ilCoach

Il miglior portale italiano sull'atletica leggera

Menu
  • Chi siamo
    • ilCoach.net A.S.D.
      • Tesseramento stagione 2021/22
      • Il nostro team
    • Close
  • Allenamento
    • Le basi dell’allenamento
    • Allenamento giovanile
    • Allenare la forza
    • Tecnologia
    • Trattamento e prevenzione infortuni
    • Vincere con la mente
    • Close
  • Atletica leggera, cos’è?
    • SPRINT
    • OSTACOLI
    • SALTI
    • MEZZOFONDO
    • FONDO
    • LANCI
    • PROVE MULTIPLE
    • Close
  • Corsi di formazione
    • ilCoach SMART TALK
    • ilCoach Academy
    • Corsi dal vivo
    • Close
  • Interviste
  • Recensioni
  • Contattaci

Progetto ilCoach Team: prevenzione infortuni

10 Luglio 2017 by Redazione

Progetto Corrimania ilCoach

Andrea, a ottobre , mi ha contattato per chiedermi se volessi partecipare attivamente a un progetto che il coach.net aveva ideato: dare un supporto in più ad atleti talentuosi che volessero mettersi in gioco con nuove metodologie d' allenamento. Il mio ruolo sarebbe stato quello valutare gli atleti e supportarli nella prevenzione degli infortuni.

Ho subito sposato il progetto, con entusiasmo: cosa c'è di più bello di potersi confrontare con nuovi atleti che arrivano dalle  differenti discipline atletiche?

Vedi anche ilCoach&Corrimania Team

Eh sì, bello confrontarsi con ragazzi che vengono da tutta la Lombardia, bello sì, ma complesso.

La mia prima preoccupazione è stata quella di essere utile all'atleta, e, per far ciò, avrei dovuto dosare l'allenamento in base alle sue individuali qualità; qui sta la complessità del tutto, infatti, in questo progetto, non avrei avuto  sempre di fronte gli atleti, le distanze non ci avrebbero permesso di vederci con regolarità.

Ho conosciuto i ragazzi in dicembre, il primo incontro del neonato team ILCOACH.NET  è stato svolto a Saronno presso Sistemha, dove io e il mio staff lavoriamo. E' stata una bella giornata, si leggeva la curiosità negli occhi dei ragazzi, quella curiosità di chi ancora non ha capito come si farà di preciso qualcosa che, comunque, si desidera fare.

D’altro la canto, la loro incertezza si rispecchiava nella nostra, dato che, anche per noi, ancora non era chiarissimo come avremmo proceduto in questo progetto, i ragazzi che sono stati selezionati, si relazioneranno oltre che con il sottoscritto, anche con figure come lo psicologo sportivo, il fisioterapista ed altri preparatori.

Come possono essere utili queste figure professionali al ragazzo atleta, e ai suoi abituali allenamenti? Saranno efficaci? Serviranno a qualcosa?

Ecco il risultato della mia esperienza:

Con alcuni atleti ho avuto la possibilità di relazionarmi più spesso che con altri, in media li ho visti una volta al mese, chi più chi meno. Riuscire a ritagliare il tempo  per questo progetto, tra scuola, studio, allenamenti, ecc.. non è semplice.

Comunque, l'obiettivo rimaneva: essere efficaci e utili all'atleta. Quindi, adottando la tecnica più antica del mondo, ovvero, valutazione-allenamento-valutazione, incomincio ad incontrare i primi atleti. Svolgerò una sessione di test che possano darmi un'idea dello stato dell'atleta - Io è il mio staff, quando parliamo di valutazione non parliamo di una valutazione quantitativa, ma qualitativa del movimento dell'atleta - così da poter stilare una piccola sessione di allenamento che si possa integrare con quello abituale.

I test che effettuiamo hanno l'obiettivo di capire quali sono i pattern di movimento dei singoli atleti, in parole povere, qual è l'assetto muscolare del soggetto in esame. Ogni  soggetto interpreta un determinato gesto alla sua maniera; il nostro compito è comprendere come l’atleta utilizza il proprio corpo. Attraverso le valutazioni video e strumentali, analizziamo quali sono le attivazioni muscolari predominanti, gli equilibri muscolari e la capacità di controllo del movimento in forma dinamica e statica (dico statica per intenderci, ma ricordiamoci che il corpo umano non è mai fermo, anche quando un soggetto è in piedi, continua a svolgere dei micro-movimenti impercettibili all'occhio umano, che consentono il mantenimento della stazione eretta) .

Svolti i test e analizzate le singole situazioni, ho stilato una sessione di allenamento ad hoc per ogni atleta, ad ognuno sono stati suggeriti degli esercizi da svolgere pre-allenamento, 10-15 di self-myofascial release e stretching e delle sessioni di allenamento vere e proprie della durata di 60 min circa; queste comprendevano una inibizione ed allungamento dei muscoli riconosciuti come iperattivi, l'attivazione dei muscoli ipoattivi, e lo svolgimento di esercizi funzionali non conosciuti dall'atleta, volti all'apprendimento del movimento condizionato da un assetto muscolare differente dalla consuetudine.

L'intervento, come detto in precedenza, si prefissava di valutare l'assetto muscolare del soggetto, mentre le sessioni d'allenamento date all'atleta sono finalizzate a correggere atteggiamenti e comportamenti scorretti che potrebbero innalzare il rischio di infortunio.

Ad ogni incontro gli atleti seguivano questa procedura:

  • valutazione attraverso i test
  • insegnamento degli esercizi per la settimana

L'incontro durava circa un'ora e mezza, naturalmente la programmazione del lavoro veniva effettuata tenendo presente anche la data in cui, successivamente, avrei rivisto l'atleta.dominique-rovetta-sistemha

Sono molto contento della scelta fatta, l'adottare questa tecnica di monitoraggio e assistenza all'atleta si è dimostrato molto efficiente: ho visto i ragazzi che cambiavano i loro atteggiamenti e correggevano deficit e asimmetrie.

