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La formazione dei tecnici e il secondo principio della termodinamica

16 Febbraio 2017 by Redazione

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Ph. Federica Putti

 

Quello che vi proponiamo è la traduzione di un articolo molto poco adatto alla pubblicazione sul web.

È un articolo molto lungo, per certi versi complesso e che, oltretutto, non mostra esercizi o metodiche di allenamento direttamente applicabili sul campo.

Affronta però il problema fondamentale di come la conoscenza e la cultura dell'allenamento sportivo si confrontino con l'errore.

Errore che senza argini metodologici diventa epidemia.

Focolai di errore sorgono in ogni campo ed ognuno di noi è vittima ed artefice di queste fonti di contagio e confusione, la cui pericolosità è direttamente proporzionale all'autorevolezza di chi li propone e alla decenza o bontà dei risultati degli atleti attraverso cui si perpetrano certe metodiche.

Ma la soluzione a nostro avviso non sono né il pensiero unico, né l'ortodossia, né la scomunica di chi è eterodosso.

Qual'è la soluzione al problema?

La soluzione come sempre sta nell'evoluzione, che passa per la selezione: dei metodi e delle persone.

Selezione di materiale “pericoloso”, possibile soltanto attraverso l'educazione e l'autodisciplina di quegli allenatori che vogliono provare a valutare quali sono le conclusioni da trarre da un fenomeno, quali invece no, e che provano ad esercitarsi sempre nell'analisi, nella verifica, nel dubbio, a contestualizzare e adattare le proprie conoscenze in ragione dell'unicità e singolarità dell'atleta che a loro si affida.

Costruire la capacità critica dell'allenatore

Seguire l'applicazione delle evidenze scientifiche è importante, ma non può dispensare né tanto meno impedire ad un allenatore di continuare a ragionare, mettendo in discussione conoscenze, premesse, falle logiche e risultati.

Applicare tout court un principio scientifico è semplicemente un poco meglio dell'atteggiamento di chi “l'ha detto Bosco”, “all'Altis fanno così”, “è l'allenatore della medaglia olimpica”, “ne avevamo discusso recentemente con il professor Vittori”.

Giusto per fare un esempio, rapide, ampie e veloci e relativa misurazione dal malleolo al trocantere con un metro da sarto moltiplicati per 2,60, sono un disastro quando diventano il mezzo per spegnere la coscienza critica di un allenatore.

Altrimenti, non è da escludere che anche una operazione algebrica elementare come questa, possa dare qualche utile indicazione a chi conosce e capisce le basi fisiologiche e metodologiche che ne stanno alla base.

Anche quando una formula come questa è l'espressione di una scuola, quella italiana della velocità, che non vince da quasi 40 anni.

Fraintendimenti, alterazioni, interpretazioni erronee sono quasi inevitabili.

Purtroppo ne siamo ben consapevoli.

La teoria della conoscenza e delle possibilità e dei limiti della comunicazione, va bene oltre i mezzi di chi scrive.

Ma occorre provarci in tutti i modi, anche quando sorge il dubbio terribile che le parole siano soltanto rumore e il linguaggio uno strumento autoreferenziale che si avvolge su se stesso.

Per questo motivo, in un discorso, proviamo ad aggiungere anche la musica e finiamo con un ritornello, che non va considerato come una resa, ma piuttosto come il tentativo estremo di fare passare un messaggio:

“Vedi cara, è difficile spiegare, è difficile capire, se non hai capito già.*”

*Francesco Guccini, Vedi cara, dall'album Due anni dopo, Emi Records, 1970.

Qui l'articolo originale: http://coachsci.sdsu.edu/csa/thermo/thermo.htm

La formazione dei tecnici e il secondo principio della termodinamica

Lo sviluppo del coaching basato sulle convinzioni personali in opposizione all'approccio di tipo scientifico

Questa trattazione riguarda lo sviluppo della formazione dei tecnici e/o i percorsi didattici ed i programmi della loro educazione. Tuttavia, dal momento che sono numerose le vie attraverso cui i contenuti arrivano ai tecnici, ci sarà la necessità di considerarle e valutare quale sia il loro apporto rispetto alle iniziative formative (istituzionali).

Definizioni

Modello di coaching basato sulle convinzioni personali

E' il modo comune e tradizionale di allenare. Le sue guide per le esercitazioni sono generalmente basate su un mix di esperienze personali, una formazione piuttosto limitata nel campo della scienza sportiva , una selezione incompleta delle linee guida correnti sull'allenamento ed una personale opinione sul fatto che il proprio modo di allenare sia corretto.

I cambiamenti nella pratica dell'allenamento avvengono attraverso l'auto selezione delle attività.

L'accumulo delle conoscenze di allenamento basate sulle convinzioni personali è soggettivo, arbitrario, non strutturato e molto spesso mancante di una base di riscontro. Il modello di coaching basato sulle convinzioni personali include anche quello pseudo scientifico.

Gli pseudo scientifici cercano di dare l'impressione di una preparazione scientifica ma, immancabilmente, le loro conoscenze sono incomplete ed incappano in postulati falsi o erronei. Il modello di coaching basato sulle convinzioni personali molto spesso sta alla base della creazione dei più comuni programmi di allenamento.

Le organizzazioni (che li accettano) risultano essere sistemi chiusi (isolati), resistenti all'intrusione di evidenze contrarie che possano mettere in discussione la certezza delle credenze e della struttura sociale. L'entropia logica (nelle conoscenze) tende a crescere nel tempo con questa struttura.

Modello di coaching basato sulle evidenze

E' una forma di impostazione dell'allenamento ristretta e relativamente rara.

Le sue guide di applicazione pratica sono i principi derivati da studi attendibili e basati su una casistica rilevante, provenienti da fonti attendibili ed pubblicate ufficialmente.

Spesso sono presi in considerazione studi oggettivi sia a favore sia contro questi principi.

Gli allenatori che seguono le evidenze scientifiche hanno meno linee guide per la pratica dell'allenamento ma, fra queste, ci sono indicatori altamente predittivi degli effetti allenanti.

La conoscenza accumulata dai coach che si basano sulle evidenze scientifiche è obbiettivamente verificata e strutturata.

Tuttavia, i principi basati sulle evidenze scientifiche sono sviluppati in un mondo scientifico frammentato. Per questo potrebbe essere difficile raccogliere le conoscenze rilevanti in un’unica metodologia formativa. Le organizzazioni sono sistemi aperti che costantemente accettano nuove conoscenze e concetti. L'entropia logica (nelle conoscenze) decresce marcatamente quando viene stabilito un ordine.

Entropia (nelle conoscenze o logica) misura il grado di disordine o di errore all'interno di un sistema.

“È un fatto di esperienza comune che il disordine tenderà a crescere quando le cose saranno lasciate a se stesse; basta abbandonare una casa senza provvedere alla manutenzione per accorgersene”. (Hawking, 2002, p.76).

Non è misurata in unità fisiche come l'entropia termodinamica ma, allo stesso modo, è misurata attraverso alcune convenzioni imposte.

N.d.t. L'entropia per essere ancora più precisi non rappresenterebbe  esattamente il disordine di un sistema, ma più precisamente la misura in cui l'energia di questo è inutilizzabile.

Le conseguenze  e le implicazione di questa definizione nella loro totalità vanno oltre le  nostre capacità di comprensione, ma una definizione di questo tipo ci sembra dare ancora più significativa rispetto ai nostri fini.

Il secondo principio della termodinamica.

L'entropia in genere viene considerata in relazione il secondo principio della termodinamica che stabilisce che: “ l'entropia in un sistema chiuso non può mai diminuire”.

L'entropia logica in un sistema isolato nel tempo cresce sempre.

E ancora, quando due sistemi isolati si uniscono, l'entropia del sistema che ne risulta è maggiore della somma dell'entropia dei singoli sistemi.

L'unione di sistemi isolati fa da moltiplicatore dell'entropia logica. Per dirla secondo Leyman, la seconda legge della termodinamica corrisponde alla legge di Murphy, le cose vanno sempre a finire per il peggio.”

Lo sviluppo del modello di coaching basato sulle convinzioni personali: la formazione degli allenatori e lo sviluppo dei sistemi di allenamento presentano un alto grado di isolamento. È dibattuto se lo sviluppo dei sistemi di allenamento presenti parecchia entropia e, per questo motivo, sia in accordo con la seconda legge della termodinamica. Alcune delle caratteristiche dello sviluppo dell'allenamento e della sua attività sono riportate nell'elenco sottostante.

  • Quando gli allenatori sono lasciati soli e non continuano ad aggiornare la loro conoscenza attraverso fatti basati sull'evidenza, scoprono cose che portano ad un maggiore disordine (all'errore).
  • Quando allenatori rimangono invischiati nelle maglie dell’entropia, come in occasione di “world clinics” o nella scrittura di manuali di allenamento, il risultato è la proliferazione di leggende e quello di una maggiore confusione piuttosto che generare chiarezza e conoscenza.
  • L'unica strada per migliorare la conoscenza sull'allenamento è di forzare a cambiare individui entropici (allenatori pieni di credenze) ad accettare conoscenze validamente ordinate, ovvero, la conoscenza basata sulle evidenze. L'introduzione di linee guida, quando accettata, riduce l'errore.
  • La seconda legge della termodinamica ha un duplicato comportamentistico. Ogni volta che si verifica la ripetizione di un'idea umana c'è l'introduzione di un errore. E talvolta l'idea mantiene una piccola somiglianza con l'originale. Questo si riscontra nel gioco dei bambini detto “ telefono senza fili” quando si sussurra qualcosa nell'orecchio di bambino in bambino e i sussurri vengono ripetuti molte volte da un bimbo all'altro. Lo scopo del gioco è vedere quanto il messaggio originale sia stato distorto attraverso la ripetizione. Altri esempi li troviamo nelle religioni. Poche tra le religioni dei nostri tempi includono soltanto i dogmi originali. Per esempio la maternità, tema centrale della fede giudaica non è una caratteristica fondamentale del giudaismo talmud. Ad esempio spesso vediamo che i dettami degli islamici non trovano riscontro nel Corano. La Chiesa Cattolica offre “interpretazioni” della versione della Bibbia, portando a maggiore disordine.

I razionalisti

Lo sviluppo del modello di coaching basato sulle convinzioni personali è affine al “razionalismo”, il metodo soggettivo che si basa largamente sul fatto che la ragione umana sia la fonte della conoscenza.

I razionalisti credono che un gruppo importante di concetti fondamentali siano conosciuti intuitivamente attraverso la ragione, in contrapposizione all'esperienza o all'osservazione attendibile.

Questi sostengono che le verità possano essere dedotte con certezza assoluta dalle idee innate, nel modo in cui i teoremi in geometria sono dedotti dagli assiomi.

Quando sono prodotte linee guida di allenamento, gli allenatori sono spesso impregnati di posizioni intellettuali e conoscenze che non trovano convalida.

Nello sport, molte metodiche sono sostenute senza alcuna evidenza del loro valore o della loro correlazione con la prestazione.

Per esempio nel nuoto il concetto di forza della “portanza” per la propulsione non è mai stato direttamente osservato o misurato.

Risulta essere un concetto basato su credenze personali e, più viene discusso, maggiore è la sua entropia e il suo discostarsi dal concetto originale (teoria).

Esiste una soverchiante disinformazione (errore) nella “scienza del nuoto” riguardo al concetto di portanza ( per saper di più al riguardo, si veda l'esempio specifico presentato successivamente in questo articolo).

Quando la conoscenza del coaching di una sport è basata “su verità evidenti di per sé” gli sportivi di questa disciplina sono minacciati da un maggior numero di errori piuttosto che da pratiche corrette.

Quando la conoscenza in uno sport è basata su autoscoperte oppure esperienze limitate all'osservazione personale di pochi casi, l'entropia sarà dilagante.

Quando il leader di una potente organizzazione sportiva aderisce al modello di coaching basato sulle convinzioni personali, quello sport è nei guai ed in particolare è evidenziato dai lenti cambiamenti delle prestazioni dei suoi praticanti. In alcuni casi, le prestazioni possono addirittura peggiorare invece che migliorare.

La seguente affermazione di un importante dirigente sportivo esemplifica l' espandersi di fenomeni di natura entropica all'interno dello sport.

A dire il vero, il fatto che gli scienziati mi dicano che qualcosa “non può essere” significa semplicemente che questi non hanno trovato gli strumenti adeguati per esaminare il fenomeno, perché senza fine, l'esperienza che continua a confermare che gli stessi risultati ha più significato (dal mio umile punto di vista), di tutti gli scienziati del mondo che stanno dicendo che qualcosa non funziona....( Io non sto parlando di stupidaggini quali...., ma di alcuni altri “miti” come li chiama Brent.) [ messaggio privato anonimo, gennaio 2003].

Ciò che è prontamente riscontrabile nella pratica dell'allenamento è che quando qualcuno ha avuto un'idea o un esperienza che “sembra buona” viene propinata come fosse conoscenza.

Nell'esperienza da campo, se una cosa “funziona” bene almeno una volta in un contesto importante, viene considerata come valida , nonostante si ignorino tutte le altre numerose volte in cui questa non ha funzionato con altri atleti.

Ciò ha portato ad una serie di modi di fare caratteristici nell'allenamento che spesso sfociano in manifestazioni di questo tipo: se un atleta vince, il suo allenatore acquisisce credito e spiega le ragioni del suo successo. Se un atleta perde, si compie un processo a carico dell'atleta per capire dove ha sbagliato mancando in questo modo di raggiungere gli obiettivi.

