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Il maestro della forza: Yuri Verkhoshansky

16 Febbraio 2016 by Redazione

Fortunati sono quegli atleti che si affidano ad allenatori che sanno trarre vantaggio dallo studio dei grandi studiosi della teoria dell’allenamento.

Fra questi riveste un ruolo fondamentale il Prof. Yuri Verkhoshansky le cui intuizioni ed i cui contributi continuano a produrre risultati significativi sui campi, sulle piste e le pedane di tutto il mondo.

Famoso per il suo “metodo d’urto”, noto con il termine improprio di pliometria, ha portato validissimi insegnamenti non soltanto nel campo dello sviluppo della forza ma anche in quello dell’organizzazione razionale del processo di allenamento.

L’applicazione sistematica delle esercitazioni proprie del metodo d’urto non è la materia  principale nel programma dell’allenamento di costruzione proprio del periodo giovanile. Tuttavia, a partire dalla categoria cadetti e soprattutto da quella allievi, diviene sempre più importante la conoscenza ragionata dei principi che stanno alla base della periodizzazione dell’allenamento.

Di seguito propongo la traduzione di un articolo relativo alla pianificazione dell’allenamento per lo sviluppo della velocità, vero obiettivo di ogni allenamento della forza in atletica leggera. Tale traduzione trae per noi ancora più valore in quanto corretta e revisionata dalla figlia del Prof., la Prof.ssa Natalia Verkhoshansky che si è resa disponibile a leggere e rivedere il nostro lavoro.

L’articolo contiene spunti di grande interesse. La versione originale, in inglese, la trovate sul sito www.verkhoshansky.com.

Alla base della periodizzazione dell’allenamento non ci sono semplicemente delle regolette che i tecnici devono mandare a memoria per essere sicuri di inserire le diverse esercitazioni nella “giusta”successione .

Piuttosto ci sono dei concetti che bisogna conoscere e sui quali ogni allenatore è chiamato a ragionare e, questo articolo,  ci aiuta a farlo.

 

Principi per una razionale organizzazione del processo di allenamento finalizzato allo sviluppo della velocità

Del Professor Yuri V. Verkhoshansky

Lo sviluppo della velocità di esecuzione dell’esercizio di gara è l’obiettivo principale dell’allenamento nella maggior parte delle specialità atletiche.

Lo sviluppo della velocità dovrebbe costituire un processo graduale, che dovrebbe essere successivo ad un periodo di condizionamento fisico speciale. Il periodo preparatorio di allenamento dovrebbe mirare ad accrescere le disponibilità di forza piuttosto che essere volto (subito n.d.t.)  al miglioramento della velocità di esecuzione dei gesti dell’attività in se stessa. L’autore descrive le modalità con cui questo principio dovrebbe essere rispettato nel corso dei vari macro cicli dell’allenamento annuale.

 

1 Introduzione

In molte discipline sportive i risultati della prestazione sono determinati principalmente dalla velocità del movimento o della locomozione (fig. 1). Infatti tutti i tipi di allenamento, che siano incentrati sul condizionamento speciale, sulla tecnica e la tattica, sulla preparazione pre gara, sulla preparazione psicologica etc., alla fine mirano ad un miglioramento della velocità e della capacità di sfruttare questa abilità nel corso della competizione.

Per quanto riguardo l’allenamento degli atleti di alto livello, bisogna presupporre e tener presente che questi atleti hanno già una eccellente tecnica di esecuzione dell’esercizio di gara. Di conseguenza, l’obiettivo principale dell’allenamento, il miglioramento della velocità di esecuzione dei gesti specifici di gara, non dovrebbe essere circoscritto allo sviluppo delle abilità tecniche. D’altra parte, la tecnica dell’esecuzione dell’esercizio di gara non può essere trattata indipendentemente dal rapporto con la velocità dei movimenti. Per questo motivo, la velocità dei movimenti rappresenta anche la componente principale della tecnica sportiva.

Potremmo affermare perciò che la velocità di esecuzione dello specifico gesto sportivo di gara risulta essere:

  • il fattore principale che determina il risultato e il progresso della maestria sportiva;
  • la caratteristica principale della maestria sportiva;
  • un risultato generale del processo di allenamento e un criterio oggettivo della sua valutazione;
  • un obiettivo principale nell’organizzazione del processo di allenamento.

Dal momento che la velocità è una delle fondamentali caratteristiche delle abilità sportive, il suo sviluppo deve costituire il punto di partenza per l’elaborazione del programma di allenamento. È pertanto necessario determinare in che modo la velocità debba essere sviluppata.

Fig. 1: Fattori che determinano e limitano le attività sportive

Fig. 1: Fattori che determinano e limitano le attività sportive

 

In linea di principio, il periodo di preparazione dell’allenamento potrebbe pertanto essere organizzato in maniera conforme ad una delle possibili varianti alternative (fig. 2 I, Curve A e B): un aumento rapido (A) e un aumento graduale (B) della velocità di esecuzione dell’esercizio di gara (o della potenza degli impegni di forza applicati nei movimenti specifici).

La scelta delle varianti è determinata dal livello di preparazione professionale dell’allenatore, in particolare, dalla sua esperienza e dalle sue conoscenze sulla teoria dell’allenamento.

