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Goal setting: fare centro con gli obiettivi!

20 Dicembre 2015 by Redazione

“Lo sport offre una differente prospettiva di vita: insegna ad affrontare le delusioni e stimola le energie per conquistare obiettivi più costruttivi” Charléne Wittstock

 

La stagione agonistica è alle porte per molti atleti. La maggior parte di noi sta affrontando una preparazione invernale intensa e disagevole. Ma dopo la pausa natalizia, e per alcuni anche prima, iniziano le competizioni indoor, di cross e invernali.
Una cosa fondamentale per affrontare correttamente la stagione agonistica è porsi gli obiettivi nel modo più corretto e adeguato. Per farlo, è necessario parlare chiaramente con il proprio allenatore, che può dare opinioni oggettive sullo stato di forma e sulle potenzialità che possono essere sfruttate.

 

Le caratteristiche di un obiettivo SMART

Per essere psicologicamente valido, è necessario che ogni obiettivo abbia le seguenti caratteristiche:
  • SPECIFICO: deve essere relativo a qualcosa di specifico e alla specialità affrontata. Non vale come obiettivo il dirsi “voglio andare meglio dell’anno scorso”. Meglio di cosa? Meglio di quanto? Anche il porsi mete come arrivare a podio alla tale competizione non è un obiettivo valido: dipende solo da noi o anche dagli altri partecipanti[su_spacer size=”10″]
  • MISURABILE: in questo l’atletica ci viene in aiuto, con le sue misurazioni in secondi, minuti, centimetri e metri oggettive e non discutibili. Non abbiate paura a porvi obiettivi al centesimo o al centimetro[su_spacer size=”10″]
  • ACCESSIBILE: a tutti piace sognare. A tutti è capitato di pensare di poter raggiungere mete importanti. Ma è necessario essere oggettivo. Gli obiettivi ci servono se abbiamo le competenze per raggiungerli! Altrimenti non faranno altro che farci passare la motivazione, la determinazione e la fiducia in noi stessi.[su_spacer size=”10″]
  • SFIDANTE: ogni obiettivo deve rappresentare una vera e propria sfida. Se è un risultato scontato rischia di non stimolare la motivazione e la determinazione necessarie a raggiungere mete sempre più alte.[su_spacer size=”10″]
  • LEGATO AL TEMPO: l’obiettivo deve avere una scadenza, dovete poter dire di averlo raggiunto o di averlo mancato. Spesso la scadenza è relativa all’ultima data utile per fare tale risultato. Queste sono le caratteristiche da seguire attentamente per porsi obiettivi validi dal punto di vista psicologico. Tale metodo aiuta a utilizzare tutte le proprie risorse e a sviluppare tutte le potenzialità atletiche.

 

Ansia

Quando parlo di goal setting con alcuni degli atleti che seguo, mi viene spesso detto che il solo fatto di pensare ad un obiettivo provoca ansia e fa nascere una grande paura di non raggiungere la meta prevista, al punto che molti si rifiutano all’inizio di pensare ad un obiettivo a lungo termine. L’obiettivo serve per avere ben presente dove si vuole arrivare e quali risorse è necessario mettere in campo nel momento in cui si deve preparare e affrontare la prestazione. È normale provare ansia e tensione a riguardo, è comunque una dimostrazione di possedere o no le capacità per far avverare i propri sogni. L’importanza dell’obiettivo è però fondamentale ed è necessario superare la tensione e i sentimenti negativi affrontandoli nel miglior modo possibile.

Una corretta modalità è quella di porsi obiettivi a breve termine dopo aver stabilito la meta finale della stagione agonistica. In questo modo si otterrà un duplice effetto positivo: prima di tutto ogni volta che si raggiunge un obiettivo, anche non esageratamente alto, si aumenta la propria autostima e la propria selfefficacy, ossia la percezione della propria efficacia. Inoltre si fa un ulteriore passo per raggiungere l’obiettivo finale. Inevitabilmente, per poter avvicinarsi sempre più alla meta prevista, ad ogni obiettivo raggiunto ne seguirà un altro.

 

Obiettivi mancati

Porsi obiettivi comporta il pericolo di non raggiungerli. Nel momento in cui l’obiettivo è scaduto o mancato si dovrà superare un momento di delusione, frustrazione e tristezza. Molte volte nella vita capita di non centrare gli obiettivi ma questo non vieta agli atleti di superare questi sentimenti negativi per poter raggiungere nuove mete e porsi nuovi traguardi per la successiva stagione agonistica. Provare sentimenti negativi di fronte a obiettivi mancati è assolutamente normale. Il consiglio in questo caso è accettare queste emozioni e cercare diverse mete per avere una nuova motivazione per affrontare nuovi allenamenti e nuove sfide.

Per un ulteriore approfondimento su questo argomento vi rimando all’articolo le opportunità dell’insuccesso.

 

Obiettivi raggiunti

Porsi obiettivi può anche significare il raggiungimento di essi. Se un obiettivo viene raggiunto sicuramente si prova grande soddisfazione e grande gioia, soprattutto se è il traguardo finale della stagione agonistica. Anche qui, come si parlava nell’articolo le trappole del successo a cui vi rimando per un ulteriore approfondimento, ci sono dei pericoli. Il mio consiglio è di vivere la felicità di festeggiare abbondantemente il successo ma di tornare presto alla propria attività e a porsi obiettivi per la stagione successiva in modo da non lasciar cadere la motivazione e la determinazione e da non dormire sugli allori. Buon lavoro dunque e buona stagione agonistica

Buon lavoro dunque e buona stagione agonistica

 

 

A cura di Martina Fugazza

Filed Under: Psicologia Tagged With: ansia, atletica leggera, fare centro, goal setting, il Coach, il coach better yourself, il_Coach, ilcoach, ilcoach psicologia, ilcoach.net, Martina Fugazza, obiettivi, obiettivi mancati, obiettivi raggiunti, obiettivo smart, psicologia e sport, psicosport, psiocologia, trackandfield

La "forma" dell'accelerazione secondo Alessandro Nocera (video)

9 Dicembre 2015 by Redazione

Dopo aver presentato la relazione della parte teorica del Convegno Lombardo sulla velocità con relatore Alessandro Nocera, di seguito pubblichiamo il video da noi realizzato sulla successiva parte pratica nella quale Alessandro ha presentato, secondo la sua esperienza, la tecnica di partenza dai blocchi ideale e quali sono i punti chiave per ottenerla.

Buona visione

 

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Filed Under: Allenatori Tagged With: accelerazione, alessandro nocera, convegno fidal lombardia, drill, fidal lombardia, forma dell'accelerazione, il Coach, ilcoach, sprint, sprint drills, starting blocks, tecnica, tecnica start, training, velocità

Daniele Barison: analisi stagione agonistica del Campione Italiano 2013 dei 1000 cadetti

14 Ottobre 2015 by Redazione

Di seguito la tesi di laurea in Scienze Motorie di Daniele Barison, laureato in Scienze Motorie all’Università dell’Insurbia, giovane tecnico della provincia di Monza, che nel 2013 ha avuto, come dice lui, la fortuna di collaborare con il tecnico Matteo Santambrogio, nell’allenamento di Leonardo Cuzzolin. Il lavoro che ci presenta analizza la stagione che ha portato Cuzzolin a diventare Campione Italiano nei 1000 metri 

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Leonardo Cuzzolin esulta dopo la vittoria del Titolo di Campione Italiano Cadetti nei 1000 metri (2013)

 

 

Lasciamo la parola a Daniele…

Ecco un lungo progetto sul settore giovanile che racconta del percorso di una stagione estiva da marzo a ottobre, di un cadetto del mezzofondo giovanile che poi ci ha condotti a vincere il titolo italiano sui 1000 m;  un analisi con un importante parte tecnica e scientifica, analizzando la stagione dal punto di vista di allenamenti e gare e mezzi d’allenamento proposti, con test scientifici di forza e test Conconi per la valutazione dell’atleta.

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Leonardo Cuzzolin con coach Silvano Danzi (Responsabile settore mezzofondo Lombardo)

 

 E’ stato un percorso pieno di belle soddisfazioni e con la collaborazione di molte persone molto importanti: l’allenatore Matteo  Santambrogio, del mio relatore Silvano Danzi che ha creduto moltissimo nel mio progetto e mi ha incoraggiato, tutta la mia società Atletica Meda, e i collaboratori del settore tecnico regionale della Fidal Lombardia Luca Del Curto e Graziano Camellini per lo svolgimento dei test.

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Nella foto: a Busto Arsizio Daniele Barison (al centro) con il campione Lombardo Cadetti Leonardo Cuzzolin. Presenti anche i due coach Matteo Santambrogio e Massimo Nava.

 

Un percorso  molto bello che porterò sempre nel cuore, tanti bei momenti di vita, che adesso dopo due anni che lo vedo allenarsi e gareggiare lo sento sempre vicino, nonostante non lo alleni più io. Vederlo, in questa stagione da allievo dopo aver superato solo in primavera diversi probemi legati alla crescita, giungere 5° agli italiani sugli 800 m e bronzo nella staffetta 4×400 m mi riempe il cuore di gioia, con PB di 51″46 sui 400 m e di 1’55″96 sugli 800 m. 

Daniele Barison

 

Di seguito la Tesi di laurea in formato PDF

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Nella foto di copertina: Daniele Barison a sx, Matteo Santambrogio e Leonardo Cuzzolin (con la medaglia di Campione Regionale) e Massimo Nava (a dx), ai Campionati Regionali Lombardi Cadetti/e 2013 (Busto Arsizio).

Ringraziamo Daniele per la disponibilità nel pubblicare la sua tesi sul nostro sito!!!