L'uomo è completamente soggetto alle leggi di natura, anche nelle scelte comportamentali.

Per questo la seconda legge della termodinamica è sia applicabile ai singoli che ai gruppi sociali. Non c'è libera volontà, spirito di gruppo, scelta personale ecc.

Obiezioni di questo tipo sono più una indicazione di ignoranza che di conoscenza.

Per questo le iniziative e le scoperte concernenti l’allenamento promosse liberamente e senza un sostegno scientifico ma che vengono riconosciute come linee guida comportano grande probabilità di errore.

L'incidenza degli errori nell'allenamento

La professione dell'allenamento spesso ha dovuto ammettere la preponderanza di errori nella pratica dello stesso.

Negli anni 60 i clinics sull'allenamento, i seminari e i programmi di formazione più estesi hanno iniziato ad emergere come attività dedicate in specifico agli allenatori.

Queste esperienze formative proponevano conoscenze che si supponeva avrebbero migliorato l'efficacia delle proposte di allenamento.

All'inizio, un tema comune fu che le metodiche introdotte erano intrise delle superate (ed erronee) procedure antebelliche.

Negli anni 70 gli errori nelle pratiche di allenamento degli anni 50 e dei primi anni 60 vennero “denunciati” e furono presentate direttive migliori o per così dire “corrette”.

Negli anni 80, furono intraprese con più grande entusiasmo nuove attività per fare avanzare o scartare alcune delle acquisizioni accumulate nelle decadi precedenti.

La continua revisione di cosa si sarebbe dovuto allenare e in che modo non solo ebbe come conseguenza la revisione delle convinzioni precedenti, ma implicò anche un significativo ampliamento di metodiche passate errate.

A quel tempo, questa condotta ebbe come risultato che in alcuni si formarono convinzioni riguardo la coerenza del comportamento e della formazione degli allenatori.

Una delle interpretazioni di queste conclusioni fu la seguente:

  • Tra 20 anni le metodiche di allenamento attuali saranno considerate erronee.
  • Se il modo di allenare attuale tra 20 anni sarà considerato sbagliato, perché non allenare già oggi nel modo in cui alleneremo tra 20 anni?
  • Ci vogliono almeno 10 o 20 anni per trasferire le scoperte scientifiche in pratiche utilizzabili nell'allenamento.
  • Perché non passare al setaccio tutte quelle che sono le implicazioni scientifiche applicate attualmente allo sport ed allenare utilizzando queste conoscenze invece che aspettare 20 anni? (in attesa di una validazione formale NdT)

In qualche caso isolato, la suddetta logica e le sue conclusioni sono state adottate con grande successo (ad esempio nel nuoto canadese tra il 1976 e l’84; nella lotta libera canadese nello stesso periodo, nello sci di fondo canadese tra il 1984 e l’88).

Tuttavia, la loro non rilevanza in relazione al complesso del mondo sportivo non ebbe impatto nella professione in modo netto. Nonostante l'esplosione del settore della scienza applicata allo sport, il modello di allenamento basato sulle convinzioni personali è ancora quello dominante al giorno d'oggi.

Differenze tra i due modelli di coaching

Il modello di coaching basato sulle evidenze fa previsioni che possono essere verificate (osservate).

Il modello basato sulle convinzioni personali solitamente spiega (a posteriori NdT) perché un evento si sia verificato e si fa scudo del tempo trascorso.

Il modello basato sulle convinzioni pone in relazione perché qualcosa sia avvenuto con poche probabilità di testare davvero le correlazioni delineate nella sua spiegazione. Il modo di salvarsi la faccia per il modello basato sulle convinzioni è la vaghezza delle sue previsioni o la ammissione dell'impossibilità di farne.

Questo serve a gonfiare il Principio di Incertezza oltre limiti ragionevoli e così l'errore può essere mascherato sotto la forma di incontrollabilità del fenomeno naturale piuttosto che dipendente da una approssimazione deliberata. In termini scientifici o scolastici questo viene definita “scappatoia”.

Nella vita così come la conosciamo, ci sono molti più stati di disordine che di ordine.

Senza evidenze verificabili, ci sono parecchi stati dell'allenamento che sopravvivono senza regole.

Le evidenze limitano la mancanza di limiti più o meno nello stesso maniera in cui un gioco ad incastro (puzzle) arriva disordinato nella sua scatola per poi essere ordinato solo quando i pezzi si accoppiano insieme nell'unico modo possibile.

Il coaching rimarrà disordinato fino a che i principi basati sulle evidenze scientifiche non siano introdotti alla base delle sue conoscenze.

Una debolezza in questo requisito è dato dalla sua applicazione.

Gli individui che ora guidano il disordine nell'allenamento dovrebbero cambiare e divenire più ordinati quando le evidenze scientifiche diverranno una realtà delle pratiche di allenamento.

Questo rappresenta una minaccia all'inerzia organizzativa (il comfort level del disordine perpetuato dai leader), e per questo motivo ha molte poche possibilità di essere modificato. La paura, spesso espressa come derisione della buona scienza sportiva, è la caratteristica della perpetuazione del disordine (ignoranza) nel coaching sportivo.

La sfida è quella di fare una distinzione tra scienza dello sport buona e quella cattiva.

La cattiva scienza dello sport solitamente scaturisce da fonti limitate che si basano su procedure scientifiche non valide quali ad esempio “il richiamo all'autorevolezza”, la speculazione su se stessa (senza verifica pratica), o la formazione di “verità auto evidenti”.

D'altra parte, la buona scienza dello sport deriva dall'esercizio della scienza naturale.

I suoi principi sono derivati dalla ripetizione indipendente di indagini che induttivamente arrivano alle medesime conseguenze; queste conseguenze sono solitamente convogliate più fortemente se realizzate da qualcuno che non sia stato coinvolto nell'indagine originale (una forma indipendente o rigorosa di analisi, in pratica una meta analisi).

Passiamo ad un esempio concreto.

Nello sport del nuoto, gli allenatori generalmente concordano sul fatto che i nuotatori debbano “lavorare duro”.

Questo ha portato alla comune accettazione che i nuotatori possano essere in stato di sovra-allenamento per lunghi periodi e questo appare come una cosa corretta e desiderabile.

Non solo questo fenomeno è tanto radicato nella pratica delle cosiddette “settimane infernali”, ma queste sono proposte pure a tutte le classi di età.

Gli scienziati dello sviluppo possono offrire evidenze convincenti sul fatto che un'attività eccessivamente specializzata prima della pubertà sia indesiderabile qualora gli obiettivi siano quelli di una specializzazione a lungo termine.

Questo non viene accettato da quegli allenatori convinti del contrario (ed è per questo molti giovani sono messi a rischio).

Nell'allenamento del nuoto tutto mostra l'ovvietà della seconda legge della termodinamica.

Negli ambienti in cui il talento natatorio non è richiesto, ma arriva naturalmente, ci sono storie di allenatori che risultano di successo per un determinato periodo di tempo e dopo diventano meno efficaci.

Qualche fattore non inteso (spesso riconducibile ad un soggetto di grande talento) spiega la supremazia fino a che il disordine successivo non ha la meglio sul fattore principale (o sui fattori) e fino a che non prenda il sopravvento ancora la accresciuta entropia. Il talento individuale sopravvive nonostante l'entropia del suo allenatore.

Questo fenomeno è riconosciuto nel detto:

“i grandi atleti fanno i grandi allenatori”

Gli esponenti più anziani delle organizzazioni di coaching non potevano percepire il coaching in maniera differente, avendo avuto a disposizione poche dimostrazioni di tipo scientifico, soprattutto se messe a confronto con quanto invece si sa oggi.

È raro e coraggioso chi cresce col tempo e nella conoscenza, che spesso contraddice qualcosa che aveva proposto nei periodi precedenti.

Un fallimento nello stare al passo con i tempi di espansione delle conoscenze verificabili e delle loro implicazioni ne bloccherà i progressi e ristagnerà o regredirà verso l'errore.

Questo avrà una ricaduta sul successo di questo tipo di conoscenze, nelle prestazioni degli atleti.

Quando primati e successi personali non stanno avanzando in una disciplina, solitamente è perché il disordine si mantiene stabile invece di riuscire ad introdurre l'ordine e migliorare le prestazioni.

Quale è la soluzione per questo problema?

Possibilmente, seguire la condotta di individualità oggettive o di gruppi che verificano indipendentemente le implicazioni (e le previsioni) di scienziati che hanno condotto ricerche esenti da errori e preconcetti.

I principi di allenamento basati sulle evidenze si producono in questo modo e su questi si può fare affidamento.

La scienza non sarà mai perfetta.

La meccanica quantistica ha dimostrato che gli eventi non possono essere previsti con perfetta accuratezza perché esiste sempre un grado di incertezza.

Come ha fatto notare Stephen Hawking (Hawking, 2003, p. 161), la scienza oggi ha un nuovo obiettivo che non coincide più con la vecchia pretesa di stabilire un ordine assoluto.

Il nostro intento è quello di formulare una serie di leggi che ci daranno la possibilità di stabilire gli eventi fino al limite segnato dal principio di indeterminatezza. [l'intento è quello di scoprire una regola ammettendo la possibilità di eccezioni].

Le cognizioni più diffuse sull’allenamento e chi le guida si muovono all'opposto di questi obiettivi e non importa quali pretese vengano avanzate.

Le pratiche ed i metodi tipici di elaborazione delle linee guida sull'allenamento e sui suoi principi il più delle volte si rivelano del tutto opinabili.

Il modello di coaching basato sulle evidenze

Lo sviluppo dei principi dell'allenamento basati sulle evidenze si regge sull'analisi di diversi studi scientifici indipendenti che relazionino scoperte dello stesso tipo riguardo ai comportamenti umani e, per questo, reputati meritevoli di essere sostanziali ed affidabili.

Un'illustrazione di questa procedura mostrerà in quale modo l'informazione sia derivata per formare un principio di allenamento basato sull'evidenza.

La tavola 1 elenca le scoperte scientifiche e riferimenti relativi alla nutrizione e all'integrazione alimentare nelle donne.

Diversi di quegli studi fanno una comparazione fra i generi e indicano che un principio che è stato sviluppato per le femmine differirà da quello sviluppato per i maschi. I riferimenti nella tavola pongono l'attenzione maggiormente sugli atleti di sesso femminile.

Per concludere qualcosa relativo ai maschi sarebbe necessario considerare un maggior numero di studi.

Nella tavola ci sono 11 citazioni, 10 studi supportano una tesi mentre l'undicesimo riporta risultati differenti. [forse una manifestazione del Principio di Indeterminatezza]

Sarebbe sbagliato concentrarci sui risultati dell'undicesimo studio e proporre che le implicazioni degli altri 10 studi siano “sbagliate” (come potrebbe essere fatto in un modello di coaching basato sulle convinzioni).

Quello che questi studi mostrano è che la integrazione del carico dei carboidrati prima dell'allenamento si rivela largamente inefficace per il miglioramento delle prestazioni delle donne in attività a componente prevalentemente aerobica.

Queste implicazioni vanno contro a quanto sostenuto oggi dalle metodiche di allenamento di parecchie discipline sportive.

Ci sono una varietà di ragioni perché questa posizione avversa stia diventando evidente, una delle principali è stata il fatto che una grande quantità di ricerche scientifiche di storia dello sport sia stata fatta utilizzando soltanto studenti universitari maschi.

Tuttavia, sta diventando evidente che ci sono molte differenze di genere nella funzione e nelle determinanti della prestazione di quella che in larga misura è un'area separata di studi sulle atlete donne, ciò che è garantito nella misura in cui i soggetti dello studio sono femmine.

 

Nonostante la lista di fonti sia meno che esaustiva la tavola supporta l'asserzione di due principi riconosciuti dal modello di allenamento basato sulle convinzioni:

Le donne atleta non traggono benefici nelle loro prestazioni dalla supplementazione alimentare di carboidrati prima e durante le performance ad alta intensità. (studi 1,2,34,9,10).

Il consumo dei carboidrati durante l'esercizio fisico è differente a seconda del sesso (studi 5,6,7,8)

Lo studio 11 nella tavola 1 offre un'evidenza contraddittoria rispetto agli altri 6 studi che suggeriscono un conferma del principio di allenamento numero 1.

Tuttavia, la preponderanza delle evidenze suggeriscono che gli allenatori non dovrebbero porre enfasi su una dieta ricca di carboidrati, sulla loro integrazione o il carico degli stessi con gli stessi intenti con cui lo farebbero con gli atleti maschi.

Il principio di allenamento numero 2, che è derivato da una rassegna meno che esaustiva della letteratura, riconosce una base fisiologica riconducibile ad una differenza di genere nell'utilizzo dei carboidrati e nel metabolismo negli sforzi ad alta intensità.

Modello basato sulle convinzioni a confronto con il modello basato sulle evidenze nella descrizione del medesimo fenomeno

Questa sezione mostra i tipi di conoscenza sviluppati in relazione allo stesso fenomeno, partendo da un sistema chiuso basato sulle convinzioni e su uno aperto basato sulle evidenze.

Il lettore può giudicare il grado di errore sviluppato seguendo ciascun sistema.