Ad esempio, molti allenatori sono convinti dei seguenti principi:

  • “… occorre che la velocità sia allenata ogni settimana, ogni mese, ogni anno, etc.”;
  • “… quando l’obiettivo principale è la velocità non ci si deve allontanare da esso”;
  • “… la velocità raggiunta nel periodo estivo deve essere mantenuta durante l’inverno successivo”;
  • “… anche durante l’allenamento invernale bisogna svolgere un lavoro di velocità”;
  • “… meglio percorrere 100 km in una settimana a velocità elevata che 200 km a velocità bassa”.

Seguendo questa linea di pensiero, gli allenatori tendono a preferire la variante “A” e commettono un grave errore, perchè allenare la velocità attraverso solo la velocità è un lavoro poco proficuo.

Infatti, l’intensificazione dell’allenamento nella fase di preparazione, in particolare eseguendo esercizi specifici di gara ad alta velocità, o con un grande impiego di forza, aumentano le capacità funzionali di un atleta nel breve periodo (Figura 2II), ma non favoriscono le trasformazioni o la riorganizzazione morfologica necessaria per un successivo miglioramento delle specifiche abilità e dello sviluppo delle capacità di carico. Per questo, un incremento prematuro della velocità influenza negativamente il livello di sviluppo dell’allenamento. Così che, nelle discipline sportive che richiedono forza veloce, questo metodo causa un affaticamento muscolare eccessivo (in alcuni casi anche infortuni) ed un’alterazione della struttura bio-dinamica dell’esercizio di gara e, in particolare, del ritmo dei movimenti. Come conseguenza, il processo di specializzazione funzionale e morfologica è rallentato, mentre (oltretutto n.d.t.) si è prodotto uno schema di coordinazione motoria che non corrisponde quello delle condizioni di gara.

Un incremento graduale dell’intensità dei carichi, distribuito nel lungo periodo, produce un maggiore e più stabile sviluppo delle possibilità funzionali (Fig. 2II Curve B e C).

Fig. 2. Organizzazione logica di un ciclo di allenamento di lunga durata

Fig. 2. Organizzazione logica di un ciclo di allenamento di lunga durata

 

Nelle discipline sportive caratterizzate da movimenti ciclici, negli sport di combattimento e nei giochi sportivi, una prematura intensificazione del lavoro ad alta velocità provoca delle reazione di astenia, risposte improduttive che hanno il significato di proteggere l’organismo da modificazioni repentine dell’equilibrio acido-alcalino.

Carichi intensivi di lavoro anaerobico somministrati prematuramente su atleti che non sono adeguatamente preparati per questo tipo di lavoro, richiedono agli stessi l’impiego di una quantità considerevole di energia, causando così un carico eccessivo della funzione cardiaca ed il conseguente ’ispessimento’ delle pareti arteriose che, ritardando lo sviluppo della circolazione periferica, ostacola in questo modo l’ attività cardiaca stessa. Tali fattori potrebbero, a loro volta, causare la distrofia miocardica.

Inoltre, l’alterazione dell’integrità strutturale dei mitocondri dei muscoli scheletrici provoca una diminuzione della loro potenza ossidativa e, di conseguenza, della velocità sulla distanza a livello della soglia anaerobica. Tutto ciò non solo limita la possibilità del progresso delle prestazioni, ma crea anche un pericolo per la salute dell’atleta.

In ragione di ciò, all’inizio del macrociclo è necessario intensificare, entro limiti ottimali, la funzione contrattile dei muscoli coinvolti nei movimenti principali dell’esercizi di gara  (Fig 2 III, curva F) in modo da favorire le necessarie trasformazioni morfologiche primarie dell’organismo (Fig2 III, curva M). Per raggiungere tale obiettivo devono essere utilizzati carichi di carattere estensivo. Solo successivamente sarà possibile intensificare il regime di lavoro specifico (Fig. 2 III, curva r) e quindi  migliorare la capacità dell’atleta di sfruttare i nuovi livelli funzionali raggiunti per l’attività di gara.

 

Da questo punto di vista, la variante “B” (Figura 2 I), che è basata sull’incremento graduale della velocità o dell’intensità dello sforzo muscolare, permette una preparazione programmata dell’apparato muscolare per il futuro regime di lavoro intensivo, mentre sviluppa contemporaneamente la capacità dell’atleta di esprimere gli esercizi specifici di gara ad una intensità moderata. Nelle discipline sportive caratterizzate da gesti ciclici, il lavoro svolto ad una velocità ottimale (quello della soglia anaerobica che aumenta progressivamente) favorisce:

 

  1. Lo sviluppo pianificato del volume delle cavità cardiache e successivamente del potenziale del muscolo cardiaco;[su_spacer size=”5″]
  2. la formazione di reazioni adeguate dei vasi periferici;[su_spacer size=”5″]
  3. il graduale perfezionamento morfologico – funzionale (sia delle fibre muscolari lente e che di quelle veloci.

 

Tuttavia, c’è il pericolo che l’esecuzione dell’esercizio di gara a velocità moderata, protratto per un periodo di tempo relativamente lungo, potrebbe ritardare il processo di adattamento dell’organismo a quel regime di velocità elevata che  è necessario per ottenere il risultato pianificato nelle gare principali.

Inoltre, negli sport ciclici e nei giochi sportivi, la specializzazione funzionale dei gruppi muscolari è più lenta rispetto a quella del sistema vegetativo e questo costituisce un fattore limitativo in riferimento alle capacità di lavoro speciale.