Naturalmente con i ragazzi che ho visto più spesso ho avuto la possibilità di essere più incisivo, ma anche con quelli che ho visto poco, c'è stata la possibilità di essere utili alla crescita e allo sviluppo del ragazzo.

I soggetti hanno migliorato la coscienza del loro modo di muoversi e della loro corporeità, hanno risposto benissimo alle proposte fatte da questo modello di supporto all'atleta, si sono rivelati veramente aperti e curiosi riguardo alle nuove proposte.

Tutti gli atleti hanno dimostrato di apprezzare molto il percorso fatto insieme a me e a gli altri professionisti che fanno parte del progetto de ilcoach.net.

Il nostro team ha analizzato le difficoltà incontrate e ha notato che c’è un margine per il miglioramento del servizio all’atleta.

In conclusione ammetto che le perplessità che avevo all'inizio del progetto sono state spazzate via.

Anche se gli atleti non vedono costantemente i professionisti parte di questo progetto, arricchiscono sicuramente il loro percorso e la preparazione che già svolgono con i rispettivi tecnici. Spero che questo piccolo progetto alla prima esperienza abbia la possibilità di svilupparsi, poichè crediamo ci sia margine per riuscire ad offrire un servizio di primo livello. Uno staff che dia un supporto a 360 gradi all'atleta e ai tecnici non è cosa che tutti possano permettersi, per motivi sia logistici che economici.

Il nostro compito è quello di fare crescere i nostri ragazzi, dargli le possibilità di esprimere tutte le loro potenzialità, ed è nostro dovere sforzarci per riuscire a creare le condizioni che possano permettere ciò.

Le difficoltà che l'attuale situazione socio-economica e la carenza di strutture oppongono, non devono diventare il freno alla voglia di migliorare il proprio lavoro di rendere i nostri giovani ragazzi degli atleti eccezionali a tutti gli effetti.

 

Maurizio Tripodi

Prof. Maurizio Tripodi

Laureato Magistrale Scienze Motorie | Professore Università Cattolica di Milano
Libro atletica leggera ilCoach

Libro gratuito sull'atletica leggera

Clicca qui sotto per scaricare il libro gratuita sull'atletica leggera!

Scarica l'E-book gratuito

TESSERA ESTIVA ILCOACH

photo_2021-06-19_16-54-21

Scopri la novità di questa estate!

Scopri di più!

Aiutaci a diffondere i nostri contenuti. Condividi sul tuo social preferito cliccando sulle icone sotto!

Questi li hai già letti?

02 Maggio 2019
5 esercizi di stretching dinamico per i runners
stretching bandelletta
29 Aprile 2019
I 5 esercizi di stretching statico per prevenire la sindrome della bandelletta
03 Ottobre 2018
Il ciclo cumulativo dell’infortunio
07 Aprile 2017
Traduttore ilCoach Athletic Training termbase – Presentazione del progetto
02 Aprile 2017
Team ilCoach&Corrimania: progetto di supporto psicologico!
11 Ottobre 2016
Corse ad ostacoli: la prevenzione degli infortuni
11 Febbraio 2016
Prevenzione delle patologie alla spalla negli atleti "overhead"
18 Giugno 2015
Lo stretching: quello che dobbiamo sapere
06 Maggio 2015
Prevenzione degli infortuni in atletica

Filed Under: Progetti Tagged With: ilCoach&Corrimania, Maurizio Tripodi, progetti, Sistemha, team

Rilascio miofasciale e foam roller

2 Maggio 2016 by Redazione

rilascio miofasciale e foam roller

Foto di Pexels da Pixabay

In questo articolo introduciamo una tecnica apparentemente semplice ma molto efficace per gli atleti. La tecnica del rilascio miofasciale è una tecnica di massaggio autoindotto ancora poco conosciuta, che si è fatta largo nel nostro Paese e nel mondo dello sport da pochi anni. La stessa sorte è capitata al foam roller, questo attrezzo di poco costo ma di grande utilità.
Vediamo ora una breve introduzione riguardo l’anatomia del muscolo e delle catene muscolari, anch’esse sconosciute a molti allenatori e atleti. Vedremo in seguito che cos’è il rilascio miofasciale e come funziona.

 

Anatomia del muscolo scheletrico

Il muscolo scheletrico è formato da un insieme di cellule piuttosto lunghe, cilindriche e con estremità fusiformi, chiamate fibre muscolari. Trasversalmente queste fibre non sono isolate ma raggruppate in fascicoli ed avvolte da tessuto connettivo. Tra un fascicolo e l'altro decorrono fibre elastiche, nervi e vasi sanguigni, che si ramificano per distribuirsi alle varie cellule; la ricca vascolarizzazione determina la tipica colorazione del muscolo scheletrico grazie alla mioglobina che circola nel sangue.

Le fibre muscolari sono le cellule più grandi dell'organismo, anche se le loro dimensioni sono alquanto variabili: da 10 a 100 µm per quanto riguarda il diametro e tra il millimetro e i 20 centimetri per quanto concerne la lunghezza. Si stima che il corpo umano contenga circa 250 milioni di fibre muscolari. Le cellule del muscolo possono ipertrofizzarsi, quindi aumentare di dimensioni, ma normalmente non possono moltiplicarsi. L'intera massa muscolare è rivestita da una guaina di connettivo fibro-elastico detta epimisio, che ha il compito di contenerlo e proteggerlo durante l'esecuzione del movimento stesso. Questa guaina si addentra nel ventre muscolare a costituire il perimisio e l'endomisio: così, ogni piccola fascia è rivestita da una membrana di connettivo lasso detta perimisio, mentre ogni singola cellula muscolare è rivestita da una delicata membrana connettivale detta endomisio.