Il sottoscritto ha criticato il concetto di portanza come un fattore decisivo per generare la propulsione nel nuoto (Rushall et al; Rushall, 2002).

Questi attacchi hanno comportato delle reazioni importanti da parte di coloro che avevano sviluppato la ferma convinzione che la portanza fosse la componente principale di propulsione nel nuoto.

John Waring (2003) criticò i concetti di Rushall (2002) su portanza e sua applicabilità nel nuoto.

Così facendo, furono rese palesi alcune importanti asserzioni erronee ed omissioni. L'illustrazione (fig.1) di una tavoletta galleggiante trazionata fu utilizzata per dimostrare cosa propone Waring circa il modo in cui la forza si sviluppa nella propulsione del nuoto.

 

Rappresentazione idrodinamica del flusso generato da una tavoletta trazionata nella corrente di  un fluido (Waring 2003)

L'illustrazione è soltanto un modello di un evento che si presume reale.

Sfortunatamente, in molti sport, ed in particolare nel nuoto, i modelli vengono proposti come se rappresentassero i fenomeni nella loro realtà, portando una grande quantità di false ed erronee conoscenze (entropia) che meglio si adattano alle credenze che non ad un fenomeno reale.

Con la tavoletta galleggiante trazionata ci troviamo di fronte in realtà a diversi errori:

  • Quando una tavoletta viene trazionata, normalmente è ruotata, quindi non stabile. In conseguenza di ciò l'aria scorre asimmetricamente, in virtù della rotazione. Questi cambiamenti nel flusso dell'aria producono caratteristiche non rappresentate nel modello della figura 1.
  • Una tavoletta è difficilmente assimilabile ad una mano nella sua forma. Quando è trazionata non si presenta in una maniera che somiglia al modo in cui un campione di nuoto orienta la propria mano nel nuotare. (Rushall, 2002).
  • La rappresentazione di un fenomeno soltanto, quale quello del “flusso nella portanza” proposto da Mr. Waring, con l'esclusione di altre forze e fenomeni importanti connessi con il flusso è fuorviante.

Nel campo della fisica, c'è un singolo principio che statuisce che “quando il flusso di un fluido è alterato, si creano differenziali nel rapporto forza/pressione”.

Ci sono tre serie di cause indipendenti che alterano il flusso del fluido; la deviazione asimmetrica (come discusso in precedenza), gli oggetti in rotazione, e la distorsione degli attriti. (e.g. The Coanda Effect).

Se un differenziale di pressione agisce sul piano verticale, molto spesso viene indicato come “forza della portanza”, un termine che genera confusione ed errori e che non riesce a discriminare i tre fenomeni diversi causati da tre fattori completamente differenti.

Questo autore utilizza il termine “vera portanza” per rappresentare il fenomeno causato dalla combinazione dell'effetto Coanda e dal vortice che risulta nel volo.

Nel caso di oggetti rotanti, il fenomeno viene comunemente indicato come effetto di Magnus.

Nel caso di oggetti asimmetrici i differenziali nella pressione sono le differenze fra le componenti della reazione normale (terza legge della dinamica di Newton) e la componente verticale negativa della resistenza al traino.

La tavoletta galleggiante trazionata presentata da Waring è un fenomeno che potrebbe non essere mai osservato dato che è molto difficile che si verifichi nella realtà.

Non tutte le asserzioni controverse presenti nel saggio di Waring sono state affrontate in questa discussione.

Quelle scelte sono state utilizzate per esemplificare come una semplice convinzione finisca per immischiarsi con la scienza dello sport e in che modo sia stata filtrata giù fino a una pubblicazione nell’ambito del coaching.

E così, l'entropia di cui abbiamo ampiamente dato dimostrazione, ha potuto influenzare alcune pratiche dell'allenamento.

Per valutare il criticismo di Waring nei confronti della tesi di Rushall sul fatto che la “vera portanza” non esisterebbe nella propulsione del nuoto, è stato seguito un approccio basato sulle evidenze. Il modello di Waring è stato replicato in una situazione reale.

Una tavoletta è stata ancorata trasversalmente in una piccola galleria del vento.

Ogni flusso laterale di fluido sul lato della tavoletta è stato impedito.

Una traccia di fumo è stata utilizzata per fotografare il flusso d'aria attorno all'attrezzo. Il fluido viaggiava a 2 m/s ma non replicava le esatte caratteristiche del fluido d'acqua che scorre attorno alla tavoletta a quella velocità.

Si sarebbe potuto generare un flusso d'aria per approssimare da vicino il flusso d'acqua ma ciò non è stato possibile in questa situazione.

Tuttavia c’è discussione sul fatto che i fenomeni testimoniati costituiscano evidenze delle reali caratteristiche del flusso del fluido attraverso l'oggetto come descritto da Waring.

Quando una vera tavoletta è stata osservata in un flusso di fluido in una vera galleria del vento, non ha mostrato alcuna delle caratteristiche pretese da Waring.

Alcune delle maggiori differenze fra le evidenze prodotte e le convinzioni di Waring sono le seguenti:

Il percorso del flusso di fluido è apparso di forma convessa sopra e ben oltre il limite posteriore dell'oggetto.

Dopo il limite della traccia il flusso inferiore è arricciato verso l'alto invece che continuare su una linea dritta.

C'è più disturbo nel flusso d'aria sotto l'oggetto piuttosto che sopra.

Una tasca di resistenza ha trascinato l’oggetto in maniera asimmetrica.

Questa sacca “tira” leggermente verso il basso.

La forza D dovrebbe avere una forza negativa verso il basso e una componente di forza orizzontale.

Una grande massa di aria è deviata verso il basso ed agisce in maniera simile a quella di un solido.

Come nella Terza legge di Newton della dinamica, il contatto della tavoletta con la massa d'aria produce una normale forza di reazione, che qui è rappresentata come R.

La differenza tra la componente verticale della forza della normale forza di reazione e la componente della forza negativa verticale della resistenza al traino potrebbe produrre una tendenza dell'oggetto a sollevarsi.

La differenza è in ciò che rende possibile il volo di un aquilone.

Il volo di un aquilone non è molto distante da ciò che Waring ha tentato di dimostrare.

La potenza per produrre queste varie forze deriva dal motore che spinge l'aria a 2 m/s.

Il lettore può comprendere se la descrizione basata sulle convinzioni di una tavoletta trazionata (Figura 1) sia o non sia rappresentativa di ciò che realmente accade nell'osservazione basata sulle evidenze.

Nessun aspetto del modello costruito con la tavoletta basato sulle convinzioni personali si verifica nelle condizioni reali. I movimenti tipici di un oggetto asimmetrico nella corrente di un fluido sono complessi e non sono rappresentati qui nella loro totalità.

Se la tavoletta nella galleria del vento fosse libera, sarebbe stata spinta via in direzione della corrente.

Il flusso di un fluido attorno ad un oggetto asimmetrico non sempre produce una forza verticale ( incorrettamente generalizzato ed indicato come “portanza” per comodità quando possibile).

Anche il timone in una barca funziona in questo modo.

Questo semplice utilizzo di un oggetto asimmetrico per provocare una deviazione nella corrente di un fluido e per produrre forze alterate è di uso comune nella vita quotidiana.

Tuttavia non si può ricreare una deviazione se la forza non viene applicata all'oggetto , come accade per un motore o per un aeroplano e le vele di uno yacht.

Questo punto non è stato considerato da Waring.

L'esperimento della galleria del vento è stato intrapreso per esaminare cosa ci fosse di vero nel modello di Waring.

In nessun modo può essere confutato che quel che è stato mostrato nella galleria del vento con la tavoletta abbia alcuna rilevanza per il nuoto.

È stato semplicemente utilizzato per mostrare che le asserzioni basate sulle convinzioni personali hanno bisogno di essere verificate obiettivamente prima di essere sposate in toto.

L'utilizzo da parte di Waring di un'analogia fittizia per supportare una convinzione erronea può solamente fare crescere l'entropia nell'allenamento del nuoto.

D'altra parte, l'osservazione basata sulle evidenze può ridurre l'entropia perché mostra il motivo per cui la convinzione non debba essere seguita.

Questa fermerà in qualche misura la crescita dell'entropia. Una strategia dell'allenamento basato sulle evidenze è quella di confutare il maggior numero di finzioni, panacee per ogni problema e miti possibili in modo che le conoscenze degli allenatori siano basate su contenuti verificati obiettivamente.

Questo dovrebbe migliorare la conoscenza degli allenatori e da questo si spera che ne derivi un beneficio per gli atleti che da essi vengono allenati.

Questo esempio ha provato a mostrare che ci può essere una grande differenza tra le spiegazioni dello stesso fenomeno basate sulle convinzioni personali e quelle derivate dalle evidenze, a prescindere da quale sport si vada a considerare.

Sviluppi nel campo dell’allenamento

L'utilizzo in questo saggio dell'esempio del nuoto è stato ponderato a fondo.

Oltre a fornire uno spunto coerente, l'allenamento del nuoto è uno dei più evidenti ed ovvi esempi di allenamento e sviluppo dei metodi di allenamento basato sulle convinzioni.

Tuttavia ci sono molte altre discipline che autorizzano motivi di critica che riguardano sistemi basati sulle convinzioni personali. Il metodo con cui i principi di allenamento e le informazioni sono raccolti è il criterio più comune per valutare se per generare informazione si faccia uso di un sistema basato sulle convinzioni o sulle evidenze.

Anche se la cosa più facile che c'è è alimentare le credenze, questo non significa che queste siano la migliore fonte.

Questo breve commento sulla gestione e la crescita degli schemi di sviluppo dell'allenamento ha mostrato che le implicazioni della seconda legge della termodinamica sono appropriate perché i suoi elementi sono manifesti nei programmi di allenamento basati sulle credenze. Lo sviluppo dell'allenamento basato sulle evidenze al contrario si propone di rappresentare un'alternativa migliore. Il punto principale della discussione e le sue implicazioni sono le seguenti:

Quello che è stato insegnato a scuola o all'università probabilmente oggi è sbagliato.

Fa parte dell'entropia in espansione che si manifesta con il tempo nello sviluppo dell'allenamento “stagnante”.

Gli allenatori che falliscono continuando a valutare i propri metodi come affidabili, hanno più probabilità di adottare metodi di allenamento erronei piuttosto che altri da cui trarre beneficio, anche solo da un punto di vista del “progresso”.

Un fallimento nel perseguire l'obiettività nell'analisi della conoscenza e dell'“evidenza” è proprio quello di seguire gli stessi processi sostenuti dal razionalismo accordando agli allenatori uno status che spesso smentisce la loro formazione intellettuale.

Sposare le pretese ed i metodi frutto della pseudo-scienza farà crescere l'errore nelle metodiche di allenamento a causa degli effetti moltiplicatori della combinazione in varie forme di entropia/disordine/errore.

Gli allenatori che non sposano l'affidabilità e immutabilità delle proprie metodiche di allenamento, ma che ”innovano” creando metodiche originali, hanno più probabilità di introdurre attività dannose e controproducenti piuttosto che vantaggiose.

Le associazioni di allenatori responsabili della loro formazione aumenteranno il disordine nelle proprie discipline e professioni qualora dovessero fallire nella ricerca di principi di allenamento basati sulle evidenze a fondamento stesso della loro formazione in luogo di presentazioni “di successo” che in larga parte supportano lo status quo.

La scienza dello sport che si ritiene corretta ed appropriata è più consona a sposare la scienza naturale e a scoprire le vere cause delle prestazioni atletiche piuttosto che le credenze. Le credenze alimentano l'entropia e l'errore.

Quanto disordine (entropia, errore) viene coinvolto nella pratica dell'allenamento e dipenderà da quanto e fino a quale punto i principi basati sulle evidenze e le credenze sono coinvolti nella cultura dell'allenamento.

Quando gli è stato chiesto di esprimere una valutazione sugli argomenti di questa presentazione, il celebre allenatore e studioso dello sport australiano Forbes Carlie, ci ha lasciato questo commento. (Carlie, comunicazione personale, Agosto 2003)

“Hai ragione; questo lo dovrebbero fare bene gli “educatori” e i direttori del coaching. Sono queste le persone a cui tu ti stai rivolgendo. È a questi educatori, che devono assumere il ruolo di scienziati, che gli allenatori dovrebbero essere disposti e capaci di sottoporre le proprie idee al vaglio di un obiettivo criticismo basato sulle evidenze. Di più, come hai fatto notare, c'è una una parte sufficientemente grande di idee pseudoscientifiche sull'allenamento ben dura a morire, quali ad esempio “il mito del nuoto”, alcune di queste di davvero lunga data, che han bisogno di essere spazzate via da veri scienziati che potrebbero anche non essere allenatori di successo, potrebbero non essere capaci, per così dire, di covare un uovo, ma che possono smascherare un uovo cattivo dovesse capitare loro di fronte. Questo aiuterebbe ad evitare che gli atleti talentuosi siano guidati lungo il loro percorso da false idee professate da allenatori non all'altezza del successo che viene loro attribuito. Sì, è agli educatori dotati di una certa influenza che bisogna applicare il reattore prima che conoscenze inaffidabili entrino nei manuali e nei corsi degli allenatori. È su questi punti, io credo, che tu stai elencando, che gli scienziati dovrebbero intervenire prima che sia dato qualsiasi sigillo di approvazione.

