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Alimentazione nei 400 metri: come ottimizzare la performance

10 Dicembre 2020 by Redazione

Alimentazione nei 400 metri, Angelica Gergo
Fig. 1 Angelica Ghergo impegnata nei 400 metri ai Campionati Italiani di Ancona. Ph Roberto Passerini | Atl-Eticamente Foto

 

Per parlare di nutrizione sportiva, specie se ci riferiamo ad una disciplina in particolare, occorre sempre partire dalle sue caratteristiche specifiche, da quelle che sono le sue basi fisiologiche e le relative criticità.

In questo scritto noi ci occuperemo di discipline di sprint, dalle più brevi alle più lunghe (fino ai 400 metri) concentrandoci come abbiamo detto sugli aspetti nutrizionali che possono condurre l’atleta alla sua eccellenza prestativa.

Un errore da non fare nell'analisi delle richieste energetiche degli sprint

Data la natura breve degli eventi di sprint, in molti sono portati a pensare che la parte nutrizionale sia di importanza trascurabile.

La competizione si svolge in un lasso temporale compreso tra i 10 e i 60 secondi circa con ampio recupero tra una gara e l’altra.

E’ di fatto molto raro che un atleta si ritrovi con riserve muscolari esaurite anche nelle condizioni più estreme.

Tuttavia ci sono altri aspetti oltre a quella meramente ‘’energetica’’ che meritano di essere prese in considerazione.

Un esempio è offerto dall’ottimizzazione del comfort gastrointestinale o il prevenire un aumento di peso proprio durante l’evento più importante della stagione.

Ecco che allora la sfera Nutrizione con tutte le sue sfaccettature possibili, sale prepotentemente in cattedra giocando ancora una volta un ruolo da protagonista nella vita dell’atleta.

Ma facciamo un passo indietro e…

Quali fattori determinano una buona prestazione nello sprint?

Li elenchiamo qui

  • Tempo di reazione,
  • accelerazione,
  • velocità massima di corsa
  • capacità di sostenere tale velocità con il progressivo accumulo di fatica.

Analizzare queste componenti e le modalità di allenamento con cui queste verranno poi esercitate ci permette di capire come la pratica dietetica potrà essere d’aiuto e in quali contesti.

Un velocista d'élite si allena tipicamente 1,5–4 ore/giorno, 5–6 giorni la settimana, con uno o due di questi giorni destinati a sessioni rigeneranti a bassa intensità.

L'allenamento avrà l’obiettivo finale di sviluppare la massima potenza dei principali gruppi muscolari impegnati nello svolgimento della disciplina in sè, al fine di produrre la massima forza al suolo con il minor tempo di contatto con esso.

Alimentazione nei 400 metri: contributo dei sistemi energetici

Analizzando una disciplina sportiva con l’obiettivo di crearne una nutrizione specifica dobbiamo inoltre per forza apprezzarne il contributo dei vari sistemi energetici.

Nel nostro caso questo ovviamente varia tra gli eventi, in termini percentuali, ma come è ovvio immaginare, il sistema energetico anaerobico predomina.

Il contributo aerobico relativo diventa più importante all'aumentare della distanza, con circa il 40% dell'energia derivata dal metabolismo aerobico nei 400 m maschili e percentuali leggermente superiori in quelli femminili.

Fig. 2 Angelica Ghergo impegnata nei 400 metri ai Campionati Italiani di Ancona. Ph Roberto Passerini | Atl-Eticamente Foto

Composizione corporea nei 400 metri

Altro aspetto da tenere in forte considerazione nella strutturazione di un programma dietetico è la ricerca di una composizione corporea ottimale per la disciplina svolta.

Quali caratteristiche permettono di eccellere in questo sport?

Indice RPI.

La letteratura scientifica in merito alle caratteristiche corporee ottimali per gli sprinter ci viene in aiuto per cercare di capire l’ideale a cui tendere. In particolare si tira in ballo un indice detto RPI o reciprocal ponderal index, un indice predittivo delle potenzialità di uno/a sprinter, sulla base del suo peso, statura e conformazione antropometrica.

Questa la formula.

Ponderal Index RPI = Altezza (m) / Radice cubica del peso (kg)

Rapporto peso/potenza.

Nel tentativo di migliorare costantemente tale rapporto, non di rado gli atleti si sottopongono a personali strategie di restrizione calorica con l’intento di abbassare il loro peso corporeo o per meglio dire il loro livello di grasso corporeo, specialmente prima delle gare chiave.

Quando questa strategia è costruita in maniera razionale e ciclizzata sulla base degli obiettivi allenanti e stagionali garantendo il mantenimento di prestazioni e salute ottimale, è senza dubbio una valida strategia considerando che una perdita di peso di 2-3 kg può avere un impatto favorevole sulla potenza esplosiva e sulla velocità.

Se invece si perpetua in cronico finendo con il diventare una dieta a basso o bassissimo tenore calorico allora questa porta con sè più contro che pro.

Come linea guida potremmo in tal senso consigliare di non scendere mai sotto le 30kcal per kg di massa magra, ma anzi di orientarsi verso le 45kcal per kg di massa magra.

Aumentare le performance in gara

Ciò che tuttavia indubbiamente interessa l’atleta è essere performante in gara.

Ecco che negli ultimi anni sono nate tutta una serie di strategie da applicare in acuto per cercare di migliorare il rapporto peso potenza di cui sopra.

Tra questi nuovi approcci quella di seguire negli ultimi giorni prima di una competizione una dieta a basso residuo, tramite la riduzione/eliminazione di quelli che sono i cibi ad alto contenuto di fibre.

Questa strategia di per sè provoca una perdita di peso compresa tra i 300 e 700g.

Tranquilli che due o tre giorni senza o quasi frutta e verdura non minerà il vostro stato di salute.

Da sola tuttavia questa riduzione di peso non può impattare in maniera significativa sul rapporto peso potenza.

Modulare l'idratazione

Ecco che contestualmente si sta facendo sempre più strada la pratica delle disidratazione controllata.

Ma come l’idratazione non era importante?

Certo e non stiamo dicendo il contrario, semplicemente un calo peso derivato da perdita di liquidi entro un range compreso tra il 2-3% in acuto, cioè fatto specificatamente per l’evento agonistico e non protratto in cronico, non preclude la possibilità di essere performanti nello sprint, donando al contrario un vantaggio in termini di riduzione del peso, miglioramento del rapporto peso potenza specie se sommato alla precedente strategia.

Una doverosa specifica va ovviamente fatta.

Attenzione! Se desiderate cimentarvi in queste prove fatevi seguire da una figura sanitaria e fatelo con largo anticipo rispetto alla competizione.

Alimentazione nei 400 metri, come nutrirsi?

Sebbene il ruolo dei carboidrati nel migliorare le performance di endurance sia ormai cosa nota, le prove relativa al loro potenziale ergogenico nelle discipline di sprint è cosa ancora non interamente compresa.

E' vero che ci sono prove che il mantenimento di una dieta a bassissimo contenuto di carboidrati possa compromettere le prestazioni in eventi brevi come uno sprint di 30 secondi, ma questo si verifica presumibilmente a causa delle scarse riserve di glicogeno muscolare e della diminuzione dei tassi di glicolisi. Altre a quanto detto ci sono davvero poche altre certezze.

Quanti carboidrati assumere?

Le linee guida oggi tuttavia ci raccomandano un mantenimento di un assunzione glucidica compresa tra i 3 e i 6g pro kilo di peso al giorno, con il margine più elevato utile nei contesti della stagione caratterizzati da alto volume e quindi elevato dispendio calorico, mentre l’intake piu basso da preferire nelle fasi di scarico o generalmente quelle in cui in termini di volume si fa meno.

Quante proteine assumere?

Per la parte proteica invece le linee guida raccomandano un assunzione giornaliera 1,6–2,2 g per kilo di peso corporeo.

Assumerne di più non apporta alcun ulteriore beneficio ma promuove semplicemente un aumento del catabolismo degli amminoacidi e dell’ossidazione proteica.

La suddivisione giornaliera dovrebbe poter prevedere almeno 0,4 g / kg di peso di proteine ​​ad alto valore biologico ogni 3-5 ore.

L'importanza dell'idratazione

Come con tutti gli atleti, anche agli atleti sprint si consiglia di mantenere sempre uno stato di eu -idratazione.

Eppure poco sopra abbiamo parlato della possibilità di un taglio liquidi nel pre gara.

Ma come mai?

La natura breve degli eventi di sprint fa sì che uno stato di ipoidratazione controllata (2-3%) non vada ad influenzare negativamente sulla performance.

Quindi seppur il consiglio generale è quello di mantenersi sempre ben idratati durante tutto l’arco della stagione, periodiche fasi di taglio dei liquidi, in concomitanza con gli eventi principali, potrebbe essere vantaggioso per l’atleta.

Lo so ci sarebbero mille altre cose da dire e mille altri tecnicismi da prendere in considerazione, ma credo che per molti già queste poche cose possano iniziare a fare davvero la differenza.

 

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Filed Under: 400 metri, 400 ostacoli, Alimentazione, Sprint-Velocità Tagged With: alimentazione, alimentazione e 400 metri, alimentazione nello sprint, alimentazione per i 400 metri, alimentazione per velocisti, angelica ghergo

Consigli nutrizionali per sprinter, saltatori e lanciatori

20 Marzo 2020 by Redazione

Consigli nutrizionali

Come nutrirti correttamente?