Per questo, una crescita del livello di condizionamento speciale, il cui obiettivo principale è l’intensificazione del regime di lavoro dell’apparato motorio, deve precedere un incremento del livello di velocità, così da evitare un affaticamento eccessivo(Fig.2 IV, curva PSF). L’allenamento per il condizionamento fisico speciale deve essere orientato specificamente ai distretti muscolari principalmente coinvolti negli specifici esercizi di gara.

Successivamente, l’esecuzione di questo tipo di allenamento a velocità progressivamente più alta (fino al massimo livello) diventa uno dei fattori dell’intensificazione del regime di lavoro (Fig.2 II, Curva 5). In questo modo il processo di intensificazione, avviene in condizioni che sono molto simili a quelle che si incontrano in gara, ma questo non provoca eccessivo affaticamento grazie al precedente lavoro di condizionamento speciale.

Questa strategia di lavoro permette un aumento generale nell’intensità, che è molto importante per gli atleti di alto livello. Un altro aspetto positivo è che questo metodo tiene conto dal periodo di adattamento dei vari sistemi funzionali e non ostacola gli adattamenti programmati per le particolari condizioni di pratica sportiva. L’implementazione di questo tipo di strategia di lavoro richiede che il lavoro di condizionamento fisico speciale sia concentrato all’inizio del macro ciclo (Fig.2 V, Curva Psf).

 

2) Contenuti dei carichi di lavoro

Fino oggi, la preparazione fisica speciale (PFC) è stata considerata soprattutto in riferimento allo sviluppo della forza muscolare. Questa impostazione non è corretta. La capacità di lavoro dei muscoli scheletrici, ed in particolare la loro capacità di esprimere forza, è determinata dall’energia che viene prodotta per la loro contrazione dai corrispondenti processi biochimici (energia metabolica).

L’effetto di lavoro muscolare (cioè la potenza espressa) è tanto maggiore quanto maggiore è la produzione di energia nell’unità di tempo.  L’efficacia e l’autonomia del sistema di lavoro muscolare è determinata dai substrati di energia. Per questo, il lavoro di condizionamento speciale deve essere orientato al miglioramento della capacità dell’organismo di produrre l’energia richiesta per un efficiente lavoro muscolare, in relazione sia a alla richiesta  propria dello specifico esercizio muscolare che a quella particolare  delle varie discipline sportive. In termini pratici, con la Preparazione Fisica Speciale (PFS) si ottiene il miglioramento sia della potenza che della capacità del sistema energetico.

Dobbiamo considerare che anche le proprietà elastiche dei muscoli dovrebbero essere sfruttate all’interno di alcune fasi del movimento. Questa capacità  è quella che permette al muscolo di accumulare energia durante la propria deformazione e quindi di utilizzarla per i compiti assegnati. Questo utilizzo si  chiama “recupero di energia elastica” (in altre parole, energia non metabolica) ed aumenta significativamente l’economia del movimento ad esempio nei salti e nella corsa.

Il movimento dovrebbe essere considerato biomeccanicamente adeguato, quando viene impiegata efficientemente sia l’energia metabolica che quella non metabolica. Per questo, l’intensificazione del lavoro dell’apparato muscolare attraverso il PFS, non deve essere intesa solo come lo sviluppo della forza muscolare ma anche, principalmente, come l’innalzamento del potenziale di dell’energia dell’organismo e della capacità di impiegarla nelle specifiche situazioni di gara. Questo ci conduce direttamente al principio secondo cui il miglioramento debba essere strutturale, coinvolgendo tutte le proprietà del muscolo (contrattile, ossidativa ed elastica). A seconda di quella specifica fra le discipline sportive considerate, questo favorirà un incremento sia della capacità di esprimere forza massima e forza esplosiva, sia lo sviluppo di resistenza muscolare locale (LME – Local Muscular Endurance).

Se noi applichiamo questo principio all’organizzazione di un macrociclo (Fig. 2 IV), noi possiamo notare che la concentrazione dei carichi di lavoro (Fig. 2 V) riduce i parametri funzionali delle capacità di lavoro di un atleta (Fig.2 V, Curva F) che, si trasforma, in un ostacolo del miglioramento della tecnica e della velocità del movimento. Ma questo è un fenomeno temporaneo. Quando, dopo una concentrazione di alti carichi di lavoro, questi carichi sono decisamente ridotti, appaiono gli effetti posticipati dell’allenamento. Questo a lungo termine risulta produttivo  e determina  un miglioramento dei parametri funzionali.

Per questo, carichi concentrati di PFS e carichi mirati al miglioramento della tecnica o della velocità di esecuzione degli specifici esercizi di gara, non dovrebbero essere proposti contemporaneamente.

In altre parole, i carichi di PFS dovrebbero precedere l’allenamento della tecnica e della velocità, così da preparare l’organismo ad un lavoro ad alta velocità. In questo modo, l’allenamento della tecnica e della velocità si collocherà nella condizione più favorevole e cioè nel momento in cui si realizzano gli effetti posticipati a lungo termine dei carichi PSF.

Il massimo livello di velocità (Vmax) e di potenza (W), nell’esecuzione degli esercizi specifici di gara, scenderà in un primo momento (Figura 2 IV, curva in neretto che indica V o W) rispetto ai valori raggiunti nella stagione precedente e dopo aumenterà gradualmente per raggiungere prima e successivamente superare i livelli precedenti.