 

Filed Under: Uncategorized Tagged With: allenamento 1000 metri cadetti, allenamento mezzofondo, allenamento mezzofondo cadetti, Cuzzolin allenamento, Cuzzolin campione italiano 1000 metri, Daniele Barison, esperienze ilcoach, graziano camellini, il Coach, ilcoach, ilcoach.net, Leonardo Cuzzolin, Leonardo Cuzzolin allenamento da cadetto, Luca Del Curto, Massimo Nava, Matteo Santambrogio, Silvano Danzi, tesi di laurea, tesi di laurea allenamento mezzofondo, Tesi di laurea daniele barison, tesi di laurea mezzofondo, tesi di laurea scienze motorie, tesi ilcoach, università dell'insurbia

Stefania a Barça: iniziati gli allenamenti di atletica!!!

9 Ottobre 2015 by Redazione

Stefy-a-Barca-iniziati-gli-allenamenti-di-atletica

Terza puntata del “Diario di viaggio di Stefania”, dove l’amica Stefania Brunazzi ci racconta la sua avventura a Barcellona, dove si trova per affrontare 6 mesi di Erasmus all’Instituto Nacional de Educación Física de Cataluña (la nostra Scienze Motorie). Sono iniziati gli allenamenti con il gruppo di saltatori con l'asta....

 21.09.15

Cominciati gli allenamenti con il mio nuovo equipo: una decina di ragazzi molto simpatici tra i 15 e i 25 anni.

Ci alleniamo al Mar Bella con l’allenatore del salto con l’asta Alvaro Ratia. Per ora abbiamo fatto solo allenamenti di ginnastica e potenziamento generale per la pretemporada, ma mi sono già resa conto che da questa esperienza imparerò molto, anzi, moltissimo, sia come atleta, sia come allenatrice!

Stefy a Barca 3 (4)

Centro sportivo "Mar Bella" (Barcellona)

 

 

Il livello tecnico è molto buono e va beh, le strutture sono fantastiche! Soprattutto viste con gli occhi di una ragazza che viene da Lumezzane, dove il campo fuori casa non si può utilizzare perché c’è il calcio, al Calvesi non ci si può allenare perché è chiuso…a Nave per fortuna sta nascendo un bel centro sportivo per tutti quelli che non sanno più dove allenarsi…

Qui al Mar Bella tutti gli atleti pagano tot al mese, hanno il loro pass, la loro divisa, l’armadietto, la palestra e un paio di spogliatoi per le femmine e per i maschi. Tutti gli allenatori (o quasi) sono laureati in scienze motorie e per ogni disciplina c’è un tecnico specialista. Per il gruppo degli astisti Alvaro organizza addirittura un allenamento a settimana alla mia università per fare ginnastica artistica.

Stefy a Barca 3 (7)

Allenamento di ginnastica artistica all’Instituto Nacional de Educación Física de Cataluña

 

 

Alla fine di ogni mese i tecnici si riuniscono per parlare di come sta andando, degli obiettivi della squadra, cosa non va, chiedere consigli e scambiarsi le idee. E soprattutto c’è Imma: una segretaria grandiosa che si occupa dell’organizzazione di tutta la struttura, della contabilità e, studiando psicologia, aiuta anche a migliorare la comunicazione e i rapporti tra tecnici e tra tecnici e atleti. Forse anche in Italia ci sono queste strutture super organizzate, però non nella mia realtà, e mi piacerebbe poter portare qualche innovazione al mio ritorno! 

 

Mi piace come lavora Alvaro perché cerca sempre di inventarsi esercizi nuovi per non annoiarci, cercando di  collegarli sempre in qualche modo all’asta. È molto creativo e originale e si vede che ci mette passione in quello che fa.

 

La pretemporada si svolge per la maggior parte in spiaggia, dal riscaldamento fino agli allunghi finali, e spesso l’allenamento consiste in divertenti esercizi di ginnastica a coppie e una volta a settimana….le scale!!! Un allenamento salendo e scendendo in tutti i modi un’infinita scalinata: correndo, saltando, camminando sulle mani, di lato, facendo le andature, in verticale….magari cercherò di publicare qualcosa sulla pagina trackfit di fb per chi fosse interessato.

 

[su_youtube_advanced url="https://youtu.be/7HK7BSOVEDI" width="560" height="440" rel="no"]

 

Faticoso ma divertente. Mi piace il fatto che si lavora in spiaggia, per me una cosa del tutto nuova e spettacolare: fare esercizi nella sabbia, partenze in salita nel mare, saltare con l’asta in spiaggia… e mi piace il mio gruppo di allenamento perché sono tutti simpatici, ma soprattutto siamo molto uniti e non mi pesa finire l’allenamento, anche quando sono stanchissima e non ce la faccio più.

Stefy a Barca 3

Astisti in allenamento!!!

 

 

Sono molto motivata e…..non vedo l’ora di cominciare a saltare!!!

Stefania Brunazzi

 

Stefy a Barca 3 (2)

La pista di atletica del "Mar Bella"

 

 

 

 

Stefy a Barca 3 (6)

La pista di atletica del "Mar Bella" (2)

 

Stefy a Barca 3 (5)

 

 

STEFANIA BRUNAZZI

Stefania Brunazzi

Laureata in Scienze Motorie
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Stefy a Barca 3 (4)

Centro sportivo "Mar Bella" (Barcellona)

 

 

Il livello tecnico è molto buono e va beh, le strutture sono fantastiche! Soprattutto viste con gli occhi di una ragazza che viene da Lumezzane, dove il campo fuori casa non si può utilizzare perché c’è il calcio, al Calvesi non ci si può allenare perché è chiuso…a Nave per fortuna sta nascendo un bel centro sportivo per tutti quelli che non sanno più dove allenarsi…

Qui al Mar Bella tutti gli atleti pagano tot al mese, hanno il loro pass, la loro divisa, l’armadietto, la palestra e un paio di spogliatoi per le femmine e per i maschi. Tutti gli allenatori (o quasi) sono laureati in scienze motorie e per ogni disciplina c’è un tecnico specialista. Per il gruppo degli astisti Alvaro organizza addirittura un allenamento a settimana alla mia università per fare ginnastica artistica.

Stefy a Barca 3 (7)

Allenamento di ginnastica artistica all’Instituto Nacional de Educación Física de Cataluña

 

 

Alla fine di ogni mese i tecnici si riuniscono per parlare di come sta andando, degli obiettivi della squadra, cosa non va, chiedere consigli e scambiarsi le idee. E soprattutto c’è Imma: una segretaria grandiosa che si occupa dell’organizzazione di tutta la struttura, della contabilità e, studiando psicologia, aiuta anche a migliorare la comunicazione e i rapporti tra tecnici e tra tecnici e atleti. Forse anche in Italia ci sono queste strutture super organizzate, però non nella mia realtà, e mi piacerebbe poter portare qualche innovazione al mio ritorno! 

 

Mi piace come lavora Alvaro perché cerca sempre di inventarsi esercizi nuovi per non annoiarci, cercando di  collegarli sempre in qualche modo all’asta. È molto creativo e originale e si vede che ci mette passione in quello che fa.

 

La pretemporada si svolge per la maggior parte in spiaggia, dal riscaldamento fino agli allunghi finali, e spesso l’allenamento consiste in divertenti esercizi di ginnastica a coppie e una volta a settimana….le scale!!! Un allenamento salendo e scendendo in tutti i modi un’infinita scalinata: correndo, saltando, camminando sulle mani, di lato, facendo le andature, in verticale….magari cercherò di publicare qualcosa sulla pagina trackfit di fb per chi fosse interessato.

 

[su_youtube_advanced url="https://youtu.be/7HK7BSOVEDI" width="560" height="440" rel="no"]

 

Faticoso ma divertente. Mi piace il fatto che si lavora in spiaggia, per me una cosa del tutto nuova e spettacolare: fare esercizi nella sabbia, partenze in salita nel mare, saltare con l’asta in spiaggia… e mi piace il mio gruppo di allenamento perché sono tutti simpatici, ma soprattutto siamo molto uniti e non mi pesa finire l’allenamento, anche quando sono stanchissima e non ce la faccio più.

Stefy a Barca 3

Astisti in allenamento!!!

 

 

Sono molto motivata e…..non vedo l’ora di cominciare a saltare!!!

Stefania Brunazzi

 

Stefy a Barca 3 (2)

La pista di atletica del "Mar Bella"


 

 

 

Stefy a Barca 3 (6)

La pista di atletica del "Mar Bella" (2)

 

Stefy a Barca 3 (5)

 

 

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Intervista a Stefano La Sorda: un tecnico che "vive per la marcia"

6 Ottobre 2015 by Redazione

Intervista a Stefano La Sorda, ex marciatore e gestore della pagina Facebook lamarcia.com, istruttore FIDAL dal 1997, ha allenato diversi marciatori delle categorie giovanili. Dal 2014 è Formatore Giovanile di Marcia per la Federazione Svizzera di Marcia. Dal 2006, con la SAL Marcia, collabora all’organizzazione della gara di marcia IAAF EAA Lugano Trophy Memorial Albisetti (che si svolge a Lugano a marzo di ogni anno).

Ciao Stefano, raccontaci un po di te…
Ho conosciuto l’atletica leggera a 13 anni e da subito ho iniziato a marciare, un po’ per gioco un po’ perché a differenza degli altri ragazzi la marcia e le sue particolarità mi hanno subito incuriosito.
Parlare di mia “carriera” sportiva è esagerato, mi sono solo tolto soddisfazioni personali alla mia portata: fare 2 volte la 50Km, arrivare secondo sulla stessa distanza in un Campionato Italiano Promesse e avere l’onore di gareggiare per il CS Marina Militare.
Avevo comunque già iniziato a seguire giovani marciatori (U14) a 18 anni, e il mio allenatore mi consigliò di fare il corso istruttori; non ci ho pensato su due volte. Poi per lavoro mi sono trasferito in Lombardia ma ho sempre continuato a seguire la specialità fino a quando non ho avuto occasione di allenare e gareggiare in Svizzera per la SAL Marcia. Adesso ho smesso di gareggiare ma in più aiuto la società nell’organizzare gare di marcia anche di livello internazionale, come il Lugano Trophy.
Per quanto riguarda gli altri interessi ci sono calcio e tennis, e il mio lavoro di web designer mi ha aiutato a creare il sito lamarcia.com, che ora temporaneamente è una pagina facebook seguita da appassionati di tutto il mondo.