Richieste nutrizionali derivanti dalla tipologia di allenamento

La capacità di generare forza muscolare e potenza esplosiva è fondamentale nelle specialità di sprint, salto e lancio in atletica leggera. Di conseguenza, le programmazioni di queste discipline prevedono esercizi contro resistenza specifica e non, nonostante il movimento sport specifico sia differente.

Atleti che partecipano a specialità di sprint e, in particolare di lancio prevedono programmi di costruzione muscolare che mirano a sviluppare la forza massima e la potenza dei principali gruppi muscolari utilizzando una varietà di esercizi soprattutto pliometrici, di sprint, alzate olimpiche ed esercizi tecnici di lancio.

La periodizzazione dell'allenamento di forza e potenza, comporta transizioni da alto volume e bassa intensità, ad alta intensità e basso volume, intendendo come intensità il carico sollevato o lanciato e, la velocità come esecuzione del gesto. Tali gesti ed esercitazioni rappresentano movimenti che spaziano dalle caratteristiche coordinative e biomeccaniche delle alzate a bassa velocità del powerlifting tradizionale alle alzate esplosive, tipiche del weightlifting, ai movimenti specifici in fase competitiva. In particolare, l’allenamento con alzate Olimpiche sembra ottenere un guadagno di forza e potenza maggiore, rispetto all’utilizzo delle classiche esercitazioni contro resistenza; ciò può essere dovuto principalmente all’adattamento neurale piuttosto che agli adattamenti ipertrofici del muscolo scheletrico.

Di conseguenza, questa tipologia di allenamento è comune tra le discipline atletiche a carattere esplosivo come, appunto, le specialità di sprint e salto, e inseriti sempre di più le metodologie e le esercitazioni tipiche di weightlifting e powerlifting.

Cosa puoi ottenere mangiando in modo corretto?

Una corretta alimentazione rappresenta un fattore determinante per gli atleti velocisti, saltatori e lanciatori; essa mira al miglioramento della performance e in particolare della forza, sia in termini assoluti che di aumento o mantenimento dell’ipertrofia, al recupero e alla promozione degli adattamenti muscolari, neurali e fisiologici.

In generale il supporto nutrizionale per un atleta dev’essere bilanciato e rapportato all’allenamento e alla competizione. Nello specifico mira:

  • al mantenimento dei livelli di energia durante l'allenamento;
  • al rapido recupero dall'allenamento;
  • all’ottimizzazione degli adattamenti all’allenamento;
  • al raggiungimento di un ottimo rapporto peso-potenza massimizzando la massa muscolare e il grasso corporeo;
  • al mantenimento della concentrazione, lucidità, tempi di reazione, attenzione e focus durante il gesto sportivo.

Un apporto calorico inadeguato si traduce in una scarsa performance atletica, pertanto, un programma nutrizionale programmato richiede una dieta equilibrata, sana, ricca di nutrienti.

Il programma deve essere personalizzato e non esiste una dieta unica che soddisfi le esigenze di tutti atleti in ogni momento. Anche le necessità individuali mutano durante la stagione a seconda delle fasi intensive e del picco di forma atletica, pertanto gli atleti dovranno anch’essi essere flessibili nel saperlo adattare ed adattarsi.

 

Cenni di fisiologia dell'allenamento della forza

L'esercizio di forza e/o potenza richiede un alto tasso di energia, che deriva sia dall'energia fornita del sistema fosfageno, sia dalla glicogenolisi; tale contributo è dipendente dalla potenza relativa, dal rapporto tra lavoro attivo-riposo e dal flusso sanguigno muscolare. La fonte principale di affaticamento durante gli esercizi di forza/potenza è probabilmente multifattoriale: è neuromuscolare, metabolico e dipendente dalla variazione di pH intramuscolare, regolato a sua volta dall'intensità e dal volume dell'allenamento nonché dal collocamento temporale della sessione di forza all’interno di una seduta d’allenamento. L’affaticamento metabolico percepito fin da inizio seduta, infatti, può essere causato almeno in parte da una riduzione delle riserve di fosfato e da una lieve acidosi, sintomo di un recupero incompleto dalla seduta precedente, mentre un affaticamento tardivo risulta essere conseguenza da livelli elevati di acidosi e un’alterata produzione di energia da parte della glicogenolisi.

La forza si sviluppa opponendo resistenza ad un dato carico, ad esempio, sollevando un bilanciere o un manubrio contro gravità, opponendo una forza contraria a quella della gravità. La potenza è la forza nell’unità di tempo (forza x velocità), quindi è la misura della forza che posso esprimere in un dato frangente, tipico ed inerente alla corsa, al salto, al lancio in atletica e negli sport di situazione (tennis, calcio, rugby etc). Generalmente, infatti, nella stragrande maggioranza delle attività sportive, prevale il parametro della potenza (balzi, cambi di direzione, arresti, ecc..) che tuttavia dipende strettamente, come visto precedentemente, dallo sviluppo dalla forza, capacità condizionale e, quindi, condizionante. Pertanto l’allenamento della forza dovrà essere considerato praticamente necessario e fondamentale, in quasi tutte le discipline sportive.

Molto spesso vengono considerati sinonimi la forza con la massa muscolare; non è, invece, così diretto e scontato questo rapporto in quanto l’ipertrofia muscolare, può svilupparsi anche in assenza di livelli estremi di forza assoluta.

 

FIGURA 1. Sistema Creatin-fosfato

 

Forza muscolare e massa muscolare

Mentre la massa muscolare dipende strettamente dai livelli ormonali (che calano fisiologicamente durante l’invecchiamento), e può essere di due tipi, fibrillare e/o sarcoplasmatica, la forza (più importante dal punto di vista prognostico) dipende più dalla capacità di adattamento neurale e muscolare. Essa prevede, generalmente, esercizi base della pesistica di tipo multiarticolare, con carichi adeguati e ad alta intensità, che producano di per sé un incremento di ormoni endogeni come il testosterone e il GH. Il meccanismo energetico per lo più utilizzato è il metabolismo anaerobico alattacido, che attraverso il sistema creatina fosfato + il substrato ADP, fornisce grandi quantitativi di energia (ATP), con un tempo di latenza minimo (entra subito in gioco), e una capacità di circa 10 sec (tempo oltre il quale viene “assistito” dal metabolismo anaerobico lattacido, quindi, consumo di glicogeno e produzione di lattato) (fig 1 e 2).

Tipicamente, l’allenamento della forza assoluta prevede basse ripetizioni ad alto carico; l’allenamento della forza relativa e specifica, piuttosto che delle varie tipologie di forza, invece, modula l’intensità a favore del volume delle ripetizioni o del gesto, andando a coinvolgere in questo modo, anche il sistema anaerobico lattacido. Vien da sé che l’alimentazione dovrà supportare, quindi, queste tipologie di sforzo attraverso la produzione ed il ripristino del quantitativo di creatina e di carboidrati, sotto forme di glicogeno muscolare.

FIGURA 2. Meccanismo Anaerobico alattacido

Periodizzazione, specificità e composizione corporea

Esistono linee guida generali per la nutrizione di sprinter, saltatori e lanciatori, considerazioni che si basano su una corretta ed adeguata gestione dei macro- e micronutrienti, fluidi ed eventuale integrazione per migliorare la performance, supportare lo sforzo durante l’allenamento e la competizione e mantenere o sviluppare massa muscolare, caratteristica necessaria per questi atleti. L’alto grado di specificità e il continuo innalzarsi del livello medio delle competizioni, tuttavia, costringe l’atleta a porre sempre più attenzione anche a parametri specifici della nutrizione e della composizione corporea: rapporto peso-potenza, tipologia di specialità e, quindi, di sforzo, periodizzazione della stagione e quindi dell’allenamento, durata e collocazione temporale della seduta o delle sedute d’allenamento.

Risulta necessario, pertanto, distinguere ed adattare la nutrizione basandosi innanzitutto sulla specialità e/o disciplina, e in particolare, su tre aspetti (Tab.1):

  • tipologia e durata dello sforzo/movimento;
  • meccanica e dinamicità del gesto sportivo;
  • tipologia di forza espressa (in virtù della resistenza che si oppone al movimento)

Questi aspetti determinano l’approccio dietetico e la modulazione dei nutrienti rispettando le caratteristiche soggettive dell’atleta, permettendo la miglior performance non solo dal punto di vista fisico, ma anche e soprattutto mentale (concetto di Focus), digestivo e percezione di benessere.

 

Tabella 1. Richieste fisiche e fisiologiche, intensità e volume di allenamento di Velocisti, Saltatori e Lanciatori (Melin et al., 2018).

 


Tabella sprint.

Tabella salti.

 

Tabella Lanci.

 

 

Richieste energetiche in sprint, salti e lanci

Ruolo primario della nutrizione è fornire l’energia adeguata e necessaria alle richieste dell’atleta. L’introito calorico mira a fornire i nutrienti e i substrati necessari alla tipologia di sforzo e al volume dell’allenamento, e deve, in particolare, mantenere e ripristinare le scorte di glicogeno muscolare ed epatico. L’apporto energetico non è e non può essere il medesimo durante la stagione, e varia a seconda del volume dell’allenamento e dalle necessità di guadagno in termini di ipertrofia (Fig.3): l’introito calorico infatti, in soggetti già in possesso di una notevole massa muscolare, può variare anche di 300-500 cal/die, indipendentemente dalla gestione dei macronutrienti.

Figura 3. Richieste energetiche in riferimento al volume e all’intensità dell’esercizio (Potgieter, 2013)

 

Il fabbisogno energetico varia, inoltre, a seconda del periodo delle competizioni e successivi periodi di transizione.

