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12 Marzo 1978 Vladimir Yashchenko sale sul tetto del mondo.

12 Marzo 2016 by Redazione

vladimir-yaschenko

(foto di copertina Atletica Sport Rrace)

Oggi ricorre il 38 esimo anniversario del miglior salto mai effettuato da un uomo utilizzando lo stile ventrale.

All'epoca, il 2,35 metri ottenuto a Milano da Vladimir Yashchenko, era stato addirittura un destabilizzante record del mondo che riunificava in una sola persona i primati all'aperto e al coperto.

E quelli Juniores considerata l'età dell'atleta non ancora ventenne!

L'atleta ucraino in quell'occasione aveva alternato errori clamorosi a salti stupefacenti, facendo intravedere la possibilità di poter superare quote ancora più formidabili.

All'epoca Yashchenko aveva solo 19 anni e quello che avrebbe dovuto essere un grande futuro.

Tecnici e biomeccanici, cadendo nel solito gioco della fanta-speculazione sportiva, erano arrivati a fissare il limite delle sue potenzialità all'incredibile quota di 2.50! Vette ancora più elevate sarebbero state indicate da chi, con i rudimentali mezzi dell'epoca, aveva provato a misurare l'elevazione del suo cavallo, analizzando i fotogrammi dei suoi salti con squadra e carta millimetrata.

Oggi motivi statistico burocratici poco comprensibili, vedono affiancato al nome del campione ucraino quello del russo Danyl Lysenko e del suo più convenzionale 2.31 Fosbury, quali "codetentori" (ma con misure diverse!) del primato europeo U20 indoor.

Nel 78 però la Gazzetta dello Sport eccitava la fantasia degli italiani, raccontando di questo atleta formidabile, capace di superare una cabina telefonica o il garrese di un elefante.

Yashchenko non era l'unico ventralista a saltare sulla pedana di Milano, ma era sicuramente il più giovane.

Non era il vecchio campione che non ha più il tempo per  adattare il proprio stile alla nuova tecnica che nei dieci anni precedenti aveva spopolato e regalato risultati e primati mondiali.

Era piuttosto un grande punto di domanda per quelli che, forse troppo alla svelta, avevano deciso di  pensionare il vecchio stile considerato obsoleto e, al tempo stesso, era un grande punto esclamativo, che pareva in viaggio per raggiungere destinazioni verso cui nessuno altro sarebbe stato in grado di seguirlo.

A quanto pare, il giovane saltatore di Zaporižžja avrebbe provato entrambi gli stili, optando poi per quello che a lui meglio si adattava.

Questo rende la sua scelta controcorrente e, per certi versi, rivoluzionaria quasi quanto quella di Dick Fosbury.

Del resto, se Fosbury aveva ribaltato il salto in alto, Yashchenko ne aveva ribaltato le gerarchie.

Se il primo aveva messo sotto i riflettori il nuovo grande salto, il secondo, girando le carte ancora una volta,  con quel passo in dietro metteva in luce se stesso: il grande saltatore.

Il "salto della rana" di Yashchenko o quello "del gambero" di Dick Fosbury in fondo, però, non sono troppo diversi.

Anche se per qualche istante ci regalano l'illusione del volo, dopo poco ci  fanno ricadere, riportandoci con i piedi per terra.

 

Per celebrare questo anniversario e ricordare Volodja, pubblichiamo un brano tratto dal libro Latletamascherato, uno dei pochi romanzi che parla anche di piste, pedane ed atletica leggera.

 

 

La menzogna di Dick Fosbury

Per capire un poco che tipo di campione fosse Pietro bisogna  considerare il suo atteggiamento verso il salto in alto.

Al salto alla Fosbury preferiva lo stile ventrale. Non c’erano scuse per giustificare questa cocciutaggine.

Pietro non era vecchio abbastanza per aver imparato a saltare in quel modo.

Né era vecchio a sufficienza per aver assistito al tradimento dell’ortodossia del salto esatto per la sua variante di successo blasfema e capovolta.

Se da molti Dick Fosbury è celebrato come un rivoluzionario, per Pietro rimaneva una sorta di impostore, anche se in buona fede.

Fra i suoi meriti forse gli riconosceva quello di aver guardato alla realtà da una prospettiva diversa. Dell’atleta aveva ammirato il coraggio di aver saputo affrontare un’olimpiade vinta tra le risa dei

cosiddetti esperti e degli addetti ai lavori che, quando capiscono, sono sempre fra gli ultimi.

Pietro però avvertiva che nel suo salto c’era qualcosa di poco genuino.

Nello stile Fosbury flop c’è pur sempre una scorciatoia, un compromesso.

Forse, riflettendoci bene, quella di Fosbury più che un’idea originale era stata una soluzione premessa e suggerita dalle mistificazioni e dalle esigenze commerciali dello sport spettacolo.

La vicenda sportiva che davvero aveva entusiasmato Pietro l’aveva scovata cercando in un angolo della rete ed era stata un’altra: la controrivoluzione in nome dello stile ventrale attuata da Vladimir Yashchenko.

Rivoluzione di marzo, non di ottobre.

E restaurazione certo, ma in nome della verità.