  • Epimisio o Fascia muscolare: guaina che riveste l'intero muscolo.
  • Perimisio: guaina che riveste i fasci di fibre muscolari.
  • Endomisio: guaina che riveste le singole cellule o fibre muscolari.

Nel connettivo interposto tra le fibre muscolari decorrono vasi sanguigni e fibre nervose motorie e sensitive. Grossi vasi e nervi penetrano attraverso l'epimisio e si dividono per ramificarsi attraverso il muscolo, nel perimisio e nell'endomisio, raggiungendo ogni singola fibra.

rilascio miofasciale 9

Una fascia è uno strato di tessuto fibroso e struttura di tessuto connettivo che ricopre i muscoli, o gruppi di muscoli, vasi sanguigni e nervi, unendo alcune strutture, permettendo ad altre di scivolare delicatamente una sull'altra. La fascia connettivale superficiale si stende su tutto il corpo e ne riveste circa il 70% in un'unica "rete" dalla testa ai piedi, ed è presente dalla nascita alla fine della nostra vita. Il tessuto connettivo costituisce circa il 16-20% del peso corporeo, immagazzina il 23% del contenuto totale di acqua ed è un componente anatomico particolarmente rilevante nella determinazione della postura di ognuno di noi. Non esiste una zona del corpo senza la presenza di tessuto connettivo.

Ci sono tre principali fattori che irrigidiscono la fascia:
  • Meccanico (sovrauso, errata esecuzione di movimenti)
  • Chimico (alimentazione)
  • Psicofisico (stress, emozioni, freddo)

Tramite la fascia connettivale, i muscoli sono in realtà strutturati in lunghe catene muscolari o meglio catene miofasciali. La lunghezza di ogni singolo muscolo è strettamente legata a quella di tutti i muscoli appartenenti alla stessa catena. Un gruppo di muscoli in tensione esercita un'influenza sugli altri muscoli vicini, sia per un fattore fisico-fasciale sia nervoso (i neuroni eccitati eccitano quelli vicini).

Vediamo ora, attraverso queste immagini, le catene muscolare più semplici.

Ricordiamoci che dobbiamo pensare al corpo umano come un insieme di catene muscolari e non come singoli muscoli. Anche quando ci alleniamo o alleniamo i nostri atleti, dobbiamo tenere in considerazione che le catene muscolari sono estremamente fondamentali sia per quanto riguarda l’allungamento sia per il potenziamento fisico.

 

Tratto da Anatomy Trains (meridiani miofasciali) di Thomas W. Myers.
 rilascio miofasciale 8 La catena superficiale posteriore influisce su postura e movimento sul piano sagittale. Supporta in modo costante il corpo nella completa estensione, opponendosi alla tendenza di curvarsi durante la flessione.
 rilascio miofasciale 7 La catena miofasciale superficiale frontale bilancia la catena superficiale posteriore riguardo postura e movimento sul piano sagittale e protegge gli organi addominali.
 rilascio miofasciale 6 La catena miofasciale profonda frontale assume un ruolo prioritario nel supporto di postura e movimento.
 rilascio miofasciale 5 La catena laterale influenza postura e movimento sul piano frontale (es. sbilanciamenti laterali in flessione).
 rilascio miofasciale 4 La catena miofasciale a spirale (dx e sx) contribuisce a influenza postura e movimento su tutti i piani.
 rilascio miofasciale 3 Le catene miofasciali degli arti superiori,  dato il loro peso (sono appesi al cingolo scapolo omerale) e le loro molteplici attività, influenzano postura e movimento.
 rilascio miofasciale 2 Le catene miofasciali funzionali sono perlopiù superficiali e stabilizzano posture non di riposo e movimenti complessi

 

Rilascio Miofasciale

Cos'è il rilascio miofasciale? "Mio" deriva dal greco e significa muscolo. La fascia connettivale ed i muscoli costituiscono, a livello anatomico e funzionale, il sistema miofasciale. Il rilascio miofasciale è il risultato dell’applicazione di una o più tecniche di massaggio che usano la pressione sul corpo intero attraverso l’uso di un foam roller (nel nostro caso) o di un operatore esterno attraverso una certa tecnica di massaggio, per curare, alleviare ed eliminare il dolore. Con il rilascio miofasciale si va a diminuire la pressione nella fascia fibrosa del tessuto connettivo che riveste completamente i muscoli di tutto il corpo. La fascia si contrae e si compatta in risposta a qualsiasi tipo di stress fisico, emotivo, ambientale. In queste condizioni la pressione determina la formazione di fibre che possono sovrapporsi e aderire una all'altra. Le aderenze che si verificano in un punto possono poi produrre tensioni anche in zone ben distanti; la rete fasciale, infatti, connette tra loro tutte le zone del corpo.

La terapia di rilascio miofasciale è basata sull’idea che la postura scorretta, un trauma fisico, una malattia o lo stress emozionale possano disallineare il corpo e far sì che l’intricata rete della fascia diventi tesa e contratta. Poiché la fascia collega ogni organo e tessuto del corpo ad ogni altra parte, si dice che l’uso delle mani o del foam roller sciolga o “rilasci” le tensioni in questa rete fasciale.

Gli effetti della tensione e dello sforzo sul tessuto miofasciale agiscono come quando si tira il tessuto di una maglia e sono visti come dei nodi che si sciolgono col tempo. Anche se queste aderenze non si vedono nei raggi-X o in altri esami diagnostici, esse possono irrigidire i muscoli o contribuire a indurre movimenti dolorosi, come ad esempio piccole contratture.