Ma in retrospettiva, pensa quanti libri ed articoli sul nuoto in passato e per queste stesse ragioni quanti di oggi potrebbero essere giudicati grandemente difettosi. È certo che tutte le “verità” di oggi avranno bisogno di essere modificate e forse è altrettanto un fatto che “ non sbaglia chi non fa nulla”. Il processo di apprendimento sembra seguire un percorso a zig zag.”

Ne abbiamo parlato anche qua:

La formazione dei tecnici di atletica leggera e il 2* principio della termodinamica #LiberiLibri 01 - YouTube

Riferimenti

Immagine di copertina di Federica Putti

Andrews, J., Sedlock, D. A., Flynn, M. G., Navalta, J., & Ji, H. (2001). Carbohydrate loading and supplementation in trained female runners. Medicine and Science in Sports and Exercise, 33(5), Supplement abstract 933.

Backman, L. D., Taylor, A. W., & Lemon, P. W. (2000). Effect of isoenergetic high vs low protein supplementation on body composition and performance in female rowers. Medicine and Science in Sports and Exercise, 32(5), Supplement abstract 1664.

Carter, S. L., Rennie, C. D., & Tarnopolsky, M. A. (2000). Endurance training results in a decrease in glucose RA/RD during exercise at both absolute and relative intensities. Medicine and Science in Sports and Exercise, 32(5), Supplement abstract 1264.

Hawking, S. W. (2003). The theory of everything. New York, NY: New Millenium Press.

Jacobs, I., Moroz, D., Tikuisis, P., & Vallerand, A. (2000). Muscle glycogen in females after exercise at 9 and 21 degrees Celsius. Medicine and Science in Sports and Exercise, 32(5), Supplement abstract 1684.

Jarvis, A. T., Felix, S. D., Sims, S., Coughlin, M., Jones, M. T., & Headley, S. A. (1997). The effect of carbohydrate feeding on the sprint performance of female cyclists following 50 minutes of high intensity exercise. Medicine and Science in Sports and Exercise, 29(5), Supplement abstract 723.

Kirwan, J. P., O'Gorman, D., Campbell, D., Yarasheski, K. E., & Evans, W. J. (1997). Effects of a pre-exercise breakfast cereal on exercise performance and glucose production. Medicine and Science in Sports and Exercise, 29(5), Supplement abstract 726.

Partington, S., Stupka, N., Rennie, C., Ridell, M., Armstrong, D., & Tarnopolsky, M. A. (2000). Exogenous carbohydrate supplementation suppresses endogenous carbohydrate and protein oxidation in males and females. Medicine and Science in Sports and Exercise, 32(5), Supplement abstract 1063.

Paul, D. R., Mulroy, S. M., Horner, J. A., & Jacobs, K. A. (1999). Carbohydrate-loading diets in women cyclists. Medicine and Science in Sports and Exercise, 31(5), Supplement abstract 880.

Pritzlaff, C. J., Wideman, L., Weltman, J. Y., Gaesser, G. A., Veldhuis, J. D., & Weltman, A. (2000). Carbohydrate and fat oxidation during exercise and recovery: Effects of exercise intensity and gender. Medicine and Science in Sports and Exercise, 32(5), Supplement abstract 1068.

Rushall, B. S. (2002). Lift is not a viable force in swimming propulsion. American Swimming Coaches Association Newsletter, 2002(5), 15-20.

Rushall, B. S., Holt, L. E., Sprigings, E. J., & Cappaert, J. M. (1994). A re-evaluation of the forces in swimming. Journal of Swimming Research, 10, 6-30.

Speers, V. R., McLellan, T. M., Grisso, C. A., Smith, I. F., & Rodgers, C. D. (2001). Carbohydrate ingestion is not affected by menstrual phase in moderately trained females. Medicine and Science in Sports and Exercise, 33(5), Supplement abstract 1599.

Titchenal, C. A., Graybill-Yuen, R. B., Yuen, K. Q., Ho, K. W., & Hetzler, R. K. (1998). Effects of a fat-rich diet on maximal oxygen uptake and time-to-exhaustion in female triathletes. Medicine and Science in Sports and Exercise, 30(5), Supplement abstract 1141.

Waring, J. (July-August, 2003). Drag is not enough. Swimming in Australia, 44-46.

Andrea Uberti - cofondatore de IlCoach

Andrea Uberti

Combined Events Coach | ilCoach.net ASD Vice President
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Filed Under: Formazione Tagged With: 2° legge della termodinamica, allenatori, entropia, formazione, formazione allenatori, formazione dei tecnici, termodinamica e tecnici

Alessandro Vigo: da Strambino a Phoenix, passando per il Kuwait per lavorare come allenatore!

21 Settembre 2016 by Redazione

AlessandroVigo-0-orizz

Da quasi un anno seguiamo con estremo interesse, soprattutto tramite il suo profilo Instagram, il lavoro svolto da Alessandro Vigo, allenatore dal 2012 presso l’ASD Atletica Strambino (anche se ufficiosamente inizia all’ Atl. Strambino nel Dicembre 2007 come assistente alle categorie esordienti e ragazzi...) , dal 2015 si trasferisce in Kuwait presso lo SPARK Athletic Center, centro sportivo futuristico a Shuwaikh in Kuwait. Da sempre sul suo profilo Alessandro condivide interessanti spunti video degli allenamenti che fa eseguire ai suoi clienti.

Alcune settimane fa ha inoltre conseguito la prestigiosa certificazione CSCS della NSCA (National Strength & Conditioning Association), dopo aver preparato e sostenuto l’esame della NCSA USA completamente in lingua inglese. Abbiamo scoperto che dal 24 settembre si trasferirà a Phoenix (USA) al quartier generale dell’ALTIS, uno dei centri di preparazione atletica più prestigiosi del mondo (diretto da Dan Pfaff e dove si allena il vice campione Olimpico a Rio 2016 nei 200 metri Andre De Grasse.)

Visto il nostro interesse verso questo centro abbiamo chiesto ad Alessandro di farci conoscere periodicamente la sua esperienza in Arizona. Partiamo conoscendo meglio Alessandro con una breve intervista…

 

Ciao Alessandro, intanto complimenti per i traguardi raggiunti fino ad ora. Raccontaci un po’ il tuo percorso “sportivo e formativo” che ti ha portato in questi anni ad intraprendere esperienze davvero interessanti?

Ciao Andrea, grazie a te e al team de ilCoach.net per i complimenti e l’attenzione rivoltami.
Sin da ragazzo sono stato coinvolto in attività sportive da una famiglia che mi ha guidato e motivato a ottenere il meglio nello sport come nello studio. Una figura fondamentale nel mio avvicinamento all’Atletica Leggera è rappresentata dal prof. Gian Vittorio Icardi, insegnante di Educazione Fisica, fondatore dell’ ASD Atletica Strambino e mio allenatore con il quale passai il mio primo ostacolo correndo su un piazzale asfaltato nel 1996. Donovan Bailey e Michael Johnson sono i miei eroi di quell’estate. Loro mi aiutano a prendere definitivamente la strada dell’Atletica fino a quel momento condivisa con il calcio. Ho corso a buoni livelli fino alla stagione 2005, quando l’amore per l’Atletica è tristemente venuto meno. Tutte le grandi storie d’amore si sporcano di dramma ad un certo punto. Piccoli problemi personali ed un po’ di rabbia giovanile mi tengono lontano dalla pista per circa due anni. É bastato poi un niente a farmi capire che probabilmente era solo il momento di passare dall’altra parte, di provare a diventare un allenatore. Mi riavvicino all’ASD Atletica Strambino, letteralmente casa e famiglia, e comincio il mio percorso.

Accademicamente parlando non ho avuto uno degli andamenti più lineari, costantemente a cavallo tra discipline scientifiche e artistiche. L’ambiente universitario è forse stato una delle prime cause di voglia d’evasione all’estero. Constatare che alcuni tra i volumi considerati dogmi del sapere sportivo datano gli anni ’60 come prima edizione mi ha fatto riflettere sul da farsi. Con questa affermazione non voglio apparire come un rivoluzionario progressista a priori; proprio pochi giorni fa ho commentato cosí la critica mossa all’età media del gruppo tecnici a un raduno estivo: “Gli ingredienti per andare avanti sono l’esperienza dei più anziani mista all’entusiasmo e alla sperimentale inesperienza dei più giovani.”
Detto questo, parecchie volte nei miei primi anni in pista mi sono trovato davanti a metodi e protocolli che avevano come fondamento il “si è sempre fatto cosi e non esiste meglio di cosi”. Questa attitudine conservativa da me non condivisa, e la voglia di fare più esperienza personale che ne deriva, sono stati i principali fattori che mi hanno portato a vivere questi splendidi anni.

 

 

Dal 2012 hai lavorato come allenatore presso l’ASD Atletica Strambino. Quale ruolo avevi e cosa ne pensi di questa esperienza?

Ufficiosamente inizio all’ASD Atl. Strambino nel Dicembre 2007 come assistente alle categorie esordienti e ragazzi. Nel 2012 porto assieme al mio collega Edoardo Errico il primo cadetto al Criterium Nazionale nei 100h dopo essere stato assegnato in specifico al settore delle corse veloci e degli ostacoli. Senza dubbio affermo che l’esperienza all’ASD Atl. Strambino rimane la più importante all’interno del mio percorso formativo. La ricchezza medio orientale degli ultimi anni mi ha dato la possibilità di avere quotidianamente a portata di mano macchinari ed attrezzature incredibili, di lavorare in un ambiente all’avanguardia sotto ogni aspetto, di avere la vita facile insomma. La vera ricchezza è però quello che ho imparato allenando su un anello da 200 metri a tre corsie in condizioni molto più complesse. Paradossalmente posso assicurare che questa sia stata la carta in più che mi ha fatto entrare in Altis. La domanda finale del primo colloquio con Phoneix racchiude perfettamente il concetto, mi chiesero: “Interessante la conoscenza di tutti questi mezzi cosi avanzati, ma raccontaci come alleni l’approccio al primo ostacolo di un 400h su un anello da 200 metri?”.
Sostanza, non fuffa.

Da circa un anno lavori come Personal Trainer presso lo SPARK Athletic Center in Kuwait. Cosa ti ha portato a trasferirti così lontano per lavorare? Hai trovato differenze con l’Italia nella cultura sportiva e dell’allenamento?

L’esperienza in Spark cominciata nel maggio 2015 segue una precedente esperienza di tre anni a Pechino, in Cina, che a sua volta fu preceduta da una breve peregrinazione europea e da una prima fuga negli Stati Uniti nell’estate 2007 cercando di pianificare un percorso scolastico da quelle parti. La ragione principale dietro a questa voglia di muoversi è l’affermarsi in ciò che si vuole fare della propria vita. In una parola: Crederci.

Non ho mai voluto rifugiarmi nel classico “in Italia c’è la crisi”, ho preferito cercare la mia strada. In specifico all’esperienza kuwaitiana, l’aspetto economico ha senza dubbio giocato un ruolo più che rilevante.
Le maggiori differenze riscontrate a livello di cultura sportiva derivano a parer mio dalla maggior modestia sulle piste d’Atletica di fronte a risultati che in Italia probabilmente coronerebbero d’alloro atleta e tecnico.
A riguardo, racconto questo aneddoto. Il 14 maggio 2016 ho assistito ad un 110h corso ad una temperatura folle, sopra i 40C. Due iscritti, nessuno sugli spalti. Deserto, in tutti i sensi. Chiudono in 13”53 e 13”55, e sapete che con 13”47 si va a Rio. I ragazzi dispiaciuti si avvicinano a me (sottolineo che non sono il loro tecnico, condivido semplicemente la pista con loro quotidianamente) e mi chiedono: “Coach, come è andata? Cosa ne pensa?”. Il loro tecnico si avvicina e in un miscela di arabo e inglese analizziamo la corsa filmata sul mio iPhone. Uno splendido momento di scambio, arricchimento e formazione che sfortunatamente non sono mai riuscito a vivere in Italia. Ma la storia non finisce qui. I ragazzi s’incamminano verso il fondo del rettilineo. Con meno di 10’ di recupero corrono un 100m in 10”50 circa assieme ad altri tre ragazzi che si uniscono. Sfortunatamente non si sono riusciti a qualificare per Rio, il Kuwait è stato interdetto dal Comitato Olimpico non potendo nemmeno gioire dell’oro di Fehaid Al-Deehan nel tiro al volo double-trap. Un caso di corruzione bello e buono come scrissi poco dopo la cerimonia di consegna della medaglia.

Una banale ma importante considerazione riguardo le differenze tra Italia e Kuwait riguarda la presenza e l’utilizzo di fondi da investire nel settore sportivo e ricreazionale. Gli imprenditori kuwaitiani stanno lavorando sodo per creare una realtà sportiva stabile in cui far crescere grandi nomi del futuro come già sta succedendo in Qatar. Le strutture sono davvero fantascientifiche, in Spark ad esempio avevo libero accesso ad un Parvo TrueOne 2400, ad una Monark AB 894E e per semplicemente riscontrare i valori di composizione corporea un BodPod Cosmed. Utilizzavamo diversi tapis roulant Woodway e qualsiasi “capriccio” era accontentato in qualche mese, nel mio caso specifico un Vertimax. Anche il concetto di formazione continua è molto importante, il datore di lavoro mette annualmente a disposizione 600 Euro circa per corsi e certificazioni. Ma come sempre l’investimento più importante sono le persone. Il mio gruppo di lavoro era composto di professionisti dal Sudafrica, Regno Unito, Spagna, Francia, Australia, Canada e Italia con un vastissimo spettro di specializzazioni, dal Culturismo alla Riabilitazione. Lavorando in continuo contatto con professionalità di alto livello è impossibile non sentirsi motivati al miglioramento.