A ben vedere nulla è più rivoluzionario che sostenere un’idea superata dalla storia.

La storia di Yashchenko termina con una sconfitta.

Pietro in questo fallimento sapeva riconoscere molta più verità e bellezza che in tante vittorie.

I piccoli rivoluzionari cercano un’alleanza nella storia e nel futuro.

I grandi rivoluzionari se ne fregano.

I piccoli rivoluzionari hanno ragione.

I grandi rivoluzionari hanno torto.

Da Gesù in poi e probabilmente anche da prima.

E se si può ben sostenere che un eroe che tradisce perde ogni valore, è altrettanto vero che un eroe tradito, se possibile, diviene ancora più grande!

Yashchenko appariva a Pietro proprio in quel modo!

Lassù! Più in alto di tutti. Campione splendido ed effimero.

Anacronistico e moderno. Lui sì che gli era sembrato un eroe romantico. Epico nel suo tentativo di ristabilire l’ordine delle cose, nel nome della verità.

Non della convenienza.

Se è vero che ogni atleta è un visionario, che nell’allenamento rappresenta la realizzazione del proprio successo, Yashchenko era stato la scintillante Cassandra del salto in alto.

Pietro lo trasfigurava in una specie di Telemaco tragico.

Più intraprendente rispetto al suo antecedente classico non attende il ritorno di Ulisse e si decide riconquistare Itaca da solo.

Con le proprie forze. E Yashchenko, contro ogni presagio divino, per un istante ci riesce! Ce la fa! Un lampo prima di capitolare.

Costruisce il proprio successo nel più assurdo dei modi.

Nel modomeno sovietico possibile: percorrendo una strada lastricata di errori, di goffi tentativi e incertezze prima di salire sino ai due metri e trentacinque del nuovo primato mondiale.

Proprio a Milano, il 12 marzo 1978, ai Campionati Europei.

In quegli anni di confusione e di delirio sociale c’è una rivoluzione che riesce, che si compie davvero.

Uno scatto in avanti che si attua portando indietro di dieci anni le lancette della storia.

Pochi se ne accorgono.

L’imperialismo culturale americano sta propagandando una menzogna: il salto con atterraggio da dietro.

Il salto cervicale con caduta sull’atlante, anatomicamente parlando.

Non se ne rendono conto nemmeno i rivoluzionari del terrore, che pretenderebbero di

sovvertire l’ordine sociale partendo dal basso.

Yashchenko, anche in questo caso, fa l’opposto: la sua rivoluzione parte dall’alto.

Il destino delle rivoluzioni però, di quelle vere per lo meno, non è di durare un istante e di morire.

Nelle rivolte tutto torna come prima. Nelle rivoluzioni no.

Il segno nella rivoluzione di Yashchenko è uno squarcio indelebile nella certezza della supremazia del Fosbury.

E non soltanto.

Il successo di Yashchenko è la rivincita del pensiero autonomo rispetto al conformismo e all’accettazione passiva della mistificazione della propaganda.

Se la cabala pretende che i numeri siano in grado di influenzare il destino di un uomo, anche le parole possono reclamare lo stesso diritto.

E infatti il nome dell’americano Fosbury è diventato uno stile di massa mentre il sovietico Yashchenko è rimasto una persona, un individuo.

Fosbury è un salto. Yashchenko un uomo: Vladimir. Anzi, è un ragazzo: Volodja!

Yashchenko è il campione dell’anti pensiero-omologato che per un istante, come per un disguido tecnico, interrompe le trasmissioni che stanno tambureggiando: “Fidati! Atterra sull’osso

del collo! Il progresso significa che puoi fare quello che vuoi!”

Lo dicono tanto bene che una bugia, entro i limiti ristretti di un materassone di gomma sintetica, diventa vera.

Non per Yashchenko, che non crede al paracadute che la società, che pretende spregiudicatezza e incoscienza in nome dello sviluppo, promette di aver preparato per ognuno di noi.

Yashchenko non si butta alla cieca.

Non si fida né si affida alle bugie di chi, a terra nella torre di controllo, rimane al sicuro a

impartire ordini.

Yashchenko sale in orbita da solo, mantiene il controllo, fa esattamente il contrario di quanto imporrebbero logica e biomeccanica.

E vince!

Un lampo e una luce di verità in una parabola che finisce subito dopo essere cominciata.

A meno di vent’anni e dopo tre record del mondo e alcuni tentativi per recuperare il ginocchio sinistro e la propria carriera, Yashchenko, il saltatore in alto più talentuoso di sempre, è già finito.

Gli americani avrebbero boicottato i giochi di Mosca 1980, ma ciò nonostante quelle non sarebbero state le Olimpiadi dell’estroverso saltatore ucraino che con i suoi lunghi capelli biondi e il bel viso

sorridente somiglia più a un surfista californiano che non a un militare sovietico.

Sarebbe finito nel peggiore dei modi: colto, solo, consapevole della propria grandezza passata, alcolista e povero. 

Abbandonato dalla ragione della forza gli sarebbe restata l’inutile forza della ragione: maestro di un’arte che nessuno vuole più imparare.