 

Come funziona il rilascio miofasciale?

Il trattamento del rilascio miofasciale produce effetti positivi in tutto il corpo quando le articolazioni e le fasce sono rigide e il sistema nervoso non riesce a coordinare il movimento in modo fluido ed efficiente. Il trattamento con il rilascio miofasciale e foam roller prevede la partecipazione attiva della persona nel determinare la direzione, la durata e l'intensità dell'applicazione manuale.

Il rilascio miofasciale è una terapia per il corpo intero. Un problema in qualsiasi parte del sistema può portare ad effetti di grande estensione in altre parti del corpo, e ciò aiuta a spiegare combinazioni di dolori apparentemente inspiegabili. Molto spesso i sintomi dolorosi sono situati in posizioni del corpo apparentemente lontani dal dolore, ma che colpendo le catene muscolari si ripercuotono su determinate zone del corpo.

Si crede che la tecnica del rilascio miofasciale liberi queste aderenze ammorbidendo e allungando la fascia liberando le restrizioni, migliorando così la circolazione e la trasmissione del sistema nervoso. Inoltre, essendo la fascia in connessione con tutte le strutture dell’organismo e per il concetto di tensegrità, il rilascio miofasciale non deve essere focalizzato unicamente sulla zona da trattare ma in generale ed esteso a tutto il corpo.

Al contrario di quanto si possa immaginare, l’effetto principale del foam roller non è di tipo meccanico ma neurologico. Con una compressione profonda si va sì a stimolare meccanicamente il muscolo e la fascia, ma lo stimolo principale è di tipo neurologico e deriva dall’attivazione dei meccanocettori intra-fasciali che, se le tensioni di fascia e muscolo sono eccessive, inviano un segnale al sistema nervoso centrale obbligandolo a rilassare un determinato gruppo di unità motorie (e quindi rilasciare un muscolo) andando a spegnere una loro iperattivazione.

 Rilascio miofasciale 1

 

Cosa dicono le ricerche?

Recenti studi hanno dato una base scientifica a quello che finora erano ipotesi e, a volte, semplici credenze. Purtroppo le ricerche a riguardo del foam roller e rilascio miofasciale non sono molte, ma ne esistono due molto interessanti.

Durante uno di questi studi, pubblicato su Journal of Strength & Conditioning Research, è stato evidenziato un incremento della mobilità e ampiezza di movimento dell’articolazione del ginocchio dopo l’utilizzo del foam roller, senza però influenzare il reclutamento muscolare e la forza dei muscoli estensori della gamba (quadricipite femorale). Ecco i risultati dell’abstract: (Mohr, A.R., Long, B.C., & Goad, C.L. (2014) Effect of foam rolling and static stretching on passive hip-flexion range of motion)

“There were no significant differences between conditions for any of the neuromuscular dependent variables. However, after foam rolling, subjects' ROM significantly (p < 0.001) increased by 10° and 8° at 2 and 10 minutes, respectively. There was a significant (p < 0.01) negative correlation between subjects' force and ROM before foam rolling, which no longer existed after foam rolling. In conclusion, an acute bout of SMR of the quadriceps was an effective treatment to acutely enhance knee joint ROM without a concomitant deficit in muscle performance.”

Per quanto riguarda la prestazione sportiva, il foam roller non la influenza direttamente, secondo un altro studio pubblicato sempre sullo stesso portale, The Effects of Myofascial Release With Foam Rolling on Performance (Healey, K. C., Hatfield, D. L., Blanpied, P., Dorfman, L. R., & Riebe, D. (2014)

 “As expected, there were significant increases from pre to post exercise during both trials for fatigue, soreness, and exertion (p ≤ 0.01). Postexercise fatigue after foam rolling was significantly less than after the subjects performed planking (p ≤ 0.05). The reduced feeling of fatigue may allow participants to extend acute workout time and volume, which can lead to chronic performance enhancements. However, foam rolling had no effect on performance.”

Diversamente da altri articoli pubblicati precedentemente, in questo caso le ricerche non ci danno una grossa mano ma ci lasciano alcune preziose indicazioni circa il miglioramento di mobilità e ampiezza di movimento e la sua non influenza diretta sulla performance. Sicuramente però, può essere uno strumento utile da unire al riscaldamento e alle altre fasi dell’allenamento.

In un prossimo articolo parleremo più nel dettaglio del foam roller. Buona lettura e arrivederci al prossimo articolo!

Maurizio Tripodi

Prof. Maurizio Tripodi

Laureato Magistrale Scienze Motorie | Professore Università Cattolica di Milano
Libro atletica leggera ilCoach

Libro gratuito sull'atletica leggera

Clicca qui sotto per scaricare il libro gratuita sull'atletica leggera!

Scarica l'E-book gratuito

Diventa un tesserato de IlCoach per avere sconti speciali sui nostri corsi

Voglio far parte de IlCoach e avere sconti speciali
sconto beast ilcoach

Enter description text here.

Click Here

Offerta per tutti i nostri tesserati!

Aiutaci a diffondere i nostri contenuti. Condividi sul tuo social preferito cliccando sulle icone sotto!

Questi li hai già letti?