Ricordiamo che l’utilizzo dei carichi concentrati della preparazione fisica speciale (PFS) ha un altro importante significato: poiché negli atleti di vertice il livello di preparazione fisica speciale è molto elevato, per aumentarlo occorrono elevati stimoli allenanti. Ciò viene assicurato dai carici concentrati della PFS (carichi localizzati su un periodo di tempo limitato), i quali, però, portano alla diminuzione temporanea dei parametri funzionali specifici.

Potremmo ora esaminare il modello di macro ciclo di allenamento, organizzato seguendo questi principi (Fig. 2 VI).

La curva “A” mostra il carico del PFS, la curva “C” mostra i carichi del lavoro agonistico che concludono il macrociclo; la curva “B” mostra i carichi corrispondenti al punto in cui c’è un cambio nella direzione dei carichi dell’allenamento verso il graduale incremento della velocità , ciò avviene “sullo sfondo” di un rapido recupero delle capacità funzionali (Figura 2 V, curva F). I carichi “B” per questo motivo giocano un ruolo molto importante nel macrociclo ed hanno l’obiettivo principale di produrre cambiamenti adattativi, in preparazione di un regime di lavoro ad alta velocità. In altre parole questi preparano l’atleta per i carichi di lavoro agonistico “C”. I carichi di lavoro agonistico hanno il significato di aumentare le capacità di lavoro speciale (Figura 2 V, curva F) e la velocità di esecuzione dell’esercizio fino al massimo valore possibile.

Il macrociclo, quindi include 3 fasi relativamente indipendenti, il comune denominatore delle quali è il principale obiettivo di allenamento della preparazione dell’atleta per la competizione. (Figura 3)

Il periodo preparatorio è indirizzato principalmente a sviluppare, attraverso i mezzi della preparazione fisica speciale, il potenziale motorio dell’atleta, che è un prerequisito del lavoro che riguarda la velocità di esecuzione specifica di gara.

Il periodo speciale ha per obiettivo il miglioramento delle capacità dell’atleta di svolgere l’esercizio di gara ad alta (la massima possibile) velocità, riproducendo le condizioni (i carichi) di gara.

Il periodo agonistico ha per obiettivo quello di raggiungere la massima velocità possibile di esecuzione dell’esercizio di gara e al perfezionamento dello schema motorio dell’atleta.

La logica che detta l’ordine di successione dei periodi è la seguente:

  • Il compimento della preparazione multifunzionale dell’atleta per renderlo pronto al regime di lavoro ad alta velocità del periodo preparatorio;[su_spacer size=”5″]
  • Il perfezionamento della capacità dell’atleta ad eseguire l’esercizio di gara ad alta velocità e il conseguimento dei prerequisiti per una prestazione efficiente durante il periodo speciale.[su_spacer size=”5″]
  • La realizzazione dei principali obiettivi di allenamento del macrociclo-il livello record di velocità; questo deve essere pianificato e raggiunto al momento degli eventi più importanti.

 

Fig. 3. Modello riassuntivo di un piano di allenamento

Fig. 3. Modello riassuntivo di un piano di allenamento

 

Quelle che seguono sono considerazioni generali circa il modello di un macrociclo di allenamento (Figura 3):

  • Le curve “ABC” rappresentano schematicamente  i differenti obiettivi principali (directions) dei carichi e non il loro volume![su_spacer size=”5″]
  • A seconda delle particolari situazioni, potrebbe essere necessario includere il cosiddetto periodo di transizione (o il periodo conclusivo). La durata di questo periodo, e la necessità o meno di inserirlo nella programmazione, dipende dall’intensità della stagione di gara.[su_spacer size=”5″]
  • Nel caso di atleti di alto livello, il modello di un macrociclo di allenamento dipende più da una programmazione efficiente che dal calendario di gare. Questo concetto deve essere applicato con un certo grado di creatività, tenendo in considerazione la specificità motoria della disciplina sportiva, le sue regole ed il calendario tradizionale.

Ad esempio, ci potrebbero essere due macrocicli in un anno (Fig. 4). In questo caso, le competizioni principali sono inclusi nel secondo ciclo, e questo fatto determina i principali obiettivi di allenamento ed il contenuto di ciascun macrociclo. Se ci sono 3 periodi di gara in un anno, possono essere seguiti i modelli 2 e 3, permettendo sempre a seconda della specificità della disciplina sportiva, di stabilire gli obiettivi principali per quell’anno e l’importanza di quegli eventi (competizioni di controllo, qualificazioni e competizioni principali).

Il macrociclo deve essere sempre organizzato tenendo conto di quella che è la situazione reale. In alcuni casi, la velocità dimostrerà un trend ondulatorio con una tendenza generale nella direzione di un miglioramento. Questo potrebbe essere associato con maggior lavoro intensivo ad alta velocità nel secondo macrociclo, in cui dovrebbe esserci un’intensificazione del lavoro di velocità ed una riduzione del volume di allenamento di condizionamento speciale. In alcune attività, come per esempio la boxe, il sollevamento pesi e la pallavolo, il macrociclo potrebbe comprendere solo 2 fasi. La prima potrebbe essere incentrata sull’allenamento di condizionamento speciale e la seconda sulla preparazione speciale, portando l’atleta fino alle competizioni vere e proprie.