 

CSCS. Da poco hai ottenuto la prestigiosa certificazione della NCSA USA. Quali difficoltà hai trovato nel conseguirla? Pensi ne sia valsa la pena dal punto di vista delle conoscenze acquisite? Consiglieresti ad altri di intraprendere lo studio per la CSCS?

La certificazione CSCS è certamente un ottimo biglietto da visita per chiunque voglia lavorare nell’ambito sportivo all’estero. A livello contenutistico non ci saranno grandi sorprese per chi ha alle spalle un percorso nelle Scienze Motorie. A me è molto piaciuto il taglio professionale e la descrizione in dettaglio del codice etico a cui il lavoratore nel settore sportivo deve aderire.
Sicuramente il maggior ostacolo avendo preparato e sostenuto l’esame in inglese è stato la lingua. Parlo inglese abbastanza bene dopo parecchi anni all’estero ma lo studio di termini tecnici e specifici è altra cosa. Nulla d’impossibile, ma bisogna impegnarsi. Essentials of Strength Training and Conditioning 4th Edition, il volume su cui é basato l’esame, é un ottimo manuale con cenni di anatomia e fisiologia; offre chiari esempi di programmazione dell’allenamento, con alcuni capitoli nuovi rispetto la terza edizione degni di nota come quelli sulla nutrizione e sul lavoro con attrezzatura non convenzionale, per certi versi simile a quello che sta proponendo Exos nei suoi corsi. L’esame è anche disponibile in lingua italiana appoggiandosi alla FIPE, non sono però sicuro se la traduzione in italiano della quarta edizione del manuale sia già disponibile.

 

A breve sarai all’Altis per uno stage di formazione. Cosa ti ha portato a prendere questa decisione coraggiosa? Cosa pensi di poter portare a casa da un’esperienza simile?

Personalmente non ritengo questa una decisione coraggiosa. Mi sono impegnato a scrivere una buona lettera raccontando perché avrei voluto diventare parte di Altis e ho cliccato il bottone d’invio. La descriverei una scelta ambiziosa più che coraggiosa. La voglia di vedere di persona cosa fanno questi splendidi atleti è stata la più grande spinta dietro alla decisione di provarci con Altis. La voglia di vedere cosa fanno davvero, nel minimo dettaglio.

Spero questa esperienza mi aiuti a diventare un tecnico migliore, più sicuro e più illuminato. Spero di poter rendere questa esperienza utile anche alle persone che saranno attorno a me. Spero di aiutare tanti atleti a raggiungere nuovi record personali. Spero che questa esperienza torni in futuro utile all’Atletica Italiana.
Tanti mi dicono che sono fortunato a poter fare queste esperienze, che lasciare l’Italia è una buona cosa perché qui non c’è nulla da perdere, che anche loro vorrebbero andare all’estero. Pochi vedono quanto difficile sia allontanarsi da famiglia, amici e colleghi.
Sogno un Altis a casa, in Italia, e a piccoli passi mi muovo verso quella direzione.

 

Hai qualche consiglio da dare, in base alla tua esperienza, agli allenatori e tecnici di atletica italiani?

La mia esperienza mi ha fatto apprendere principalmente una cosa: si cresce quando si condivide.
Condividere in dettaglio, non a livello generico. Non serve parlare di volume, periodo e intensità come entità spirituali. Quanto, quando, a quanto? Numeri. Programmi aperti. Il protezionismo che s’incontra già a livello regionale in Italia non porta da nessuna parte. Un protezionismo che in alcuni casi parte dalle categorie Cadetti, a parer mio totalmente assurdo. Al contempo consiglio di essere più autocritici ed essere aperti alla critica altrui, sempre che questa venga mossa in maniera positiva non distruttiva. Leggo i commenti di alcune pagine e blog d’Atletica e rimango sconcertato dalla ferocia e saccenza che traspare a volte. Nessuno in Italia ha al momento la verità in tasca, le ultime Olimpiadi hanno dato un chiaro verdetto.

Nel mio piccolo ho imparato ad affrontare il lavoro con sguardo critico (molto critico, vincendomi l’appellativo de “l’eterno insoddisfatto”) tenendo sempre in considerazione l’esperienza altrui, specialmente in presenza di tecnici con più ore di pista. Mi piace pensare all’allenatore come ad una sorta di Capitano d’Aviazione; più sono le ore di volo, maggiore è il livello d’esperienza. I giovani tecnici sono il parallelo dei Primi Ufficiali, meno esperti ma con potere decisionale in alcune situazioni. Il Capitano si deve fidare del Primo Ufficiale, consapevole del fatto che un giorno diventerà Capitano a sua volta. Il buon Capitano non ha segreti, condivide ogni singolo dettaglio sperando di formare a sua volta un Capitano ancora migliore.

 

 

Ringraziamo Alessandro per la disponibilità. Sentiremo ancora parlare di lui sul nostro, visto che ha deciso di raccontarci periodicamente la sua esperienza a Phoenix tramite la scrittura di alcuni articoli.

 

A cura di Andrea Dell'Angelo 

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Andrea Dell'Angelo

Sprint&Hurdles Coach | Fondatore e presidente ilCoach.net ASD
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Filed Under: Formazione, Interviste Tagged With: Alessandro Vigo, allenatori, Altis World, Andre de Grasse, Atletica Strambino, CSCS, Dan Pfaff, Edoardo Errico, ilcoach, ilcoach.net, instagram, interviste, Kuwait, National Strength & Conditioning Associatio, NSCA, Scienze motorie, SPARK, SPARK Athletic Cente

“Se una ragazza quando arriva è carina, chi se ne infischia se è in ritardo?

1 Settembre 2016 by Redazione

…Nessuno.” Cit.

 

Finito il carnevale, magro come non era mai stato prima, ci attendono ora quattro anni di quaresima.

Potevamo aspettarcelo nel modo in cui se lo sente uno studente che non ha studiato e, anche se non abbandona un pizzico di speranza, sa che il disastro è dietro l’angolo.

Potevamo confidare nel lampo di qualche singolo talento, capace di oscurare i problemi sistemici di una federazione ottuagenaria, fatta di podisti, corse colorate, rincorse al cesto gastronomico e in cui i tecnici non contano mai nulla.

Ma così non è stato.

Sarebbero bastate un paio di medaglie, un pizzico di fortuna immeritata e un’analisi disattenta sui perché e i per come di certi successi, e i tecnici italiani avrebbero strappato l’ennesima sufficienza risicata.

Ma quando non si sanno le cose, talvolta, piuttosto che essere promossi con tanti debiti, è meglio ripetere l’anno!

Parliamo di tecnici perché il nostro progetto si chiama IlCoach e perché siamo convinti che le qualità sportive dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze siano perfettamente paragonabili a quelle dei loro colleghi britannici, francesi o tedeschi, come dimostrano i buoni risultati che sono in grado di cogliere a livello giovanile.

Ma mentre il mondo corre, noi siamo fermi agli anni 70 e 80. Probabilmente peggio.

E, facendo riferimento a certa filmografia dell’epoca, dobbiamo ammettere che, se altre discipline sono state capaci di tenere a galla il sistema sportivo nazionale, l’atletica dovrà passare altri quattro anni nella classe delle ripetenti.

Così viene da pensare che non si tratti soltanto di portare l’atletica a scuola.

Piuttosto sembra che occorra riportare la scuola nell’atletica: la nostra involuzione è evidente e l’analfabetizzazione tecnica è dilagante.

Certamente siamo sicuri che anche in Italia ci siano tecnici di valore, ma crediamo che il livello generale sia mediamente troppo basso.

Un piccolo sito come il nostro, in un ambiente diverso, dovrebbe essere una piccola voce ridondante che corre su una strada ben delineata ed organizzata.

Ma così non è e, a quanto pare, sembra difficile che le soluzioni arrivino dall’alto.

Ogni giorno intercettiamo l’interesse di appassionati che continuano ad amare e vivere nell’atletica.

Nonostante tutto infatti, sui campi come sulla rete, assistiamo al fiorire di iniziative intelligenti, progetti vivaci e moderni, che quasi sempre son frutto di iniziative spontanee o locali o, spesso,  extra istituzionali.

Noi vogliamo essere uno dei catalizzatori di  queste competenze, di queste individualità che man mano inesorabilmente si perdono o, nella migliore delle ipotesi, non si valorizzano.

Pensiamo che sia necessario muoverci in questo senso, pensando in positivo, facendo quello che siamo in grado di fare da subito, con il semplice sostegno di chi, come noi, ama l’atletica.

E se poi un giorno arriverà la dirigenza dei sogni…tanto meglio!

Siamo certi che non saranno le giocolerie a farci vincere: per intraprendere nuovi voli bisogna correre e dotarsi di nuove ali.

Crediamo che i tecnici, per riavere voce,  abbiano bisogno di fare sistema, di parlare la stessa lingua,  di riappropriarsi di un linguaggio condiviso e transnazionale.

E devono far sistema su tanti comuni denominatori condivisi, quelle realtà di libera iniziativa e che portano istanza di rinnovamento di un mondo oramai stantio e superato

È necessario creare un albo, un sistema di aggiornamento e di crediti con una struttura ben organizzata: una piattaforma strutturata e pianificata su cui poi instaurare la nostra fantasia, le capacità di adattamento e di inventiva.

La figura del tecnico deve diventare quella di un professionista che si confronta nell’ambito di un sistema competitivo.

Non siamo scienziati, né terapisti, né metodologi.

Ma dobbiamo essere in grado di relazionarci fra di noi e in maniera puntuale e competente con tutte le figure che compongono un qualsiasi sistema sportivo organizzato.

Dobbiamo costruire un prodotto competitivo ed essere in grado di venderlo.

Bisogna creare almeno due forme di specializzazione: una orientata al settore agonistico, all’alto livello, ed una dedicata al giovanile, alla promozione.

Pensare di riservare ai più piccoli gli allenatori meno bravi è un errore di fondo enorme.

Gli allenatori, gli educatori del settore giovanile, sono il biglietto da visita di un’intera categoria e, iniziare bene, con un tecnico preparato, dà ai ragazzi, insieme a tanti altri vantaggi, quello di acquisire maggiore consapevolezza nella scelta futura della propria guida tecnica.

Partire subito con un professionista capace, eliminerebbe presto dai nostri campi certe figure di tecnici cialtroni, perché è difficile pensare che un allenatore improvvisato possa pensare di propinare stupidaggini a chi è già forte di un’impostazione corretta e ragionata.

Per occuparsi sia dell’avviamento che della qualificazione atletica, occorre avere precise competenze, passione, e professionalità, perché fare il tecnico di atletica leggera DEVE essere un lavoro.

Il volontariato può essere l’eccezione, non la regola.

Noi allenatori dobbiamo essere preparati, aggiornati, retribuiti e assicurati.

Aspettiamo da troppo tempo una rivoluzione.

IlCoach vuole muoversi in questa direzione: senza presunzione e con l’idea di collaborare e di cogliere l’aiuto di chiunque voglia darci una mano.

Abbiamo l’intenzione di provare a creare  dei progetti concreti, che magari diventino dei format sperimentali, che rispecchino un concetto più attuale di fare atletica, nella speranza che chi più di noi ha mezzi e doveri di promuovere la nostra disciplina, voglia far crescere l’eventuale germolio che saremo capaci di fare attecchire.

Riuscissimo a coinvolgere 50, 70, 100 tecnici che parlano la stessa lingua, si confrontano sulle stesse categorie, condividono se non il contenuto almeno le forme del proprio modo di progettare l’allenamento, sarebbe già un grande successo.

Il problema forse non sono soltanto le medaglie che coinvolgono comunque una piccolissima parte del nostro mondo.

È tutto l’ambiente dell’atletica che  ha bisogno di cambiare marcia e ci sono parecchi modelli virtuosi e più efficienti del nostro da cui prendere spunti e copiare soluzioni.

Ma anche in questo anno olimpico, disastroso per l’atletica italiana, Gianmarco Tamberi ha dimostrato che è ancora possibile vincere.

È pur sempre campione mondiale ed europeo in carica, oltre che al 2* posto nella graduatoria mondiale del salto in alto.

Forse è da lì che dobbiamo ricominciare e forse, prima di ogni altra cosa, dobbiamo provare a credere di poter vincere ancora.

Anche in quelle discipline “spaccone”, che da troppo tempo vincono solo gli altri.

Dobbiamo ricordarci che si possono vincere tutte le gare. Persino i 100 metri!

Ma ora no. Adesso ci tocca aspettare, ma non seduti!

Piuttosto dobbiamo lavorare in maniera paziente e consapevole.

Quattro anni senza un progetto sembrano lunghissimi.

Quattro anni, preparandosi con speranza per un appuntamento, godendo ogni giorno del proprio lavoro volano frenetici e velocissimi.

Perché cogliere la vittoria, un successo desiderato, realizzare la propria rivoluzione personale, è un po’ come incontrare una bella ragazza che si è fatta aspettare, tanto sì, ma mai troppo.