02 Maggio 2019
5 esercizi di stretching dinamico per i runners
stretching bandelletta
29 Aprile 2019
I 5 esercizi di stretching statico per prevenire la sindrome della bandelletta
08 Giugno 2016
Flessibilità degli ischiocrurali. Neurodinamica o stretching?
Il foam roller, cos'è e a cosa serve.
16 Maggio 2016
Il foam roller, cos'è e a cosa serve.
21 Marzo 2016
Proposta di esercitazioni per gli ostacoli: la mobilità (video)
16 Luglio 2015
Stretching: cosa dicono le ricerche
25 Giugno 2015
Le tecniche di stretching (video)
18 Giugno 2015
Lo stretching: quello che dobbiamo sapere
06 Maggio 2015
Prevenzione degli infortuni in atletica

Filed Under: Infortuni Tagged With: automassaggio, fascia, fascia muscolare, foam roller, Maurizio Tripodi, miofaciale, muscoli, muscolo, rilascio miofasciale, Sistemha

Stretching: cosa dicono le ricerche

16 Luglio 2015 by Redazione

STRETCHING: COSA DICONO LE RICERCHE

Sulla base delle conoscenze attuali, in base alle numerose ricerche che esistono sullo stretching e sulle sue diverse applicazioni, possiamo affermare alcune considerazioni importanti riguardanti questa pratica. Cerchiamo quindi di fare chiarezza su questa pratica diffusa e forse fin troppo abusata da parte di alcuni atleti e allenatori.

 

Stretching e riscaldamento

Lo stretching non è il miglior mezzo sul quale basare la fase di riscaldamento pre-gara e/o pre-allenamento. Questo non significa assolutamente che non può trovare una posizione in quest’ambito, ma che al contrario debba essere integrato in un piano di riscaldamento basato essenzialmente su esercitazioni di tipo dinamico, che si rivelano senz’altro più adatte ad ottenere un idoneo innalzamento della temperatura muscolare sino al raggiungimento dei suoi livelli ideali.

La temperatura ideale alla quale il muscolo ottimizza le proprie caratteristiche visco-elastiche, è all’incirca di 39° C, a questa temperatura diminuisce infatti la viscosità dei tessuti, migliora l’elasticità dei tendini, si aumenta la velocità di conduzione nervosa e si modifica positivamente l’attività enzimatica, inoltre l’innalzamento della temperatura muscolare costituisce un’efficace misura preventiva nei confronti degli infortuni riducendo i rischi di stiramento o strappo muscolare.

Lo stretching è largamente utilizzato nell’ambito del riscaldamento tuttavia, secondo alcuni Autori (Alter, 1996; Wiemann e klee, 2000) la sua possibile efficacia nel provocare un innalzamento della temperatura del muscolo, sarebbe molto discutibile, tanto che alcuni studi dimostrerebbero addirittura un suo effetto negativo in questo senso. In effetti, occorre ricordare che il tipo d’azione muscolare che ritroviamo nel corso dello stretching è praticamente sovrapponibile a ciò che avviene in una contrazione eccentrica.

Dal momento che nel corso di una contrazione di tipo eccentrico, la vascolarizzazione muscolare viene interrotta ed il lavoro svolto diviene in tal modo di tipo anaerobico, determinando un aumento dell’acidosi, oltre ad una marcata anossia cellulare, è facilmente comprensibile come lo stretching non possa essere considerato come il mezzo d’elezione nell’ambito del riscaldamento. Utilizzare lo stretching come unico mezzo esclusivo sul quale basare il riscaldamento pre-gara e/o pre-allenamento, sembrerebbe quindi sicuramente insufficiente e scorretto. Tuttavia, integrare razionalmente lo stretching in uno schema di riscaldamento basato soprattutto su altri tipi d’esercitazione, maggiormente efficaci nel far aumentare la temperatura interna del muscolo, come un’idonea alternanza di contrazioni e rilassamenti, è sicuramente la scelta più corretta. Come ricorda Shrier (1999), non dobbiamo mai dimenticarci delle peculiarità della persona: molti atleti necessitano di un solo esercizio di allungamento per muscolo, mentre altri richiedono più esercizi e più tempo da dedicare allo stretching.

[su_divider top=”no” divider_color=”#5dbd54″][su_divider][/su_divider]

Stretching e prevenzione dei danni muscolari

Non è razionale pensare che sia sufficiente una sola pratica dello stretching per poter prevenire in forma sistematica gli incidenti di natura muscolare. Data la multifattorialità degli infortuni, non è giustificato poter pensare ad una completa inutilità dello stretching in questo campo. La scelta più obiettiva e corretta sembrerebbe considerare lo stretching come uno dei molteplici mezzi di prevenzione da adottare nell’ambito di una strategia preventiva di tipo integrato e sinergico.

Una ricerca di Simic et Al. Del 2013 afferma che i risultati dimostrano chiaramente che lo Stretching Statico prima dell’esercizio ha un effetto negativo sulla forza muscolare massima e sulle prestazioni muscolari, mentre i corrispondenti effetti acuti sulla potenza muscolare rimangono ancora poco chiari. Questi risultati sono universali, indipendentemente dal soggetto di età, genere, o lo stato di formazione. Il meccanismo maggiormente correlato al possibile danneggiamento della fibra muscolare, risulterebbe essere la contrazione di tipo eccentrico. La ragione della maggior incidenza traumatica a livello muscolare, riscontrabile durante una situazione di contrazione eccentrica, è con ogni probabilità imputabile alla maggior produzione di forza registrabile nel corso di quest’ultima, rispetto a quanto non avvenga nella modalità di attivazione di tipo concentrico od isometrico.

