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Relazione seminario Lombardo con Stefano Serranò

4 Novembre 2015 by Redazione

Domenica 25 ottobre 2015, presso il Palazzo CONI Bergamo e il palazzetto Indoor di Bergamo, si è tenuto il Convegno Tecnico organizzato dalla Fidal Lombardia “Metodologia di allenamento e programmazione dei salti in estensione. Elementi di confronto con il “sistema svedese” che ha visto come relatore il giovane tecnico Stefano Serranò.

Stefano, responsabile del settore salti dell’Aeronautica Militare, collaboratore del Centro d’elite di Castelporziano (collaboratore di Pericoli), collaboratore della Fidal nello Staff di Valutazione (collaboratore di Silvaggi), nell’ultima stagione è stato incaricato dalla Fidal Nazionale di monitorare il lavoro che Andrew Howe ha svolto nel 2015 sotto al guida di coach Yannick Tregaro, famoso tecnico svedese.

L’obiettivo è quello di avere un confronto con il modello metodologico e tecnico di Tregaro. Per far questo, Serranò si è relazionato più volte con il tecnico Svedese riguardo l’approccio metodologico, tecnico, programmatico e psicologico dell’allenamento del saltatore dell’Aeronautica.

Nella parte teorica del convegno Stefano Serranò si è concentrato soprattutto a far conoscere i punti chiave del “sistema svedese”.

 

1) Sistema svedese

  • la Federazione di Atletica svedese è impostata in modo Manageriale, come se fosse un’azienda con una “mission” e una “vision” chiare;
  • Gare organizzate dalla Federazione sia locale che nazionale, con lo scopo di guadagnare. I ricavi ottenuti da queste gare vengono poi investite in servizi, strutture e ricerca (Stefano ha accennato ad una gara di 1/2 maratona a Göteborg grazie alla quale la federazione svedese guadagna circa 3000000 €….)
  • Gli allenatori sono pagati (non dalla federazione ma dalle società private).
  • L’allenatore è al centro del sistema di sviluppo delle prestazioni e per questo va fatto crescere!!! Perché? La teoria che sta intorno a questo è che “gli atleti passano” e ad un certo punto smettono (anche i fenomeni), gli allenatori sono quelli che restano all’interno del sistema e con la loro esperienza possono portare ad una crescita dei risultati;
  • Grand Prix Svedese che prevede 3 meeting internazionali nei quali viene dato grande spazio anche agli atleti nazionali (con la creazione anche di una classifica nazionale), per dare la possibilità agli atleti svedesi emergenti di poter affrontare meeting di alto livello;

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2) Chi è Yannick Tregaro?

  • Ex atleta svedese di salto in alto;
  • Giovane allenatore svedese di salti, tra i più importanti atleti allenati, Kajsa Bergqvist (2,08 metri nell’alto),  Emma Anna-Maria Green Tregaro (2,01 metri nel salto in alto) con il quale si è sposato e Christian Olsson (2,28 metri nell’alto e 17,83 nel salto triplo).

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3) Filosofia di allenamento di Tregaro: la gestione dell’atleta di alto livello

Un buon tecnico deve essere interattivo:

  • Far esprimere al meglio ogni atleta secondo le proprie qualità. Insegnare all’atleta come realizzare i propri obiettivi.
  • Non forzare gli atleti a svolgere l’allenamento.
  • Aiutare l’atleta a conoscersi per prendere le scelte migliori.
  • Insegnare all’atleta ad avere obiettivi e non sogni.
  • Creare piani, programmazioni e strategie ma essere in grado di modificarli se questi non funzionano.
  • Essere felici di quel che si sta facendo (sia per il tecnico che per l’atleta)
  • Motivare gli atleti sia in allenamento che fuori (comunicare con l’atleta attraverso sms, telefonate, social)

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4) Filosofia di allenamento di Tregaro: elementi metodologici