 

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Sei un istruttore che si dedica totalmente di marcia, una specialità dell’atletica leggera che spesso non viene considerata molto. Cosa ne pensi?
Purtroppo è vero. Colpa della mancanza di cultura sportiva  e colpa dello stesso ambiente della marcia che a volte tende a chiudersi in se stesso. C’è stata nel tempo una notevole riduzione dei praticanti ma bisogna ricordarsi che la marcia ha delle potenzialità notevoli (compresi atleti e tecnici attuali)  che andrebbero sviluppate e pubblicizzate. Non si può aspettare che la visibilità cresca casualmente, bisogna anche valorizzare quello che c’è adesso ricordando che la grande tradizione della disciplina non deve essere un ostacolo ma un motivo di orgoglio.

StefanoLaSorda

Stefano La Sorda da atleta, portacolori della rappresentativa Ticino

 

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Quali sono a tuo avviso i punti chiave nell’allenamento della tecnica della marcia?
Prima di tutto conoscere bene il regolamento (cosa sottovalutata e utile sia al tecnico che all’atleta) e ovviamente rispettarlo. Poi curare la:

– coordinazione e fluidità dei movimenti
– mobilità del bacino
– rullata dei piedi
Inoltre il tecnico deve trasmettere al marciatore i giusti input per aiutarlo ad acquisire il controllo della sua tecnica

 

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E nella sua preparazione atletica?
Una buona preparazione nella marcia è quella che aumenta le capacità dell’atleta senza penalizzare l’aspetto tecnico. I mezzi allenanti possono essere molteplici, chiaramente organizzati in modo logico a seconda dei periodi di programmazione. Infine non bisogna dimenticare che la quantità di KM degli allenamenti è importante, ma questo non deve fare passare in secondo piano il benessere psicologico del marciatore.

 

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Nel nostro sito teniamo molto a trattare temi inerenti l’allenamento giovanile, la base delle future prestazioni da adulti, che ne pensi?
È un ottima cosa, a livello giovanile si spinge troppo per cercare subito la prestazione, quando invece i progressi vanno ottenuti gradualmente. Anche qui è una questione di cultura sportiva; un sito con i contributi di molti allenatori giovanili può solo fare bene a tutto lo sport

 

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La marcia negli ultimi anni, vista anche la vicenda doping di Alex Schwazer, ha perso ancor più credibilità. È giusto che per colpa di un singolo atleta un intero movimento paghi le conseguenze?
Prima di tutto chiariamo che il primo a perdere di credibilità è stato lo stesso Schwazer; troppe bugie, troppi fatti non chiariti e adesso troppe provocazioni per fare pressione sul suo ritorno anticipato. È stato Campione Olimpico a Pechino ma ha detto di odiare la marcia, ha pensato bene di iniettarsi EPO e ora per il suo ritorno allestiscono uno show mediatico che tra deroghe, forzature e autorizzazioni sta andando oltre le regole. Ci sono tanti interessi in questa storia e tantissimo egoismo.
La marcia (quella vera), è fatta di atleti puliti e tecnici che lavorano ogni giorno in silenzio e con umiltà, sia che si vincano medaglie sia che non si vincano. Schwazer purtroppo per lui ha già scelto da tempo di non farne parte.

 

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Motto del nostro sito è “Lo sport ha bisogno di progettazione, innovazione, impegno costante.” Cit. Pietro Mennea. Cosa ne pensi?
In questa frase Mennea ha detto tutto. Nel caso dell’atletica (e della marcia) però ci vogliono anche persone disposte a collaborare tra loro accettando il confronto

 

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Collabori da anni con la FSM (Federazione Svizzera di Marcia ) per la diffusione della disciplina del tacco a punta; la FSM è a sé stante dalla Federazione di Atletica Svizzera (Swiss Athletics). Quali differenze con l’Italia?
Prima di tutto una maggiore autonomia. Una federazione a se stante per la marcia permette di gestire meglio le problematiche specifiche della disciplina, pur rimanendo legata alla federazione principale che è Swiss Athletics. Inoltre i dirigenti della FSM non sono politici di professione e hanno una vera passione per la marcia, e questo è fondamentale per raggiungere obiettivi comuni.
Una Federazione Autonoma per la marcia sarebbe un bell’esperimento da fare anche in Italia

 

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Quali sono le differenze con l’Italia dal punto di vista dei tecnici (considerazione, pagamento, formazione etc..)
Per quanto riguarda Swiss Athletics i tecnici hanno la possibilità di frequentare un programma di formazione e aggiornamento molto articolato e completo, e la figura del tecnico qualificato è molto importante.
In ambito FSM, realtà chiaramente più piccola, esistono pochi tecnici di riferimento, visto che è in corso un naturale passaggio generazionale anche per gli atleti ed i giudici di marcia. Per questo dopo qualche anno di pausa, sono stati rinnovati ed organizzati dei nuovi corsi per tecnici di marcia aperti anche ai tesserati non svizzeri. Quest’anno la FSM mi ha incaricato dell’organizzazione e gestione di un corso dove si sono diplomati 5 nuovi tecnici di marcia svizzeri e in cui c’è stata la partecipazione esterna di 4 giovani tecnici italiani.

 

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Quali consigli daresti ad un giovane che volesse diventare tecnico della marcia?

  • Fai marciare bene i tuoi atleti, bisogna sempre rispettare il regolamento. Poi si pensa alla prestazione cronometrica
  • Fatti capire dai tuoi atleti
  • segui sempre i loro allenamenti, la tecnica di marcia non si allena per corrispondenza

 

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E ad un giovane atleta che vorrebbe provare tale disciplina?

  • Impara bene il regolamento e comprendine le dinamiche
  • Per imparare la giusta tecnica di marcia ci vuole tempo e quindi costanza
  • Fidati del tuo allenatore e segui ciò che ti dice

 

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Si pensa spesso che alla marcia come ad una disciplina dove, oltre alle capacità dell’atleta, conta anche la capacità da parte dei giudici di applicare il regolamento in maniera oggettiva. Cosa ne pensi?
È questo il problema principale che affligge la specialità.
Il regolamento della marcia è molto chiaro e a mio parere di interpretazione univoca. Il problema è che sia a causa dei ritmi di gara, sia a causa dei percorsi (molte volte inadatti alla marcia) , succede che i giudici non siano nelle condizioni giuste per controllare gli atleti.
Quindi prima di tutto giudici capaci e formati costantemente; la formazione serva anche a dare uniformità nel metro di giudizio.
Poi giudici seri (a livello IAAF esiste un codice etico per giudici di marcia che andrebbe ufficializzato anche in Italia).
Ed infine circuiti per gare di marcia larghi, pianeggianti, su asfalto in buone condizioni e di lunghezza di almeno 2Km; questo sia per non mettere ingiuste difficoltà al gesto tecnico degli atleti, sia per mettere i giudici nella condizione di  svolgere in modo ottimale il loro compito.

 

Grazie tante a Stefano per la bella chiacchierata…

 

Nella foto di copertina: a Lugano nell’organizzazione della Lugano Trophy (Stefano a sinistra in compagnia del giornalista Paolo Sinibaldi).

 

 

Ti è piaciuta l’intervista a Stefano? In questa sezione puoi trovare tutte le nostre interviste:

INTERVISTE

Filed Under: Interviste Tagged With: ALEX SCHWAZER, ALLENAMENTO MARCIA, atletica leggera, FEDERAZIONE SVIZZERA DI MARCIA, IAAF, il Coach, il coach better yourself, IL COACH MARCIA, il_Coach, ilcoach atletica, ilcoach_, ilcoach.net, interviste il coach, LA SORDA, Lugano Trophy, marcia, MARCIA SVIZZERA, STEFANO LA SORDA, TECNICA MARCIA, Track and field, trackandfield

Cadetti/e: avviamento al salto in alto

25 Settembre 2015 by Redazione

Cadetti avviamento salto in alto

Il salto in alto è una di quelle specialità che affascina la maggior parte dei giovani per la sua componente “giocosa”, ma che presenta varie difficoltà logistiche per quanto riguarda la gestione di un allenamento rivolto al gruppo cadetti, che normalmente è piuttosto numeroso e disomogeneo.
Spiegherò qui una serie di esercitazioni a carattere generale che si possono utilizzare nell'avviamento al salto in alto in maniera semplice, con un gruppo vario di cadetti, accanto a delle proposte più specifiche che necessitano però di un’attenzione maggiore e che quindi andrebbero proposte soltanto ad un gruppo più selezionato di atleti, in possesso di buone doti e che abbiamo già effettuato un certo percorso di apprendimento motorio.

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Tecniche di salto

Nonostante le varie tecniche (frontale, sforbiciata, ventrale) si differenzino da quella Fosbury sotto molti aspetti, tra i quali il tempo di stacco, l’inclinazione del corpo e la rincorsa, a quest’età tali parametri sono secondari rispetto all’importanza fondamentale che riveste l’acquisizione di un vasto bagaglio motorio, che comprenda le altre tecniche principali di salto in alto. Queste sono infatti utilissime per stimolare la capacità di salto a 360 gradi, senza quindi andare ad insistere troppo sullo stacco Fosbury che è ormai assodato, risulta essere traumatico se eseguito in maniera intensiva in giovane età, quando la struttura piede-caviglia non si è ancora irrobustita completamente. A questo proposito ricordiamo che il piede del saltatore è come la mano del pianista, e dev’essere curata e potenziata sempre: dai 15 ai 17 anni è fondamentale rinforzare piedi e caviglie in modo da arrivare a 18 anni con una struttura ben irrobustita e pronta a sopportare adeguati carichi di lavoro (ma questo è un altro argomento che necessita di uno spazio a sé stante).

