso dei 3 movimenti ed è quello che da più vantaggi, ma allo stesso tempo è il più difficile da insegnare e può essere pericoloso per i soggetti con scarsa mobilità delle spalle e del polso
  • il front squat parallelo è quello che permette di ottenere il miglior rapporto rischi-benefici, ed è abbastanza semplice da insegnare.
  • l’esercizio complesso, dal punto di vista coordinativo, da maggior vantaggio globale.

Nella preparazione fisica l’ideale è l’utilizzo di un mix dei 3 esercizi (oltre che degli esercizi di salto), per permettere un miglior adattamento coordinativo ed evitare la monotonia.

 

Da far notare che questa relazione è solo una sintesi del seminario: non si sofferma su tutti i punti trattati ma soltanto sui concetti che ho trovato maggiormente interessanti. Per maggiori info a riguardo vi consiglio di seguire il blog di Paolo, e leggere il suo libro.

Andrea Dell’Angelo

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Filed Under: Formazione Tagged With: 1/2 squat, atletica leggera, back squat, cmj, counter movement jump, forza di salto, front squat, half squat, il coach better yourself, ilcoach, ilcoach better yourself, ilcoach seminari, ilcoach.net, jump, Paolo Evangelista, parallel squat, Powerlifting, preparazione atletica, preparazione fisica, Prof. Alberti, relazione seminario paolo evangelista, Seminario, seminario biomeccanica non convenzionale, seminario paolo evangelista, Seminario Scienze Motorie di Milano, seminario squat sotto al parallelo, sicurezza squat, SJ, squat, squat jump, squat parallelo, squat sotto al parallelo, supercompensazione, tripla estensione, Università di Milano

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