 

Fig.4. Possibili schemi di programmi di allenamento annuali

Fig.4. Possibili schemi di programmi di allenamento annuali

 

Traduzione a cura di Andrea Uberti, revisione a cura della Prof.ssa Natalia Verkhoshansky.

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Avviamento al salto triplo: didattica dei balzi alternati

21 Gennaio 2016 by Redazione

Il lavoro che iniziamo a presentare oggi ha come obiettivo la proposta di un possibile percorso di avviamento alla specialità del salto triplo.

Le esercitazioni presentate sono organizzate in modo che il gesto specifico sia conosciuto ed appreso piuttosto precocemente nella sua globalità. Questo facilita sia dal punto di vista motivazionale, sia dal punto di vista tecnico in quanto le competenze didattiche possono, così, riversarsi continuamente sul gesto specifico in un continuo rimando dalla analiticità alla globalità e dalla didattica alla tecnica.

Prima di iniziare l’utilizzo delle esercitazioni che proporremo nei prossimi video consigliamo di dedicare del tempo all’apprendimento della:

  • Didattica dei balzi – le esercitazioni di rimbalzo (con video)
  • Andature d’impulso – passo stacco e passo saltellato (con video)

La linea guida è quella dell’apprendimento e perfezionamento del salto triplo attraverso l’apprendimento e perfezionamento dei multi – balzi ma anche attraverso il collegamento tra la corsa e le sequenze di multi balzi.

Quest’ultimo aspetto è assolutamente peculiare.

Questo intervento non  si occupa in modo particolare di prevenzione, ma occorre precisare comunque che l’ utilizzo di superfici adeguate a ridurre gli effetti dell’ impatto a terra, la ricerca del controllo del movimento e della acquisizione corretta della tecnica, un adeguata  pianificazione pluriennale delle competizioni che rispetti il principio dell’ avviamento multilaterale e della progressiva specializzazione del giovane atleta , restano principi irrinunciabili perché si arrivi alla maturazione del talento.

In questo primo video vi presento la progressione didattica dei balzi alternati che sono solito proporre ai miei atleti:

[su_youtube_advanced url=”https://www.youtube.com/watch?v=cibOha41GNA”]

Da ricordare che i balzi alternati possono essere considerati un esercitazione di pliometria e sono molto utili anche nella preparazione fisica delle altre specialità dell’atletica, nonchè di numerosi altri sport (di squadra e non).  

Nei prossimi video vi proporrò:

  • Video 2: progressione didattica del balzo successivo;
  • Video 3: apprendimento della sequenza specifica del gesto (ritmica del triplo) fino ad arrivare al salto globale;
  • Video 4: esercitazioni di salto triplo sui materassoni del salto in alto;
  • Video 5: collegamento tra la corsa e il salto e tra la corsa e sequenze di multi balzi;
  • Video 6: salto triplo completo con commento tecnico (salti di Stefano Magnini e Silvia La Tella);
  • Video 7: prima esperienza di salto triplo per un giovanissimo (nessuna esperienza nel triplo)

 

Nelle sequenze era all’opera l’atleta:

  • Magnini Stefano , classe 1988 , 16.55 di record personale, secondo nella edizione 2015 degli assoluti in cui è stato nove volte finalista e quattro volte sul podio. Stefano ha anche vinto tre titoli italiani universitari ed ha vestito la maglia della nazionale assoluta

 

Ringrazio sentitamente questi ragazzi ed i colleghi Comolli, Benedini, Bettini, Pinzin per la collaborazione e per il rapporto di collaborazione professionale che condividiamo.

 

Giuseppe Balsamo

 

 

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Che la forza sia con voi… e con i vostri atleti!

13 Gennaio 2016 by Redazione

(immagine di copertina da pixabay: Bilanciere crossfit sollevamento)

È semplicistica e poco lungimirante l’impostazione di chi si vanta di non utilizzare i sovraccarichi, quanto l’esaltazione degli allenatori di ragazzi ultra ventenni orgogliosi del fatto che, le prestazioni ottenute dai propri allievi, siano state raggiunte tramite esercizi a carico naturale, oppure “usando pesi con carichi ridicoli!”.

Tutto ciò che non viene preparato al momento giusto, prima o poi presenterà il conto, facendo perdere tempo prezioso, limitando le capacità di carico e portando ad infortuni proprio quando l’utilizzo di certe metodiche diverrà indispensabile.

A prescindere da quelle che sono le filosofie di allenamento di ciascuno, sembra ragionevole ricordare che i vari mezzi di sviluppo della forza, bilanciere compreso, sono risorse che non vanno demonizzate né esaltate, ma che se proposte con il giusto tempismo non fanno che accrescere il curriculum motorio dei nostri allievi (P.S. allievi, intesi come atleti in generale e non come fascia d’età)

Come succede con ognuno degli altri mezzi, l’allenatore bravo non è quello che ne esclude aprioristicamente qualcuno, ma piuttosto quello che, consapevolmente, lo sa inserire nel  progetto di allenamento come parte di un sistema più complesso.

Un altro pregiudizio da sfatare,  perché totalmente privo di fondamento, è quello che contrappone gli atleti tecnicamente abili a quelli che utilizzano i sovraccarichi.