La grandezza della sua stella e la brevità della sua vita non gli avrebbero permesso nemmeno il conforto della pace e della tranquillità che sono la misera consolazione degli eroi dimenticati.

Il Fosbury non è l’invenzione di un saltatore americano.

Il Fosbury è figlio della gomma piuma.

È un gesto innaturale. Inutile. È spettacolare ma non è bello. Non è possibile superare un vero ostacolo in quel modo.

Il saltatore, ricadendo per terra sulla schiena, si fracasserebbe la spina dorsale.

È una splendida illusione.

Il ventrale è una difficile realtà.

Fosbury ha colto un’opportunità.

Yashchenko, per un istante, ha cancellato una bugia.

Icaro che prima di bruciarsi le ali e ricadere a terra realizza il proprio sogno.

Il Fosbury offre numerosi vantaggi, è innegabile.

È più semplice da imparare e molto più facile da insegnare. Permette di avere saltatori più alti e leggeri.

Non ha bisogno della stessa preparazione della forza e ha reso più lunghe le carriere di chi si

affida alle promesse di questa tecnica. Non distrugge le ginocchia dei suoi interpreti con la rapidità del ventrale.

Il Fosbury è incoscienza.

Il ventrale è consapevolezza.

Nel Fosbury dai le spalle all’asticella.

Il ventrale ti pone faccia a faccia con il tuo limite.

Il Fosbury è un fuoco d’artificio.

Consente una rincorsa e un’entrata sullo stacco molto più veloci.

È un salto più efficiente.

Regala qualche centimetro di vantaggio a parità di altezza del baricentro dell’atleta.

Il ventrale è ordine essenziale.

Il Fosbury è gioco d’azzardo.

Il Ventrale è ragionamento.

Il Fosbury è tutta una serie di vantaggi, ma è un salto sleale.

Il ventrale invece è sincero.

E Pietro non lo avrebbe mai abbandonato per qualche centimetro in più.*******

 

A scanso di ogni equivoco lo stile ventrale, al di fuori della finzione letteraria, difficilmente può trovare oggi altra applicazione se non quella di esperienza didattica e addestrativa, circoscritta nell'ambito di una preparazione multilaterale.

Lo stesso stile Fosbury flop è stato oggetto di numerose evoluzioni ed è di certo a quello (almeno fino alla prossima rivoluzione) e al futuro che si deve rivolgere lo sguardo del tecnico.

Forse il Fosbury non è lo stile che porta l'atleta più in alto ( fra i tanti miti c'è quello sostenuto dalle immagini davvero impressionanti che vorrebbe che nessun saltatore abbia mai portato il proprio baricentro tanto alto quanto Volodja superando a Milano 2.27) ma sicuramente è quello che permette di scavalcare l'asticella alle quote più elevate.

Quello che però ci può far riflettere, è ricordare che in ogni specialità strade profondamente diverse possono portare a prestazioni simili ed altrettanto buone.

Proponiamo di seguito e in sequenza i 2.35 indoor di Yashchenko, Tamberi e Fassinotti: la stessa quota accomuna tre salti, tre atleti parecchio diversi ed unisce epoche molto lontane.

Gimbo Tamberi, con il 2.36 di Ancona dello scorso 6 marzo, ha fatto crollare l'ultimo primato di Volodja, realizzando il miglior salto al coperto mai ottenuto da un atleta di qualunque nazionalità sul suolo italiano.

Questo record era durato così a lungo anche grazie ad un altro crollo: quello del Palaindoor di Milano, teatro dell'impresa di Yashchenko.

A nostro parere però, Gimbo non cancella il mito di Volodja ma, piuttosto, ne raccoglie il testimone.

Infatti i tempi dello sport non si misurano soltanto in ere, quadrienni, cicli e macrocicli.

Piuttosto si dilatano in attimi indimenticabili, al punto che ci sembra di scorgere in questi ragazzi, fra tante differenze, anche qualcosa di molto simile.

Ed in questo modo, viaggiando con la fantasia, riusciamo persino ad immaginarceli  insieme, a saltare acclamati da un pubblico esultante sulla stessa pedana.

 

 

 

 

Andrea Uberti - cofondatore de IlCoach

Andrea Uberti

Combined Events Coach | ilCoach.net ASD Vice President
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Filed Under: News, Salti, Salto in alto Tagged With: Dick Fosbury, fosbury flop, gianmarco tamberi, high jump, jump, La menzogna di Dick Fosbury, Latletamascherato, marco fassinotti, salto del gambero, salto della rana, salto fosbury, salto in alto, salto ventrale, stile ventrale, Vladimir Yashchenko, Volodja, Yashchenko, Zaporižžja

Viewed from above. Interview with Marco Tamberi.

27 Febbraio 2016 by Redazione

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Il test Conconi è ancora utile?

Interview with Marco Tamberi, coach of Gianmarco Tamberi, Italian high jump record holder with a mark of 2.38 meters.

And this very interesting interview comes from the world of the high jump itself, and, one might say, from the top of it. Or at least from the highest point that anyone has been able to jump: neither this year in the world, nor ever before in Italy.