Infatti durante una contrazione eccentrica, la forza espressa dal distretto muscolare risulta essere di ben tre volte maggiore di quella espressa, alla stessa velocità, durante una contrazione concentrica. Inoltre, durante una contrazione eccentrica, risulta maggiore anche la forza prodotta dagli elementi passivi del tessuto connettivo del muscolo sottoposto ad allungamento. Soprattutto in riferimento a questo dato, occorre sottolineare come anche il fenomeno puramente meccanico dell’elongazione, possa giocare un ruolo importante nell’insorgenza dell’evento traumatico. Durante la contrazione eccentrica il muscolo è in effetti sottoposto ad un fenomeno di “overstretching” che, in quanto tale, può determinare l’insorgenza di lesioni a livello dell’inserzione tendinea, della giunzione muscolo-tendinea, oppure a livello di una zona muscolare resa maggiormente fragile da un deficit di vascolarizzazione. E’ interessante notare come siano i muscoli bi-articolari quelli maggiormente esposti ad insulti traumatici, proprio per il fatto di dover controllare, attraverso la contrazione eccentrica, il range articolare di due o più articolazioni. Anche la diversa tipologia delle fibre muscolari presenta una differente incidenza di evento traumatico. Le fibre di tipo FT (fibre a contrazione rapida che intervengono nelle azioni muscolari rapide ed intense) sono infatti maggiormente esposte a danni strutturali rispetto alle ST (fibre muscolari a contrazione lenta, reclutate in azioni muscolari di scarsa entità ma di lunga durata) probabilmente a causa della loro maggior capacità contrattile, che si traduce in un’accresciuta produzione di forza, e di velocità di contrazione, rispetto alle fibre di tipo ST.

Inoltre i muscoli che presentano un’alta percentuale di FT, sono generalmente più superficiali e normalmente interessano due o più articolazioni, fattori entrambi predisponenti al danno strutturale. Inoltre è interessante notare come l’evento traumatico sia prevalentemente localizzato a livello della giunzione muscolo-tendinea, a testimonianza del fatto che in questa zona, si verifichi il maggior stress meccanico.

Per tutta questa serie di motivi lo stretching è stato sempre considerato come la miglior forma di prevenzione nei confronti dei danni muscolari. Tuttavia recentemente numerosi Autori, a seguito di protocolli di studio specifici, non hanno rilevato alcun beneficio, derivante da una pratica assidua e regolare dello stretching, nei riguardi della prevenzione dei danni all’UMT. Una possibile spiegazione di questa mancanza di correlazione tra capacità d’elongazione del muscolo e diminuzione degli incidenti muscolari, potrebbe risiedere nel fatto che in effetti lo stretching provoca una sorta di effetto antalgico nei confronti dell’allungamento stesso.

Shrier e Pope (2000), hanno mostrato che lo stretching effettuato prima dell’esercizio non ha alcun effetto nella prevenzione dei traumi, sia in acuto che in cronico. Altre ricerche (Hartig, 1999, Hilyer, 1990) non sono arrivate a stabilire un livello minimo di stretching, in termini di tempo al giorno, affinchè possa produrre risultati significativi. La pratica dello stretching indurrebbe quindi una diminuzione della sensazione dolorosa indotta dall’allungamento, data da un aumento della soglia dei nocirecettori, permettendo in tal modo all’atleta di sopportare allungamenti muscolari di maggiore entità, situazione che potrebbe anche paradossalmente aumentare il rischio di traumatismi a livello muscolare.

La considerazione finale sull’incidenza dello stretching sul rischio d’incidenti a livello muscolo-tendineo, è che comunque l’eziologia di tali eventi traumatici sia talmente multifattoriale da rendere improbabile l’ipotesi che in questo campo la pratica dello stretching possa costituire una sorta di rimedio universale, ma è molto più plausibile ed obiettivo considerare lo stretching come uno dei mezzi utilizzabili nell’ambito di un piano rivolto alla prevenzione degli incidenti muscolari.

[su_divider top=”no” divider_color=”#5dbd54″][su_divider][/su_divider]

Stretching e prestazione

Sono molti gli studi ritrovabili in bibliografia che documentano (Wiemann e Klee, 2000; Fowles, 2000; Kekonen, 2001) in seguito ad una precedente seduta di stretching, una diminuzione della prestazione di sprint, una perdita della capacità di forza massimale e di resistenza alla forza, oppure di capacità di salto e quindi della possibilità da parte dell’UMT (unità muscolo tendinea) di accumulare energia elastica nel corso della fase eccentrica del movimento e di restituirla, sotto forma di lavoro meccanico, durante la fase concentrica dello stesso.

Una recente ricerca di Kay, A. D., and A. J. Blazevich del 2012, ha affermato che lo stretching statico per un totale di 45 sec può essere utilizzato come routine senza il rischio di una diminuzione significativa nella performance delle attività forza o di velocità. Per tempi di allungamento più lunghi(ad esempio, 60 s) ci sono maggiori probabilità di causare una piccola o moderata riduzione delle prestazioni. Questa perdita della capacità prestativa in seguito ad un seduta di stretching, trova sostanzialmente tre tipi di spiegazione.

In primo luogo, occorre sempre considerare il fatto che l’allungamento è, da un punto di vista biomeccanico, assimilabile ad una contrazione di tipo eccentrico, la cui intensità può raggiungere livelli di tipo massimale. Per questo motivo, facendo precedere alla prestazione, una seduta di stretching particolarmente intensa, si corre sia il rischio di produrre dei danni alla struttura muscolare. Un secondo fattore che potrebbe spiegare il fenomeno, è costituito dal fatto che un’eccessiva sollecitazione in allungamento di alcuni gruppi muscolari a discapito di altri, potrebbe costituire un fattore di perturbazione della coordinazione sia tra gruppi muscolari sinergici, che tra agonisti ed antagonisti. Un ultimofattore è costituito dal fatto che il tendine, nel corso di un allungamento di una certa intensità e durata, attraversa una fase di riorganizzazione delle proprie fibre di collagene che vengono nuovamente orientate meno obliquamente di quanto non fossero nella precedente fase di riposo.