Tra le esercitazioni più comuni ricordiamo:

  • Salti frontali con stacco a piedi pari già leggermente ruotati nella direzione di rotazione del corpo e atterraggio sulla parte alta del dorso; per indicare la zona di stacco le prime volte si possono mettere dei cerchi oppure una riga a terra che non deve essere superata, perché la tendenza generale di chi è alle prime armi è quella di avvicinarsi troppo al materasso; l’asticella, o meglio ancora l’elastico, si può mettere ad altezza crescente (ad esempio sul ritto a sx si mette 1 m mentre in quello a dx 1,30m) cosicché si possono far saltare più atleti ad altezze diverse; per i più bravi si può aggiungere un over molto basso da superare dopo l’ultimo passo.
  • Stacchi frontali cercando di toccare col braccio un elastico posizionato in alto; questo esercizio può essere facilitato con l’aggiunta di un rialzo sull’ultimo appoggio oppure reso più difficile chiedendo agli atleti di portare in alto prima un solo braccio, e poi entrambi.
  • Stacchi frontali superando un ostacolo e atterrando su materasso o sulla sabbia.
  • Salti a sforbiciata con atterraggio in piedi sul materasso: questa richiesta evita di rischio di fare salti buttandosi sul materasso senza il controllo del proprio corpo; con atleti abili si possono allontanare i ritti e far saltare atterrando per terra: in questo caso ovviamente ci dev’essere massima attenzione anche da parte del tecnico. Non va dimenticato, inoltre, che dal momento che nel salto a sforbiciata non esiste rotazione lungo l’asse longitudinale, è inutile utilizzare una rincorsa in curva che anzi, diventerebbe addirittura controproducente.
  • Salto a sforbiciata lanciando una pallina da tennis al di là di un elastico posto in alto, in modo da percepire l’innalzamento della parte superiore del corpo.
  • Salto con tecnica ventrale: questi sono facilmente eseguibili da tutti coloro che sono in possesso di buone qualità atletiche, sono divertenti e si possono usare anche per fare delle mini-gare di salti non convenzionali.
  • Stacchi a canestro: esercizio che va bene a tutte le età e che può essere modificato a seconda delle esigenze: se inserito durante la corsa di riscaldamento, si chiede di staccare e di cercare di toccare il canestro con la mano prima usando un piede, e dopo qualche giro l’altro piede. Sarà curioso notare come molti ragazzi a quest’età abbiano ancora difficoltà a coordinare piede di stacco e braccio che va a canestro!!!! Una variante che prevede l’utilizzo delle braccia sincrone è quella di usare una palla medica leggera (1-2 kg) da lanciare nel canestro.
  • Salti a Fosbury da almeno 4-5 appoggi con o senza pedana rialzata sull’ultimo appoggio.

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La rincorsa

Per la buona riuscita del salto Fosbury, è fondamentale possedere un’ottima capacità di corsa in curva. 

Ricordiamo spesso ai nostri piccoli atleti che arricciano il naso di fronte ad un allenamento di velocità, che per saltare in alto bisogna non solo saper correre, ma anche farlo velocemente!!!

Tra le esercitazioni più usate ci sono:

  • Corsa in cerchi “a spirale”.
  • Corsa in curva seguendo un “8”.
  • Corsa seguendo una linea a S (ad esempio dalla 1° alla 6° corsia e viceversa).
  • Andature seguendo la rincorsa del salto in alto con successivo passaggio alla corsa in un determinato punto (indicativamente sul quartultimo appoggio) e stacco.
  • Rincorsa tenendo un bastone in alto oppure dietro il bacino che viene lasciato cadere (sempre intorno al quartultimo appoggio) per poi proseguire con corsa e stacco.
  • Rincorsa con hs o coni da superare ad intervalli regolari con passo saltellato o con passo stacco.

Queste esercitazioni, che si possono modulare in tantissimi modi (tipo di andatura, raggio di curvatura, velocità di esecuzione, oggetti da superare…) devono essere sempre eseguite con l’obiettivo di raggiungere un gesto tecnico che sia allo stesso tempo efficace e decontratto.

Un buon esercizio da proporre nei periodi lontani dalle competizioni, che è anche un metodo per disegnare una rincorsa ad un giovane, è quello di far saltare con rincorse casuali: si fa partire il ragazzo da un punto casuale che viene scelto da lui e mano a mano che si salta, l’allenatore aggiusta la rincorsa un poco per volta, che verrà poi misurata una volta concluso l’allenamento. Questo esercizio se ripetuto diverse volte, variando il raggio di curvatura oppure il numero di passi (che per i giovani non dovrebbe comunque superare i 6-8 appoggi), diventa un ottimo strumento per l’allenatore che può quindi stabilire quale tra quelle provate è la miglior rincorsa per quell’atleta.

Non dimentichiamo che per “miglior rincorsa” non si intende per forza quella che al momento permette di saltare di più ma dev’essere quella con cui riteniamo che l’atleta possa esprimere al meglio le proprie qualità.

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Valicamento ed atterraggio

Quando abbiamo a che fare con i giovani, dimentichiamo per un attimo i salti alla Stefan Holm col corpo che avvolge alla perfezione l’asticella! Certamente è di primaria importanza insegnare ai giovani gli esercizi di pre-acrobatica, i ponti, le cadute sul materasso, ma essendo comunque coscienti che ci vorrà del tempo affinché il ragazzo sia in grado di trasferire questi elementi nel salto vero e proprio. Per i giovani sono più importanti la globalità del salto, il collegamento corsa-stacco, la corretta percezione del proprio corpo nelle varie fasi piuttosto che la tecnica di valicamento.
Inoltre, molti degli errori che avvengono sopra l’asticella sono riconducibili, la maggior parte delle volte, ad errori commessi nell’ultima parte di rincorsa oppure a scarsa mobilità a livello di schiena e bacino.

Esercitazioni da proporre:

  • Cadute all’indietro sul materasso o corpo teso o sulla parte alta del dorso.
  • Salti dorsali con saltelli sul materasso oppure con partenza da terra.
  • Salti dorsali con superamento di un bastone partendo da una panca più alta del materasso; si possono eseguire variando le spinte in alto o in orizzontale.
  • Ponti a terra, alla sbarra o alla spalliera (con l’aiuto di un compagno).
  • Esercizi di ginnastica artistica: capriole avanti e indietro, rovesciate, verticali, verticali + ponte, capriole + salto dorsale: questi esercizi aiutano ad aumentare la percezione del proprio corpo in volo, qualità che è fondamentale per i saltatori in alto. Se è vero che la traiettoria di un corpo non si può modificare una volta che si è staccato da terra, è altrettanto vero che, ad alto livello, chi è capace di aggiustare in volo la posizione relativa dei vari segmenti del corpo (braccia, gambe e testa) ne può trarre grossi vantaggi in termini di cm superati. (A questo proposito rimando alla bellissima analisi fatta da Jesus Dapena e tradotta in italiano su “Analisi biomeccanica del Fosbury Flop” (Nuova Atletica n.131, pp 64-76) sul confronto tra altezza dell’asticella e altezza del baricentro)
  • Ponti a terra, alla sbarra o alla spalliera (con l’aiuto di un compagno).

A breve saranno disponibili i video delle esercitazioni qui proposte.

A cura di Elisa Bettini

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Gli altri articoli di Elisa:

Relazione Raduno Lombardo J/P a cura di Enzo Del Forno (salto in alto)

Avviamento salto in alto nelle categorie Esordienti e Ragazzi

 

 

 

 

elisa bettini

Elisa Bettini

Allenatrice 2° Livello Fidal
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La resistenza aerobica intensiva e specifica

12 Agosto 2015 by Redazione

La resistenza aerobica intensiva e specifica

Il concetto di sviluppo e incremento della resistenza aerobica specifica è da interpretare in due diverse fasi della preparazione, dapprima in forma Intensiva e successivamente in forma Specifica, in relazione ai ritmi gara individuati per ogni atleta. A mio avviso questa tipologia di allenamento (R/A/ Intensiva )  è tra le più importanti da sviluppare e curare come forma di successo per l’ ultramaratoneta d’elite.
Come abbiamo già detto nei precedenti articoli, la fonte energetica di utilizzo muscolare per correre una 100 km è costituita dai carboidrati in parte, ma soprattutto in maniera più massiccia dall’ utilizzo dei grassi. Ebbene la capacità di utilizzare questa energia, è dovuta dallo sviluppo e l’ incremento della cosiddetta Potenza Aerobica Lipidica

L’ allenamento per migliorare e incrementare la Potenza Lipidica è costituito non solo da corsa prolungata, ma condotta anche ad una velocità alla quale il consumo dei grassi è elevato. Mi riferisco alla velocità di Soglia Aerobica ( S/A/2 ).
Parliamo quindi di tutte quelle andature di corsa Media, Progressiva, con variazioni a blocchi, tipica dei maratoneti. Quindi migliorare la Potenza Lipidica attraverso lo sviluppo di questi mezzi di allenamento con l’ obiettivo finale di enfatizzare sempre più il volume di corsa e non l’ intensità, che invece favorisce il consumo dei zuccheri ( glicogeno).
A tal proposito si possono utilizzare sedute di allenamento sottoforma di ripetute lunghe da 5 a 7 km, con una prima parte estensiva a ritmo gara e la successiva  in forma ripetuta a velocità vicino la s/a/2. Esempi:

  • C/A/E 15 km + s/a/2 al 90%: 3 x 7 km rec 1km
  • C/A/E 15 km + s/a/2 dal 80 al 90%: km 7/6/5/4/3/ rec 1km

In alternativa tratti di corsa interi da 26 a 42 km a seconda dello stato di forma dell’ atleta, con volumi indirizzati ad un chilometraggio maggiore rispetto a quelli di un maratoneta.

Visto la specificità di questi allenamenti, preferisco, se ve ne fosse la possibilità, la partecipazione a gare di maratona o similari.
Chiaramente bisogna essere attenti ad interpretare bene quello che è la % d‘ impegno di questa prova che ci dovrà consentire un dispendio energetico al max dell’ 80/87% per poi proiettarci ai successivi allenamenti senza la necessità di dover recuperare troppo. Sicuramente da 2 a 3 maratone nell’ arco della preparazione possono creare il segnale biologico giusto e necessario al fine di garantire un importante disponibilità energetica.