Data la notevole massa muscolare di questi individui e l'associazione tra massa muscolare e dispendio energetico, non sorprende il fatto che questi atleti abbiano un elevato introito energetico. Il muscolo rappresenta per l’organismo una spesa energetica e l’allenamento, una forma di stress; la risposta fisiologica è la produzione di ormoni che da un lato possono favorire la spinta anabolica del muscolo, dall’altro instaurare una situazione cronica sfavorevole a livello metabolico, endocrino e muscolare. Questo equilibrio è molto sensibile al bilancio energetico totale e, maggiore è la massa magra e il dispendio energetico medio dell’atleta, più ampie saranno le risposte e le conseguenze ad una modulazione delle calorie totali. Inoltre, analogamente allo stress muscolare e surrenalico provocato dall’allenamento, e le relative conseguenze su riposo e i livelli di attenzione, un inadeguato apporto energetico può tradursi in uno stress emotivo e sociale, calo generale della voglia di affrontare gli allenamenti, della libido e del senso di fatica.

È necessario, quindi, capire quali siano le necessità energetiche reali per un atleta, per favorirne la massima resa e la miglior performance possibile ed evitare le conseguenze negative da ipocalorica. A tal fine esistono specifiche strategie di distribuzione delle calorie e dei macronutrienti, in relazione all’allenamento, alla tipologia e alla frequenza dell’allenamento, per poter massimizzare l’adattamento fisiologico e il rispristino delle energie.

 

Corretta gestione dei macronutrienti in sprint, salti e lanci

Le caratteristiche fenotipiche degli atleti di forza e potenza e l’impostazione metabolica ed energetica per lo più fosfagena tipica degli eventi singoli e combinati dell’atletica, impongono una richiesta e la modulazione altrettanto specifica dei macronutrienti. Il confronto con i soggetti sedentari o con soggetti con frequenza d’allenamento pari 2-3 sedute a settimana, risalta la notevole differenza di richiesta energetica e soprattutto del peso e del rapporto massa magra / massa grassa.

I velocisti e i saltatori d’élite mostrano un indice di massa corporea significativamente maggiore e studi sui dati antropometrici indicano una correlazione diretta tra percentuale di massa grassa (BF) e performance; i livelli di forza e potenza sono significativamente più alti all’aumentare della massa muscolare e al miglioramento della composizione corporea. Questi livelli risultano fondamentali per i lanciatori per cui il rapporto tra le masse è meno sbilanciato rispetto a sprinter e saltatori.

Tabella 2. Dati antropometrici di sprinter, saltatori e lanciatori della nazionale Bengalese (American Journal of Sports Science and Medicine, 2014)

 

Nonostante non esista un profilo e un rapporto ideale tra le masse, i dati scientifici e gli studi effettuati su atleti a livello nazionale e internazionale mostrano come parametri di riferimento, percentuali di massa grassa pari a 9 ± 2 per l’uomo e 11 ± 2 per la donna per quanto riguarda le specialità di sprint e salti; decisamente più elevati i valori dei lanciatori (Tab. 2). Da ciò, l’importanza della nutrizione nel supportare la crescita e il mantenimento della massa corporea.

Le proteine rappresentano il componente necessario per la segnalazione e lo stimolo della sintesi muscolare sia a livello cellulare sia a livello enzimatico; stabilire quindi, la quota proteica necessaria è aspetto fondamentale e il primo macronutriente della quota energetica stabilita.

I carboidrati rappresentano la maggior fonte energetica spendibile durante l’esercizio fisico, e successivamente, una riserva a livello epatico e muscolare. Inoltre, stimolano la riposta insulinica e di altri ormoni coinvolti nel processo di segnalazione e attivazione dei meccanismi fisiologici metabolici ed endocrini. Infine i grassi, sono un nutriente a funzione energetica, ormonale e di riserva (adipociti) e, concorrono attraverso meccanismi di segnalazione, a stimolare fattori di crescita che regolano l’equilibrio tra anabolismo e catabolismo.

Figura 4. Richieste di macronutrienti in funzione del peso corporeo e della specialità (Edoardo Tacconi et Gamal Soliman, 300 Invictus, 2019.

 

La tabella (3) indica i riferimenti dei macronutrienti sia in normocalorica sia in ipocalorica. Generalmente un atleta d’élite o semplicemente un atleta che ha come obbiettivo primario la performance, non si dovrebbe mai ritrovare in una situazione di ipocalorica accentuata, poiché in questo regime il recupero e le risposte fisiologiche sono alterati fino a giungere alla sindrome di sovrallenamento e overtraining con le relative complicanze.

La genetica, il fenotipo e l’antropometria del soggetto regola la modulazione dei macronutrienti, soprattutto per quanto riguarda proteine e grassi. Tendenzialmente i carboidrati devono rappresentare più della metà dell’introito energetico giornaliero (50-60%), non solo perché rappresentano la principale moneta energetica, ma poiché coadiuvano il recupero e il ripristino delle riserve energetiche post allenamento e facilitano il mantenimento di un buon stato fisico e mentale, soprattutto in programmi d’allenamento che prevedono doppia sessione giornaliera o sessioni uniche della durata superiore alle 2 ore.

I carboidrati

La pasta, un alimento ricco di carboidrati. Ph. Sophie Bindiku

Una singola sessione di allenamento che sviluppi forza o potenza riduce le riserve muscolari di glicogeno di oltre 24-40%, e la quantità di esaurimento aumenta a seconda della durata, dell'intensità e della complessità del lavoro svolto durante la sessione. Un alto volume di ripetizioni, caratteristica dell’allenamento a carico moderato di prescritta per promuovere l’ipertrofia del muscolo scheletrico determina le maggiori riduzioni dei depositi di glicogeno muscolare, con effetto più pronunciato nelle fibre di tipo II. Riduzioni nei depositi di glicogeno muscolare sono stati associati a compromissione delle prestazioni in entrambe le contrazioni di tipo isocinetico e alla capacità di adattamento a resistenza isoinerziale. Pertanto, è probabile incorrere in allenamenti poco efficienti o ridotte performance quando è alta la frequenza delle sedute o degli eventi ed essi si basano su una forte deplezione del glicogeno.

Dato che l'allenamento della forza e della potenza è solo un componente del programma generale degli sprinter e lanciatori, e che il danno muscolare scheletrico associato all'allenamento con sovraccarichi incide sulla capacità di risintesi del glicogeno muscolare, è necessario che questi atleti mantengano un buon apporto di carboidrati. Le linee guida propongono un'assunzione di 5-7g di CHO x kg di massa corporea per atleti maschi di forza e potenza e meno per le donne. Le indagini della letteratura scientifica suggerisce per sollevatori olimpici e lanciatori in genere, l'assunzione di 3-5g di CHO per kg di massa corporea, mentre 4-7g per kg corporei per bodybuilder in fase di bulk, indipendente dal genere. Questo apporto può apparire basso rispetto agli atleti d’endurance a prova del fatto che il dispendio energetico totale per atleti di potenza è ridotto. Gli atleti dalla corporatura e massa muscolare elevata, dunque, necessitano di una diversa gestione dei macronutrienti e una attenta ripartizione dei carboidrati in tempi specifici e “strategici”, in funzione innanzitutto della collocazione dell’allenamento all’interno della giornata, e per massimizzare l’apporto e la disponibilità di carboidrati in punti critici e determinanti all’interno e dopo la seduta.

Riassumendo si consiglia l’assunzione giornaliera di 5-7g di CHO x kg di massa corporea come apporto medio necessario per Sprinter, saltatori e lanciatori a seconda della fase di allenamento.

Le proteine

 

La carne, un alimento proteico. Ph Sophie Bindiku

Da molti anni esiste un forte dibattito sulla quantità di proteine raccomandate per atleti che necessitano di una notevole massa muscolare e sviluppano alti livelli di forza e potenza. Tale dibattito continua ancor oggi, ma la ricerca ha stabilito che la quota necessaria di proteine ​​per soggetti specializzati ed altamente allenati è di circa almeno il doppio delle raccomandazioni attuali per la controparte sedentaria.

Il profilo amminoacidico delle proteine è essenziale per la risintesi muscolare e per il corretto funzionamento biologico cellulare, e ciò è indipendente dal livello atletico di un individuo. Inoltre le proteine svolgono un ruolo per lo più di mantenimento della massa magra e dei processi biologici vitali ed essenziali, piuttosto che di aumento e anabolismo. Il superamento, quindi, delle linee guida sull'assunzione di proteine non offre un ulteriore beneficio in termini di ipertrofia, ma semplicemente promuove un aumento del catabolismo amminoacidico e dell’ossidazione proteica.

Ci sono prove oltretutto, che dimostrano che un intenso periodo di allenamento di forza e potenza e notevoli volumi allenanti, riducono il turnover proteico e aumenta la ritenzione netta di proteine.

Per promuovere una corretta sintesi e crescita muscolare, non è consigliabile contrastare le linee guida sull’intake proteico giornaliero, ma piuttosto, si dovrebbe considerare altri fattori dietetici, come l'assunzione totale di energia, innanzitutto, la distribuzione giornaliera della quota proteica, la scelta della qualità della fonte di proteica.