Se non è raggiungere il paradiso, è comunque abbastanza per dimenticarsi  il purgatorio che c’è stato prima.

 

-Che bellezza rivederti!” Sono secoli-. Aveva una voce sonora che vi metteva in imbarazzo, quando la incontravate in qualche posto. Uno gliela perdonava perché era così maledettamente carina, ma a me mi faceva sempre girare le scatole.

-È un piacere rivedere te,-dissi. E lo pensavo davvero.

-Come stai, ad ogni modo.

-Magnificamente bene. Sono in ritardo?

Le dissi di no, ma era in ritardo di circa dieci minuti. Però a me non me ne importava un accidente. Tutte quelle cretinate che mettono nelle vignette del “Saturday Evening Post” e compagnia bella, con quei tipi fermi a una cantonata con la grinta feroce perché le loro belle sono in ritardo- balle! Se una ragazza quando arriva è carina, chi se ne infischia che è in ritardo? Nessuno.

 

Di Andrea Uberti

 

Nell’immagine di copertina Chiara Loda, saltatrice in alto dell’ Atl. Virtus Castenedolo 

 

Bibliografia

Il giovane Holden, Salinger J.D. , Copwright 1951, Einaudi, 1961, 2001, 2004, 2008, Traduzione di Adriana Motti, titolo originale” The Catcher in the Rye”.

Filed Under: Allenatori Tagged With: allenatori, analisi, atletica italiana, crisi atletica italiana, flop atletica italiana, tecnici atletica leggera

Come distruggere il futuro atletico del tuo bimbo in tre facili mosse.

30 Maggio 2016 by Redazione

come-distruggere-il-futuro-atletico-dei-vostri-bambini
andrea_dell'angelo_ilcoach

Andrea Dell'Angelo

Presidente
Fondatore del sito ilCoach.net, allenatore di atletica leggera e dal 2017 tra i fondatori della nostra associazione.

Molto spesso noi tecnici ci troviamo a criticare i genitori dei nostri piccoli (e meno piccoli) atleti.

Qualcuno, di fronte all'invadenza di alcuni, arriva persino a dire con cinismo e cattiveria esagerate, che i migliori atleti da allenare sarebbero gli orfani...

La verità è che quasi sempre la famiglia riveste un ruolo molto importante nella crescita  sportiva dei "nostri" ragazzi.

Un “lavoro” di squadra condiviso fra tecnico, atleta, società e famiglia, aiuta moltissimo nel processo educativo e di evoluzione degli atleti con cui lavoriamo.

Tecnici e società solitamente  hanno un'esperienza maggiore e conoscono bene situazioni che un genitore vive con il proprio figlio magari per la prima volta e, spesso, come è logico che sia, con un grande coinvolgimento emotivo.

Sarebbe molto importante instaurare sempre un dialogo ed un rapporto di collaborazione per far comprendere certe cose a papà e mamme la grande maggioranza delle volte in buonissima fede.

Di seguito pubblichiamo una libera traduzione di un articolo di Matt Russ, pubblicato in inglese  al seguente indirizzo:

HOW TO DESTROY YOUR CHILD'S ATHLETIC FUTURE IN 3 EASY STEPS

Si rivolge direttamente ai genitori dei giovani atleti (bimbi), focalizzandosi principalmente su quelli che nutrono grandi speranze nel destino sportivo dei propri figli.

 

Come distruggere il futuro atletico del tuo bimbo in tre facili mosse.

In oltre 2 decadi di attività da allenatore ho avuto il piacere di vedere alcuni dei miei giovani atleti completare il proprio percorso evolutivo fino al livello professionistico.

Nel frattempo ho sviluppato una specie di visione generale su quello che occorre per andare dal punto A (l'attività promozionale ndt) fino ad un  punto B davvero distante (il professionismo).

Ho lavorato con alcuni genitori meravigliosi che hanno contribuito in grande parte nel successo dei propri figli.

Ma sfortunatamente sono stato testimone del sabotaggio perpetrato da molti genitori, talvolta inconsapevolmente e spesso con le migliori intenzioni, ai danni del futuro atletico dei propri ragazzi.

Se questi avessero fatto attenzione a poche semplici regole, o avessero esaminato alcuni dei motivi che li animavano, non solo avrebbero fatto del proprio bambino un migliore atleta, ma ne avrebbero fatto migliori agonisti, ragazzi più felici e con maggior benessere.

Se riconoscete di essere (dei genitori ndt) entusiasti del fatto che vostro figlio possa avere una carriera nel mondo dell'atletica, vi invito a farvi un obbiettivo esame di coscienza.

E se vi accorgete che state facendo una delle tre cose che vi dirò di seguito, vi posso garantire che vostro figlio non arriverà dove credete possa arrivare.

State riponendo sul vostro bimbo quelle che sono le VOSTRE ambizioni.

Trovo interessante come molti degli atleti più realizzati che io abbia conosciuto non siano, nel momento in cui arrivano all'atletica, (i genitori) ossessivi che ci si potrebbe aspettare.

Infatti questi tendono ad avere un atteggiamento del tipo "leisez faire" verso l'attività atletica dei figli. La mia opinione è che questi genitori abbiano una più alta comprensione di cosa sia il processo di sviluppo sportivo.

Porre le fondamenta, acquisire una serie di abilità e prendere dimestichezza gradualmente con i tranelli della competizione, sono considerati da questi genitori più importanti che riconoscimenti ed encomi.

Questi hanno grande famigliarità con la lunga strada e la mole dei sacrifici che sono richiesti per arrivare in alto nello sport, e anche con la casualità necessaria per riuscirci. 

Tendono ad essere più rispettosi degli allenatori e pazienti in rapporto al processo di formazione. In breve, questi hanno raggiunto una prospettiva più ampia, che molti di noi non possiedono. 


I genitori che non hanno esperienze agonistiche semplicemente non hanno mai sviluppato la serie di abilità psichiche che sono richieste ad un atleta. 

È possibile che questi stiano sperimentando l'agonismo in atletica per la prima volta attraverso il prisma del proprio ragazzo; cosa che può costituire un pendio molto scivoloso.

Altri invece credono che i propri figli rappresentino una “seconda chance” per correggere gli errori di un proprio passato atletico non così illustre come avrebbe dovuto essere. 

Ad ogni modo la cosa più importante da capire, è che i ragazzi pre adolescenti seguono tre motivazioni principali per fare sport: divertirsi, socializzare, e compiacere i propri genitori. 

Troppi bambini finiscono per fare semplicemente l'ultima cosa, e questo spesso non funziona troppo a lungo.

Questi ultimi ragazzi raramente durano nello sport fino a raggiungere l'alto livello e molto spesso finiscono per lasciare la propria disciplina, dopo anni di sviluppo, perchè questo è un bel modo di ribellarsi ai propri genitori.

A fine gara, sento spesso che le prime parole di questo tipo di genitori sono valutazioni o di critiche riguardo alla competizione quando dovrebbero semplicemente essere: “ti sei divertito?”

Superspecializzazione prematura

Una volta mi sono consultato con un papà ansioso riguardo l'allenamento della figlia infortunata.
Il dottore aveva raccomandato 3 settimane di riposo per permettere la guarigione dall'infortunio, ma questo papà era del parere che fosse una cautela eccessiva e che la figlia avrebbe perso troppo terreno a causa di questo stop.

All'epoca la bambina aveva 9 anni.

Chiaramente il papà avrà avuto in mente i suoi progetti e non l'interesse della figlia.

Dubitai fortemente che sarebbe arrivata a fare sport oltre i 12 anni.

C'è stato uno sbalorditivo incremento di infortuni di tipo ortopedico tra i ragazzi nell'ultimo decennio.

Questo corrisponde all'incremento di specializzazione prematura in un singolo sport.

I bambini sono allenati troppo duramente, troppo spesso, troppo ripetitivamente e troppo spesso senza una corretta preparazione dei presupposti fondamentali. 

I programmi di allenamento e di addestramento sportivo si sono concentrati su questo, spesso ignorando le linee guida ortopediche, preferendo invece compiacere i genitori mostrando ai genitori risultati immediati.

I bambini non presentano una base  stabile su cui caricare un alto volume di lavoro, specialmente durante le fasi della crescita.

Infortuni alle placche epifisarie in accrescimento, ai dischi vertebrali, lacerazioni del menisco, sollecitazioni tendineo-legamentose, possono lasciare nei ragazzi danni permanenti. 

Il corpo umano non è fatto per ripetere  movimenti specifici uno sopra l'altro, specialmente da piccoli.

Siamo fatti per fare movimenti su diversi piani che è una cosa più affine “all'esci e vai a giocare” che non all'allenamento.

Se davvero vuoi far sviluppare un atleta sin dalla giovane età devi fare proprio questo: farli sviluppare (inteso come non specializzare ndt).

Si devono sviluppare una serie di abilità e la coordinazione generale, la forza e l'agilità che sono appropriate per l'età.

Un buon allenatore/ genitore dovrebbe tenere in considerazione le tappe dello sviluppo e calibrare in accordo a queste i carichi di lavoro, monitorando pause e recuperi insegnando ed imponendo una corretta alimentazione e sviluppando le capacità mentali.

Ancora oggi queste importanti aree di opportunità vengono spesso trascurate.

La linea di demarcazione è costituita dal fatto che, se il vostro ragazzo si fa male sistematicamente o se anche i suoi compagni di squadra stanno accusando una serie di infortuni da carico iterativo, significa che il sistema di preparazione ed allenamento sta fallendo e non importa quanto bene stiano andando i migliori “atleti” (di questi allenatori).

LEGGI ANCHE: MULTILATERALITA' O SPECIALIZZAZIONE

Focalizzarsi su un singolo sport.

È in qualche modo logico aspettarsi che più un atleta passa del tempo allenandosi per un dato sport, più l'atleta migliori nel tempo.

E non c'è dubbio che occasionalmente salti fuori un Tiger Woods.

Ma più spesso questa mentalità si lascia indietro moltitudini di giovani che si perdono per la strada.

Far crescere un atleta è come aprire una porta.

Occorre avere proprio la chiave giusta, quella che fa muovere tutti i perni della serratura, per aprire la porta.

L'allenamento è solo uno dei perni, non è la chiave. 

Come ho già detto, un bambino non si auto realizza in uno sport fino a che non è adolescente.

Al fine di capire quello in cui sono bravi davvero, che gli piace davvero, e quello in cui vogliono (provare n.d.t.) ad avere successo devono provare un numero di cose. 

Questa cosa è buona, è salutare e li protegge dal burning out in uno sport solo.

Ma troppi genitori intravedono un po' di talento o attitudine e vogliono chiamare questa cosa “sport”.

Partecipare in più discipline o attività potrebbe anche aiutare a prevenire gli infortuni legati alla super-specializzazione.

Dovreste chiedere ai vostri bambini se vogliono provare sport diversi , o anche sollecitarli gentilmente a fare in questo modo.

Nel tempo potranno poi stringere il campo.

Divertirsi nelle trasferte con la squadra di calcio da giovani potrebbe far capire ai vostri figli che sono più dotati (e più appassionati) per il baseball.

Se vostro figlio (o figlia n.d.t.) ha meno di 12 anni e vi riscoprite a bordo campo con le parole “campione”, “borsa di studio” e “fenomeno” che vi girano in testa probabilmente avete bisogno di ri-settare la vostra prospettiva.

Una delle lezioni più difficili che dovrete imparare è che ci sarà un momento in cui saranno loro a decidere se continuare o meno in uno sport.

E non ci sarà nulla che possiate fare  per farli continuare a gareggiare se semplicemente non ne avranno il desiderio o la voglia.

E' un semplice dato di fatto che le ore in macchina, le migliaia di dollari spese per la loro formazione tecnica e gli anni trascorsi assistendo a gare ed allenamenti, statisticamente molto spesso non portano da nessuna parte.

I valori imparati e conquistati su un campo di atletica varranno più di qualsiasi altro premio; valori quali sportività, l'onore, l'integrità, lo stare bene, il lavoro duro ed il lavoro di squadra.

La relazione che instaurerete attraverso le gare dei vostri figli avrà una grande importanza nel loro futuro.

Le decisioni che prenderete come genitori avranno un effetto enorme non  solo nello sviluppo atletico di vostro figlio, ma anche riguardo alla sua salute, al suo benessere ed alla sua etica.

Scegliete saggiamente.

Andrea Uberti - cofondatore de IlCoach

Andrea Uberti

Combined Events Coach | ilCoach.net ASD Vice President

Tesseramento ilCoach.net ASD

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Attenti a non cadere nella rete! (e anche a ilCoach!)

8 Gennaio 2016 by Redazione

Attenti a quei due

immagine da Wikipedia - https://it.wikipedia.org/wiki/Attenti_a_quei_due_(serie_televisiva)

Gli allenatori più esperti (e meno giovani) ricorderanno Tony Curtis e Roger Moore risolvere delitti ed intrighi internazionali nel lusso delle località più mondane degli anni '70.

La serie si intitolava “Attenti a quei due!” e tra un inseguimento, qualche sfida in attività come sport estremi ed estremamente costosi, i due protagonisti gareggiavano sia come agenti che seduttori conquistando donne immancabilmente bellissime.

Se negli anni 70 bastava stare attenti a quei due, l'invito oggi dovrebbe diventare “state attenti alla rete”! E state ben attenti anche ai siti che parlano di allenamento sportivo! ilcoach.net compreso!