  • Sviluppare e gestire sia le qualità positive (i punti di forza) che quelle negative (i punti deboli) dell’atleta, partendo però dai punti di forza.
  • Diventare bravi a fare quello per il quale ci si allena (ad un saltatore in alto serve a poco diventare bravo a correre le campestri)
  • RIPOSO, è la parte più importante dell’allenamento. Molto spesso la differenza la fa quello che si svolge tra un allenamento e l’altro. A questo proposito imparare a dare indicazioni su cosa fare o non fare quando non ci si allena, per favorire il processo di recupero, alternare allenamenti ad alta intensità con allenamenti a bassa intensità, “avere il coraggio” di lasciare a riposo che non è nelle condizioni per allenarsi.
  • Enfatizzare lo sviluppo e il miglioramento delle qualità che si allenano e non del risultato fine a se stesso. Tale risultato deve essere frutto di un miglioramento delle qualità che si è deciso di migliorare.
  • La velocità è una delle qualità più importanti da allenare
  • Focalizzarsi sul gesto tecnico GLOBALE, senza esagerare con le esercitazioni analitiche.

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5) Organizzazione dell’allenamento

  • il riscaldamento è SEMPRE GUIDATO e all’interno vi sono elementi specifici che preparano all’allenamento che sarà eseguito dopo;
  • il lavoro in palestra è molto semplice e generale e ha valore più preventivo che di innalzamento delle performance;
  • il lavoro di forza vero è eseguito in pedana con esercitazioni pliometriche;
  • la gestione delle intensità degli elementi che costituiscono l’allenamento crescono in maniera inversamente proporzionale con l’avanzare della preparazione:
    1. Lontano dalle gare: lavoro di velocità ad alta intensità e lavoro tecnico a bassa intensità;
    2. Vicino alle gare: lavoro tecnico ad alta intensità e lavoro di velocità a bassa intensità (di recupero).
  • che seguono gli atleti vi sono 3 allenatori, uno che segue il riscaldamento e gli allenamenti di core stability e di mobilità, uno che segue gli atleti in palestra nelle sedute di forza, e Tregaro che organizza gli allenamenti e segue le sessioni tecniche e di velocità.

La tecnica…

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La forza…

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La corsa…

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6) Organizzazione settimanale dell’allenamento

LUN. 

M: Warm up (riscaldamento e attivazione generale);
P: Velocità breve (max 60 metri – vedi foto sopra)

MAR.

M: Core training / mobilità articolare
P: Forza

MER.

RIPOSO!!!

GIO.

M: Salti (tecnica) – Forza (pliometria)
P: massaggi e rigenerazione

VEN.

M: Core training e forza

P: velocità con prove lunghe (max) 200 metri)

SAB.

Salti e pliometria

DOM.

RIPOSO!!!

 

7) Programmazione annuale dell’allenamento

Nella foto sotto vediamo come Tregaro ha programmato i cicli di allenamento (a sinistra per la stagione 2015 e a destra per la stagione 2016)

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8) Obiettivi di formazione

Viene data maggiore importanza al “COME SI FA” rispetto al “quanto si fa” (lavoro qualitativo).

Giusta interpretazione del passo stacco che va svolto in maniera diversa in funzione dell’allenamento del saltatore in lungo o di triplo (che ha dimostrato poi nella parte pratica)

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Le nostre considerazioni..

Sicuramente interessante il lavoro proposto da Stefano Serranò. Teniamo a precisa però, come ha fatto lo stesso Stefano, che questo è il lavoro fatto con un atleta di alto livello e con capacità dinamiche e di forza già di per se elevate. Si tratta quindi di una programmazione estremamente soggettiva (costruita su Andrew Howe), ma molti punti chiave sono davvero interessanti:

  • la ricerca prima di tutto di un ambiente positivo e professionale che faccia stare bene l’atleta;
  • la modulazione dei lavori di velocità e di tecnica durante la stagione;
  • l’importanza del core training, della mobilità articolare e della stabilità dei vari segmenti corporei dell’atleta;
  • l’allenamento della forza è visto come elemento di sostegno e prevenzione e prevede pochi e semplici esercizi;
  • grande importanza è dato al gesto tecnico globale e minore importanza alle esercitazioni analitiche;
  • di grandissima importanza il RIPOSO e il recupero;
  • importanza a tutte le fasi di allenamento, riscaldamento compreso;
  • importanza anche a quello che si fa “fuori dall’allenamento”, alla gestione del tempo libero;