Esistono poche evidenze disponibili su modelli alimentari efficaci, considerata l’ampia varietà genetica di ogni individuo, tuttavia la letteratura disponibile suggerisce che la maggior parte dell'assunzione giornaliera di proteine ​​è ingerito durante i pasti principali, con poca considerazione per l’assunzione tra i pasti, presumibilmente comprensiva della vicinanza degli spuntini alla seduta d’allenamento. In tal modo, gli atleti sono incoraggiati a consumare pasti/spuntini proteici ​​a rapida assimilazione e facilmente digeribili in prossimità del loro esercizio, specialmente durante e dopo l'esercizio. Questo perché le proteine hanno tempi di assimilazione, e processi di digestione più lenti rispetto agli zuccheri, fattore che può risultare influente sulla dinamica della contrazione muscolare, sulle variazioni di ph e sulle sensazioni dell’atleta.

Ci sono alcune prove che suggeriscono un aumento dell’assimilazione di proteine attraverso una distribuzione più ampia dell’apporto proteico giornaliero rispetto ad assunzioni acute e sostanziose. Tuttavia, considerato che la sintesi proteica muscolare diventa refrattaria ad una persistente amminoacidemia, gli studiosi suggeriscono che l'ingestione di 20g di proteine ​​ad alto valore biologico (8-10 g di aminoacidi essenziali) non più di 5-6 volte al giorno, comportano mediamente l’ottimizzazione della stimolazione della sintesi proteica muscolare.

I grassi

 

Il salmone, un alimento proteo-lipidico. Ph. Sophie Bindiku

L'assunzione di grassi è generalmente superiore a ciò che è raccomandato per individui sani sedentari, che avviene spesso attraverso fonti ricche di grassi saturi.

Sebbene risvolti acuti derivanti dall’introduzione di grassi non sono immediatamente evidenziabili nei profili lipidici ematologici, è comunque evidente il minor apporto di carboidrati per atleti di forza e potenza, rispetto ad atleti d’endurance, in favore di un maggior apporto di grassi, spesso però sovrastimato.

Considerando che la relativa sostituzione isoenergetica dei grassi in carboidrati ha un effetto favorevole sul bilancio dell'azoto (metabolita dannoso se in accumulo), risulta chiaro che sostenere una riduzione dell'assunzione di grassi nella dieta, soprattutto per quegli atleti a cui concorre la necessità di un buon rapporto tra le masse, può essere determinante. Tuttavia, è necessario considerare l'implicazione pratica della sostituzione di un macronutriente ad alta densità di energia con un macronutriente a bassa densità e l'impatto sul bilancio energetico, specialmente per atleti con esigenze energetiche molto elevate.

Generalmente l’apporto di grassi per atleti d’élite dovrebbe ricoprire il 20-25% del fabbisogno energetico, favorendo grassi insaturi dalle proprietà benefiche e, nello specifico (in contesti sportivi), antinfiammatorie: gli acidi grassi PUFA hanno tra le altre proprietà, la capacità di favorire un miglior profilo ematico lipidico e colesterolemico e di migliorare l’equilibrio tra i biomarcatori dell’infiammazione; tutto ciò si traduce in un miglior recupero ed efficienza cardiovascolare.

I grassi sono pertanto necessari nella dieta dello sportivo e, richiedono una particolare distribuzione e temporizzazione a seconda della collocazione dell’allenamento; analogamente alle proteine, infatti, i grassi richiedono tempi di assimilazione e digestione relativamente lunghi, il che non li rendono particolarmente adatti nei pasti immediatamente precedenti ad un’intensa attività fisica.

I fluidi. L'importanza dell'idratazione per la performance

Nel metabolismo energetico, solo il 40% dell’introito totale viene convertito in energia effettiva, mentre il 60% viene dissipato in calore. Studi dimostrano che anche un piccolo decremento del 2% del peso corporeo dovuto ad una perdita di liquidi, ha effetti negativi sulla performance (Fig. 4).

Mantenere, quindi, un buon livello di idratazione prima e durante l’esercizio fisico è essenziale per mantenere al massimo la performance.

 

 

Le raccomandazioni delle linee guida si basano sul livello di preparazione dell’individuo, corporatura, introito calorico totale, composizione della dieta, intensità dello sforzo, calore e percentuale di umidità. I fluidi racchiudono oltre all’acqua, caffè, tisane e alimenti che contengono una percentuale molto elevata di acqua (Tab. 4).

 

Figura 6. Fabbisogno giornaliero di acqua. Tratto da Edoardo Tacconi et Gamal Soliman, 300 Invictus, 2019.

Insieme all'acqua, le perdite di sudore portano ad una perdita di elettroliti, in particolare sodio e cloro, e in minori quantità, potassio, calcio, magnesio, ferro e altri minerali. Il sudore è inevitabilmente ipotonico rispetto ai fluidi corporei, e tale composizione è influenzata da molti fattori, tra cui il tasso di sudorazione, la dieta e lo stato di acclimatazione; tuttavia, rimane una grande variabilità interindividuale anche quando questi fattori sono costanti. Dato il potenziale legame tra perdita di sale e crampi muscolari, sembra importante identificare quegli atleti con grandi perdite di sale, evento che può predisporre a crampi correlati all'esercizio. Si teme inoltre che un'elevata assunzione di sale nella dieta possa influire negativamente sulla pressione sanguigna e sul rischio cardiovascolare, quindi non sarebbe saggio raccomandare a tutti gli atleti di consumare una dieta ricca di sale o consumare bevande con un alto contenuto di sodio durante l'esercizio.

 

Bibliografia

  • J. Maughan, S. M. Shirreffs, Dehydration and rehydration in competative sport, Scandinavian Journal of Medicine e Science in Sport, 2010.
  • Anna K. Melin et al., Energy availability in athletics, International Journal of Sport Nutrition and Exercise Metabolism, 2018.
  • Gary Slater & Stuart M. Phillips, Nutrition guidelines for strength sports: Sprinting, weightlifting, throwing events, and bodybuilding, Journal of Sports Sciences, 2011.
  • Timothy P. Scheett et al., Nutrition for Strength/Power Athletes, NSCA Sport Nutrition Education Program, 2015.
  • Kevin d. Tipton et al., Nutrition for the sprinter, Journal of Sports Sciences, 2007.
  • Arvind P.Waghmode et Mahesh B. Dhembare, Nutritional Requirements for Sprint Athletes, 2017.
  • Linda Houtkooper et al., Nutrition for throwers, jumpers, and combined events athletes, Journal of Sports Sciences, 2007.
  • Edoardo Tacconi et Gamal Soliman, 300 Invictus, 2019.
  • Dee U. Silverthorn et al., Fisiologia Umana. Un approccio integrato, 2010.
  • Andrea Biasci, Project nutrition. Per essere padroni dei concetti e non schiavi delle diete, 2015

 

Libri consigliati per approfondire

Project nutrition. Per essere padroni dei concetti e non schiavi delle diete

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Composizione corporea e performance. Un fattore da non dimenticare!

23 Luglio 2018 by Redazione

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Come è cambiata la composizione corporea di Elena Carraro in una stagione agonistica ricca di allenamenti e soddisfazioni agonistiche?

Come scrissi nell’articolo B.I.A., strumento di indagine dello stato psicofisico dell’atleta di marzo 2017, avevamo analizzato la composizione corporea di Elena (Brixia Atletica).

Lo abbiamo rifatto dopo il podio ai campionati Italiani di Rieti 2018, in cui Elena ha stabilito con 13”68 sui 100hs il proprio primato personale ed ha ottenuto la qualificazione per i campionati Europei U18 di Gyor. Nella finale dell'edizione 2017 dei campionati Italiani Elena si era fermata a 14”67, prestazione in linea con il suo livello nella stagione passata. Abbiamo quindi rimisurato la sua composizione corporea, per capire se ad un miglioramento così importante, al netto di una logica ed imprescindibile evoluzione tecnica, fanno riscontro i dati che si possono ricavare dalla bioimpedenziometria.

Accenniamo brevemente al fatto che, per il primo anno nella stagione in corso, Elena ha affiancato all'allenamento in pista quello in sala pesi e che questo non ha comportato nessun aumento della massa complessiva dell'atleta che, al contrario, si è ridotta.

Di seguito ne riporto i risultati, che ci sembrano molto interessanti.

Figura 1. Composizione corporea e performance - Variazione nel corso del tempo

La prima immagine che la Bia Acc mostra è questo simpatico schema che per l’utente medio sintetizza che direzione ha preso la sua composizione corporea nel corso del tempo.

Se il “pallino” va verso destra,vuol dire che il soggetto ha migliorato la sua massa muscolare in rapporto al peso, se il “pallino” va verso il basso vuol dire che il soggetto ha perso tessuto adiposo.

Come potete notare dalla freccia nera (punto di partenza) alla freccia rossa (punto di arrivo), Elena ha cambiato la sua composizione corporea, diventando più “muscolosa” e perdendo tessuto adiposo.

La Bia Acc fa anche un piccolo riepilogo. Analizziamo cosa è successo guardando i dati di marzo 2017 in rapporto ai dati di giugno 2018.

 

Figura 2. Composizione corporea e performance. Rapporto risultati 2017 e 2018

La prima cosa che si nota (freccia nera) è la diminuzione del peso corporeo, da 54 kg a 52,2 kg.

In secondo luogo vediamo un dato interessante (freccia rossa): Elena ha aumentato il suo tessuto magro di 700g, questo significa che pesando 1,8kg di meno ha aumentato il suo rapporto Peso/potenza. In rapporto al suo peso corporeo la % di massa muscolare è passata dal 27% al 29%.

In terza battuta un dato sensibile è la perdita di grasso corporeo (freccia gialla), ne consegue che, dato che la perdita di massa grassa in totale risulta pari a 2,4 kg, il peso perso (1,8 kg)  è rappresentato  esclusivamente da tessuto adiposo.