Marco Tamberi is a former top high jump athlete, coach and father of Gianmarco, current Italian record holder and top athlete of the Italy men’s national team, which, according to this year results, appears to be the strongest team in the world. Marco has adopted quite special methods for his son’s training over the years. And the results to date do actually suggest that, if you want to get great achievements, it’s just a matter of applying cutting-edge workout strategies.

Marco Tamberi’s thoughts and considerations concern super-specialization for higher training and top athletes. However, in his words we’ve found very important ideas, and certainly useful hints and lessons for the day-to-day  activity of athletic club coaches.

Having said this and following our congratulations on Gianmarco’s outstanding results , this is how he replies to our questions:

 

What methods have been applied to train Gianmarco Tamberi on strength?

It’s hard to be sufficiently concise and at the same time complete, so I prefer to present the philosophy behind my decisions rather than describing the training details.Some initial considerations: I divided the strength workouts into two broad categories which are very different from each other in terms of goals and methodology.

  • I mean all those workouts that serve to protect the athlete from injury.In this case these workouts have no correlation with the development of specific qualities for a given athletic event so that, for instance, they could be used by both runners and jumpers...I mean barbells workouts and weight-free workouts simultaneously involving a large number of muscle groups: we use these workouts at very low loads only during the starting period, that is, in the first month, up to 40 days max. after resumption of training.[su_spacer size="8"]
  • The very specific training program (the one we use over 10 months a year to improve performance) has to address questions which are strictly related to the technical gesture.A coach must stand above and beyond conventions that provide predefined workouts and make a number of complex considerations arising from the analysis of the biomechanical gesture.A few examples of deductions I’ve made on this basis:[su_spacer size="8"]
    • Very high correlation between performance and lower angle of knee deformation during takeoff.[su_spacer size="4"]
    • Very high correlation in time of strength application ratio between the eccentric and concentric phase during takeoff: the shorter the eccentric phase, the greater the performance.[su_spacer size="4"]
    • Max strength peaks are all part of the eccentric phase: during the concentric one, the required strength is much lower (30/40%) compared to the eccentric phase. For a jump of 2:25 meters the max. strength peak required is 7,500 newtons (about 700 kg) in a variable angle between 170 and 160 degrees at the knee (takeoff leg).

My deductions are that I need to increase the max. strength of my athlete just along the range of use, so talking about angles between 170 and 160 degrees... Do weightlifting workouts allow me this increase? I haven’t found one yet.

And one more question: If one of the key points of performance is the ability to express most of the strength during those ranges, why I should focus on developing strength away from them, moreover, far from the racing period?

Therefore I’ve decided to use isometric workouts that are absolutely the ones with the capacity to develop strength, with the only disadvantage that you need to focus it near the exercised angle (10 degrees above or below).And this is not a problem in my case since the maximum strength required in high jump shifts within a very small number of degrees.Thanks to the enormous increase in strength we get from this kind of workout, we can dramatically reduce the time spent to promote other values which are conditional but equally important.And here’s an interesting fact: we have put together a group of 10 volunteers to measure strength improvement (using expensive machinery designed and created just for this purpose) over 3 angles:150, 160 and 170 degrees: the average increase by group, after 4 days of work, exceeded the previous max. value by 35%.Gianmarco himself, who is experienced in the use of isometry, has increased his strength values up to 51% ... again with 4 days of work: assuming we can find a “traditional” workout capable of developing strength for the degrees I need ... how much time should I commit to achieve the same result?I should add that such workouts are done only and exclusively during the competitive period, with repeated short cycles

 

 

Having also been the coach of your son Gianluca (national level javelin thrower), you have probably faced an even more important problem regarding the development of strength and muscular power. Do you think that working with weight overloads should be limited in other track & field events as well, or is it just a recommendation for high jump training?

The approach was the same, but the feedback obviously different: in high jump you don’t push, it’s just a matter of stiffness. On the contrary, the javelin is thrown through a stretch reflex response.

Here too, strength has very little to do with the one developed through weights, even if we must agree on a greater correlation. Gianluca threw 78.61 at the age of twenty with a bench work limit of 80 kg...

 

Are weight overloads mostly avoided to avert muscular hypertrophy growth and not compromise weight/power ratio, or is that mainly due to other reasons? Are power clean and snatch as well as similar workouts totally excluded from Gianmarco’s training schedule?

I think I’ve completely addressed this topic in the previous question; but yes, kicks and snatch pulls are totally excluded and frankly I find them counterproductive, except for the introductory period mentioned above and just as precaution.

I won’t just say it is counterproductive and that’s all.

For years we have tried to remove all workouts that include “voluntary” momentumOne of the key points of our system is this: remove  the idea of having to “push” from your mind as much as you can, and instead use any workouts that involve a reflex to get as close as possible to the neuromuscular system that intervenes during the jump (I’m just using a kind of overstatement to explain my concept).

 

Give me an example.

For many years we’ve totally excluded both horizontal leaps and takeoff drills from the training program. To follow the logical process mentioned above, I need to explain the reasons for this choice: in all muscle contractions, fibers are always recruited in the same order: first the slow then the intermediate and finally the fast ones...But there is one exception: in the case of a pronounced pre-stretch phase the contraction takes place by reversing the order of recruited fibers: immediately the fast ones and possibly the remaining ones. This absolutely involuntary but decisive factor for performance must be educated and trained!!!