È utilissimo eseguire ogni fine mese un test di “ Verifica Condizionale “ per determinare meglio la crescita in ambito aerobico nei valori di soglia, in modo da apportare le relative modifiche programmatiche.

Se si è impossibilitati a disputare la maratona, possiamo utilizzare allenamenti alternativi molto efficaci detti "lavori a Blocchi Speciali", prove eseguite in doppia seduta giornaliera, con la possibilità di correre nello stesso tempo su ritmi sostenuti senza penalizzare il volume della doppia seduta, che può arrivare anche a 38/45 km complessivi.

Attenzione! 

Dopo una prova del genere è preferibile dedicare l’ allenamento del giorno successivo alla rigenerazione con l’ utilizzo di attività polivalenti come la piscina, bike, o il riposo.

Maurizio Riccitelli

Maurizio Riccitelli

Allenatore Ultramaratona
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Esercitazioni speciali per i salti in estensione

5 Agosto 2015 by Redazione

esercitazioni speciali per i salti in estensione

Per migliorare la navigazione e la velocità di caricamento della pagina, l'articolo è diviso in 2 pagine, terminata la prima cliccare sul numerino "2" in alto o in basso a sinista per passare alla second a parte.

Nei salti in estensione si possono presentare diverse problematiche legate alle capacità degli atleti che si allenano.

Sovente le esercitazioni tecniche normali non sono sufficienti per dare all’atleta la possibilità di esprimere al meglio il gesto.

In alcuni casi, con metodi poco ortodossi, si può raggiungere più velocemente l’obiettivo di far provare e comprendere le corrette interpretazioni delle fasi che compongono il salto.

Per effettuare queste particolari esercitazioni, a volte bisogna utilizzare strumenti quali

  • pedane
  • rialzi
  • ostacoli in genere
  • elastici

Nella mia esperienza ho spesso fatto ricorso a tutti questi espedienti, convinto che potessero far provare le giuste sensazioni agli sventurati/e che ho allenato e che alleno.

Tutto quello che qui espongo, è risultato valido con quasi tutti i miei atleti e atlete, non ha un valore assoluto ma può dare qualche spunto per essere adattato ad altri.

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L'esecuzione analitica dei gesti

Prima di descrivere gli esercizi con i mezzi speciali, vorrei soffermarmi sull’importanza dell’esecuzione analitica dei gesti.

È mia convinzione che l’atleta debba conoscere bene la posizione in cui si deve presentare allo stacco, diretta conseguenza del corretto lavoro sugli ultimi appoggi, o di come deve uscire la gamba di volo.

Poniamo l’atleta frontalmente a un ostacolo, a una barriera delle siepi o altro, a una distanza di circa 1,5 m., in appoggio sul piede non di stacco.

Egli/ella deve andare, in equilibrio, in estensione sull’arto del penultimo appoggio e “sentire” il conseguente avanzamento del bacino.

Mantenendo la necessaria rigidità di tutto il sistema ed equilibrandosi con il corretto movimento delle braccia, deve azionare l’arto opposto che, passando sotto il gluteo con azione rotonda, deve impattare il terreno con tutta la pianta del piede.

L’estensione del piede e della gamba di stacco, con puntualizzazione dell’avanzamento del bacino, vengono completati dalla partenza della gamba di volo che deve passare sotto il gluteo con angolo del ginocchio piuttosto chiuso.

La parte finale dell’esercizio prevede l’arrivo del piede della gamba di volo sull’ostacolo.

Qui va considerata e analizzata la posizione del bacino, delle spalle, delle braccia, l’estensione della gamba di stacco e orientamento dello sguardo.

La distanza dell’ostacolo dal punto dello stacco è determinante per ottenere un angolo di uscita corretto della gamba di volo.

Per la fase di volo, io prediligo i passi in aria, l’analisi delle posizioni può essere fatta “appendendo” l’atleta, ad esempio, alla sbarra con apposite polsiere.

[su_youtube_advanced url="https://youtu.be/RRWAOvUFGAc?list=PL94DB16D4881C624F" width="560" height="440" rel="no"][/su_youtube_advanced]

Solitamente noi simuliamo il salto dagli ultimi tre passi, eseguendo poi al rallentatore la fase di volo.

L’esercizio è abbastanza difficoltoso e necessita di una buona padronanza del proprio corpo, di una discreta rigidità del sistema e di una buona preparazione della fascia addominale/dorsale.

Le posizioni nei vari passaggi e i controlli valutativi sono analoghi a quanto descritto sopra, orientamento dello sguardo compreso.

Il mancato utilizzo delle braccia come mezzi equilibratori dovrà essere compensato da un adeguato lavoro del bacino.

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Le esercitazioni speciali: lo stacco da pedana rialzata

L’esercizio speciale più diffuso per il saltatore in lungo è lo stacco da pedana rialzata, la superficie della quale deve essere piuttosto ampia, le mie sono da 60 x 80 cm, per non creare timori nell’atleta.

Questo lavoro serve per comprendere al meglio il tempo di stacco ed il corretto utilizzo del piede in una fase fondamentale del salto.

Lo stacco da rialzo è un esercizio che facilita l’azione stessa, basta pensare a quanto sono lunghi i salti nulli nei quali l’atleta poggia il piede sulle tavolette di nuova concezione.

In queste occasioni utilizzo una pedana alta 2 cm, oppure una da 8 o 16 cm quando voglio puntualizzare la componente di forza al momento dello stacco.

[su_youtube_advanced url="https://youtu.be/xixbGyatBLk" width="560" height="440" rel="no"][/su_youtube_advanced]

La rincorsa che normalmente utilizzo è compresa tra i 6 ed i 10/12 passi, a seconda dell’enfatizzazione che voglio dare alle componenti forza e/o velocità.

L’altezza del rialzo non deve essere eccessiva, per evitare che gli angoli delle articolazioni interessate si discostino troppo da quelli ottimali in condizioni normali.

Per questo motivo propongo l’esercizio solo nella fase preparatoria del ciclo di allenamento e non nei cicli più vicini alla stagione agonistica.

Staccare da rialzo consente inoltre una fase aerea più alta e lunga, con conseguente possibilità di inserire esercizi per l’apprendimento ed il miglioramento dell’azione in volo.

Ad esempio si possono inserire le circonduzioni delle braccia, o possiamo chiedere all’atleta di effettuare all’apice della parabola di volo un cambio della posizione degli arti inferiori, o ancora di battere le mani sotto al ginocchio sinistro e poi sotto a quello destro (o viceversa).

Insomma esercizi che ci consentono di valutare quale grado di controllo del proprio corpo ha l’atleta durante la fase di volo.

Da non sottovalutare anche il lato ludico e divertente di questi esercizi.

Per esasperare questi aspetti solitamente faccio utilizzare tre pedane rialzate da 8, 16 e 34 cm.

La distanza tra le prime due è maggiore, interasse a 2m-2,20m, che non tra la seconda e la terza che sono posizionate con interasse 1,60-1,80m.

Questi parametri di posizionamento delle pedane, obbligano l’atleta ad una spinta più orizzontale sul penultimo passo ed a una grande velocizzazione degli ultimi due appoggi.

Perché l’ultimo passo sia efficace per la preparazione dello stacco, la spinta sul penultimo appoggio deve avere una direttrice più verticale. Automaticamente si determinerà un corretto angolo di uscita.

Le tre pedane consequenziali danno anche la sensazione di come devono essere effettuati gli ultimi passi, nei quali l’appoggio a tutta pianta è determinante per la buona riuscita del salto.

Anche in questa situazione non superiamo i 12 passi di rincorsa, rialzi compresi.

La fase aerea si allunga ulteriormente e possiamo provare tante esercitazioni di coordinazione in volo, di chiusura ed altro.

L’utilizzo dei rialzi non può prescindere dall’avanzamento costante del centro di massa, cioè, il bacino dell’atleta deve continuare a “viaggiare” orizzontalmente.

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La mia esperienza sul campo

Alleno una saltatrice in lungo che, all’inizio della carriera, aveva una carenza notevole di forza, bilanciata comunque da notevoli doti di velocità.

Altro problema era l’assetto di corsa e allo stacco, con il bacino che era sempre leggermente arretrato rispetto al modello tecnico corretto.

Decisi in quel periodo, con l’atleta che si trovava alla fine della categoria allieve e stava iniziando il primo anno juniores, di non preoccuparmi della componente forza per esaltare le sue qualità di velocità.

Per aumentare la forza avrei avuto tempo negli anni successivi.

Abbiamo adattato quindi il “modello tecnico” all’atleta, teorizzando un salto con un’accentuata componente orizzontale, determinata da un’alta velocità di uscita allo stacco, a discapito dell’altezza della parabola di volo.

Tutto questo presupponeva però un accentuato avanzamento del bacino negli ultimi passi di rincorsa, per fare in modo che il centro di gravità continuasse la sua corsa ad alta velocità prima e dopo lo stacco.

I passi finali poi non potevano essere quelli codificati nel modello standard, a causa delle scarse doti di forza e del rallentamento che poteva risultare dall’effettuazione di un penultimo passo più lungo. Quindi l’atleta effettuava passi della stessa ampiezza accorciando leggermente l’ultimo, sul quale esercitava anche un leggerissimo caricamento.

Per far provare all’atleta la sensazione di avanzamento costante del centro di gravità, ho provato inizialmente con un elastico fissato dal lato opposto della buca al bacino.

L’elastico deve consentire dai 10 ai 16 passi ed essere in tensione almeno fino al momento dello stacco, ma questa tensione non deve risultare eccessiva perché la corsa sia comunque controllabile.

L’azione trainante dell’elastico, se correttamente assecondata, anticipa effettivamente l’azione del bacino oltre a creare un effetto di supervelocità che costringe l’atleta anche ad un utilizzo rapido e marcato dei piedi.

Però l’elastico, come dicevo, deve essere assecondato e non è facile!