In realtà, sollevare bene i pesi, è una disciplina che richiede capacità coordinative non indifferenti e il cui apprendimento non è quasi mai semplice e che, oltretutto,  in età avanzata quasi sempre richiede maggiore sforzo portando spesso a risultati non del tutto soddisfacenti.

Ai giovani insomma bisognerebbe insegnare e far conoscere le esercitazioni con i sovraccarichi!

E bisognerebbe farlo bene, o imparando come si fa, o rivolgendosi ad un esperto del settore, oppure, meglio ancora, facendo entrambe le cose.

 

Lo sviluppo della forza

Fatta questa premessa, occorre definire cosa si intende con utilizzo del bilanciere o più in generale per lavori volti allo sviluppo della forza.

I mezzi di allenamento per lo sviluppo della forza  possono essere distinti in diverse tipologie, ognuna delle quali presenta i propri vantaggi e le proprie controindicazioni.

La miglior strategia di allenamento sembra essere quella che comporta l’inclusione intelligente e la miscelazione ragionata di tutte queste tipologie. Al contrario sembrerebbe controproducente, sia sul piano formativo che in ottica prestazionale, un approccio volto all’esclusione dell’uno o dell’altro mezzo.

Piuttosto saranno gli atleti evoluti, nella fase di “super-specializzazione”, che dovranno togliere il superfluo, affidandosi a routine di lavori collaudati e mirati a colpire un bersaglio sempre più piccolo.

 

Le tipologie di allenamenti di questo tipo sono infatti molteplici e, per farne una panoramica, si possono dividere in esercitazioni:

  1. A carico libero, bilanciere o manubri o altri attrezzi[su_spacer size=”10″]
  2. A carico guidato, macchine a carrucola, a camme o a carico diretto o altre macchine speciali[su_spacer size=”10″]
  3. Pliometria, come viene chiamato impropriamente il metodo d’urto[su_spacer size=”10″]
  4. Core training, che spesso è confuso col solo allenamento degli addominali[su_spacer size=”10″]

Accanto a queste ultimamente stanno prendendo piede, anche in Italia, l’allenamento funzionale e, soprattutto, il CrossFit, che merita un cenno.

Il CrossFit è il risultato della miscela di esercitazioni tipiche della pesistica, di altre prese dalla ginnastica artistica, di alcune di forza esplosiva su box jump,  che vengono combinate con lavori di tipo aerobico quali corsa, funicella e vogatore.

Si tratta di una disciplina impegnativa che sembra essere di confine tra il mondo del fitness e quello agonistico. Esistono infatti competizioni con protocolli di gara ben definiti.

Per quanto ci riguarda, consistendo in una combinazione di varie tipologie di lavoro di forza e resistenza, può essere assimilato al più familiare circuit training.

Fra le novità che porta con sé, quella dell’introduzione nel fitness di movimenti molto complessi, la quantificazione dell’allenamento in un’ottica di automiglioramento, e, non da sottovalutare, una grande capacità di coinvolgimento.

Come ogni attività insieme ai pregi presenta alcune controindicazioni.

Fra queste ultime sicuramente ci sono le critiche mosse dai puristi delle varie discipline singole da cui attinge ed il fatto che, talvolta, la qualità dell’esecuzione viene sacrificata a favore della prestazione.

Per quanto ci riguarda, il suo carattere a metà strada tra il fitness e l’agonismo, può farla diventare un’attività capace di assorbire, anche durante l’inverno e cioè quando ne faremmo volentieri a meno, le energie nervose degli atleti dotati di un forte spirito di competizione.

 

Detto questo, osservando più nello specifico, le tipologie sopra elencate possono essere ulteriormente distinte.

 

1) Con riferimento alle Esercitazioni a carico libero (con bilanciere e manubri o altri attrezzi) che si possono distinguere in:

     a) Alzate classiche della pesistica/Weightlifting (e relative esercitazioni complementari o da queste derivate);

Abolita la famigerata distensione lenta gli esercizi della pesistica sono oggi:

  • Lo strappo (snatch per gli anglofili);
  • Lo slancio (clean and jerk);
clean and jerk wikipedia

Foto 1. Clean and jerk (da https://en.wikipedia.org/wiki/Clean_and_jerk)

Quest’ultimo si compone di due fasi e cioè la girata al petto (uno degli esercizi più utilizzati in atletica) e la spinta.

Sia strappo che slancio ( ma principalmente  la girata) sono declinati in numerose varianti ed esercitazioni adattate. Ad esempio con partenza dalle ginocchia (o poco sopra o poco sotto) oppure in divaricata sagittale, mono arto inferiore oppure mono arto superiore utilizzando un manubrio, piuttosto che salendo o scendendo da rialzi etc,

Ciò che ad ogni modo accomuna queste esercitazioni è il fatto che siano costituite gesti complessi, multi articolari, eseguiti da in piedi e  che richiedono un’esecuzione veloce e rispettando un timing preciso.

Proprio questa velocità comporta due dei vantaggi offerti da queste esercizi di forza e cioè lo sviluppo di una grande espressione di potenza associata ad un accrescimento della massa muscolare (e quindi del peso) molto più contenuto rispetto ad altri metodi.

Tuttavia sono esercizi altamente tecnici, che richiedono tempo per essere padroneggiati (quale periodo migliore se non quello delle categorie giovanili?), una costante assistenza da parte dell’allenatore, oltre che spazio e la possibilità di lasciare cadere il peso a terra.