FINITA

Ph. Roberto Passerini

 

 

What are the plyometrics workouts Gianmarco feels he gets the most benefit from?

Plyometrics is one of the foundations of our work. We use falls between 70 and 90 cm, keeping the foot at its maximum extension during the impact: I deem this the  workout that correlates most with the actual state of an athlete's form.

 

What’s the influence of strength exercise on technique in high jump? And how much do different techniques affect strength attributes that can be used to bear them?

I think I have already answered this question too.

 

Doing strength work, core, is fundamental.In particular, stiffness for jumpers during takeoff. How is Tamberi working on that?

Certainly also with specific workouts. I am a fervent supporter of both “global” and non-“analytic” work, both for motor learning and for strengthening reasons, where possible...

 

How many complete jump tests does Gianmarco perform during a single training session? And this including both full and shorter run-ups?

Around 20/30 jumps.It can be said we almost never jump, except in exceptional cases, taking a full run-up, too risky.

FINITA 3

Ph. Roberto Passerini

 

 

Do you do a lot of workouts to improve sensibility and accuracy on the last stride at takeoff?

As I said before when talking about motor learning we do not use analytical workouts:for instance, I think that Gianmarco has never done one single takeoff drill throughout his entire career as an athlete

 

How are Gianmarco’s speed sessions made up?

It depends on the period: we create resistance bases in winter in order to be able - during racing season - to focus on 60-meter and 20-meter flying sprints.

Many hurdles sessions without ever getting to 110H ... too lengthy and risky for a high jumper.

 

What is your main work for the maintenance of a suitable centre of gravity and effective arching to avoid the hips falling on the bar?

I repeat: we do not do analytical work.I think, however, that both arching and subsequent clearing are not the result of special physical skills but the technical skill which is based on global jump performance (provided you do not have, of course, an athlete with features of congenital rigidity).

 

Thanks to coach Marco Tamberi for his interesting answers and to coach Matthew Horsnell for precious collaboration.

 

Andrea Uberti e Matteo Rozzarin 

 

Interview with Marco Tamberi, coach of Gianmarco Tamberi, Italian high jump record holder with a mark of 2.38 meters.

And this very interesting interview comes from the world of the high jump itself, and, one might say, from the top of it. Or at least from the highest point that anyone has been able to jump: neither this year in the world, nor ever before in Italy.

Marco Tamberi is a former top high jump athlete, coach and father of Gianmarco, current Italian record holder and top athlete of the Italy men’s national team, which, according to this year results, appears to be the strongest team in the world. Marco has adopted quite special methods for his son’s training over the years. And the results to date do actually suggest that, if you want to get great achievements, it’s just a matter of applying cutting-edge workout strategies.

Marco Tamberi’s thoughts and considerations concern super-specialization for higher training and top athletes. However, in his words we’ve found very important ideas, and certainly useful hints and lessons for the day-to-day  activity of athletic club coaches.

Having said this and following our congratulations on Gianmarco’s outstanding results , this is how he replies to our questions:

 

What methods have been applied to train Gianmarco Tamberi on strength?

It’s hard to be sufficiently concise and at the same time complete, so I prefer to present the philosophy behind my decisions rather than describing the training details.Some initial considerations: I divided the strength workouts into two broad categories which are very different from each other in terms of goals and methodology.

  • I mean all those workouts that serve to protect the athlete from injury.In this case these workouts have no correlation with the development of specific qualities for a given athletic event so that, for instance, they could be used by both runners and jumpers...I mean barbells workouts and weight-free workouts simultaneously involving a large number of muscle groups: we use these workouts at very low loads only during the starting period, that is, in the first month, up to 40 days max. after resumption of training.[su_spacer size="8"]
  • The very specific training program (the one we use over 10 months a year to improve performance) has to address questions which are strictly related to the technical gesture.A coach must stand above and beyond conventions that provide predefined workouts and make a number of complex considerations arising from the analysis of the biomechanical gesture.A few examples of deductions I’ve made on this basis:[su_spacer size="8"]
    • Very high correlation between performance and lower angle of knee deformation during takeoff.[su_spacer size="4"]
    • Very high correlation in time of strength application ratio between the eccentric and concentric phase during takeoff: the shorter the eccentric phase, the greater the performance.[su_spacer size="4"]
    • Max strength peaks are all part of the eccentric phase: during the concentric one, the required strength is much lower (30/40%) compared to the eccentric phase. For a jump of 2:25 meters the max. strength peak required is 7,500 newtons (about 700 kg) in a variable angle between 170 and 160 degrees at the knee (takeoff leg).

My deductions are that I need to increase the max. strength of my athlete just along the range of use, so talking about angles between 170 and 160 degrees... Do weightlifting workouts allow me this increase? I haven’t found one yet.

And one more question: If one of the key points of performance is the ability to express most of the strength during those ranges, why I should focus on developing strength away from them, moreover, far from the racing period?