Infine troviamo l’acqua corporea totale (freccia Blu) che è aumentata di un litro (probabilmente dovuta alla maggior idratazione e massa muscolare/sarcoplasma) e una diminuzione sensibile degli indici di stressor (freccia verde) con un'ottima salute cellulare e un ottimo stato di forma dovuta ad una preparazione certosina e a uno scarico/carico allenante calibrato.

Conclusione

Per sintetizzare:

  • una miglior composizione corporea con aumento della % di massa magra (e di conseguenza diminuzione di quella grassa) migliora il rapporto peso/potenza dell'atleta, fondamentale negli sport di sprint e potenza (ostacoli, salti, sprint);
  • l'idratazione corporea dell'atleta è un altro indice importante del miglioramento della composizione corporea dell'atleta;
  • gli indici di stressor sono indicatori del carico interno dell'atleta, dovrebbero essere maggiori nel periodo di preparazione generale dove intensità e volumi sono alti e dovrebbero migliorare nel periodo competitivo quando i volumi di allenamento diminuiscono per favorire la performance;
  • il miglioramento delle proprie abitudini alimentari, abbinato ad una corretta programmazione dell'allenamento, possono portare ad un miglioramento sensibile di tutti questi fattori, importanti per un miglioramento della performance atletica.

 

Fonti: Immagine di copertina. A sinistra immagine tratta dal sito di Brixia Atletica 2014, a destra da Mario Grassi/Fidal Lombardia

Daniele Surdo

Daniele Surdo

Laureato in Scienze Motorie - Esperto in nutrizione
Dottore in Scienze motorie magistrale • Docente nei corsi NBFI, SBB • Professionista nell’attività motoria preventiva e adattata • Esperto di ricomposizione corporea • Maestro di Karate e consigliere della società Niji-Do Karate OBIETTIVO Insegnare correttamente la cultura dell’allenamento sportivo, la programmazione, e la qualità del movimento a utenti comuni/atleti e a professionisti del settore Condurre in un percorso che abbracci la soggettività, la conoscenza, la predisposizione del cliente per migliorare la sua qualità di vita, la saluta e la ricomposizione corporea Alberto Franceschi ha il ruolo di sport scientist e assistente allenatore presso Eracle Academy, il centro di sviluppo della prestazione per l’atletica leggera di Chivasso (Torino).
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Monitorare i tempi di recupero tramite B.I.A. e accelerometro

15 Maggio 2017 by Redazione

Nel primo articolo La BIA come strumento di indagine abbiamo visto come attraverso la Bia, si possa valutare lo stato psico-fisico dell’atleta.

In questo articolo vedremo invece come la Bioimpedenziometria può essere utile per capire i tempi di recupero fisiologici di un allenamento.

Proveremo quindi a rispondere a domande come:

  • che parametri guardare per capire quando l’atleta ha recuperato e può riprodurre le stesse intensità, lo stesso tonnellaggio e la stessa densità di allenamento?[su_spacer size=”10″] -[/su_spacer]
  • in quanto tempo un atleta, con un dato volume di allenamento, ci impiega per tamponare e recuperare a livello fisiologico?[su_spacer size=”10″] -[/su_spacer]
  • in quante ore l’atleta inizia i processi di compenso e di risposta all’allenamento?[su_spacer size=”10″] -[/su_spacer]
  • per quanto tempo l’atleta ha “infiammazione da allenamento”, e non è auspicabile fare un workout intenso e voluminoso?

Ognuno di noi parte da una soggettività individuale e fisiologica, capire in quanto tempo un atleta riesce a recuperare è di fondamentale importanza per il coach per poter somministrare la giusta dose di lavoro e di volume per trarre il massimo profitto da ogni allenamento.

In questo articolo porto un caso studio d’esempio per individuare i giusti tempo di recupero per un dato allenamento. L’articolo vuole essere il meno “tecnico” possibile, fruibile e comprensibile anche ai non addetti ai lavori. Troverete quindi argomenti con degli *** per chi volesse approfondire alcuni discorsi e tematiche.

L’atleta viene testato tramite Bia pre workout, e post workout (5 minuti dopo l’allenamento, 1ora e mezza dopo il defaticamento blando e allungamento attivo e passivo, 14 ore di rest, 24 ore post allenamento in completo rest, 38 ore e 48 ore post esercizio)

L’esercizio è stato monitorato tramite Beast Sensor, per tenere sotto controllo variabili come, velocità, tonnellaggio, densità e potenza media.

Per approfondire: Definire i carichi di allenamento: il segreto sta nella velocità

Beast sensor

Beast sensor

 

L’allenamento si compone di 3 esercizi:

  • squat;
  • box squat;
  • panca piana

(più 3 esercizi complementari non calcolati con Beast Sensor : affondi bulgari 2 x8 per gamba con un sovraccarico di 40kg, 2 x8 di pressa 60° con 200kg e affondi camminati con sovraccarico di 20kg, 2 x 20 passi)

Qui riporto il reportage dell’allenamento. La durata è degli esercizi ( squat, squat box, e panca piana con fermo al petto) è di 75minuti, più 15 minuti di esercizi complementari. Dopo questo allenamento l’atleta si sottopone subito al test Bia. Successivamente farà un defaticamento blando di 30 minuti più dell’allungamento.

Velocità e tonnellaggio molto leggero dello squat con bilanciere:

Squat con bilanciere

Squat con bilanciere

Squat Box pesante:

Box Squat Pesante

Box Squat Pesante

Per il Box Squat è utile andare a vedere in dettaglio quello che dicono i numeri. Le prove con pesi differenti mi hanno consentito di creare il mio profilo carico – velocità, posso quindi stimare il carico massimale per l’esercizio (1RM) e prevedere a quale velocità sarò in grado di muovere i differenti carichi. Questa analisi viene utile per determinare l’intensità dello sforzo nell’esercizio, che come si può vedere dalla tabella sotto, va dal 64% al 81% del 1RM. L’esercizio è quindi stato eseguito al limite inferiore della zona di forza massima.

Dati Box Squat Daniele Surdo

Dati Box Squat Daniele Surdo

Quello che si nota anche è la mancanza di perdita di velocità sia inter serie (difficile da valutare visto che ho cambiato spesso il carico) che intra serie. Non ho quindi accumulato eccessiva fatica muscolare con questo esercizio se non il consumo di ATP.

Profilo Carico-Velocità Box Squat Daniele Surdo

Profilo Carico-Velocità Box Squat Daniele Surdo

 

 

Panca Piana con fermo al petto:

Panca Piana con fermo al petto

Panca Piana con fermo al petto

 

Anche per la panca piana valutiamo i dati:

Dati Bench Press Daniele Surdo

Dati Bench Press Daniele Surdo

E creiamo il profilo carico-velocità:

Profilo Carico-Velocità Panca Piana Daniele Surdo

Profilo Carico-Velocità Panca Piana Daniele Surdo

Per quanto riguarda i dati della Bia, i parametri che prenderemo in considerazione per capire l’andamento del recupero sono:

  • Peso, acqua totale (TBW), acqua extracellulare in Litri assoluti e in % dell’acqua totale (ECW);[su_spacer size=”10″] -[/su_spacer]
  • l’angolo di fase (HPA index);[su_spacer size=”10″] -[/su_spacer]
  • potassio extracellulare in mmol e in % del potassio totale (ECK)

Il soggetto preso in esame è alto 170 cm e il suo peso oscilla intorno ai 70kg, ha una massa grassa stimata da plicometria intorno al 6%. Per non sfalsare i dati, l’atleta ha continuato a mangiare le stesse calorie e gli stessi macronutrienti dei giorni precedenti anche nei giorni successivi al primo test (400g di carboidrati, 35g di grassi e 160g di proteine), nonché a tenere lo stesso bilancio idrico bevendo 6 Litri di acqua al giorno.

Di seguito i dati:

dati-bia

Perché vengono presi in esame questi parametri?

Come è risaputo la TBW (acqua totale corporea) dovrebbe essere circa dal 50% al 75% del peso totale del soggetto. L’acqua è divisa in due compartimenti quella intracellulare (ICW) e quella extra cellulare (ECW). Questa divisione dovrebbe essere per un soggetto sano circa 60%-65% ICW dell’acqua totale e circa il 40%-35% acqua extra cellulare del TBW.

Peso e acqua totale vanno di pari passo, finito un allenamento, si tenderà a pesare di meno per via della perdita di liquidi e di elettroliti dovuto al sudore, e dall’utilizzo del glicogeno muscolare come substrato energetico che è legato all’acqua. L’indice di HPA risulta un parametro fondamentale per capire l’integrità delle membrane e l’indice di stress del soggetto, un valore che scende indica un corpo in fase di recupero e di sovraffaticamento.

L’acqua extracellulare (ECW) risulta essere il parametro principale, è il valore che indica lo stato di recupero dell’atleta, poiché anche essa è indice di infiammazione. Una situazione fisiologica di “infiammazione” non deve essere vista come una circostanza dannosa, anzi dal momento in cui il corpo subisce uno stressor dovuto all’allenamento, per compensare il “trauma” mette in atto strategie di compensazione, in primis acute (durante e subito post esercizio) e successivamente di “ricostruzione” nelle ore e nei giorni seguenti per tornare allo stato di omeostasi e di condizioni pre-allenamento.

supercompensazione

Potassio Extra cellulare (ECK), Il 98% del potassio presente nell’organismo si trova all’interno delle cellule, tanto da rappresentare il principale catione (K+) intracellulare. Solamente il 2-3% del potassio corporeo si trova nei liquidi extracellulari.
*** Le concentrazioni maggiori si registrano a livello muscolare e cardiaco. Infatti il potassio regola l’eccitabilità delle cellule muscolari e miocardiche, risultando essenziale per la contrazione delle stesse. Il bilancio tra entrate e uscite del potassio è determinato tramite l’assunzione da parte dell’alimentazione, e il rilascio tramite urine e sudore. L’eliminazione renale di potassio è controllata da numerosi fattori, in prima istanza dai mineralcorticoidi (aldosterone).