Questo fenomeno va sotto il nome di “creeping” e comporta una diminuzione delle capacità del tendine, nel corso di un ciclo stiramento-accorciamento, di poter accumulare e restituire energia elastica. Dal momento che il tendine è il maggior interprete del fenomeno di risposta elastica, quest’ultimo fattore potrebbe assumere un ruolo determinante nella diminuzione delle capacità di salto registrabile in seguito ad una precedente intensa seduta di stretching.

[su_divider top=”no” divider_color=”#5dbd54″][su_divider][/su_divider]

Stretching e prevenzione dei DOMS*: Delayed Onset Muscle Soreness

L’utilizzo dello stretching nella prevenzione del fenomeno del delayed onset muscle soreness apparirebbe ingiustificato e sostanzialmente inutile.

Il fenomeno del “delayed onset muscle soreness”, successivo ad un allenamento di tipo eccentrico ha un origine metabolica e meccanica ben precisa, è quindi molto probabile che la pratica dello stretching non abbia un’influenza di tipo positivo sul fenomeno in questione. Alcuni lavori testimoniano di come neppure una seduta di stretching effettuata prima di una seduta d’allenamento eccentrico, oppure durante, o dopo la stessa, sia in grado di diminuire la sensazione dolorosa percepita dagli atleti nell’ambito delle 24-48 ore susseguenti alla sessione di lavoro. Freiwald, 1999; Schober, 1990; affermano che lo stretching statico non rappresenta il miglior modo per facilitare il drenaggio del sangue, anzi, la compressione dei capillari interrompe la vascolarizzazione.

*DOMS (Delayed Onset Muscle Soreness): indolenzimento muscolare ad insorgenza ritardata, associato a un aumento dello sforzo fisico (sia come intensità che come volumi), è una normale risposta fisiologica a sforzi maggiori, o lo svolgimento di attività fisiche a cui non si è abituati (porta ad adattamento ad esso). Il dolore e il disagio associato ai DOMS solitamente raggiunge il picco tra le 24 e le 48 ore a seguito dell’esercizio fisico, e si estingue entro 96 ore.
Dai non addetti ai lavori è spesso ed erroneamente associato ad accumulo di acido lattico nei muscoli.

[su_divider top=”no” divider_color=”#5dbd54″][su_divider][/su_divider]

Concludendo, come dobbiamo comportarci?

Abbiamo toccato diversi punti importanti in questo articolo che possono servire a tutti gli allenatori e atleti che si cimentano tutti i giorni nella pratica dello stretching, abbiamo chiarito alcuni dubbi attraverso spiegazioni dettagliate fornite da numerosi studiosi nel campo della ricerca dello sport.

Vediamo quindi alcuni messaggi importanti da portare con noi mentre andiamo al campo di allenamento, in pista o durante ogni nostra seduta di training:

  1. Non basiamo il riscaldamento solo esclusivamente sullo stretching ma integriamolo con altre esercitazioni dinamiche e sport specifiche.
  2. Lo stretching non previene gli infortuni ma è uno dei tanti mezzi che aiuta a prevenirli. La sola pratica dello stretching non è sufficiente e va integrata con altre pratiche poiché le cause degli infortuni sono molteplici.
  3. Lo stretching svolto prima di una prestazione di forza potrebbe creare una diminuzione di essa.
  4. Lo stretching non rappresenta il miglior modo per prevenire i DOMS dato che non facilita il drenaggio sanguigno poiché la compressione dei capillari interrompe la vascolarizzazione.

Maurizio Tripodi

un ringraziamento a Matteo Ferrari che mi ha aiutato nella stesura di questi articoli sullo stretching

[su_divider text=”torna su” divider_color=”#5dbd54″][su_divider][/su_divider]

Gli altri articoli di Maurizio:

Prevenzione degli infortuni

Lo stretching: mezzi e metodi

Lo stretching: video pratico

Filed Under: Uncategorized Tagged With: allungamento muscolare, atletica leggera, il Coach, il coach atletica leggera, il coach better yourself, ilcoach better yourself, ilcoach.net, linee guida stretching, lo stretching, Maurizio Tripodi, mobilità articolare, rilassamento muscolare, riscaldamento, Stretching, stretching e doms, stretching e forza, stretching e infortuni, stretching e prestazione, stretching e riscaldamento, stretching ricerche scientifiche, Track and field, video stretching, warm up

Prevenzione degli infortuni in atletica

6 Maggio 2015 by Redazione

Cosa vuol dire prevenire gli infortuni in atletica leggera?

Prima di entrare nel merito degli infortuni sportivi, e ancor di più nello specifico degli infortuni più frequenti nelle discipline dell’atletica, dovremmo partire da quello che è il concetto più ampio della prevenzione.

La prevenzione è l’insieme di azioni finalizzate a ridurre il rischio, ossia la probabilità che si verifichino eventi non desiderati.

In molti ambiti si parla di prevenzione, ad esempio si sente spesso parlare di prevenzione sulle strade, e quando se ne parla si discute di come poter ridurre il numero di incidenti con la consapevolezza che è impossibile ridurli del 100%, l’imprevisto esiste sempre. Quindi quando si parla di prevenire degli infortuni, non si può pensare di poterli eliminare, perchè i rischi esistono sempre, l’unica cosa che si può fare è cercare di ridurre i rischi il più possibile.

Lo sport agonistico è una attività che possiede in se molti rischi, questo perché ci obbliga a richiede il massimo esprimibile al nostro sistema di movimento.
Tutti i nostri apparati vengono portati all’esasperazione per poter raggiungere la prestazione voluta, questo porta in automatico ad un aumento del livello di rischi.
Per tornare ad un parallelismo con l’automobile, anche la formula1 e uno strumento esasperato per gareggiare, infatti si rompe più facilmente delle nostre utilitarie.

Ora definiamo meglio cos’è un infortunio nel mondo dello sport.