Therefore I’ve decided to use isometric workouts that are absolutely the ones with the capacity to develop strength, with the only disadvantage that you need to focus it near the exercised angle (10 degrees above or below).And this is not a problem in my case since the maximum strength required in high jump shifts within a very small number of degrees.Thanks to the enormous increase in strength we get from this kind of workout, we can dramatically reduce the time spent to promote other values which are conditional but equally important.And here’s an interesting fact: we have put together a group of 10 volunteers to measure strength improvement (using expensive machinery designed and created just for this purpose) over 3 angles:150, 160 and 170 degrees: the average increase by group, after 4 days of work, exceeded the previous max. value by 35%.Gianmarco himself, who is experienced in the use of isometry, has increased his strength values up to 51% ... again with 4 days of work: assuming we can find a “traditional” workout capable of developing strength for the degrees I need ... how much time should I commit to achieve the same result?I should add that such workouts are done only and exclusively during the competitive period, with repeated short cycles

Gianmarco Tamberti usain bolt

Gianmarco Tamberi with Usain Bolt

 

 

Having also been the coach of your son Gianluca (national level javelin thrower), you have probably faced an even more important problem regarding the development of strength and muscular power. Do you think that working with weight overloads should be limited in other track & field events as well, or is it just a recommendation for high jump training?

The approach was the same, but the feedback obviously different: in high jump you don’t push, it’s just a matter of stiffness. On the contrary, the javelin is thrown through a stretch reflex response.

Here too, strength has very little to do with the one developed through weights, even if we must agree on a greater correlation. Gianluca threw 78.61 at the age of twenty with a bench work limit of 80 kg...

 

Are weight overloads mostly avoided to avert muscular hypertrophy growth and not compromise weight/power ratio, or is that mainly due to other reasons? Are power clean and snatch as well as similar workouts totally excluded from Gianmarco’s training schedule?

I think I’ve completely addressed this topic in the previous question; but yes, kicks and snatch pulls are totally excluded and frankly I find them counterproductive, except for the introductory period mentioned above and just as precaution.

I won’t just say it is counterproductive and that’s all.

For years we have tried to remove all workouts that include “voluntary” momentumOne of the key points of our system is this: remove  the idea of having to “push” from your mind as much as you can, and instead use any workouts that involve a reflex to get as close as possible to the neuromuscular system that intervenes during the jump (I’m just using a kind of overstatement to explain my concept).

 

Give me an example.

For many years we’ve totally excluded both horizontal leaps and takeoff drills from the training program. To follow the logical process mentioned above, I need to explain the reasons for this choice: in all muscle contractions, fibers are always recruited in the same order: first the slow then the intermediate and finally the fast ones...But there is one exception: in the case of a pronounced pre-stretch phase the contraction takes place by reversing the order of recruited fibers: immediately the fast ones and possibly the remaining ones. This absolutely involuntary but decisive factor for performance must be educated and trained!!!

FINITA

Ph. Roberto Passerini

 

 

What are the plyometrics workouts Gianmarco feels he gets the most benefit from?

Plyometrics is one of the foundations of our work. We use falls between 70 and 90 cm, keeping the foot at its maximum extension during the impact: I deem this the  workout that correlates most with the actual state of an athlete's form.

 

What’s the influence of strength exercise on technique in high jump? And how much do different techniques affect strength attributes that can be used to bear them?

I think I have already answered this question too.

 

Doing strength work, core, is fundamental.In particular, stiffness for jumpers during takeoff. How is Tamberi working on that?

Certainly also with specific workouts. I am a fervent supporter of both “global” and non-“analytic” work, both for motor learning and for strengthening reasons, where possible...

 

How many complete jump tests does Gianmarco perform during a single training session? And this including both full and shorter run-ups?

Around 20/30 jumps.It can be said we almost never jump, except in exceptional cases, taking a full run-up, too risky.

FINITA 3

Ph. Roberto Passerini

 

 

Do you do a lot of workouts to improve sensibility and accuracy on the last stride at takeoff?

As I said before when talking about motor learning we do not use analytical workouts:for instance, I think that Gianmarco has never done one single takeoff drill throughout his entire career as an athlete

 

How are Gianmarco’s speed sessions made up?

It depends on the period: we create resistance bases in winter in order to be able - during racing season - to focus on 60-meter and 20-meter flying sprints.

Many hurdles sessions without ever getting to 110H ... too lengthy and risky for a high jumper.

 

What is your main work for the maintenance of a suitable centre of gravity and effective arching to avoid the hips falling on the bar?

I repeat: we do not do analytical work.I think, however, that both arching and subsequent clearing are not the result of special physical skills but the technical skill which is based on global jump performance (provided you do not have, of course, an athlete with features of congenital rigidity).

 

Thanks to coach Marco Tamberi for his interesting answers and to coach Matthew Horsnell for precious collaboration.

 

Andrea Uberti e Matteo Rozzarin 

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Visti dall'alto

23 Febbraio 2016 by Redazione

Intervista a Marco Tamberi, allenatore e padre di Gianmarco primatista italiano di salto in alto con 2,38 metri.[su_spacer size=”5″]

Intervista di grandissimo interesse che arriva dal mondo del salto in alto, che più alto non si può..

..O perlomeno da dove più in alto nessuno è stato capace di arrivare: quest’anno nel mondo, né mai, prima d’ora, in Italia.

