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Misurare la flessibilità degli atleti per migliorare le performance

30 Novembre 2020 by Maurizio Tripodi

Misurare la flessibilità. Teast di Sit and reach
Nell'immagine l'atleta Alice Minuzzo che esegue il sit-and-rich-test. Realizzata da Sistemha 

 

"L’allenamento è un’arte che si basa sulla scienza … ed un allenamento senza valutazione è un itinerario senza meta."
Carmelo Bosco

Perché misurare la flessibilità dei nostri atleti

La flessibilità è una di quelle capacità motorie che spesso non vengono considerate fondamentali per la performance atletica, ma l'assenza di questa non permetterebbe alle altre capacità di esprimersi al meglio.

In atletica leggera abbiamo discipline dove avere una buona flessibilità è fondamentale al fine del risultato sportivo.

Infatti, avere una ridotta flessibilità non permetterebbe all'atleta di esprimere tutto il suo potenziale, per questo dobbiamo considerarla una capacità fondamentale ai fini di un’ottima performance sportiva.

Spesso gli atleti che partecipano a determinate discipline arrivano tra le mani del tecnico con un bagaglio genetico che li porta ad avere una buona flessibilità di base, ma questo non deve farci pensare di trascurare l'argomento.

Sappiamo con certezza che l'allenamento influisce sulla flessibilità del soggetto maggiormente della genetica.

Immaginate due gemelli, e quindi due soggetti con lo stesso patrimonio genetico, e immaginate che uno pratichi ginnastica artistica e l’altro basket: pensate che abbiano la stessa flessibilità?

Per migliorare è importante valutare il punto di partenza

Non esiste ad oggi una modalità per misurare la "flessibilità generale" di un soggetto.

La flessibilità è una capacità che identifica la libertà di movimento di una o più articolazioni, e per questo non ci basterà un solo parametro per avere un’idea dell'atleta che si ha davanti.

Sicuramente vi sarà capitato di conoscere atleti che mostrano grandi gradi di libertà di movimento degli arti inferiori a discapito di una grande rigidità della parte superiore.

Oppure, per esperienza ancora più frequente, soggetti che hanno una limitata flessibilità degli arti inferiori e un’eccessiva flessibilità del tratto lombare, condizione che spesso porta a problemi di colonna.

Come misurare la flessibilità?

Essendo una capacità che è "articolazione dipendente", per ogni articolazione o gruppo di articolazioni è previsto un test differente.

Naturalmente, saranno comparabili solo i test che vengono effettuati sulla stessa articolazione con la medesima misurazione.

Parlo di medesima misurazione, perché abbiamo la possibilità di misurare la flessibilità in due modi: i gradi angolari oppure le misure lineari.

Vi faccio un esempio

Per misurare la flessione di un ginocchio possiamo usare un goniometro per rilevare i gradi della massima flessione e massima estensione, deducendone così i gradi di ROM (range of movement) dell'articolazione; per misurare la flessibilità della catena posteriore possiamo usare i centimetri lineari, che separano le punte delle dita della mano dalle punte delle dita dei piedi in un esercizio come il sit and rich (Immagine in alto).

Questa misura ha il compito di dare un parametro di flessibilità delle articolazioni interessate in quello specifico movimento.

Quindi, la prima cosa che deve fare il tecnico è identificare quali articolazioni o gruppo di articolazioni è più intelligente monitorare, al fine della performance che dovrà esprimere l'atleta.

Non esistono ad oggi parametri che ci consentano di dire che per una disciplina sia più intelligente misurare un’articolazione piuttosto che un’altra.

Sarebbe vantaggioso capire quale articolazione misurare per ogni specifica disciplina, ma per fare questo bisognerebbe avere un gruppo di tecnici di disciplina che si impegnano a scambiarsi le informazioni necessarie ad identificarle (tecnici de ilcoach.net mi metto a disposizione se foste interessati a questa ricerca).

Molto probabilmente, l'ideale sarebbe costruire una batteria di test che possano dare una visione il più precisa possibile della flessibilità dell'atleta in analisi.

È anche per questo motivo che non esiste una standardizzazione universalmente riconosciuta del test di flessibilità più utilizzato, il sit-and-rich-test. Infatti, differenti agenzie mostrano protocolli differenti nell’esecuzione della misurazione.

Per questo, non penso che il tecnico si debba troppo soffermare su come effettuare la misurazione, meglio dedicarsi all'analisi di evoluzione del dato.

Quando misurare la flessibilità?   

Una volta identificati i test che riteniamo più utile svolgere, vi raccomando di effettuarli in condizione di riposo o dopo un leggero riscaldamento (e di usare sempre la medesima prassi).

Chiunque abbia praticato sport sa che fare lo stretching all'inizio dell'allenamento o prima della gara, permette di raggiungere range articolari impossibili da raggiungere al termine dell’allenamento o della gara.

Svolgere i test all'inizio dell'allenamento renderà sicuramente più valido il dato estrapolato.