 

Dopo la parte teorica Stefano ha fatto svolgere, all’interno della pista indoor di Bergamo, delle esercitazioni tecniche agli atleti J/P convocati dal Settore Salti in estensione della Fidal Lombardia. Questo il lavoro proposto (che presenteremo in un prossimo articolo con un video):

  1. Riscaldamento dinamico guidato dall’allenatore (funzionale alla parte centrale dell’allenamento)
  2. Il passo stacco, le sue interpretazioni e le esercitazioni per miglioralo.

 Ovviamente le esercitazioni tecniche non fanno parte del sistema di allenamento svedese, ma sono frutto dell’esperienza e della visione personale di Stefano.

Ringraziamo Stefano per l’ottimo lavoro svolto!!!

 

A cura di Andrea Dell’Angelo

Filed Under: Formazione Tagged With: allenamento salti, Andrew Howe, jump, jumpers, passo stacco, salti estensione, salto in lungo, serranò, Stefano Serranò, Yannick Tregaro

Esercitazioni speciali per i salti in estensione

5 Agosto 2015 by Redazione

esercitazioni speciali per i salti in estensione

Per migliorare la navigazione e la velocità di caricamento della pagina, l'articolo è diviso in 2 pagine, terminata la prima cliccare sul numerino "2" in alto o in basso a sinista per passare alla second a parte.

Nei salti in estensione si possono presentare diverse problematiche legate alle capacità degli atleti che si allenano.

Sovente le esercitazioni tecniche normali non sono sufficienti per dare all’atleta la possibilità di esprimere al meglio il gesto.

In alcuni casi, con metodi poco ortodossi, si può raggiungere più velocemente l’obiettivo di far provare e comprendere le corrette interpretazioni delle fasi che compongono il salto.

Per effettuare queste particolari esercitazioni, a volte bisogna utilizzare strumenti quali

  • pedane
  • rialzi
  • ostacoli in genere
  • elastici

Nella mia esperienza ho spesso fatto ricorso a tutti questi espedienti, convinto che potessero far provare le giuste sensazioni agli sventurati/e che ho allenato e che alleno.

Tutto quello che qui espongo, è risultato valido con quasi tutti i miei atleti e atlete, non ha un valore assoluto ma può dare qualche spunto per essere adattato ad altri.

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L'esecuzione analitica dei gesti

Prima di descrivere gli esercizi con i mezzi speciali, vorrei soffermarmi sull’importanza dell’esecuzione analitica dei gesti.

È mia convinzione che l’atleta debba conoscere bene la posizione in cui si deve presentare allo stacco, diretta conseguenza del corretto lavoro sugli ultimi appoggi, o di come deve uscire la gamba di volo.

Poniamo l’atleta frontalmente a un ostacolo, a una barriera delle siepi o altro, a una distanza di circa 1,5 m., in appoggio sul piede non di stacco.

Egli/ella deve andare, in equilibrio, in estensione sull’arto del penultimo appoggio e “sentire” il conseguente avanzamento del bacino.

Mantenendo la necessaria rigidità di tutto il sistema ed equilibrandosi con il corretto movimento delle braccia, deve azionare l’arto opposto che, passando sotto il gluteo con azione rotonda, deve impattare il terreno con tutta la pianta del piede.

L’estensione del piede e della gamba di stacco, con puntualizzazione dell’avanzamento del bacino, vengono completati dalla partenza della gamba di volo che deve passare sotto il gluteo con angolo del ginocchio piuttosto chiuso.

La parte finale dell’esercizio prevede l’arrivo del piede della gamba di volo sull’ostacolo.

Qui va considerata e analizzata la posizione del bacino, delle spalle, delle braccia, l’estensione della gamba di stacco e orientamento dello sguardo.

La distanza dell’ostacolo dal punto dello stacco è determinante per ottenere un angolo di uscita corretto della gamba di volo.