Marco Tamberi infatti è un ex saltatore in alto di livello ed è l’allenatore e il padre di Gianmarco, primatista italiano e atleta di punta della squadra nazionale italiana maschile: attualmente la più forte al mondo in questa specialità.

Le domande di oggi a Marco riguardano le metodologie e le metodiche che sono state utilizzate per allenamento del figlio in questi anni.

I risultati, ad oggi, sembran suggerire che, se si vogliono ottenere risultati eccezionali, occorrono strategie di allenamento d’avanguardia.

Le considerazioni di Marco Tamberi riguardano la super-specializzazione. Tuttavia nelle sue parole abbiamo trovato spunti molto importanti, di certo utili anche per l’attività di un normale tecnico di club.

Fatte questa premesse e i dovuti complimenti per i risultati ottenuti, ecco cosa ha risposto alle nostre domande:

 

1) Che metodiche utilizza Gianmarco Tamberi per preparare la forza?

Difficile essere sufficientemente sintetico ed allo stesso tempo esaustivo, quindi preferisco esporvi la filosofia che mi ha guidato nel fare determinate scelte piuttosto che descrivere gli esercizi. Innanzitutto una considerazione iniziale: ho diviso le esercitazioni di forza in due grandi categorie molto differenti fra loro per obbiettivi e metodologia di applicazione.

  • Tutte quelle esercitazioni che servono a preservare l’atleta da infortuni. In questo caso gli esercizi non hanno nessuna correlazione con lo sviluppo delle qualità specifiche di una determinata disciplina tanto che vengono utilizzate sia da maratoneti che da saltatori… Parlo di esercitazioni con bilancieri e corpo ibero che coinvolgono simultaneamente un gran numero di distretti muscolari: utilizziamo queste esercitazioni con carichi molto bassi solo nel periodo introduttivo, cioè nel primo mese, max 40 gg di ripresa degli allenamenti.[su_spacer size=”5″]
  • La preparazione specifica ( quella che utilizziamo 10 mesi l’anno per migliorare la performance) deve rispondere a quesiti strettamente correlati al gesto tecnico. L’allenatore deve porsi al di là ed al di sopra delle convenzioni che prevedono esercitazioni pre-confezionate e formulare una serie di considerazioni derivanti dall’analisi biomeccanica del gesto. Alcuni esempi di considerazioni che ho fatto su queste basi:
    • Altissima correlazione tra prestazione e minore deformazione dell’angolo del ginocchio allo stacco.
    • Altissima correlazione nel rapporto del tempo di applicazione della forza tra fase eccentrica e fase concentrica allo stacco: più la fase eccentrica è corta maggiore è la prestazione
    • I picchi di forza massimale sono tutti nella fase eccentrica: in quella concentrica la forza richiesta è nettamente inferiore ( 30/40% ) rispetto all’eccentrica
    • Max picco di forza richiesto più o meno 7.500 netwon ( circa 700 kg) in un angolo variabile tra i 170 e i 160° al ginocchio ( sull’arto di stacco) per un salto di m 2.25

Deduzioni: devo aumentare la forza massimale del mio atleta negli angoli di utilizzo, quindi tra i 170° e 160°… quale esercizio di pesistica mi consente questo incremento? Non ne ho trovato nessuno.

Ancora una domanda: se uno dei nodi centrali della prestazione è la capacità di esprimere tantissima forza in quegli angoli, perché dovrei concentrarmi sullo sviluppo forza lontano da quegli angoli e, sotto il punto di vista temporale, lontano dal periodo agonistico?

La mia soluzione è stata quella di utilizzare es. isometrici che sono in assoluto quelli che hanno la maggior capacità di sviluppare forza, con la controindicazione di svilupparla solo in prossimità dell’angolo esercitato ( 10° in più o in meno). Tale controindicazione non ha alcun motivo di essere nel mio caso visto che la richiesta di forza max nel salto in alto si muove all’interno di un numero molto ristretto di gradi. Grazie all’enorme incremento di forza che otteniamo da tale esercitazione possiamo ridurre drasticamente il tempo dedicato a favore di altri valori condizionali altrettanto importanti. In proposito un dato interessante: abbiamo creato un gruppo di 10 volontari per misurare l’incremento di forza ( utilizzando costosissimi macchinari creati proprio per questo obbiettivo) su 3 angoli: 150° 160° e 170°: la media di incremento del gruppo, dopo 4 gg di lavoro, è stata del 35% sul precedente valore massimale. Gianmarco, che è esperto nell’utilizzo dell’isometria ha incrementato i suoi valori di forza max del 51%… sempre con 4 gg di lavoro: ammesso di poter trovare una esercitazione “tradizionale” per sviluppare forza nei gradi che mi servono… quanto tempo dovrei dedicare per ottenere lo stesso risultato? Aggiungo che tali esercitazioni vengono fatte solo ed unicamente nel periodo agonistico, con brevi cicli ripetuti.

gianmarco tamberi

Gianmarco Tamberi con Usain Bolt

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Essendo stato l’allenatore anche di tuo figlio Gianluca (giavellottista di livello nazionale), probabilmente avrai affrontato in maniera ancora più importante il problema dello sviluppo della forza e della potenza muscolare. Credi che il lavoro con i sovraccarichi sia da limitare anche nelle altre specialità o è un discorso che vale principalmente nel salto in alto?