La flessibilità è una capacità che possiede la caratteristica di variare molto velocemente, quindi ricordate che la misurazione che state svolgendo è la fotografia di quell'istante, e non rappresenta sicuramente la flessibilità di quel soggetto in un periodo di tempo lungo.

Pensate a quando un vostro atleta subisce un piccolo infortunio o quando è affaticato per via del carico di allenamento dei giorni precedenti; in questi casi si sono subite delle riduzioni di flessibilità (che chi ha fatto l'atleta conosce bene).

E quindi, quando misurarla per avere un dato utile al tecnico e alla programmazione del lavoro?

A mio avviso, la scelta di quando e come misurare la flessibilità, deve andare di pari passo a quella che è la programmazione e la periodizzazione del lavoro che avete impostato.

Ogni disciplina ha le sue caratteristiche e queste richiedono programmazioni e allenamenti molto diversi tra loro.

Per questo non mi permetto di dare delle indicazioni che potrebbero essere perfette per alcuni e sbagliate per altri.

Pensando a un’operazione di monitoraggio continuativa, potrebbe essere interessante svolgere 2/3 semplici test tutte le settimane. I test dovranno avere la caratteristica di poter essere svolti dall'atleta in maniera autonoma, cosi da non perdere tempo. Al campo si va per allenarsi, non per misurarsi continuamente. Un monitoraggio di questo genere potrebbe darci delle indicazioni continue sullo stato del nostro atleta.

Conclusioni

Per rispondere con coerenza alle domande: perché, come e quando misurare la flessibilità, dobbiamo prima fare un’operazione di monitoraggio collettivo.

Ad oggi, non abbiamo abbastanza dati per indicare delle linee guida; è compito di noi tecnici e trainer costruire un database che possa dare delle risposte a questi quesiti.

Io e la mia struttura ci mettiamo a disposizione se un gruppo di tecnici si volesse mettere in gioco per cominciare quest’avventura.

Ritengo non sia difficile grazie alle nuove tecnologie, tutto sta nel mettersi in gioco, e a far questo, chi si occupa di sport, dovrebbe essere capace!

Letture consigliate

Stretching e flessibilità. Teoria, tecnica e didattica

Maurizio Tripodi

Prof. Maurizio Tripodi

Laureato Magistrale Scienze Motorie | Professore Università Cattolica di Milano
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Filed Under: Basi dell'allenamento, Infortuni, Infortuni nella corsa, News Tagged With: flessibilità, misurazione, mobilità articolare, Stretching, test, valutazione

Flessibilità degli ischiocrurali. Neurodinamica o stretching?

8 Giugno 2016 by Redazione

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Tra i vari fattori predisponenti una lesione agli ischiocrurali sono emersi dalla letteratura  un insufficiente riscaldamento, poca flessibilità, squilibri muscolari, tensione neurale e precedenti lesioni.

Un’inadeguata flessibilità del compartimento posteriore della coscia sembra essere l’elemento più accettato e accreditato quale fattore di rischio. Una delle più recenti revisioni non ha però confermato l’evidenza del solo stretching come intervento preventivo nelle lesione agli ischiocrurali.

 

Come mai?

L’incremento della flessibilità dopo una seduta di stretching potrebbe essere dovuto non da una variazione delle proprietà biomeccaniche del muscolo, quanto piuttosto nella modificazione della percezione dell’individuo in riferimento alla sensazione di tensione o dolore provata. Il punto di limitazione nell’estensibilità dei flessori potrebbe quindi incrementare non per modifiche strutturali del muscolo stesso quanto piuttosto al fatto che l’atleta o paziente percepisca un nuovo punto di “stop”, basato sulla nuova sensazione individuale di tensione e dolore: questa è quella che viene definita la sensory theory. L’incremento nell’estensibilità dei flessori dopo l’esecuzione dello stretching è verosimilmente dovuta ad un cambiamento della sensibilità del soggetto alla tensione e dolore; cambiamenti nella mobilità del sistema nervoso (in altre parole cambiamenti neurodinamici) raggiunti attraverso esercizi di mobilità e stretching potrebbero spiegare tale cambiamento nella sensibilità.

Una ridotta flessibilità degli ischiocrurali, come evidenziato da un ridotto range nell’SLR test (Straight Leg Raise test), potrebbe quindi essere causata da un’alterata neurodinamica dei nervi sciatico, tibiale e peroneale. Questa alterazione nella dinamica neurale è in grado di influenzare la lunghezza di riposo del muscolo e portare ad una distorta percezione di stretch e dolore. Eseguire movimenti di scorrimento (slider) del nervo o dello stretching (tensioner) vanno a modificare tale dinamica e la sensazione di tensione e dolore percepita dal soggetto, spiegando così l’incremento nella flessibilità ottenuto.

SLR test

Figura 1. SLR test

 

La meccanosensibilità delle strutture neurali nella gamba e coscia posteriore, a livello gluteo e nel canale vertebrale giocano un ruolo fondamentale nel determinare la flessibilità degli ischiocrurali. Una contrazione muscolare protettiva originatasi in caso di alterata neurodinamica è in grado di spiegare la rigidità dei flessori predisponendo così il muscolo a successive lesioni.