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L'utilizzo di pedane inclinate

Quindi ho adottato un sistema che prevedesse uno stacco da una posizione difficoltosa, cioè più in basso rispetto al piano di corsa, e che obbligasse nello stesso tempo la mia atleta ad anticipare l’azione di avanzamento del bacino prima dell’impatto con la pedana, per non finire completamente sbilanciata in avanti con il naso nella sabbia.

Ho costruito una pedana con il piano superiore inclinato di circa 6-8° e l’ho posizionata all’interno della buca di sabbia, con l’inclinazione rivolta nella direzione del salto.

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In pratica tutta l’azione di rincorsa è normale ma lo stacco avviene in posizione leggermente abbassata.

L’inclinazione verso avanti poi sbilancia tutto il corpo, obbligando quindi l’atleta a trovare una soluzione per riacquistare l’equilibrio di salto. C’è un’unica soluzione!

Il bacino-centro di gravità deve essere più avanti delle spalle al momento dello stacco.

Perché questo avvenga con certezza, l’azione di avanzamento del bacino deve iniziare con alcuni passi di anticipo sull’azione di stacco.

Abbiamo iniziato con rincorse corte fino a 6 passi per prendere confidenza con l’esercizio, poi ci siamo spinti a rincorse più consistenti.

Attualmente l’atleta è in grado di saltare dalla pedana inclinata anche con 16 passi.

Nel giro di un paio di mesi, utilizzando questo esercizio una o due volte a settimana nelle sedute tecniche, abbiamo potuto apprezzare i primi cambiamenti di assetto nella parte finale di rincorsa.

L’esercitazione con la pedana inclinata ha poi rivelato alcuni interessanti risvolti.

La presa di contatto determinata da queste condizioni coinvolge automaticamente tutta la pianta del piede e l’uscita dallo stacco è molto veloce ed in proiezione orizzontale.

Dopo alcuni stacchi effettuati sulla pedana inclinata, riportando l’atleta a saltare in condizioni normali, sul piano, ho potuto constatare una maggiore efficacia in tutta l’azione di stacco, dall’approccio, alla tenuta, fino all’uscita, con parabole di volo decisamente interessanti.

Quindi ritengo che questo esercizio, difficoltante per lo stacco e per gli angoli di esecuzione rispetto ad una situazione di gara, possa essere tranquillamente utilizzato anche nel periodo agonistico.

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Esercitazioni con riferimenti visivi: i tappetini da fitness

Dopo alcuni anni, grazie ad allenamenti costanti e progressivi nei carichi di lavoro, la mia atleta ha sviluppato maggiori doti di forza, oltre ad abilità maggiori nella coordinazione e nella tecnica di salto.

Quindi, oltre alle normali ricerche di aggiustamento di rincorsa e stacco per valorizzare i nuovi parametri di forza e velocità, abbiamo preso in considerazione la possibilità di riavvicinarci al modello di salto più classico.

Per reimpostare gli ultimi due passi, ho pensato di inserire dei riferimenti per obbligarla ad un penultimo passo più lungo dell’ultimo.

Dopo aver scartato ostacoli tipo bacchette di legno, che potevano risultare pericolosi se calpestati, o righe tracciate col gesso, poco visibili, ho optato per l’utilizzo di tappetini colorati da fitness.

I tappetini, lunghi 2m e larghi 60cm, di colori sgargianti, costituiscono un riferimento visivo importante e, calpestati, non causano alcun problema.

L’unico problema può sorgere nelle giornate ventose ma si può ovviare fissandoli lateralmente.

Il tappetino viene posizionato dai 4 metri alla fine dell’asse di battuta e lo stacco è da effettuarsi dal limite di pedana, a bordo buca.

Questa sistemazione determina un penultimo passo, obbligato, di almeno 2m e l’ultimo passo, piuttosto compresso, di circa 1,80m.

In altri termini l’atleta deve effettuare una spinta più orizzontale sul penultimo passo e una grande velocizzazione degli ultimi due appoggi.

Perché l’ultimo passo sia efficace per la preparazione dello stacco, la spinta sul penultimo appoggio deve avere una direttrice più verticale.

Se le due azioni sono eseguite correttamente, si determinerà un corretto angolo di proiezione in uscita, per il movimento verso avanti-alto del bacino, ed una sensazione ritmica adeguata.

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Allungare la fase di volo/atterraggio: ostacoli con paletti e nastro di plastica

Per migliorare, o allungare, le fasi di volo e atterraggio, può essere utilizzata un’esercitazione abbastanza divertente.

Occorrono quattro paletti leggeri in plastica, tipo i supporti per le bandierine del calcio d’angolo e nastro del tipo usato per delimitare aree in edilizia o simili.

Si piantano i primi due paletti a una distanza di 1,5m dal punto di stacco e di un paio di metri tra di loro.

Tra questi due pali fisseremo il nastro ad un’altezza di 1,20 – 1,50m.

Gli altri due paletti li posizioniamo 2,5 – 3m più in là, con il nastro allacciato ad un’altezza di 50 – 60cm.

Queste misure sono comunque da rapportare al grado di capacità di salto degli atleti.

Lo scopo dell’esercizio è di impostare la traiettoria di volo e, nello stesso tempo, di ricercare la chiusura il più lontano possibile, distendendo le gambe per superare il secondo nastro.

Consiglio di partire con 6/8 appoggi per prendere confidenza con il gesto, per arrivare ad effettuare salti anche con 10 o 12 passi.

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Variazione: ostacoli di cartone

Ultimamente ho modificato questo esercizio, sostituendo a paletti e nastri dei fogli di cartone che utilizzo nell’azienda dove lavoro.

I cartoni sono da 80 x 120 cm (misure pallet standard) o 100 x 120, e basta equilibrarli con un po’ di sabbia alla base.

Essi creano meno timori nell’atleta, e grazie ad una evidente maggior duttilità, possiamo spostarli a piacimento per creare le condizioni dell’esercizio.

È particolarmente simpatico l’esercizio per l’esecuzione dei passi in volo (2 e ½), che ha costretto la mia atleta a “lavorare” fino alla fine del volo, contribuendo peraltro a migliorare l’azione conclusiva del salto.

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Avanzamento del centro di gravità: tirare l'atleta con un elastico

L’avanzamento del centro di gravità, situato all’altezza del bacino, come già detto è fondamentale per la lunghezza del salto.

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Nell’esecuzione di un salto triplo diventa determinante.

La costante proiezione orizzontale del baricentro è prerogativa del salto triplo moderno, nel quale la velocità è la componente più importante.

Questa interpretazione del salto è, a mio avviso, applicabile ed alla portata di tutti gli atleti.

Per sensibilizzarli al balzo veloce e radente possiamo utilizzare un elastico, in trazione, che permetta di effettuare tra rincorsa, balzi e atterraggio, un’escursione di 30-40m.

L’elastico deve essere in tensione almeno fino al momento dell’ultimo stacco o jump, ma questa tensione non deve risultare eccessiva perché la corsa sia comunque controllabile.

Per questa esercitazione tecnica fisso, con un moschettone, una estremità dell’elastico ad una cintura o ad una imbragatura che sia il più possibile vicina al baricentro dell’atleta.

L’altro capo va assicurato ad una struttura adeguata, di solito uso uno degli ostacoli per le gare sulle siepi, posizionata al di là della buca di atterraggio.

Condizione determinante per la buona riuscita dell’esercizio è che l’atleta non opponga alcuna resistenza alla trazione creata dall’elastico, che anzi deve essere assecondata.

La sensazione che sarà percepita è quella dell’avanzamento costante e rapido del bacino, con conseguenti balzi molto radenti e veloci.

Ovviamente la presa di contatto a tutta pianta deve essere sempre sotto controllo.

Ho utilizzato questo esercizio, con buoni risultati, su tutte le combinazioni possibili di balzi, alternati, successivi e misti, dal triplo al decuplo e anche più in là.

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Utilizzo dei piani rialzati nel salto triplo

L’utilizzo dei piani rialzati nel salto triplo è certamente più problematico che nel lungo.

Se essi svolgono una funzione necessaria negli esercizi preparatori, penso ai rimbalzi pliometrici tra rialzi, la loro adozione per lo svolgimento dell’azione tecnica di salto vera e propria è abbastanza inconsueta.

Con l’impiego di un piano rialzato possiamo puntualizzare l’azione di stacco per il jump, oppure, posizionandolo sullo step andremo ad enfatizzare questo balzo.

Nello stesso tempo, con questa disposizione, oltre ad allungare probabilmente lo step stesso, metteremo l’atleta in condizione di dover sopportare e supportare un jump in condizioni più difficili a causa di un arrivo da una maggiore altezza.

Non ho, ovviamente, neppure preso in considerazione la possibilità di utilizzo di rialzo sul l’hop, condizione certamente deleteria sotto ogni punto di vista.

Tutto questo tra l’altro va contro la mia concezione del salto triplo.

Ritengo che l’azione più efficace sia quella che riscontriamo nei salti al femminile.

Meno forza e più velocità.

Quindi non uso piani rialzati per l’azione tecnica di salto se non nei periodi preparatori per gli scopi che ho indicato prima.

L’unica esercitazione che mi sento di proporre, solo con atleti abbastanza evoluti, prevede l’utilizzo di tre piani rialzati, uguali, per la determinazione della ritmica dei balzi.

È un esercizio abbastanza difficoltoso, che crea qualche timore e necessita di una buona conoscenza dell’atleta da parte del tecnico.

I rialzi, invece dei segni sul terreno, impongono una maggiore concentrazione sul gesto da parte dell’atleta.

La modulazione delle distanze degli stessi dà all’atleta diverse sensazioni che interpolate con la visione dell’allenatore portano alla scelta della miglior ritmica di esecuzione.

Lavorando con i più giovani, invece, ritengo che i segni sul terreno siano ottimali per l’impostazione della ritmica dei balzi.

Per convinzione personale chiedo ai miei atleti di non enfatizzare hop e step a discapito della velocità.

A cura di Enrico Porta

 

Chicco Porta

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Intervista ad Andrea Giannini

28 Luglio 2015 by Redazione

Oggi intervistiamo Andrea Giannini, nato a Grosseto il 18 dicembre 1976, ex atleta italiano specialista nel salto con l’asta (5,65 metri di PB), ora allenatore specialista Fidal, preparatore atletico e giornalista sportivo (commenta l’atletica leggera su Sky Sport e Fox Sports).