Per eseguire queste alzate occorre disporre di bilancieri olimpici con portapesi da 50mm, dischi bumper e zone di caduta.

Solo queste condizioni associate ad una buona tecnica esecutiva rendono questi esercizi utili e sicuri!!!

L’atleta infatti non dovrebbe mai cercare di portare a termine un’alzata nata male, abbandonando piuttosto il bilanciere ed evitando in questo modo incidenti.

Un atleta adulto che inizi ad affrontare slancio e strappo, a meno che non sia dotato di un talento e un’inclinazione naturali, dovrà mettersi il cuore in pace dedicando una stagione all’apprendimento tecnico dei gesti, rimandando solo alla successiva l’utilizzo di carichi elevati.

Fra questo tipo di esercitazioni, per certi versi e con le proprie peculiarità, possono essere inserite le kettlebell, strumento molto versatile di origine russa ora riscoperto e diventato di gran moda  negli ultimi anni.

 [su_divider top=”no” divider_color=”#8bc751″]

   b) Esercitazioni di Powerlifting;

Sono le esercitazioni derivate dalla squat con carico sulle spalle, dalla distensione in panca e dagli stacchi rumeni e loro varianti. Anche questi esercizi sono multi articolari e la maggior parte sono eseguiti da in piedi. Squat e stacchi, nonostante non presentino la complessità delle alzate classiche, richiedono comunque un’ottima tecnica, anche in virtù degli alti carichi di peso che consentono di sollevare.

Sullo squat sono stati scritti volumi ed esistono numerose scuole di pensiero con sostenitori dell’una o dell’altra delle sue innumerevoli varianti.

Lo squat libero rispetto a quello guidato richiede una capacità propriocettiva e tecnica maggiore. Lo squat guidato consente di sollevare carichi maggiori rispetto a quello libero, così come il back squat rispetto al front squat, che risulta però più formativo nell’ottica dell’apprendimento della girata. Ognuna di queste varianti sollecita i gruppi muscolari in maniera leggermente diversa. Esistono peculiarità soggettive che vanno considerate perché rendono per il singolo atleta più o meno facile una tipologia di esercizio rispetto ad un altro. Tra questi ad esempio (ma non solo!), la lunghezza dei femori,  la mobilità della caviglia e quella dei polsi.
Allo stesso modo lo squat sotto il parallelo, con carico libero ed eseguito rispettando determinati canoni esecutivi, può rappresentare un punto di arrivo didattico e tecnico al di là del carico sollevato. Esistono però, anche in questo caso, caratteristiche anatomiche che possono rendere questo esercizio molto difficile e a cui impegno, tecnica corretta e mobilità articolare ed adattamenti vari (vedi rialzo sotto i talloni) possono solo  in una certa misura porre rimedio.


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Nelle immagini sopra Alex Atchori nella palestra Free Time di Gardone Valtrompia

In questi casi, dopo un’analisi volta a stabilire se le difficoltà nascono da problemi addestrativi, ideomotori o piuttosto siano dovuti a scompensi di mobilità o posturali, è sempre importante rispettare i limiti dell’atleta con cui si lavora adattando il gesto all’atleta e non viceversa.

Il mezzo squat consente carichi maggiori e risulta essere più specifico, lavorando su angoli più tipici dell’attività di gara. Nonostante questo, essendo un esercizio molto più “facile”,richiede un’abilità minore rispetto a quello profondo, determinando quindi un minor transfert nelle altre espressioni di forza.

Questi esercizi sono generalmente eseguiti più lentamente rispetto alle alzate olimpiche e pertanto sono molto efficaci nello sviluppo della forza, ma non altrettanto in quello della potenza.  

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2) Esercitazioni di body building o più semplicemente di cosiddetta muscolazione generale.

Lo scopo di questi esercizi è quello di migliorare la forza e l’ipertrofia di singoli muscoli (almeno per quanto nella realtà questa selettività risulti possibile) o singoli distretti muscolari. Molto spesso sono esercitazioni mono articolari da eseguire da posizione seduta e sono esercizi molto buoni quando si devono sviluppare singole aree corporee. Tuttavia come tutte le esercitazioni mono articolari sono poco “funzionali” e non hanno un riscontro diretto nell’attività di gara. Sono molto semplici da effettuare ed è difficile sbagliare (ma non impossibile!). Tuttavia presentano tutti i limiti delle esercitazioni eseguiti sulle macchine che, se sviluppano una certa forza, non “insegnano” ad utilizzarla su “percorsi” diversi da quelli pre impostati dall’attrezzatura utilizzata. La macchina, specie quelle con camme e carrucole, comportano un’esecuzione rallentata sia nella fase eccentrica che concentrica e questo, se non è un problema per la costruzione della massa muscolare, lo può essere nell’ottica dello sviluppo di espressioni di potenza. Gli esercizi sulle macchine, generalmente abbastanza sicuri, tornano invece utili in caso di riabilitazione dopo un infortunio.

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3) Esercitazioni di pliometria

Più propriamente andrebbero definite metodo d’urto, che in Jury Verchoshansky ha avuto il suo primo grande maestro e teorico.

Ciò che fa sorridere quando ci si confronta con i detrattori della forza fatta con sovraccarichi, è scoprire che l’esigenza che ha portato lo scienziato russo ad utilizzare i salti in basso, sia stata  proprio quella di andare oltre ai carichi massimi consentiti dall’utilizzo del bilanciere.