Tecniche di slider (scorrimento) neurodinamiche sono in grado di favorire una riduzione nella sensibilità meccanica neurale ed è possibile che l’implemento di tali tecniche nella prevenzione delle lesione ai flessori possano essere di notevole aiuto e beneficio.

In un recente studio (Caballero, De la Penas, 2014) si è valutata la differenza nel range dell’SLR raggiunto comparando tre gruppi di intervento in pazienti con ridotta flessibilità degli ischiocrurali:

I tre gruppi di intervento sono stati:

  • Tecniche di slider neurodinamico al nervo sciatico
  • Stretching degli ischiocrurali
  • Gruppo placebo

Il test SLR è stato utilizzato come misura del cambiamento pre-post trattamento.

Il test SLR viene eseguito e standardizzato nella seguente maniera: con il ginocchio in completa estensione e la caviglia in posizione neutra, il fisioterapista afferra la caviglia/tibia distale ed eleva la gamba del paziente evitando qualsiasi rotazione durante la flessione dell’anca. Il limite massimo di elevazione lo si raggiunge quando il soggetto lamenta rigidità o dolore nella regione della coscia e/o piega il ginocchio e/o comincia ad andare in rotazione posteriore dell’ileo.

 

TIPI DI INTERVENTO

Gruppo 1) Tecniche di slider neurodinamico del nervo sciatico: l’obiettivo è quello di produrre movimento  di scivolamento del nervo relativamente alle strutture adiacenti. Viene quindi applicato movimento/stress prossimale mentre in maniera contemporanea viene rimosso distalmente, e viceversa nel sequenza opposta. In questo studio il paziente è stato posizionato supino con il collo e la colonna toracica supportata in flessione; il terapista dinamicamente alternava flessione di anca e di ginocchio ad estensione degli stessi.

Figura 2 Tecnica di slider neurodinamico del nervo sciatico

Figura 2 Tecnica di slider neurodinamico del nervo sciatico

Gruppo 2) Stretching passivo: il fisioterapista portava la gamba del paziente in posizione di stretch degli ischiocrurali (anca flessa e ginocchio esteso) senza avvertire dolore o discomfort ma solamente una sensazione di resistenza al movimento . La posizione veniva così mantenuta per 30 secondi e ripetuta 5 volte.

Stretching statico ischiocrurali

Figura 3 Stretching statico degli ischiocrurali

 

 

RISULTATI

Il gruppo di intervento neurodinamico ha ottenuto miglioramenti superiori nell’SLR rispetto al gruppo di stretching passivo. Anche se entrambi i gruppi di lavoro hanno ottenuto un guadagno del range in SLR rispetto al pre-test, la differenza pre-post intervento è risultata significativa solamente nel gruppo neurodinamico. Questo sta ad indicare che un trattamento di slider neurodinamico del nervo sciatico è in grado di produrre miglioramenti nel range di flessione d’anca nell’SLR rispetto ad un intervento di stretching passivo. Da qui il ruolo potenziale dell’aumentata meccanosensitività del tessuto neurale quale limitante l’SLR.

Come già accennato, incrementare la flessibilità degli ischiocrurali è un fattore importante nel trattamento e prevenzione di numerose problematiche da overuse degli arti inferiori.

Un’ aumentata sensibilità del tessuto neurale si presenta clinicamente come rigidità dei flessori (ischiocrurali), ed entra in gioco quale possibile fattore di rischio o di diagnosi differenziale nelle “hamstring strain injury”.

La SENSORY THEORY proposta ci indica quindi che la flessibilità muscolare e la conseguente risposta allo stretch ha più a che fare con la percezione dell’allungamento e dolore e non tanto all’effetto biomeccanico sul muscolo in se stesso.

L’utilizzo dello stretching muscolare è indicato quando c’è un’alterazione delle proprietà viscoelastiche del muscolo, suggerendo e distinguendo l’importanza tra un reale piuttosto che un apparente incremento nella flessibilità muscolare. L’incremento nell’SLR dopo un intervento di stretching potrebbe essere più associato ad un incremento nella tolleranza all’allungamento piuttosto che a reali cambiamenti nell’elasticità muscolare.

 

CONCLUSIONI

Un trattamento di slider neurodinamico è in grado di incrementare la flessibilità degli ischiocrurali, così come misurato attraverso l’SLR, in maniera significativamente maggiore rispetto allo stretching statico.

Di fondamentale importanza rimane tuttavia la giusta selezione dei pazienti in cui è indicato un simile approccio terapeutico.

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Matteo Pinelli

Fisioterapista
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Filed Under: Infortuni, News Tagged With: flessibilità, flessibilità ischiocrurali, infortuni, ischiocrurali, neurodinamica, prevenzione, SENSORY THEORY, slr test, Stretching

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