Ciao Andrea, parlaci un po’ di te, delle tue esperienze e della tua filosofia di allenamento (come e quando hai incontrato l’atletica leggera, le tue esperienze da atleta, perché sei diventato allenatore, il tuo percorso formativo, etc..)
L’atletica leggera è stata sempre parte di me, ed io parte di lei. Ho iniziato a frequentare i campi praticamente da neonato visto che il mio babbo (lo dico in toscano…) Daniele è stato allenatore e poi dirigente della “Massimo Pellegrini” Grosseto, società che negli anni ha sfornato tanti ottimi atleti. Devo dire che la mia famiglia, com’è giusto, non mi ha mai forzato in questa scelta, tant’è vero che fino a 12 anni ho praticato anche molti altri sport (soprattutto basket, baseball e nuoto), ma poi dal 1988 c’è stata la ‘folgorazione’ con il salto con l’asta che mi ha portato ad una scelta definitiva. Ovviamente, non mi sono specializzato subito in quello (ho continuato fino a 17 anni a fare anche 110hs e prove multiple) e questo devo dire grazie al mio allenatore Francesco Ambrogi nel sapermi gestire al meglio.

Negli anni, sono arrivato a conquistare il primato italiano Allievi con 5.00 e quello juniores con 5,50, che è ancora in mio possesso. A lievello assoluto forse avrei potuto dare qualcosa di più, ma gli infortuni mi hanno un po’ tagliato la strada. Non ho rimpianti comunque, ho dato il massimo per migliorare, ed evidentemente i miei limiti strutturali erano quelli. Nel frattempo, ho continuato a studiare e nel 2002 mi sono laureato all’ISEF di Firenze con una tesi proprio sulla mia programmazione del salto con l’asta; nel 2003 ho scelto di congedarmi dal gruppo sportivo delle Fiamme Gialle (dove ero entrato nel 1995), perché non avevo più nulla da dare a loro, e loro a me, ed ho iniziato la mia attività di preparatore atletico e giornalista sportivo. Nel frattempo ho continuato ad allenarmi, saltando ancora 5,30, misura che ad oggi mi permetterebbe di essere sempre tra i primi in Italia…

Ho deciso di fermarmi nel 2007, perché il mio corpo ha detto basta: schiena, spalle e tendini d’Achille non ne potevano più! Per quasi due anni sono rimasto lontano dalle piste di atletica, poi nel 2009, quando mi sono trasferito a Vigevano (per lavoro e soprattutto per amore) ho avuto la possibilità di iniziare ad allenare il salto con l’asta. Attualmente seguo un gruppo di 15 giovani, alcuni di loro molto promettenti, e da un paio d’anni collaboro con grande piacere con il settore tecnico della Liguria: regione piccola, ma con tanti tecnici bravi, preparati e motivati.

Sei stato atleta professionista nel salto con l’asta, un record personale di 5,65 metri, numerosi titoli nazionali vinti e vari record sia giovanili che assoluti. Questo tuo curriculum da atleta d’élite è un vantaggio o uno svantaggio ora che sei diventato allenatore?
Sicuramente uno svantaggio. Lo dico con grande rammarico.

Secondo te quali sono le difficoltà principali che un allenatore deve gestire nella preparazione e nella costruzione tecnica, anche a lungo termine, di un saltatore con l’asta?
La parola giusta è “costruzione tecnica”. A livello giovanile, il focus principale è “insegnare” il salto con l’asta attraverso una giusta tecnica ed allenamenti precisi e meticolosi ma non certo asfissianti. Per questo, ci vuole approfondita conoscenza della tecnica del salto con l’asta, incasellandola poi in un bouquet di allenamento generale, multilaterale e giocoso. Purtroppo spesso non è così. Si ha fretta, troppa fretta: si cerca la performance sin dalle categorie giovanili, specializzando troppo presto i ragazzi e tralasciando colpevolmente l’aspetto tecnico a scapito di quello puramente prestativo. Morale: spesso abbiamo ottimi saltatori a livello giovanile che poi si perdono una volta entrati nelle categorie assolute.

Da atleta hai fatto degli errori, che sono diventati chiari soltanto una volta diventato coach?
Da atleta, tecnicamente non sono mai stato fenomenale. Soprattutto da grande, avrei potuto mettere a punto alcuni particolari che solo adesso ho ben chiari. Da tecnico, ora ho in mente il salto perfetto: peccato perché ormai sono troppo vecchio per metterlo in pratica! Spero di farlo con i miei atleti…

Salto con l’asta: scuola Russa, Francese e Tedesca. Quale modello tecnico è migliore a tuo avviso?
Non parlerei di modello tecnico (né tantomeno di scuola), ma di modello di preparazione e prestazione. Ogni nazione (a questi aggiungerei anche la Polonia e gli USA, con questi ultimi che però hanno uno schema molto meno omogeneo) ha linee di indirizzo piuttosto definite per quanto riguarda programmazione e costruzione della performance, dà linee generali per quanto riguarda la tecnica ma lascia spazio alle particolarità. In genere, però, ci sono obiettivi e linee di indirizzo ben definite, decise dai tecnici federali. Una cosa che, attualmente, manca in Italia.

In base alla tua esperienza da allenatore, quali sono i punti fondamentali in un buon programma di allenamento nel salto con l’asta?
Tecnica, tecnica e ancora tecnica. E buone capacità di corsa.

A tuo avviso, quali sono le difficoltà principali che un allenatore di atletica leggera deve affrontare nel nostro paese?
Purtroppo la nostra atletica qualche anno fa ha subìto una svolta epocale, e quasi non ce ne siamo accorti. Prima il tecnico era soprattutto l’insegnante di educazione fisica che passava il pomeriggio al campo. Adesso i tempi sono cambiati: i tecnici fanno grandi sacrifici per seguire i ragazzi, spesso senza nemmeno un rimborso spese. Questo è frustrante e ingiusto, perché la professionalità dev’essere retribuita, come avviene in tutti gli sport più importanti. E nonostante questo, in Italia ci sono ancora tantissimi tecnici davvero bravi e preparati: basta vedere i risultati dei recenti campionati giovanili di Cali, Eskilstuna e Tallinn dove gli azzurri hanno fatto bene in molte specialità diverse.

Allenamento giovanile. A nostro avviso è la base per la costruzione di futuri campioni, per far questo pensiamo sia importante ritrovare la sua componente ludica ed educativa, non solo la voglia di risultati. Che ne pensi?
Purtroppo, la moltiplicazione di gare giovanili di livello internzionale e la corsa ad accaparrarsi un posto in un gruppo sportivo militare ha aumentato molto la competitività e la fretta di arrivare: un prezzo che si rischia di pagare successivamente.

Spesso i giovani sono nelle mani dei tecnici meno esperti, appena usciti dal corso istruttori. Pensi possa essere utile costruire un percorso che crei degli esperti/professionisti nell’allenamento dei giovani?
I tecnici esperti e professionisti sono sempre molto utili, sia per far crescere l’atleta sia per accompagnare nel processo di maturazione anche i tecnici meno esperti. In tal senso, credo che l’abolizione dei responsabili di settore sia stata una scelta un po’ azzardata. C’è bisogno di “tutor” esperti e qualificati, che stiano giornalmente a contatto con le realtà delle loro specialità, e che magari siano scelti per titoli, pubblicazioni e reali capacità come avviene negli altri stati europei.

Quali sono le figure che hanno ispirato il tuo modo di allenare?
Il mio ex tecnico Francesco Ambrogi, Vitaly Petrov, Carlo Vittori e, fuori dall’atletica, Julio Velasco. La fortuna di fare il preparatore atletico in molti altri sport, inoltre, mi permette di confrontarmi con realtà tecniche e programmatiche nuove e prendere loro il meglio.

Andrea Giannini

Si parla molto del modo di allenare all’estero, consa ne pensi? Pensi che in Italia gli allenatori siano così inferiori rispetto a quelli delle altre nazioni?
Non credo in Italia gli allenatori siano inferiori a quelli stranieri, anzi! Purtroppo, spesso, non sono messi in condizioni di allenare al meglio. Io però, da questo punto di vista, voglio essere ottimista. Magnani e Baldini stanno facendo un ottimo lavoro, lavorando in profondità come da tanto tempo non si faceva. Come ho già detto, ci sarebbe però bisogno di ricostruire attorno a loro il settore tecnico, delegando a figure altrettanto autorevoli e preparate.

Cosa ti piace dell’atletica leggera, rispetto ad altri sport?
Sport individuale: tu contro l’uomo, il cronometro, il metro. Ci metti la faccia, sempre.

Il consiglio che daresti ad un giovane che vorrebbe iniziare a fare il tecnico di atletica?
Di venire al campo, divertirsi ma allo stesso tempo essere preciso, meticoloso e responsabile. Le famiglie ci affidano dei giovani non solo per insegnare loro a correre veloce o saltare di più, ma soprattutto per farli crescere attraverso la conoscenza del proprio corpo, il rapporto con gli altri, il successo delle vittorie e la responsaiblità delle sconfitte.

Oltre all’atletica “convenzionale”, sei allenatore anche di atleti paralimpici, in particolare di Giusy Versace. Cosa ne pensi dell’attività paralimpica?
Con Giusy Versace è un’esperienza bellissima, che va avanti dal 2010 e che si concluderà, spero, con le Paralimpiadi di Rio nel 2016. Un’esperienza tecnica e umana che scorderò difficilmente. Per quanto riguarda l’atletica paralimpica in Italia, è una realtà molto in crescita anche se a mio modo di vedere spesso si bada troppo al risultato, e troppo poco alla sua valenza sociale. L’obiettivo primario, a mio avviso, dev’essere quello di dare la possiblità a molte persone di riscattarsi ed esperimersi attraverso lo sport, non di vincere solo medaglie.