Non siamo i primi a dirlo e ce ne rendiamo conto ma, vivendolo in prima persona, non possiamo fare a meno di dare l'ennesimo avvertimento sui pericoli che corrono i naviganti  quando si imbattono in un sito che diffonde contenuti  sulla preparazione sportiva.

Un articolo o un video pubblicati su un sito come ilCoach, vale da solo migliaia di contattati, raggiungendo virtualmente e in una volta sola, un numero di persone sufficiente a riempire decine di aule universitarie.

Questo comporta delle precise responsabilità, che noi (insieme a tanto orgoglio) avvertiamo quando ci accorgiamo sul campo che i nostri lettori non sono semplici “followers”, ma allenatori che danno vita alle nostre proposte, applicando concretamente alcuni dei nostri spunti e diffondendo a loro volta i contenuti di cui ci facciamo portavoce.

 

Su internet si trova di tutto, talvolta programmi e promesse veramente ridicoli.

Noi non ci rivolgiamo a quel tipo di utenti ma, proprio perché  non siamo il sito “ fai crescere in 10 giorni i pettorali con gli esercizi dei campioni” risultiamo un po' più autorevoli e perciò anche più pericolosi.

Il problema infatti è che il reiterarsi di certe convinzioni che si auto alimentano, può produrre credenze invece che sviluppare il sapere.

Se un allenatore suggerisce una stupidaggine ad un collega crea un danno...Se la stupidaggine ne raggiunge 5.000, il pericolo è di dare vita ad un'epidemia.

 

Ed allora noi cosa facciamo per evitare di propagandare troppe cavolate?

Innanzitutto abbiamo costruito una squadra di qualità composta da professionisti di valore.

Poi cerchiamo di distinguere sempre quelle che sono le nostre opinioni, da quanto può essere ritenuto, allo stato dei fatti, da considerarsi “vero” o per lo meno attendibile.

Infine noi non pubblichiamo tutto e, in ogni caso, non pubblichiamo mai nulla subito.

 

Cosa succede ad un articolo prima di essere pubblicato sul coach?

I contributi  che ci arrivano sono sempre  oggetto di una lettura incrociata e molto attenta sia da parte nostra (il sito l'abbiamo creato principalmente per imparare! n.d.r.) che da parte professionisti di altissimo livello,  sia in campo nazionale che internazionale (la rete, non dimentichiamolo, offre anche tantissimi vantaggi!! n.d.r.). Questo avviene in particolare quando i contributi riguardano materie ed argomenti che interessano problematiche estranee a quelle che sono le nostre competenze dirette.

Solitamente non ci accontentiamo mai di un solo parere esterno...(e stiamo parlando degli articoli che ci piacciono!n.d.r.)

Cerchiamo in questo senso di rivolgerci a tecnici ed esperti anche al di fuori dell'atletica, ben sapendo che in ogni campo esistono vecchi adagi, credenze e prassi che tendono ad autriproporsi anche al di là di un vero fondamento scientifico e metodologico.

Scegliamo sempre solo articoli di qualità e che ci sembrano ben argomentati e quindi, se non ci arrivasse nulla di interessante...semplicemente non aggiorneremmo il sito!

 

Abbiamo deciso di indicare delle semplici ma precise norme redazionali: invitiamo infatti i nostri autori ad indicare sempre una bibliografia e/o gli studi a cui si fa riferimento.

Se qualcosa non ci è chiaro, chiediamo integrazioni, spiegazioni o approfondimenti.

Lo facciamo perché sappiamo che non diffondiamo solo metodologie di allenamento.

Dietro ai nostri consigli ci sono rapporti di fiducia, progetti didattici, speranze, amicizie e rapporti tra allenatori ed i propri allievi.

Come fa ogni allenatore con i propri allievi, anche noi cerchiamo di non tradire le aspettative degli allenatori che ci leggono e lo facciamo nell'unico modo che conosciamo: ci impegniamo per sbagliare il meno possibile!

E cerchiamo di gestire il sito nel modo più serio possibile.

 

Ma allora perché occorre stare attenti a quello che si legge ne ilCoach?

Perché la verità è che i titoli di chi scrive, le bibliografie, le analisi degli studi non sono mai sufficienti ad evitare gli errori, anche quando si ha a che fare con pubblicazioni scientifiche, e quindi, figuriamoci quando si tratta di una webmagazine come la nostra.

Gli errori ci saranno sempre e, soprattutto, occorre ricordarlo, ci saranno in un campo dove quello che oggi è considerato corretto è costretto ad essere nel tempo approfondito, riconsiderato e costantemente migliorato.

 

IlCoach: consigli d'uso.

Allora cosa fare per difendersi e per utilizzare il Coach in maniera efficace?

Ogni tecnico, specie all'inizio della propria carriera, insieme al problema di cosa fare...ha il problema di far fare “qualcosa”. È normale sia così...e più o meno passiamo tutti in quella fase.

Se infatti ad un certo punto arriva un momento in cui è il difficile è scegliere bene tra “troppi” esercizi, bisogna ammettere che all'inizio spesso la varietà è poca e, per questo, si cerca di prendere un po' da per tutto, specie quello che appare nuovo e un po' diverso.

Gli articoli de IlCoach cercano di uscire dalla logica del copia incolla, ma soprattutto Il Coach esorta  i propri colleghi a non fare questo errore sul campo.

Ogni allenatore che voglia risolvere una problematica o voglia perseguire un obbiettivo di un atleta deve pensare a cosa, come, perché, quanto e quando far fare.

 

Chi copia un allenamento nuovo (intravisto sul campo piuttosto che su un libro o su un sito), spesso se ne fa un'idea solo approssimativa e oltretutto soltanto riguardo al “cosa” far fare al proprio atleta.

Questo, specie per gli allenatori meno esperti può essere uno stadio abbastanza pericoloso di (in) consapevolezza.

Raramente infatti in questo modo si capisce bene il come e il perché di un certo  lavoro.

Solitamente, una chiacchierata con il collega può aiutare a risolvere qualche dubbio per lo meno sul “come” e magari anche sul “perché”.

Questo stadio di consapevolezza è già un bel passo avanti rispetto al precedente e, a nostro parere, solo da questo punto si può valutare se proporre ai propri ragazzi una nuova esercitazione.

La situazione migliore però, si verifica quando si arriva consapevolmente ad una particolare proposta di lavoro perché questa ci appare come la soluzione più logica per risolvere una particolare problematica e per andare incontro ad un'esigenza specifica del nostro atleta.

Questo step è probabilmente il migliore perché presuppone che, oltre ad informarsi e a studiare, si sia ragionato parecchio su cosa, come, perché, quanto e quando far fare una determinata esercitazione e in questo modo si è in grado di inserirla in un sistema più complesso.

Questo ultimo passaggio è infatti quello degli allenatori che non solo hanno studiato gli esercizi ma, prima di tutto, hanno studiato gli atleti con cui lavorano mettendoli, come è giusto e logico che sia, al centro della questione.

 

Il nostro consiglio quindi, di fronte ad una nuova proposta di lavoro, sia che la si sia trovata sul ilCoach piuttosto che sia qualcosa che si è visto ad un corso, ad un convegno, su un altro sito web o sia “copiata” da un altro tecnico (che molto probabilmente non avrà inventato nulla ma ci sarà arrivato secondo uno dei percorsi appena descritti) , è quello di non avere alcuna fretta di applicare subito la nuova “risorsa”.

Piuttosto che copiare copie di esercitazioni, forse è più consigliabile ragionarci un po' sopra e lasciare sedimentare la novità. Questa può essere  a nostro avviso una valida strategia per autotutelarsi e difendere i propri atleti dalla diffusione delle stupidaggini.

Infatti, se passato un po' di tempo non avvertiremo l'esigenza di provare il nuovo lavoro vorrà dire probabilmente che noi non siamo pronti ad applicarlo, oppure che non sono pronti i nostri atleti, o che per loro non è la cosa giusta.

Oppure ancora, è  possibile che avessimo visto semplicemente una cavolata.

Andrea Uberti - cofondatore de IlCoach

Andrea Uberti

Combined Events Coach | ilCoach.net ASD Vice President
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ilCoach. Finito il primo anno (o quasi), nel 2016 si riparte più forte di prima!

30 Dicembre 2015 by Redazione

ilCoach vuole essere il primo sito italiano per quanto riguarda l’allenamento dell’atletica leggera.

Vuole essere il primo a fare cose nuove e a comunicare in maniera più attuale.

L’atletica per noi ha molto da dire, ma anche parecchio da imparare.

Noi siamo convinti che l’atletica possa essere uno sport unito e consapevole nelle sue varie declinazioni ed anche uno sport per tutti gli sport.

Ma per farlo bisogna cominciare a vedere le cose in maniera diversa.

Innanzitutto abbandonare un inutile complesso di superiorità verso le altre discipline e cercare di confrontarsi e di imparare anche fuori dall’atletica. Durante la nostra crescita abbiamo imparato tanto da tecnici di diversi sport.

L’atletica soprattutto, deve smettere di sentirsi uno sport per iniziati ed iniziare ad acquisire gli strumenti di comunicazione che sono la rivoluzione della nostra attualità.

ilCoach vuole andare anche oltre gli steccati dell’atletica e dell’atletica all’interno delle diverse discipline.

E per farlo per noi deve puntare sugli allenatori.

Il coach ha meno di un anno ma è già un sito per adulti, fatto di persone e  creato per quelli che vogliono arrivare in alto rimanendo con i piedi per terra.

ilCoach non si accontenta di viaggiare sulla rete e non è un campo di battaglia per crociati da tastiera. È un sito per quegli allenatori che hanno mille dubbi sulle risposte da dare ai ragazzi con cui lavorano al campo ogni giorno, non per gli acchiappa nuvole che dal salotto ci illuminano sugli errori di Bolt e compagni.

È un sito per adulti perché Il coach non insegna come si fa ad allenare e non crede nei modelli tecnici assoluti.

Gli allenatori de ilCoach non cercano ricette magiche da applicare né modelli da replicare, ma provano a risolvere problemi in un sistema complesso.

Gli allenatori de ilCoach non sono né si sentono i migliori, ma cercano di imparare. Dal talento prima di tutto, da quello dei propri atleti e da quello dei propri colleghi o da chiunque abbia qualcosa di interessante da dire.

È un sito per chi non ha paura di studiare, di chiedere, di ascoltare, di ragionare, di provare, di sbagliare e poi di ricominciare da capo.

È un sito per adulti perché siamo convinti che il ruolo dell’allenatore non sia quello del mistico, del profeta e del padre spirituale, ma debba essere considerato un lavoro svolto con la professionalità, la competenza e a fronte di una retribuzione commisurata all’impegno e alla qualità della prestazione fornita.

Oggi la provincia, grazie alla tecnologia, è virtualmente sparita: le informazioni sono a portata di click.

Ma le grandi possibilità, anche se creano nuove opportunità non rendono le cose più semplici: non è facile rincorrere il filo di un discorso in un mare di voci.

Lavorando con ilCoach abbiamo capito che un hard disk con giga e giga di contenuti non vale molto se non si cerca di dare ordine ai concetti.

Perché le informazioni non bastano. Occorre la loro diffusione ma anche la loro rielaborazione. E bisogna condividere, comunicare in maniera efficace e mettere in discussione i concetti.

ilCoach non ha la pretesa né vuole essere l’ultimo anello della catena di risintonizzazione dei messaggi.

Non ci interessa proporre ex cattedra principi assoluti o articoli immodificabili. I concetti e le idee stanno alla base ma devono essere valutate e il banco di prova deve rimanere il campo.

ilCoach è già una piccola storia di successo perché si è fatto attraverso i contributi di allenatori con esperienze diverse, si collega tramite le rete con tutti gli angoli del pianeta, cerca di vedere le cose da una prospettiva più ampia, ma non dimentica che il cuore del nostro lavoro rimane al campo sotto casa.

Gli allenatori de ilCoach non mettono al centro l’atletica: mettono l’atleta.

Gli allenatori de ilCoach si preparano e programmano la propria crescita professionale esattamente come fanno per i propri atleti.

Gli allenatori de ilCoach allenano i ragazzi di oggi e cercano di immaginarsi come saranno quelli che incontreranno in futuro.

ilCoach vuole essere un punto di riferimento e di crescita e ci sta riuscendo perché gli allenatori vogliono farlo crescere.

Perché agli allenatori de ilCoach dopo un po’ da fastidio ascoltare la propria voce e ad un certo punto preferiscono ascoltare quella di un altro che forse ha da dire qualcosa di altrettanto interessante.

Gli allenatori del coach si fanno tante domande e si chiedono perché le palestre sono piene e costose e le piste sono economiche ma vuote.

Gli allenatori del Coach non pensano che per riempire le piste occorre svuotare le palestre.

Si sono accorti che il calcio non è il male dell’atletica, che non gli ruba i ragazzi come la pallavolo non gli ruba le ragazze ed anzi, spesso, dagli sport di squadra arrivano atleti e soddisfazioni.

Cercano società con dirigenti preparati che facilitino il loro lavoro e riconoscano le loro competenze.

Pongono problemi ma suggeriscono soluzioni.

Il successo de ilCoach ci sprona a cercare di ipotizzare risposte, a suggerire nuove soluzioni ma a anche a  porci sempre nuovi problemi.