Per la fase di volo, io prediligo i passi in aria, l’analisi delle posizioni può essere fatta “appendendo” l’atleta, ad esempio, alla sbarra con apposite polsiere.

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Solitamente noi simuliamo il salto dagli ultimi tre passi, eseguendo poi al rallentatore la fase di volo.

L’esercizio è abbastanza difficoltoso e necessita di una buona padronanza del proprio corpo, di una discreta rigidità del sistema e di una buona preparazione della fascia addominale/dorsale.

Le posizioni nei vari passaggi e i controlli valutativi sono analoghi a quanto descritto sopra, orientamento dello sguardo compreso.

Il mancato utilizzo delle braccia come mezzi equilibratori dovrà essere compensato da un adeguato lavoro del bacino.

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Le esercitazioni speciali: lo stacco da pedana rialzata

L’esercizio speciale più diffuso per il saltatore in lungo è lo stacco da pedana rialzata, la superficie della quale deve essere piuttosto ampia, le mie sono da 60 x 80 cm, per non creare timori nell’atleta.

Questo lavoro serve per comprendere al meglio il tempo di stacco ed il corretto utilizzo del piede in una fase fondamentale del salto.

Lo stacco da rialzo è un esercizio che facilita l’azione stessa, basta pensare a quanto sono lunghi i salti nulli nei quali l’atleta poggia il piede sulle tavolette di nuova concezione.

In queste occasioni utilizzo una pedana alta 2 cm, oppure una da 8 o 16 cm quando voglio puntualizzare la componente di forza al momento dello stacco.

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La rincorsa che normalmente utilizzo è compresa tra i 6 ed i 10/12 passi, a seconda dell’enfatizzazione che voglio dare alle componenti forza e/o velocità.

L’altezza del rialzo non deve essere eccessiva, per evitare che gli angoli delle articolazioni interessate si discostino troppo da quelli ottimali in condizioni normali.

Per questo motivo propongo l’esercizio solo nella fase preparatoria del ciclo di allenamento e non nei cicli più vicini alla stagione agonistica.

Staccare da rialzo consente inoltre una fase aerea più alta e lunga, con conseguente possibilità di inserire esercizi per l’apprendimento ed il miglioramento dell’azione in volo.

Ad esempio si possono inserire le circonduzioni delle braccia, o possiamo chiedere all’atleta di effettuare all’apice della parabola di volo un cambio della posizione degli arti inferiori, o ancora di battere le mani sotto al ginocchio sinistro e poi sotto a quello destro (o viceversa).

Insomma esercizi che ci consentono di valutare quale grado di controllo del proprio corpo ha l’atleta durante la fase di volo.

Da non sottovalutare anche il lato ludico e divertente di questi esercizi.

Per esasperare questi aspetti solitamente faccio utilizzare tre pedane rialzate da 8, 16 e 34 cm.

La distanza tra le prime due è maggiore, interasse a 2m-2,20m, che non tra la seconda e la terza che sono posizionate con interasse 1,60-1,80m.

Questi parametri di posizionamento delle pedane, obbligano l’atleta ad una spinta più orizzontale sul penultimo passo ed a una grande velocizzazione degli ultimi due appoggi.

Perché l’ultimo passo sia efficace per la preparazione dello stacco, la spinta sul penultimo appoggio deve avere una direttrice più verticale. Automaticamente si determinerà un corretto angolo di uscita.

Le tre pedane consequenziali danno anche la sensazione di come devono essere effettuati gli ultimi passi, nei quali l’appoggio a tutta pianta è determinante per la buona riuscita del salto.

Anche in questa situazione non superiamo i 12 passi di rincorsa, rialzi compresi.

La fase aerea si allunga ulteriormente e possiamo provare tante esercitazioni di coordinazione in volo, di chiusura ed altro.

L’utilizzo dei rialzi non può prescindere dall’avanzamento costante del centro di massa, cioè, il bacino dell’atleta deve continuare a “viaggiare” orizzontalmente.