Atletica, ma anche calcio: sei stato anche preparatore di alcune squadre dilettantistiche ed inoltre come giornalista tratti spesso di calcio. Cosa ne pensi della professionalità dei preparatori di calcio rispetto ai tecnici di atletica (a parte la differenza di stipendio…)
Come giornalista non tratto più di calcio da diversi anni: ormai mi dedico quasi esclusivamente all’atletica, e come Video Operatons Manager alla formazione di giovani giornalisti in campo internzionale (in questo caso, sì, anche nei grandi tornei di calcio). La mia esperienza di preparatore atletico nel calcio è stata molto formativa, mi ha insegnato a costruire la performance seguendo strade diverse da quelle che conoscevo. Ad alti livelli, i preparatori di calcio hanno una grandissima conoscenza. La differenza, rispetto ai tecnici di atletica che possono decidere in piena autonomia, è che facendo parte di uno staff i preparatori devono in qualche modo adattarsi alle esigenze del tecnico e dei giocatori, che sono molti e difficili da gestire tutti assieme. In qualche modo, insomma, il lavoro di gestione è più importante di quello di programmazione.

Ringraziamo Andrea per la disponibilità. Se volete conoscerlo meglio visitate il suo sito web andreagiannini.com

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Intervista a Giovanni Galbieri e Alessandro Nocera

23 Luglio 2015 by Redazione

Lunga ed interessante intervista a Giovanni Galbieri, che a Tallin ha fatto gioire l’atletica italiana vincendo il titolo di Campione Europeo Under 23 nei 100 metri, e al suo coach Alessandro Nocera, tecnico torinese che ha iniziato il proprio percorso da allenatore con Daniela Graglia e che fino allo scorso anno ha seguito Fabio Cerutti, attualmente oltre a Giovanni segue Giacomo Tortu e Davide Manenti. 
(la parte relativa ad Alessandro nella seconda pagina dell’articolo)
Ciao Giovanni, appena terminati i Campionati Europei di Tallinn, dai quali torni con una medaglia d’oro e due personali, 10″20 ventoso in semifinale e 10″33 regolarissimo in finale. Eri consapevole di essere così in forma quando sei partito? Ti saresti aspettato un risultato del genere?
Ciao a tutti. Devo dire che a livello cronometrico ero consapevole di poter valere intorno ai 10″30 chiaramente centesimo più centesimo meno. È stata una sorpresa il 10″20 ma per le sensazioni avute nel riscaldamento devo dire che ambivo ad un under30″, peccato per il vento irregolare ma guardando avanti va bene così, perché lascio un margine colmabile a breve (si spera). 10″33 è un tempo di tutto rispetto considerato che: la pista era “normale”, c’erano 13 gradi, il vento era nullo e avevo un paio di turni sulle gambe. Infine la finale è sempre una gara a se e chiaramente sono contento di aver fatto il personale li, nel posto giusto e al momento giusto.
Campionati Europei under 23
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Parlaci un po’ di te (come e perché hai iniziato a fare atletica, cosa fai nella vita oltre all’atletica, quali sono i tuoi hobby e le tue passioni).
Ho cominciato a fare atletica nel 2003 in quarta elementare, come la si può fare in quel periodo ma ho sempre prediletto la corsa in qualsiasi forma (ho fatto anche le campestri). La mia seconda grande passione è la musica, scrivo canzoni da un po di anni. Attualmente suono e canto in un gruppo. Ascolto molta musica italiana e il mio artista preferito è Danilo Sacco (ex cantante dei nomadi)
Oltre al Titolo Europeo Under 23 nei 100 metri, una stagione in costante crescita, con la vittoria del Titolo Italiano Promesse, sempre nei 100 metri. Cosa pensi sia cambiato rispetto agli scorsi anni, dove sembravi essere in una situazione di “stallo”, dal punto di vista tecnico e dal punto di vista della preparazione atletica?
Mah io penso che la situazione di stallo lo sia stata in modo relativo, poiché, salvo infortuni, sono sempre riuscito a migliorarmi anno dopo anno, magari non come ci si aspettava, ma voi sapete meglio di me quanto sia dura confermarsi su certi livelli soprattutto tecnicamente.
Dopo gli Europei Juniores 2012 dove sei arrivato 5° in semifinale, hai passato un paio di stagioni difficili a causa di un brutto infortunio. È stata dura gestire quel periodo? Cosa ti ha fatto andare avanti a credere in te stesso e a continuare ad allenarti invece di smettere?
Il periodo è stato di transizione. Ho cambiato prima società, passando alla Riccardi Milano ( che non smetterò mai di ringraziare) e poi allenatore, Alessandro. Devo dire che oltre al costante aiuto della mia famiglia, Alessandro è stato determinante: non ha smesso un secondo di credere in me, ha avuto moltissima pazienza (e tutt’ora ne ha..), perseveranza e precisione, un mix vincente che ha fatto salire giorno dopo giorno in maniera esponenziale la mia autostima e la mia voglia di tornare in pista protagonista.

Galbieri

Galbieri durante il riscaldamento

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Quali sono gli obiettivi per il futuro?
Ora puntiamo a fare bene gli assoluti, a mantenere una media costante attorno a certi tempi, prevenendo il più possibile infortuni, per quanto possibile, nella speranza di avere continuità negli allenamenti e nelle stagioni a venire.
Hai in mente di correre qualche 200 in questa stagione?
In allenamento qualche 200 è stato fatto, ma per adesso non è una mia priorità. Devo farlo più mio, familiarizzare con la curva e con la botta di acido che arriva puntualmente dopo il 150 (se non prima). Ma è nei nostri programmi fare un 200, anche in previsione di una miglior scioltezza nel 100 metri
Quale è il tuo allenamento preferito?
L’allenamento che preferisco sono le sedute di accelerazioni sui 20/30 metri. Quelle non massimali ma molto tecniche. È li che sviluppo maggior sensibilità che mi ritorna tutta nella gara,sviluppando, per quanto possibile, alcuni automatismi.
Quale quello che ti piace meno?
Senza ombra di dubbio le prove che superano i 200 metri. Odiose
Hai qualche oggetto, rituale scaramantico prima/durante le gare?
Diciamo che prima delle gare tendo a diventare un po paranoico e voglio che tutto sia al proprio posto. Lucido le scarpe, compagne d avventura…
Com’è il rapporto con il tuo allenatore?
Oltre a quello già detto nella domanda 4), aggiungo che è una guida tecnica estremamente precisa. Ha un occhio che nessun altro ha, tratta diversamente ogni suo atleta distinguendone pregi e difetti attuando un programma diverso e personalizzato per ognuno di essi. Ha portato 3 atleti alle olimpiadi, mi fido ciecamente dei suoi programmi, questo penso sia fondamentale per l’atleta e per la sua serenità.
A tuo avviso, quali sono le difficoltà principali che un atleta (non militare) deve affrontare nel nostro paese?
Beh appunto la mancanza di un supporto economico costante preclude un’ attività di livello top. Penso che sarebbe utile nell’atletica un intervento privato a colmare lacune finanziarie che ci sono all’interno del nostro sport. Ma io stesso tentennerei all’idea di investire sull’atletica che, per quanto sia lo sport più bello del mondo, non è televisivo.
Tortu Galbieri (2)
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In Italia si parla molto del modo di allenare all’estero, molti atleti si sono trasferiti fuori dall’Italia per provare nuovi metodi di allenamento, cosa ne pensi? Hai mai pensato di farlo anche tu?
Penso che andare all’estero per fare un esperienza sia del tutto legittimo purché sia una scelta fatta con criterio. Andare all’estero per vantarsi di avere 20 bilancieri quando ne usi solo uno mi sembra un po limitato. Se si sfrutta tale occasione per migliorare, allenarsi con gente più forte di te e provare metodi di allenamento alternativi allora si, sono d’accordo. Personalmente per ora no, l’idea non mi sfiora, sto bene dove sono e ho tutto quello che mi serve.
Chi è, o è stato, il tuo “esempio”/idolo/mito nell’atletica?
Il mio esempio italiano è sempre stato Ciccio Scuderi, lo conosco personalmente lo stimo come atleta ma soprattutto come persona. Come atleta preferito ho sempre avuto Liu Xjang: è sempre stato una spanna sopra a tutti, quando lo vedevo correre mi dava l idea di disciplina, purezza e determinazione tutto in una sola persona. La sua tecnica era perfetta. A Pechino quando non ha corso, mi è dispiaciuto molto.
Cosa ti piace dell’atletica leggera, rispetto ad altri sport?
Mi piace perché ti forgia il carattere. È uno sport individuale la squadra non esiste nemmeno nella staffetta (bada bene, ho detto squadra non gruppo). Se perdi la colpa è tua e impari a prenderti le tue responsabilità senza dare la colpa a nessuno. Se vinci pero la soddisfazione è doppia se non tripla.
Quale consiglio daresti ai giovani atleti (non che tu sia vecchio), meno esperti di te?
Ai giovani consiglio di non avere fretta, di non specializzarsi subito di rimanere fino a quando possono poliedrici. Ma soprattutto consiglio di prendere come modelli ed esempi atleti che sono partiti dal basso e sono arrivati a fare grandi cose. Il talento purtroppo non è per tutti e non lo si può allenare, la differenza in molti casi la fa la perseveranza, la precisione e la voglia di arrivare un alto.
Per te oro Europeo nei 100 metri Promesse, ma dietro di te sembra vedersi un movimento di giovani atleti che, guardando le prestazioni, fanno ben sperare la velocità Azzura. Pensi che il settore velocità italiano possa tornare a vincere una competizione internazionale anche nella categoria assoluta?
Io penso di si. L’italiano ha la capacita di rialzarsi nei momenti difficili ed è storicamente dimostrato che è un fattore di indole. Credo nel movimento atletica, ne abbiamo bisogno!!!

 

Nella seconda pagina dell’articolo l’intervista ad Alessandro Nocera, coach di Giovanni, che ci racconta un po la sua filosofia di allenamento e cosa c’è dietro gli ottimi risultati con gli atleti che allena.
Gruppo Nocera

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