L’approccio è stato lo stesso, ma le valutazioni ovviamente diverse: nel salto in alto non si spinge ma si tiene, nel giavellotto si spinge grazie ad una risposta riflessa. Anche qui la forza è molto lontana da quella sviluppata con i pesi anche se una maggior correlazione c’è.

Gianluca lanciò 78.61 a vent’anni con un massimale di panca di 80 kg…
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L’utilizzo dei sovraccarichi è stato principalmente evitato per scongiurare una crescita dell’ipertrofia muscolare e compromettere il rapporto peso/potenza o ci sono anche altre ragioni? Slanci e strappi ed esercitazioni derivate sono totalmente escluse ella preparazione di Gianmarco?

Credo di aver risposto esaurientemente nella precedente domanda; comunque si, strappo e slancio sono totalmente esclusi e li trovo controproducenti, eccezion fatta per il periodo introduttivo citato in precedenza e per motivazioni di carattere precauzionale. Qui di seguito le motivazioni, non è che posso dire è controproducente e basta.

Da anni abbiamo cercato di eliminare tutti gli esercizi che prevedano una spinta “volontaria” . Uno dei punti centrali del nostro sistema è proprio questo: cancellare il più possibile dalla mente l’idea di dover “spingere” ed utilizzare eventualmente esercitazioni che prevedano un riflesso per avvicinarci il più possibile al sistema neuromuscolare che interviene nel salto (ovviamente eccedo per farmi capire). Un esempio? Esclusi totalmente dalla preparazione da molti anni i balzi orizzontali ed il passo stacco.

Per seguire il processo logico che ho esemplificato prima vi spiego i motivi di questa scelta: in tutte le contrazioni muscolari le fibre vengono sempre reclutate nello stesso ordine: prima le lente poi le intermedie ed infine quelle veloci…. Ma c’è una eccezione: nel caso di un accentuato pre-stiramento la contrazione avviene invertendo l’ordine delle fibre reclutate: immediatamente quelle veloci ed eventualmente le altre.
Questo aspetto assolutamente involontario ma determinante per la prestazione va educato ed allenato!!!

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Da quali lavori di pliometria Gianmarco sente di ottenere i migliori benefici?

La pliometria è una delle basi del nostro lavoro. Usiamo cadute tra i 70 e 90 cm, mantenendo il piede nella sua massima estensione all’impatto: la ritengo l’esercitazione più correlata con lo stato di forma dell’atleta
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Nel lavoro di forza è molto importante anche quello del core. In particolare la “compattezza” che deve avere il saltatore dal momento dello stacco. Come ci lavora Tamberi?

Certamente anche con esercizi dedicati . Al tempo stesso sono un fervido assertore del lavoro “globale” e non “ analitico” sia per l’apprendimento motorio che per il potenziamento, ove possibile…

FINITA 3

I festeggiamenti di Gianmarco Tamberi dimostano le sue doti acrobariche!!! Ph. Roberto Passerin

 

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Quanto prove di salto fa Gianmarco in una seduta di allenamento? Tra rincorse complete e più brevi?

20/30 salti. Non saltiamo praticamente mai, se non in casi eccezionali, con rincorsa completa, troppo rischioso.
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Fate molti lavori per migliorare la sensibilità e la precisione del piazzamento dell’ultimo appoggio nello stacco?

Come detto prima per l’apprendimento motorio non utilizziamo esercitazioni analitiche: un esempio? Credo che Gianmarco non abbia mai fatto un passo stacco in tutta la sua carriera di atleta.
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In cosa consistono le sedute di velocità di Gianmarco Tamberi?

Dipende dal periodo: creiamo basi di resistenza nel periodo invernale per avere maggiore possibilità di utilizzo nella stagione agonistica in cui lavoriamo  tra i 60 metri e 20 lanciati. Molte sedute dedicate anche agli ostacoli senza mai arrivare ai 110H … troppo lunghi  e rischiosi per un saltatore in alto!!!
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Quali sono i lavori principali per il mantenimento di un centro di gravità adeguato ed un efficace arco dorsale senza che le anche cadano sull’asticella?

Ripeto: non facciamo lavori analitici. Penso comunque che sia l’arco dorsale che la conseguente chiusura non sono frutto di particolari doti fisiche ma di capacità tecnica ad eseguirli che va acquisita nell’ambito del salto stesso (a patto di non avere un atleta con caratteristiche di  rigidità  congenite ovviamente).

FINITA

Gianmarco Tamberi in azione. Ph. Roberto Passerini

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Ecco il 2,38 metri di Gianmarco Tamberi:

[su_spacer size=”10″]Ringraziamo Marco per la grande disponibilità e le risposte veramente interessanti. Speriamo siano un ottimo spunto di riflessione per tutti i tecnici di salto in alto (e non solo…). 

Auguriamo a lui e a Gianmarco buon lavoro e un grande in bocca al lupo per i futuri obiettivi!!!

 

A cura di Andrea Uberti

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