Abbiamo progetti ambiziosi, telematici e non, perché la rete per noi non è un fine, ma una parte importante di un progetto più grande fatto di persone.

 

ilCoach.net, nato il 22 aprile scorso, ha ottenuto ottimi risultati online, con oltre 220000 visualizzazioni totali in poco più di 9 mesi. Il profilo facebook ha da poco superato i 2000 like e anche gli altri profili social, nonostante siano meno utilizzati per condividere gli articoli, sono in costante crescita (150 iscritti e oltre 70000 visualizzazioni Youtube, 100 followers su Twitter, 564 seguaci su Instagram, poco seguito invece il profilo Google+)

 

Tali risultati sono frutto del lavoro e della collaborazione di tante persone.

Ringraziamo di cuore Daniele Bianchi, Elisa Bettini, Giorgio Ripamonti, Stefania Brunazzi, Martina Fugazza, Silvano Danzi, Daniele Surdo, Maurizio Tripodi, Matteo Pinelli, Maurizio Riccitelli, Maurizio Cito, Alberto Barbera, Alessandra Neboli, Daniele Barison, Andrea Giannini, Giuseppe Balsamo, Enrico Porta, Matthew Horsnell, Eleonora Gatti, Bruno Pinzin, Salvino Tortu,  Fanney Sigurdardottir, Paolo Camossi, Graziano Camellini, Marco La Rosa, Giovanni Chetta, Carlo Buzzichelli, Alessio Conti e gli amici di Athletic Elite, Alessio Gorla e gli amici di Atletica.me, Roberto Passerini, Alessandro Sesti, Mirco Costoncelli e gli amici di Indaco Athletics.

Non tutti fanno parte del nostro Team, ma ognuno di loro ci ha aiutato a modo suo, con la realizzazione di articoli, di video, la condivisione di esperienze, di materiale tecnico, scientifico, immagini e fotografie, consigliandoci e sostenendo il nostro progetto.

Da ringraziare anche coloro i quali ci hanno consigliato, corretto ma anche criticato perché anche questo fa parte del gioco e del web. Non siamo imbattibili ma sbagliando, rialzandoci, imparando dai nostri errori e condividendo insieme possiamo crescere e fare grandi cose.

 

Grazie a tutti i lettori e buon 2016!!!

 

www.ilcoach.net

Andrea Dell’Angelo – Andrea Uberti – Roberto Goffi 

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Eleonora Gatti: "la mia esperienza in Australia"

26 Giugno 2015 by Redazione

In questo articolo Eleonora Gatti, lettrice del nostro sito, ci racconta la sua esperienza da allenatrice, ora in Australia. Questo in sintonia con il nostro project.

Ad Eleonora abbiamo chiesto di raccontarci come viene vissuto lo sport, come viene vissuto nelle scuole e quanto è considerata l’atletica nella “terra dei canguri”.

Chi sono…

eleonora_gatti_ilcoachCiao a tutti, mi chiamo Eleonora Gatti, ho 31 anni e sono nata Firenze in una famiglia sportivissima: mamma ex nuotatrice e ora insegnante di nuoto sincronizzato, babbo insegnante di educazione fisica e impegnato da sempre nel calcio.
Fin da piccola ho praticato sport tra i quali nuoto, tennis, un pò di softball fino ad arrivare in seconda media a lei all’ atletica, lo sport della mia vita.
Galeotta fu la campestre d’istituto quando, dopo la vittoria la professoressa, venne da me dicendomi: “Hai parecchio fiato, vai a provare l’atletica”.
Da quel momento non ho più smesso: ho sempre fatto mezzofondo, dilettandomi negli ultimi anni anche un po con i 400 hs, e mi piace definirmi una “Nanofondista”.
Sono cresciuta nella vecchia “Libertas Firenze”, oggi “Atletica Firenze Marathon”, e la maggior parte del mio tempo la spendo presso lo stadio “Luigi Ridolfi”.
Ho il brevetto di allenatore Fidal e al momento mi trovo in Australia, precisamente a Sydney dove sto facendo esperienza nel campo dello sport lavorando all’interno delle scuole come allenatore di atletica e ginnastica.

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Australia: concezione dello sport

Lo sport per gli australiani è fondamentale e l’attività fisica è imprescindibile, sia che si svolga a livelli agonistici sia semplicemente per mantenersi in forma.
Le palestre sono frequentatissime e sono aperte quasi sempre: esistono anche quelle che offrono un servizio 24 ore su 24 per cui, volendo, si può andare anche nelle ore notturne strisciando un badge all’entrata.
I parchi cittadini sono pieni di persone che camminano o corrono e molti sono quelli che si fanno seguire da un personal training (pagato profumatamente) soprattutto durante l’ora di pranzo: gli uffici hanno molto spesso le docce per cui vestirsi e svestirsi e riprendere a lavorare senza problemi è semplice e non porta via troppo tempo.
Ogni fine settimana ci sono partite di rugby, cricket, hockey, netball, ecc. e molti si dedicano anche al nuoto e al surf, una delle attività preferite dagli Aussie: le spiagge, oltre a richiamare gli amanti della tavola, sono spesso popolate da cultori del fitness e per questo super attrezzate con sbarre per addominali, dorsali e esercizi a corpo libero.
Molto sfruttate e ancora ben tenute poi, le strutture del Parco Olimpico costruito nel 2000, soprattutto l’Athletics Centre (che ha visto tra l’altro l’esordio stagionale di Rudisha due mesi fa) ma ogni zona comunque, vicina o lontana dalla città che sia, ha almeno un parco e/o zona verde solo per fare sport, con campi da tennis e basket che il più delle volte sono ad ingresso libero.

eleonora_gatti_ilcoach (3)

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Australia: sport e scuola

La maggior parte delle scuole è dotata di strutture sportive o comunque di almeno un’area ricreativa che invoglia i bambini a fare molta attività, di qualsiasi genere.
Spesso, soprattutto quelle  elementari, si affidano ad aziende esterne che durante l’anno e per la durata di almeno un “term” (2 mesi), hanno il compito di insegnare uno sport preciso attraverso dei coach, che poi è quello che sto facendo io con l’atletica e la ginnastica per “Fit Futures”.
In alcuni casi, soprattutto negli asili, sono i genitori che pagano cifre simboliche affinché i propri bimbi possano prendere parte alle varie attività proposte dagli operatori esterni.
Proprio di recente il Governo australiano ha avviato, attraverso la propria Commissione Sportiva e il sostegno di oltre 30 organizzazioni nazionali, una grossissima operazione chiamata “Sporting Schools”: l’obbiettivo è promuovere e diffondere lo sport, far si che ci sia maggior collegamento tra scuole (e quindi insegnanti), istituzioni e club sportivi.
I bambini a differenza dei nostri non praticano uno sport solo, ne fanno diversi, arrivando addirittura a 3,4, con partite sia durante sia nel fine settimana.
Questo a parer mio va ad incidere lievemente sui risultati che si potrebbero avere dedicandosi ad uno solo in particolare, ma ha indubbiamente il vantaggio di sviluppare una discreta multilateralità.
A scuola vige la regola che tutti fanno tutto, ci si cimenta in ogni sport e nessuno è escluso: per quanto visto fino ad ora i bambini australiani hanno un altro modo di rispettare le regole, non si prendono in giro per una capriola sbagliata o uno scatto non troppo veloce anzi, applaudono il compagno che è rimasto indietro, inevitabilmente ultimo; allo stesso tempo però mi danno l’impressione di essere un po’ meno vivaci dei nostri, un po’ più impostati e ligi al dovere.

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Australia: l’ Atletica leggera

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L’atletica non è uno tra gli sport più seguiti: a questa si preferiscono il rugby, il cricket e l’hockey.
Ci sono molti club amatoriali e molte piste dislocate intorno alla città (Sydney). Tenendo presente che il continente è grande quanto l’Europa, la Federazione è presente nei vari territori con dei dipartimenti e divisa sostanzialmente in due parti: l’“Athletics Australia” e “Little Athletics” che, in poche parole, è un po’ come se la Fidal fosse composta da una parte incaricata dell’organizzazione di gare ed eventi per adulti, ed una solo per i bambini e la promozione, sia in campo che nelle scuole. Per coinvolgere maggiormente questi ultimi è stato da poco attivato lo “IAAF Nestlé Healthy Active Kids Athletics”, uno dei più grandi programmi di sviluppo di base nel mondo dello sport, finalizzato a incrementare la partecipazione in atletica e aiutare i bambini tra i 7 e i 12 anni a mantenere uno stile di vita sano e attivo. Già apprezzato da oltre 1 milione e mezzo di utenti in oltre 100 paesi, è attualmente in fase di implementazione a livello nazionale proprio da “Athletics Australia”attraverso le comunità attive del dopo-scuola che aiutano i bimbi ad imparare e a divertirsi con l’atletica.

Per quanto riguarda l’attività agonistica direi che si svolge più o meno come da noi (eccetto per le stagioni invertite in quanto giugno è tempo di campestri): campionati regionali, nazionali e interstatali, oltre ai giochi del Commonwealth.

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Australia: gli allenatori di atletica

Deleonora_gatti_ilcoach (2)al punto di vista degli allenatori molti fanno parte dell’“Australian Track & Field Coaches Association”, associazione fondata nel 1974 e responsabile dello sviluppo e della promozione delle metodologie di allenamento, migliorare la qualità delle prestazioni, il livello di partecipazione, incoraggiare l’accreditamento e la formazione dei tecnici.

Generalmente, un po come la maggior parte di noi tecnici italiani, allenano part-time perché di base sono insegnanti di educazione fisica e hanno le mattine impegnate, sia a scuola sia presso istituto sportivi, molti però sono volontari; c’è qualcuno poi che ha la fortuna di appartenere alla Commissione Sport del Governo e di allenare full-time, ma questo diciamo che vale solo per pochi eletti.

Io sono stata accreditata come “Level 2 intermediate club coach”, paragonabile ad un livello “Allenatore” italiano ma con capacità gestionali e manageriali all’interno del gruppo o del club a cui si appartiene. Non alleno sulla pista perché non posso permettermi di non essere pagata dato il costo della vita in Australia, ma sono felice lo stesso perché ho lavorato in una scuola con il progetto di “Little Athletics” che si chiama LAPS, “Little Athletics Schools Programme” e collaboro con l’”Athletics New South Wales” (lo stato dove vivo) dando mano ad organizzare eventi.
Sono stata poi accreditata come Coach nel progetto “Sporting Schools” e poi…poi chissà cosa mi riserva il futuro, la strada pare sia quella giusta…

Ringraziamo di cuore Eleonora per il tempo che ci ha dedicato, pensiamo che la sua esperienza, come quella di altri, possa essere utile per comprendere molte cose che avvengono all’estero.

Un grosso in bocca al lupo per la tua “avventura” da ilCoach!!!

A presto…

 

[su_youtube url=”https://youtu.be/7K-GOZdcaB8″ width=”360″ height=”200″ responsive=”no”]

 

 

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ilCoach.net… ready, set, GO!!!

22 Aprile 2015 by Redazione

ilcoach ready

In copertina il primo articolo de IlCoach qui di seguito riportato come appariva sul vecchio sito.

Si parte!!!

come se fossimo sui blocchi di partenza cercheremo di partire con la massima energia possibile, ma con la volontà di far durare questo viaggio a lungo.
Il nostro scopo non è arrivare prima o di essere migliori degli altri, ma di affrontare i temi che ci stanno cari.
Siamo un gruppo di persone, ognuno con un'esperienza diversa e in campi diversi, ma tutti legati da un'unica passione: l'ATLETICA LEGGERA e lo sport in generale.

Quindi.. ilCoach.net... ready, set, GO!!!

Scopri chi siamo!!!

 

Il progetto

La nostra idea è quella di creare un luogo, virtuale, nel quale i tecnici hanno la possibilità di esprimersi, condividere idee ed esperienze.

Nell'allenamento è praticamente impossibile pensare di sapere tutto, e le molteplici variabilità ed individualità delle situazioni che si vengono a creare portano ad avere idee differenti ed in alcuni casi contrastanti.

Questo a nostro avviso non deve essere visto come un limite, ma anzi attraverso la condivisione deve essere un momento di arricchimento del proprio bagaglio culturale da allenatore.

Una delle difficoltà di oggi, soprattutto in Italia, è la paura di trasmettere ad altri le proprie conoscenze, quasi con il timore di essere sorpassati in una competizione senza utilità.

Per far crescere il sistema "allenatori", a nostro avviso, è importante che ognuno si apra, condividendo con gli altri le proprie esperienze in modo che il livello generale si alzi e ne possa trarre vantaggio l'intera Atletica Leggera Italiana.

Questi gli argomenti dei quali vogliamo parlare:

  • Discipline dell'atletica leggera;
  • Allenamento;
  • Tecnica e didattica
  • Allenamento giovanile
  • Alimentazione
  • Psicologia sportiva
  • Prevenzione e gestione degli infortuni
  • Lotta al doping
  • Formazione
  • Pubblicizzazione di eventi (gare, stage allenamento, corsi e convegni)

 

Navigate nella sezione riguardante l'ATLETICA LEGGERA, per scoprire i contenuti che si arricchiranno col passare dei mesi, seguite le NEWS per non perdere gli articoli ed i video del nostro TEAM.

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Andrea Dell'Angelo

Sprint&Hurdles Coach | Fondatore e presidente ilCoach.net ASD
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