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La mia esperienza sul campo

Alleno una saltatrice in lungo che, all’inizio della carriera, aveva una carenza notevole di forza, bilanciata comunque da notevoli doti di velocità.

Altro problema era l’assetto di corsa e allo stacco, con il bacino che era sempre leggermente arretrato rispetto al modello tecnico corretto.

Decisi in quel periodo, con l’atleta che si trovava alla fine della categoria allieve e stava iniziando il primo anno juniores, di non preoccuparmi della componente forza per esaltare le sue qualità di velocità.

Per aumentare la forza avrei avuto tempo negli anni successivi.

Abbiamo adattato quindi il “modello tecnico” all’atleta, teorizzando un salto con un’accentuata componente orizzontale, determinata da un’alta velocità di uscita allo stacco, a discapito dell’altezza della parabola di volo.

Tutto questo presupponeva però un accentuato avanzamento del bacino negli ultimi passi di rincorsa, per fare in modo che il centro di gravità continuasse la sua corsa ad alta velocità prima e dopo lo stacco.

I passi finali poi non potevano essere quelli codificati nel modello standard, a causa delle scarse doti di forza e del rallentamento che poteva risultare dall’effettuazione di un penultimo passo più lungo. Quindi l’atleta effettuava passi della stessa ampiezza accorciando leggermente l’ultimo, sul quale esercitava anche un leggerissimo caricamento.

Per far provare all’atleta la sensazione di avanzamento costante del centro di gravità, ho provato inizialmente con un elastico fissato dal lato opposto della buca al bacino.

L’elastico deve consentire dai 10 ai 16 passi ed essere in tensione almeno fino al momento dello stacco, ma questa tensione non deve risultare eccessiva perché la corsa sia comunque controllabile.

L’azione trainante dell’elastico, se correttamente assecondata, anticipa effettivamente l’azione del bacino oltre a creare un effetto di supervelocità che costringe l’atleta anche ad un utilizzo rapido e marcato dei piedi.

Però l’elastico, come dicevo, deve essere assecondato e non è facile!

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L'utilizzo di pedane inclinate

Quindi ho adottato un sistema che prevedesse uno stacco da una posizione difficoltosa, cioè più in basso rispetto al piano di corsa, e che obbligasse nello stesso tempo la mia atleta ad anticipare l’azione di avanzamento del bacino prima dell’impatto con la pedana, per non finire completamente sbilanciata in avanti con il naso nella sabbia.

Ho costruito una pedana con il piano superiore inclinato di circa 6-8° e l’ho posizionata all’interno della buca di sabbia, con l’inclinazione rivolta nella direzione del salto.

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In pratica tutta l’azione di rincorsa è normale ma lo stacco avviene in posizione leggermente abbassata.

L’inclinazione verso avanti poi sbilancia tutto il corpo, obbligando quindi l’atleta a trovare una soluzione per riacquistare l’equilibrio di salto. C’è un’unica soluzione!

Il bacino-centro di gravità deve essere più avanti delle spalle al momento dello stacco.

Perché questo avvenga con certezza, l’azione di avanzamento del bacino deve iniziare con alcuni passi di anticipo sull’azione di stacco.

Abbiamo iniziato con rincorse corte fino a 6 passi per prendere confidenza con l’esercizio, poi ci siamo spinti a rincorse più consistenti.

Attualmente l’atleta è in grado di saltare dalla pedana inclinata anche con 16 passi.

Nel giro di un paio di mesi, utilizzando questo esercizio una o due volte a settimana nelle sedute tecniche, abbiamo potuto apprezzare i primi cambiamenti di assetto nella parte finale di rincorsa.

L’esercitazione con la pedana inclinata ha poi rivelato alcuni interessanti risvolti.

La presa di contatto determinata da queste condizioni coinvolge automaticamente tutta la pianta del piede e l’uscita dallo stacco è molto veloce ed in proiezione orizzontale.

Dopo alcuni stacchi effettuati sulla pedana inclinata, riportando l’atleta a saltare in condizioni normali, sul piano, ho potuto constatare una maggiore efficacia in tutta l’azione di stacco, dall’approccio, alla tenuta, fino all’uscita, con parabole di volo decisamente interessanti.