[su_divider top=”no” divider_color=”#b8f976″]

Cos’è l’infortunio sportivo?
A volte si pensa all’infortunio solo quando si parla di eventi gravi che comportano un non breve allontanamento dell’atleta dai campi di gioco, mentre non vengono in mente quelle singole sedute di allenamento saltate per colpa di quel dolore o di quel malessere temporaneo dell’atleta.

Possiamo dire che l’infortunio nello sportivo é: un evento che destabilizza lo stato di salute dell’atleta (è tutto ciò che limita la possibilità di gareggiare o di allenarsi come programmato).

Quindi vi invito a riflettere bene su quanti sono gli infortuni che, magari, non avete considerato tali.

Fatte queste considerazioni cominciamo a fare i conti con le discipline dell’atletica leggera.

[su_divider top=”no” divider_color=”#b8f976″]

Infortuni ed atletica leggera
I pochi dati epidemiologici in materia di infortuni in atletica ci dicono molto degli infortuni di grande entità, che accadono soprattutto durante le gare, ma non ci dicono molto degli infortuni che accadono lontani dai campi gara, ma che posso danneggiare comunque o la preparazione alla gara o la prestazione stessa. io sono dell’idea che, la maggior parte degli infortuni delle nostre discipline nascano durante l’allenamento.
Da poco sono state stilate delle linee guida internazionali per la registrazione dei dati epidemiologici degli infortuni in atletica leggera (qui il link), questo permetterà di comprendere di più quali sono realmente le cause più frequenti di infortunio nelle nostre discipline.

Per ora ci dovremo accontentare di parlare di prevenzione dell’atleta, aspettando di avere dati relativi alle singole discipline.
gli infortuni posso essere i più disparati.

Per cercare di fare un pò di ordine potremmo cominciare a classificali in questo modo, per evento causale:

  • Da trauma, esempio arrivo su materasso sbagliato o una chiusura di salto in lungo errata
  • Da contatto, causati dal contatto con un altro atleta oppure uno strumenti di gioco fermo (ostacolo) oppure mobile (disco)
  • Da non contatto, spesso sono problemi muscolari o distorsioni articolari
  • Da sovrallenamento, non confondetelo con il solo overtraining, cioè con un esagerazione della quantità di carico di lavoro, pensate anche quando un infortunio e causato da un allenamento svolto in maniera scorretta, non solo dal punto di vista quantitativo ma anche qualitativo, oppure da un allenamento programmato in maniera grossolana e senza tenere conto di tutti gli aspetti, questo può portare alla lunga ad un infortunio.

Gli attuali dati ci dicono che la maggior parte degli infortuni nel quale incappiamo più frequentemente sono da non contatto e da sovrallenamento.

Noi come allenatori, per prevenire questi eventi, dobbiamo pensare a molti aspetti: una corretta programmazione del lavoro,una corretta alimentazione dell’atleta, una buona idratazione, ecc… gli aspetti sono cosi tanti che nessun allenatore può pretendere di tenerli tutti sotto controllo, per questo penso che un team di allenatori in grado di valutare aspetti diversi del singolo atleta sia il modo migliore di poter prevenire spiacevoli inconvenienti.

Io non ho la pretesa di poter sapere di tutti questi aspetti, e per questo ringrazio questa iniziativa “ilCoach“, credo che l’incontro delle conoscenze possa essere l’unico luogo dove possa nascere quel sapere necessario ai nostri atleti per competere ad alto livello, non solo nazionale.

 

Attraverso questa iniziativa:

  • toccheremo più argomenti riguardanti problematiche frequenti in atletica leggera e metodologie di allenamento utilizzate al fine di prevenire gli infortuni;
  • parleremo dei possibili modi di misurare il rischio di infortuni o valutare i possibili campanelli d’allarme, e degli aspetti qualitativi che ogni allenamento richiede. Le evidenze scientifiche applicate sono l’unica cosa che può portarci a migliorare il servizio ai nostri atleti

Spero che questa iniziativa possa essere formativa per tutti, e vi invito a contattarmi per eventuali richieste o domande.

 

Maurizio Tripodi

 

[su_divider text=”torna su” divider_color=”#b8f976″ size=”5″]

Se sei interessato a questi argomenti visita la nostra sezione infortuni

Filed Under: Infortuni Tagged With: cos'è l'infortunio sportivo, destabilizza stato salute atleta, il Coach, il coach better yourself, ilcoach, Ilcoach infortuni, ilcoach.net, infortuni, infortuni atletica, infortuni atletica leggera, infortuni da contatto, infortuni da non contatto, infortuni da sovrallenamento, infortuni da trauma, infortuni ed atletica leggera, Maurizio Tripodi, metodologie di allenamento, prevenire infortuni, prevenire infortuni atletica leggera, prevenzione, Prevenzione degli infortuni in atletica, prevenzione infortuni, prevenzione infortuni atletica, prevenzione infortuni atletica leggera, ridurre rischio infortuni, stato salute atleta, valutare rischi infortuni

NEWSLETTER

Iscriviti alla nostra newsletter per restare aggiornato sui nostri contenuti. Non riceverai SPAM!
!
!

"Dichiaro di aver letto l'informativa sulla privacy e acconsento al trattamento dei miei dati personali ai sensi dell’art. 13 D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196"

Terms and Conditions checkbox is required.
Iscriviti
Something went wrong. Please check your entries and try again.

Partners

AICS-2-e1503987781851
logo_slide-isci_ok
cropped-S-INFO-logo-instagram-1
beast
Lisport-1024x140

Copyright 2015-22 ILCOACH.NET A.S.D. |  Sede legale: Via San Lorenzo 6B (BS) - C.F. 03893880983 | P. I. : 03893880983 | |