L’ingresso di potassio nelle cellule è invece facilitato dalla condizione opposta (alcalosi), e dal rilascio di catecolamine (stimolazione B-adrenergica) ed insulina, che aumenta l’attività della pompa sodio-potassio e la sintesi di glicogeno.

Cerchiamo di capire ora cosa succede al corpo durante l’esercizio fisico (argomento trattato leggermente più approfondito per gli addetti al lavoro quando troverete gli asterischi*** se non volete approfondire saltate la parte)

L’allenamento produce cambiamenti fisiologici acuti in risposta allo stimolo allenante . In base al tipo di sforzo, durata e intensità il corpo dovrà far fronte alle richieste metaboliche, alle richieste di ossigeno, all’omeostasi glicemica, ad energie e un flusso sanguineo per rifornire il sistema muscolare, ad una regolazione del volume plasmatico e quindi dei fluidi corporei, ed ad un bilanciamento degli elettroliti plasmatici e della perfusione.

Il sistema simpatico, è il primo ad intervenire per “accendere” il motore del corpo e far si che i vari sistemi e i vari organi interagiscano e collaborino per far fronte all’esercizio fisico. Mettendo in moto meccanismi ormonali per esercitare tutte le risposte elencate sopra.
***il sistema simpatico attraverso dei mediatori (noradrenalina e adrenalina) che variano in base all’intensità dell’esercizio, stimolano, si legano e attivano specifici recettori (alfa e beta) I recettori alfa e beta (nelle loro isoforme) sono situati sulle membrane di molti organi : adipocitario (tessuto grasso) muscolare (miocita), epatico (epatocita), vascolare (arterie, pressione ecc), cardiaco, renale e cerebrale. Quindi il sistema simpatico durante l’esercizio attraverso dei mediatori riesce ad attivare:

  • la lipolisi (liberazione di grassi liberi);[su_spacer size=”10″] -[/su_spacer]
  • la glicogenesi intramuscolare e l’aumento della forza contrattile;[su_spacer size=”10″] -[/su_spacer]
  • la glicogenolisi e gluconeogenesi a livello del fegato, per mantenere la glicemia costante;[su_spacer size=”10″] -[/su_spacer]
  • la forza di contrazione del cuore e la relativa frequenza cardiaca;[su_spacer size=”10″] -[/su_spacer]
  • la vasodilatazione delle arterie coronarie,la bronco dilatazione, favorendo il flusso sanguigno nei distretti interessati allo sforzo fisico (cuore e muscoli principalmente);[su_spacer size=”10″] -[/su_spacer]
  • a livello renale per attivare la secrezione di renina e quindi indirettamente quella del’aldosterone, facendo si che i livelli plasmatici e livelli di elettroliti vengano bilanciati;[su_spacer size=”10″] -[/su_spacer]
  • aumento della secrezione di GH, alfa1 e globale aumento della lucidità e dell’aggressività a livello cerebrale, controllando così anche l’asse HPA.

Tutto questa spiegazione per capire che durante l’esercizio fisico ci sono cambiamenti fisiologici, attraverso la BIA, guardando lo spostamento dell’acqua , del potassio e dell’angolo di fase (indice asse HPA) possiamo monitorare il recupero dell’allenamento e lo stress correlato.

Cosa succede pochi minuti subito l’allenamento?

bia-post-allenamento

BIA post allenamento

 

La prima cosa che si nota è che tutti i parametri rispetto al pre-allenamento scendono. 

Il peso e l’acqua totale calano per via della sudorazione e per la perdita di glicogeno muscolare.

L’acqua extra cellulare diminuisce, così come il potassio extracellulare, perché i fluidi tendono ad entrare all’interno degli organi e nelle strutture che necessitano di energia e “nutrienti” (muscoli in primis) questo è dovuto all’aldosterone e alla vasodepressina.
***l’aldosterone è fondamentale nel mantenimento dell’equilibrio elettrolitico e della volemia (determina il riassorbimento di sodio e acqua a discapito del potassio)

I suoi livelli plasmatici durante un allenamento di alta intensità (carichi superiori al 60-70% del massimale) si elevano da 0,25 mmol/l fino a 3,3 mmol/l in modo proporzionale alla stimolazione simpatica. Alti livelli plasmatici possono permanere per giorni dipendentemente dallo stato di idratazione, di natremia (sodio nel sangue) e kaliemia (potassio nel sangue) del soggetto.
Anche l’angolo di fase (indice HPA) scende, da 4.4 a 3.7, questo indica che il corpo ha subito uno stress, le membrane sono meno “sane” e che è iniziato un processo di infiammazione dovuta all’allenamento.

Dopo 14 ore:

bia-14-ore-dopo-allenamento

BIA 14 ore post allenamento

 

Rispetto al Pre allenamento, notiamo che: il peso è salito, così come TBW, acqua extracellulare, e potassio.

L’asse Hpa è rimasta uguale (3.7) rispetto al dato del post esercizio (1 ora e mezza dopo).
Cosa è successo in 14 ore? Il copro per far fronte allo stress allenante, mette in atto meccanismi per compensare lo stimolo. E lo fa attraverso uno stato infiammatorio che fa si che l’acqua extracellulare aumenti, portando con se potassio. L’infiammazione è una reazione naturale dell’organismo. Può essere innescata da una lesione o da un’aggressione esterna (una ferita, un trauma, un’ustione, un’infezione eccetera) a carico di un tessuto o di un organo.

I fenomeni elementari, che costituiscono la risposta infiammatoria, comprendono vasodilatazione e aumento di permeabilità, che portano al passaggio di liquidi dal letto vascolare al tessuto leso (edema) ed infiltrazione leucocitaria nell’area di lesione. L’infiammazione serve, dunque, a distruggere, diluire e confinare l’agente lesivo, ma allo stesso tempo mette in moto una serie di meccanismi che favoriscono la riparazione o la sostituzione del tessuto danneggiato. Dal punto di vista idro-elettrico l’aumento dell’acqua extracellulare (ECW) corrisponde a perdita dell’acqua intracellulare (ICW) con relativa alterazioni degli elettroliti e conseguente variazione del potenziale di membrana cellulare.
Per questi motivi monitorare l’acqua extracellulare permette di capire quando il corpo inverte la rotta, super compensa, tampona e ritorna a livelli normali.

20 ore post esercizio il corpo inizia a invertire il processo.

BIA 20 ore post allenamento

BIA 20 ore post allenamento

 

Notiamo che l’acqua extra cellulare inizia a diminuire, così come il potassio, il peso inizia a scendere e l’angolo di fase a risalire. Possiamo dire che quindi il corpo già in 20 ore ha iniziato i processi che permettono di ritornare ai livelli iniziali. Infatti dopo 38 ore il corpo ha recuperato per circa il 60% andando verso ai livelli di pre allenamento.

Dopo 2 giorni il corpo ha praticamente tamponato lo stress dell’allenamento ritornando ai livelli di pre allenamento:

BIA 48 ore post allenamento

BIA 48 ore post allenamento

Il conclusione cosa possiamo dire?

Un allenamento con tonnellaggio di quasi 7000Kg con una densità di circa 90kg per min e una potenza media di 700W, necessita di circa 2 giorni per far fronte allo stato infiammatorio prodotto dall’esercizio.
Interessante notare che dopo 20 ore il corpo ha già iniziato ampiamente il processo di compensazione, il che può far pensare che sia possibile già ri-allenarsi più o meno nelle stesse modalità, nel momento in cui si voglia portare l’atleta in situazioni di overreaching o di intensificazione /accumolo.

L’overreaching può anche essere il risultato di un microciclo (indicativamente una settimana) organizzato volutamente in maniera particolarmente intensa e stressante. Se l’overreaching è un evento pianificato e il recupero è sufficiente, ciò risulta in un adattamento positivo e un miglioramento della prestazione. Tuttavia, se invece l’overreaching non viene gestito, viene ripetuto, o se viene interpretato come una necessità di intervenire aumentando l’intensità o il volume, allora esso degenera in overtraining, cioè l’effettivo sovrallenamento a lungo termine

overtraining

Con questi dati il coach cosa può fare?

Per un atleta che si allena tutti i giorni, si potrebbero proporre sedute intense o voluminose, intervallate da sedute tecniche, per lavorare su aspetti secondari, tecnici o di rifinitura, sapendo che l’atleta recupera in circa 48 ore. Un esempio: se l’atleta è carente di mobilità articolare potrebbe incentrare l’allenamento di “recupero” (24 ore dopo) in cui il soggetto lavora sul suo punto debole per circa l’%80 della seduta. Il 20% dell’allenamento potrebbe essere un transfert della mobilità sul gesto atletico di gara, molto leggero e tecnico.

Oppure potrebbe (come l’immagine sopra) “stressare” e proporre allenamenti intesi o voluminosi in successione, per promuovere un adattamento specifico e un aumento della prestazione, il tutto dovrà essere recuperato e supercompensato in seguito.