Quindi ritengo che questo esercizio, difficoltante per lo stacco e per gli angoli di esecuzione rispetto ad una situazione di gara, possa essere tranquillamente utilizzato anche nel periodo agonistico.

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Esercitazioni con riferimenti visivi: i tappetini da fitness

Dopo alcuni anni, grazie ad allenamenti costanti e progressivi nei carichi di lavoro, la mia atleta ha sviluppato maggiori doti di forza, oltre ad abilità maggiori nella coordinazione e nella tecnica di salto.

Quindi, oltre alle normali ricerche di aggiustamento di rincorsa e stacco per valorizzare i nuovi parametri di forza e velocità, abbiamo preso in considerazione la possibilità di riavvicinarci al modello di salto più classico.

Per reimpostare gli ultimi due passi, ho pensato di inserire dei riferimenti per obbligarla ad un penultimo passo più lungo dell’ultimo.

Dopo aver scartato ostacoli tipo bacchette di legno, che potevano risultare pericolosi se calpestati, o righe tracciate col gesso, poco visibili, ho optato per l’utilizzo di tappetini colorati da fitness.

I tappetini, lunghi 2m e larghi 60cm, di colori sgargianti, costituiscono un riferimento visivo importante e, calpestati, non causano alcun problema.

L’unico problema può sorgere nelle giornate ventose ma si può ovviare fissandoli lateralmente.

Il tappetino viene posizionato dai 4 metri alla fine dell’asse di battuta e lo stacco è da effettuarsi dal limite di pedana, a bordo buca.

Questa sistemazione determina un penultimo passo, obbligato, di almeno 2m e l’ultimo passo, piuttosto compresso, di circa 1,80m.

In altri termini l’atleta deve effettuare una spinta più orizzontale sul penultimo passo e una grande velocizzazione degli ultimi due appoggi.

Perché l’ultimo passo sia efficace per la preparazione dello stacco, la spinta sul penultimo appoggio deve avere una direttrice più verticale.

Se le due azioni sono eseguite correttamente, si determinerà un corretto angolo di proiezione in uscita, per il movimento verso avanti-alto del bacino, ed una sensazione ritmica adeguata.

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Allungare la fase di volo/atterraggio: ostacoli con paletti e nastro di plastica

Per migliorare, o allungare, le fasi di volo e atterraggio, può essere utilizzata un’esercitazione abbastanza divertente.

Occorrono quattro paletti leggeri in plastica, tipo i supporti per le bandierine del calcio d’angolo e nastro del tipo usato per delimitare aree in edilizia o simili.

Si piantano i primi due paletti a una distanza di 1,5m dal punto di stacco e di un paio di metri tra di loro.

Tra questi due pali fisseremo il nastro ad un’altezza di 1,20 – 1,50m.

Gli altri due paletti li posizioniamo 2,5 – 3m più in là, con il nastro allacciato ad un’altezza di 50 – 60cm.

Queste misure sono comunque da rapportare al grado di capacità di salto degli atleti.

Lo scopo dell’esercizio è di impostare la traiettoria di volo e, nello stesso tempo, di ricercare la chiusura il più lontano possibile, distendendo le gambe per superare il secondo nastro.

Consiglio di partire con 6/8 appoggi per prendere confidenza con il gesto, per arrivare ad effettuare salti anche con 10 o 12 passi.

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Variazione: ostacoli di cartone

Ultimamente ho modificato questo esercizio, sostituendo a paletti e nastri dei fogli di cartone che utilizzo nell’azienda dove lavoro.

I cartoni sono da 80 x 120 cm (misure pallet standard) o 100 x 120, e basta equilibrarli con un po’ di sabbia alla base.

Essi creano meno timori nell’atleta, e grazie ad una evidente maggior duttilità, possiamo spostarli a piacimento per creare le condizioni dell’esercizio.

È particolarmente simpatico l’esercizio per l’esecuzione dei passi in volo (2 e ½), che ha costretto la mia atleta a “lavorare” fino alla fine del volo, contribuendo peraltro a migliorare l’azione conclusiva del salto.