Nozioni elementari di fisica (ma non chiedete a me di far calcoli!), consentono di capire che un corpo di 70 kg di massa, sottoposto alla forza di gravità e che cade da un metro, subisce una forza di impatto maggiore rispetto a quella esercitata dal temutissimo bilanciere.
Il ciclo allungamento accorciamento, specie quando l’adattamento all’allenamento ha permesso di spostare un po’ l’intervento di auto inibizione della contrazione muscolare, porta ad un’attivazione del sistema nervoso che   permette espressioni di forza superiori a quelle registrate durante una contrazione massima volontaria. Se a questo punto qualcuno fosse tentato di evitare anche questa tipologia di lavori, occorre ricordare che una situazione di questo tipo si verifica ogni volta che il nostro atleta dovrà scendere da un ostacolo, staccare per un salto in alto o un salto in lungo, con l’aggravante che lo dovrà  fare su un arto solo invece che su due.

Le esercitazioni pliometriche consistono in

  • balzi tra gli hs
  • cadute in basso e successivo balzo
  • salti ed altre esercitazioni di questo tipo

Assimilabili a questa tipologia sono certi lavori  di policoncorrenza.

Bisogna inoltre ricordare che anche le esercitazioni in sala di muscolazione quali squat jump o i già citati strappo e slancio presentano fasi pliometriche.

Anche le esercitazioni pliometriche necessitano di una tecnica specifica e di un percorso di apprendimento oltre che di successivo adattamento.

Negli ambienti sportivi è abbastanza diffuso l’adagio che le vorrebbe proponibili solo quando l’atleta sia in grado di sollevare nello squat il doppio del proprio peso corporeo.

In realtà la cosa importante è che l’atleta presenti una buona solidità dell’apparato di sostegno e una buona capacità di eseguire i gesti in maniera efficace.

Esistono anche criteri per stabilire l’altezza di caduta dei salti in basso: si dovrebbe cercare il plinto che consente di superare nel successivo rimbalzo la quota maggiore.

Anche i tempi di appoggio non dovrebbero diventare troppo lunghi per non perdere le finalità ed il senso di questo metodo di sviluppo della forza e, soprattutto, della potenza o forza esplosiva.

Dal momento che sono esercitazioni che non comportano un grande senso di fatica è molto facile eccedere sia nella direzione della quantità che dell’intensità, diventando così esercitazioni che si possono rivelare controproducenti e anche foriere di infortuni.

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4) Esercizi per il core.

Negli ultimi anni sono diventate sempre più utilizzate.

Core training

Core training: plank alternato

Non si tratta in questo caso di fortificare semplicemente i muscoli addominali o lombari del tronco.

Piuttosto si cerca di dare solidità e adattabilità ad una parte del corpo necessaria per l’equilibrio e lo sviluppo della maggior parte dei movimenti.

Il core, o nucleo in italiano, risulta importante sia quale fattore di solidità e di stabilità che deve essere vista in maniera dinamica e nella capacità di modulazione e se si vuole di rielaborazione della statica e del movimento attraverso adattamenti propriocettivi (statica) e cinestetici (con riferimento alla dinamica).

In questa panoramica sui metodi di sviluppo della forza gli esercizi per il core training sono state considerati per ultimi.

Tuttavia, questo tipo di lavoro a carattere generale deve precedere e costituisce un presupposto imprescindibile per affrontare le esercitazioni sopra elencate ed in particolare quelle a carico libero e pliometriche.

Per maggiori chiarimenti sul core rimandiamo alla nostra guida sul core training

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Nelle immagini sopra Andrea Uberti nella palestra Free Time di Gardone Valtrompia

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Altre esercitazioni di forza

Esistono anche altre esercitazioni di forza che vengono solitamente utilizzate come lavoro “speciale” o “specifico” in base alla disciplina affrontata. Tra queste troviamo gli sprint con traino, gli sprint con giubbotto zavorrato, gli sprint a ultravelocità, i lanci con attrezzi più pesanti rispetto a quelli di gara, gli sprint in salita, etc..

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Corsa con paracadute

Per quanto riguarda la corsa con traino rimandiamo al seguente articolo: Gli sprint contro resistenza nell’allenamento della velocità.

 

A cura di Andrea Uberti

 

Per approfondire:

Weineck Jürgen: L’allenamento ottimale, cap. 16: L’allenamento della forza, 2° edizione italiana, Calzetti e Mariucci Editore, Torgiano, 2009;

Urso Antonio: Pesistica, Sport per tutti gli sport, Calzetti e Mariucci Editore, Torgiano, 2011;

Cissik John: Strength Training for track & field, Track & Field news press, El Camino Real,, 2003;

Filed Under: Uncategorized Tagged With: addominali, allenamento della forza, allenamento funzionale, allenamento potenza, alzate pesistica, balzi, bilanciere, bilanciere olimpionico, bodybuilding, clean and jerk, core training, crossfit, dorsali, forza, forza a carico libero, forza funzionale, ipertrofia, Jury Verchoshansky, kettlebell, lombari, metodo d'urto, metodo shock, mezzo squat, panca piana, pesistica, pliometria, policoncorrenza, potenza, Powerlifting, slancio, snatch, sovraccarichi, squat, stacco da terra, stacco rumeno, strappo, sviluppo della forza

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