Conoscere il tempo necessario con il quale un determinato soggetto riesce a recuperare un dato tipo di volume e di intensità risulta essere un arma in più per proporre allenamenti mirati, e sempre cuciti sulla specificità e la fisiologia dell’atleta.

Nei prossimi articoli potremmo analizzare il comportamento fisiologico dopo un allenamento intenso di endurance, o analizzare la correlazione di perdita di velocità in un gesto atletico (attraverso Beast Sensore) e i risultati fisiologici ottenuti con la BIA
Restate Connessi., nel frattempo allenatevi  😉

Daniele Surdo

Laureato in scienze motorie
Laureato in scienze tecniche preventive e adattate
Persona Food Coach Sbb
Insegnate di Karate Fijikam
Preparatore Atletico Sbb
Preparatore Atleti BB e PL

Studioso, curioso e appassionato di metodologie di allenamento, nutrizione e composizione corporea. Alla ricerca perenne di sapere qualcosa in più, in aggiornamento continuo…
daniele.surdo@gmail.com
Ricevo a Gardone Val trompia alla Palestra Freetime
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Bibliografia

Internet:

https://it.wikipedia.org/wiki/Sovrallenamento

https://it.wikipedia.org/wiki/Infiammazione

https://www.saperesalute.it/infiammazione

http://www.istitutobeck.com/via-neuroendocrina-trauma.html

https://it.wikipedia.org/wiki/Vasopressina

http://www.my-personaltrainer.it/fisiologia/metabolismo-potassio.html

http://www.scientific-training.it/esercizio-sovrallenamento-e-insufficienza-surrenalica/

http://www.my-personaltrainer.it/fisiologia/renina-angiotensina.html

Studi:

http://www.mineralmed.com.pt/documentos/pdf/5a8e76dd-c77d-47ed-b6bc-c42caeab9249.pdf

http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0301622604002325

http://www.nrcresearchpress.com/doi/pdf/10.1139/y91-037

http://www.nrcresearchpress.com/doi/abs/10.1139/y91-037#.WOzgCNLyjIV

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http://ajprenal.physiology.org/content/274/5/F868.short

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/1895359

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19295955

https://link.springer.com/article/10.1007%2FBF00376768?LI=true

 

Filed Under: Alimentazione Tagged With: accelerometro, allenamento, Beast Sensor, BIA, Bioimpedenziometria, supercompensazione, tempi di recupero

B.I.A., strumento di indagine dello stato psicofisico dell'atleta

23 Marzo 2017 by Redazione

Elena Carraro 1

B.I.A., strumento di indagine dello stato psicofisico dell'atleta

IlCoach&Corrimania è un progetto di cui andiamo molto orgogliosi.

Coinvolge un' equipe di professionisti preparati che hanno messo le proprie competenze al servizio di atleti di ottimo livello, fornendo dati e supporto ai loro  tecnici.
Non ci risultano, per lo meno per l'atletica leggera, esempi simili nei quali un servizio di questo tipo è stato generato esclusivamente attraverso l'interesse creato da una pagina web, dalla capacità di fare e dalla voglia di mettersi in gioco di chi ha voluto credere nel nostro progetto mettendo a disposizione la propria professionalità.
A breve vi daremo conto di quanto sino ad ora è  stato fatto, ma siamo già felici di anticiparvi che stiamo riscontrando un'ottima partecipazione e risultati incoraggianti.

In maniera analoga intraprendiamo un altro percorso che crediamo sia interessante affrontare a "carte scoperte".

Partiamo  da un caso concreto. L' ambito operativo in questo caso si pone  ad una fase precedente rispetto a quella della ricerca della prestazione sportiva assoluta. L'atleta in questione è giovanissima, al primo anno allieve, si chiama Elena Carraro (Brixia Atletica) e, per ora, ha mostrato una buona attitudine nelle corse ad ostacoli. Uno degli obiettivi da perseguire negli atleti dell'età di Elena è la costruzione dei presupposti per aumentare la futura capacità di carico.
In altri termini si tratta di preservare la salute dell'atleta in previsione della maggiore intensità e quantità di lavoro.

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Grazie a Daniele Surdo ed attraverso l'utilizzo della tecnologia B.I.A., seguiremo Elena tramite follow up a scadenza mensile, per cercare di conoscere tanti dati interessanti e provare ad ottimizzare alcuni aspetti della sua preparazione. L'utilizzo dello strumento della bioimpedenzometria è anche l'occasione per cominciare ad affrontare, per ora in maniera indiretta, un tema fondamentale a cui vogliamo dare sempre più spazio e cioè quello dell'alimentazione.

Appare utile fare un breve cenno al contesto dell'attività  praticata da Elena, che ha 16 anni e pratica l'atletica leggera da 5 e quest'anno é passata da 3 sedute a 4 sedute settimanali di circa 2 ore ciascuna.La periodizzazione del lavori è ancora piuttosto semplice con una grande enfasi sugli aspetti didattici, tecnici e coordinativi.
Il lavoro di specializzazione sugli ostacoli inizia ad avere un ruolo di primo piano, ma continua ad essere supportato da divagazioni verso altre specialità, con almeno uno o due allenamenti "diversi" ogni settimana .

In questa stagione, come nella precedente, la sua preparazione in alcuni periodi è stata disturbata da un fastidio ai polpacci che, specie nelle prime fasi del riscaldamento risultavano come gonfi e doloranti.
Anche attraverso lo strumento della B.I.A. vogliamo cercare qualche dato in più per capire se questa problematica sia di origine più meccanica piuttosto che metabolica.

Ringraziamo i genitori di Elena per l'autorizzazione e la fiducia accordataci.

B.I.A., uno strumento di indagine in più

Valutare la composizione corporea dell'atleta tramite la B.I.A. per monitorare lo stato psicofisico dell'atleta.

BIA (o meglio B.I.A.) è l'acronimo del termine inglese Body Impedence Assessment, che in italiano è traducibile in Bioimpedenziometria.

BIA è una delle più veloci e precise tecniche di misurazione e valutazione della composizione corporea (CC); il suo funzionamento è indiretto (come la plicometria) e si basa sulla misurazione dell'IMPEDENZA (Z) offerta dal corpo umano al passaggio di una corrente elettrica alternata a frequenza fissata, in virtù del fatto che la capacità di conduzione dell'organismo è direttamente proporzionale alla quantità d'acqua ed elettroliti in esso contenuti (Total Body Water - TBW), e alla concentrazione di massa grassa e massa magra (FM-FFM)

La B.I.A. convenzionale utilizza numerosi software (sfruttando equazioni di regressione che includono statura, peso, età e sesso) che trasformano la misura di impedenza - Z in VOLUMI (intracellulare ed extracellulare), masse (FM, FFM, cellulare o BCM), metabolismo basale (MB), e altre grandezze dell'analisi di composizione corporea.

Essa fornisce valori di: TBW (composta da acqua intracellulare, extracellulare vascolare ed extracellulare interstiziale), FFM (composta da massa magra e massa minerale ossea) e FM (massa grassa) nell'adulto sano; la BIA convenzionale ha coefficienti di correlazione sempre prossimi a 1 (r > 0.95) e un errore di stima che rientra nell'ordine di 3-4 kg. NB. Per ottenere la TBW con accuratezza è anche necessario inserire la statura (h) e altre variabili specifiche come il peso corporeo da misurare prima del test con la macchina.

La BIA-ACC

La B.I.A.
risulta quindi essere un ottimo strumento per valutare anche lo stato psico-fisico dell’atleta.

Poiché è in grado di misurare in modo preciso, variabili che dipendono strettamente dall’allenamento e dallo stato fisico/nutrizionale delle soggetto.

Risultano importanti alcuni valori fondamentali quali:

  • TBW: Total Body Water: indica la quantità d’acqua corporea totale, espressa in litri ed in percentuale rispetto al peso totale del soggetto;
  • ECW: ExtraCellular Water: quantità d’acqua presente nell’ambiente extracellulare, espressa in litri ed in percentuale rispetto all’acqua corporea totale (TBW);
  • ICW: IntraCellular Water: quantità d’acqua presente nell’ambiente intracellulare, espressa in litri ed in percentuale rispetto all’acqua corporea totale (TBW);
  • BCM: Massa Cellulare: rappresenta la totalità delle  cellule viventi metabolicamente attive.
  • FFM: Fat Free Mass: quantità di massa magra presente nel corpo, espressa in chilogrammi ed in percentuale rispetto al peso totale del paziente;
  • FM: Fat Mass: quantità di massa grassa presente nel corpo, espressa in chilogrammi ed in percentuale rispetto al peso totale del paziente;
  • BMR: Basal Metabolic Rate (o BEE, Basal Energy Expenditure): per metabolismo basale si intende la quantità di energia (espressa in Kcal giornaliere) consumata da un individuo che si trovi in condizioni di massimo riposo fisico e mentale, in una stanza a temperatura confortevole e a digiuno da circa 12 ore;
  • PA (HPA index): Phase Angle: l’angolo di fase rappresenta la misura, espressa in gradi, della relazione tra resistenza e reattanza capacitiva. Un valore molto basso indica un sistema con membrane cellulari scarsamente integre, mentre un grado molto alto indica un sistema con membrane integre e una buona massa cellulare. L’asse HPA indice dell’andamento circadiano dell’espressione degli ormoni dello stress.
  • Matrice EXTRA Cellulare : indicatore dell’attività catabolica (soprattutto muscolare), di proteine e di acidi organici ( acido lattico, acido ialuronico, acidi nucleici ed acidi grassi), all’esterno dell’ambiente cellulare.
  • T-score e S-score: Valori che indicano la “deviazione standard” rispetto ai campioni di riferimento sani della stessa età. T-score è il valore del muscololo, S-score quello dell’osso.