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Avanzamento del centro di gravità: tirare l'atleta con un elastico

L’avanzamento del centro di gravità, situato all’altezza del bacino, come già detto è fondamentale per la lunghezza del salto.

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Nell’esecuzione di un salto triplo diventa determinante.

La costante proiezione orizzontale del baricentro è prerogativa del salto triplo moderno, nel quale la velocità è la componente più importante.

Questa interpretazione del salto è, a mio avviso, applicabile ed alla portata di tutti gli atleti.

Per sensibilizzarli al balzo veloce e radente possiamo utilizzare un elastico, in trazione, che permetta di effettuare tra rincorsa, balzi e atterraggio, un’escursione di 30-40m.

L’elastico deve essere in tensione almeno fino al momento dell’ultimo stacco o jump, ma questa tensione non deve risultare eccessiva perché la corsa sia comunque controllabile.

Per questa esercitazione tecnica fisso, con un moschettone, una estremità dell’elastico ad una cintura o ad una imbragatura che sia il più possibile vicina al baricentro dell’atleta.

L’altro capo va assicurato ad una struttura adeguata, di solito uso uno degli ostacoli per le gare sulle siepi, posizionata al di là della buca di atterraggio.

Condizione determinante per la buona riuscita dell’esercizio è che l’atleta non opponga alcuna resistenza alla trazione creata dall’elastico, che anzi deve essere assecondata.

La sensazione che sarà percepita è quella dell’avanzamento costante e rapido del bacino, con conseguenti balzi molto radenti e veloci.

Ovviamente la presa di contatto a tutta pianta deve essere sempre sotto controllo.

Ho utilizzato questo esercizio, con buoni risultati, su tutte le combinazioni possibili di balzi, alternati, successivi e misti, dal triplo al decuplo e anche più in là.

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Utilizzo dei piani rialzati nel salto triplo

L’utilizzo dei piani rialzati nel salto triplo è certamente più problematico che nel lungo.

Se essi svolgono una funzione necessaria negli esercizi preparatori, penso ai rimbalzi pliometrici tra rialzi, la loro adozione per lo svolgimento dell’azione tecnica di salto vera e propria è abbastanza inconsueta.

Con l’impiego di un piano rialzato possiamo puntualizzare l’azione di stacco per il jump, oppure, posizionandolo sullo step andremo ad enfatizzare questo balzo.

Nello stesso tempo, con questa disposizione, oltre ad allungare probabilmente lo step stesso, metteremo l’atleta in condizione di dover sopportare e supportare un jump in condizioni più difficili a causa di un arrivo da una maggiore altezza.

Non ho, ovviamente, neppure preso in considerazione la possibilità di utilizzo di rialzo sul l’hop, condizione certamente deleteria sotto ogni punto di vista.

Tutto questo tra l’altro va contro la mia concezione del salto triplo.

Ritengo che l’azione più efficace sia quella che riscontriamo nei salti al femminile.

Meno forza e più velocità.

Quindi non uso piani rialzati per l’azione tecnica di salto se non nei periodi preparatori per gli scopi che ho indicato prima.

L’unica esercitazione che mi sento di proporre, solo con atleti abbastanza evoluti, prevede l’utilizzo di tre piani rialzati, uguali, per la determinazione della ritmica dei balzi.

È un esercizio abbastanza difficoltoso, che crea qualche timore e necessita di una buona conoscenza dell’atleta da parte del tecnico.

I rialzi, invece dei segni sul terreno, impongono una maggiore concentrazione sul gesto da parte dell’atleta.

La modulazione delle distanze degli stessi dà all’atleta diverse sensazioni che interpolate con la visione dell’allenatore portano alla scelta della miglior ritmica di esecuzione.

Lavorando con i più giovani, invece, ritengo che i segni sul terreno siano ottimali per l’impostazione della ritmica dei balzi.

Per convinzione personale chiedo ai miei atleti di non enfatizzare hop e step a discapito della velocità.

A cura di Enrico Porta

 

Chicco Porta

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