 

Cerchiamo di capire come i parametri che la bioimpedenziometria riesce a misurare possono servire ed essere correlate alla prestazione e al soggetto atletico.

Conoscere il totale dell’acqua corporea (TBW) consente di capire se il soggetto sia idratato o disidratato in rapporto alla sua massa corporea. Una leggera disidratazione, del 4-5% può provocare considerevoli cali della performance sportiva, arrivando fino al 20-30% in meno di efficienza fisica. L’acqua contribuisce alla riserva di energia immagazzinata attraverso il glicogeno muscolare, ne consegue che una diminuzione di glicogeno, non permette di avere il substrato energetico ideale per una performance sportiva. Inoltre se le cellule muscolari non hanno sufficiente idratazione, l’acqua viene sottratta al sangue, provocando un abbassamento della pressione arteriosa e aumento dello stress cardiaco, oltre che uno stato di stanchezza che incide sulla performance sportiva.

Quindi il controllo dell’acqua totale e dell’acqua extracellulare (ECW) nel periodo prossimo all’evento agonistico, permette di raggiungere l’idratazione giusta per raggiungere la migliore forma fisica ed anche estetica.
Soggetti con masse muscolari importanti avranno più acqua corporea totale

Avere un dato accurato della BCM o massa cellulare che  rappresenta la totalità delle  cellule viventi metabolicamente attive, o della massa muscolare, o di FFM permette di capire lo stato di forma del soggetto. Se la FFM si riduce, l'allenamento da noi somministrato è troppo voluminoso e viceversa, se la FFM aumenta, insieme a valori di Skeletal Muscle, Tb protein e Glicogeno muscolare, il nostro allenamento è adatto all'incremento della massa muscolare.

La BCM con i dati della massa muscolare e della FFM, dell’acqua extra e della matrice, con i successivi test nel follow up dell’atleta può far emergere considerazioni riguardo stati di overtraining, e pone delle basi per capire se la programmazione dell’allenamento sia andata a buon fine.

Supponiamo di trovare un atleta con un aumento della massa muscolare di 400g, un aumento della BCM e un aumento del metabolismo basale, dopo due mesocicli di allenamento(escludendo per ora acqua, matrice e asse HPA), in cui però la sua perfomance non è aumentata, si potrebbe ipotizzare che il suo aumento di performance sia coperto dalla fatica accumulata, potrebbe quindi servire uno scarico attivo (taper) di volume e intensità per portare l’atleta alla sua massima perfomance.

B.I.A. nella programmazione dell'alleamento

Figura 1: Taper

B.I.A., un esempio reale: valutazione di una giovane ostacolista

Dopo una breve presentazione proviamo a valutare la B.I.A. di Elena Carraro. (giovane ostacolista che si allena per la Brixia Atletica 2014)

La prima cosa da fare è chiedere al soggetto il suo stato di forma psico/fisica, poiché la distribuzione dell’acqua e la composizione corporea sono strettamente collegate a situazioni di stress mentale e fisico, o meglio la composizione corporea è in grado di influire su molti aspetti di vita quotidiana come stress, disturbi gastrici, qualità del sonno, ansia, stanchezza ecc… Elena oltre a dichiarare che ha da tempo un dolore al gastrocnemio presenta i seguenti sintomi vaghi e aspecifici (MUS- Medically Unexplained Symptoms)

B.I.A. anamnesi iniziale

B.I.A. anamnesi iniziale

Successivamente si passa all’analisi della composizione corporea.

B.I.A. analisi della composizione corporea.

B.I.A. analisi della composizione corporea.

In Azzurro troviamo l’acqua totale, extracellulare e intracellulare

In rosso troviamo la Massa Magra e la Massa Grassa

In giallo invece la matrice extracellulare il metabolismo basale e l’asse HPA

Elena ha molta massa magra, è normoidrata, un metabolismo basale buono, ma si presenta con acqua extra cellulare alta, Ecmatrix alta e un angolo di fase non circadiano a 3.5.

Infatti andando ad analizzare i grafici troviamo che:

B.I.A. analisi dei grafici

B.I.A. analisi dei risultati

Il rapporto tra FFM e ECW non è perfetto, e che il rapporto tra EcMatrix e ECW, è spostato verso gli AGEs (Prodotti di Glicazione Avanzati), questo sta a significare che il soggetto è attualmente infiammato.

L’asse HPA a 3,5, l’acqua extra alta, la matrice extra alta fanno pensare che ci sia un’infiammazione dovuta ad allenamenti intensi e voluminosi.

Continuando ad analizzare il referto ottenuto in pochi minuti di test scopriamo che:

B.I.A. analisi dei risultati (2)

B.I.A. analisi dei risultati (2)

Elena presenta potassio extracellulare, e un potassio totale non molto alto. Il suo valore di T-score (deviazione standard dell’osso rispetto a ragazze della sua età sane) è a -0,7, questo rimane un valore nella norma ma nei successivi check up, si deve puntare ad alzare questo valore.

Il potassio extracellulare è di fondamentale importanza nel mantenimento dell'efficienza della pompa sodio-potassio che serve a conservare la carica elettrica all'interno della cellula, funzione particolarmente importante per le cellule muscolari nervose.

Ha un ruolo centrale nella trasmissione degli impulsi nervosi, nel controllo delle contrazioni muscolari e della pressione arteriosa, nel mantenimento del potenziale di membrana e nella generazione del potenziale d'azione nei tessuti eccitabili.

La perdita del potassio dall'ambiente intracellulare a quello extracellulare (ECK) porta ad una alterazione della polarizzazione del potenziale delle membrane cellulari, abbassando l'eccitabilità dei tessuti e alterando la funzionalità dei sistemi neuromuscolari, cardiaci e gastrointestinali, con il conseguente manifestarsi dei sintomi vaghi e aspecifici (MUS) a carico dei diversi apparati:

  • apparato muscolare: stanchezza, perdita di forza, crampi, fibromialgie;
  • apparato cardiaco: aritmie, tachicardie;
  • apparato gastro-intestinale: gonfiore, acidità, scarsa digeribilità, rallentamento dello svuotamento gastrico, stipsi, alvo alterno, colon irritabile;
  • sistema nervoso: disturbi dell'umore, irritabilità, "bipolarismo funzionale" e depressione.

Inoltre il potassio è essenziale per la conversione dello zucchero nel sangue in glicogeno (Gly) che è la forma nella quale il glucosio viene accumulato nei muscoli e nel fegato (gly o glycogen mass); una riduzione dei depositi di glicogeno provoca l'aumento della fatica e della debolezza muscolare, inoltre il suo ridotto "storage" determina un aumento del glicogeno libero (Gly Free-glicogeno libero) che porta a lipogenesi e quindi all'aumento del tessuto adiposo in particolare si assiste ad un accumulo del grasso addominale viscerale. (tratto da http://www.melcalin.com/mus.html)
Continuando ad analizzare la  Bia Acc di Elena troviamo che :

B.I.A. analisi dei risultati (3)

B.I.A. analisi dei risultati (3)

I valori di massa muscolare sono buoni (in rosso), i valori di tutti i tipi di grasso, sottocutaneo addominale, viscerale e muscolare sono ottimi (in azzurro chiaro).
Si presenta Tbprotein basso e quindi proteine corporee insufficienti, con ECMprotein bassa (in verde) ciò può significare tre cose:

  • apporto nutrizionale/macronutrienti sbagliato;
  • alti volumi di lavoro e di intensità che portano al catabolismo;
  • stress psico-fisico.

In arancio troviamo Gly, il glicogeno muscolare, la benzina contenuta nei muscoli per sostenere l’attività motoria e non solo, ciò è una conseguenza dei dati precedenti, potassio alto extra, Tbprotein basso, acqua extra cellulare, e matrice extra alta.

 

Possiamo quindi dire che Elena presenta uno stato di infiammazione che si può definire fisiologico da atleta. Potrebbe migliorare alcuni parametri di composizione corporea provando a:

  • Diminuire il volume di allenamento (per vedere se recupera meglio e ciò garantisca un aumento delle prestazione);[su_spacer size="10"]
  • Costruire un piano alimentare in grado di sostenere intensità e lavoro in allenamento, ponendo con attenzione a mangiare cibi con meno sale, aumentare l’apporto dei carboidrati diminuire quelle dei grassi per arrivare ad un rapporto di 8/1-10/1, aumentare e selezionare con cura l’apporto proteico in grado di garantirle gli aminoacidi e l’anabolismo muscolare. Un atleta come lei dovrebbe alzare la quota proteica da 1.8 a 2.2g di proteine per kili di massa magra;[su_spacer size="10"]
  • dedicare attenzione all’integrazione di Magnesio/potassio e di albumina, per consentire la riduzione del potassio extracellulare, e diminuire i MUS e il dolore al gastrocnemio e suplire alla continua degradazione di massa muscolare dovuta ad allenamenti altamente tassanti.

Eseguire un test Bia Acc, avendo anche i dati di perfomance fisica, permette di dare indicazioni più accurate per risolvere o migliorare aspetti allenanti e prestativi.

Bia Acc è un ottimo strumento di analisi che attraverso delle stime è in grado di analizzare la composizione corporea dell’atleta, indicando in modo preciso la situazione di stress e di condizione. Saperlo utilizzare, leggerlo, contestualizzare i dati, può essere uno strumento di verifica e di misura in più in mano al coach.

 

Bibliografia:

Fisiologia applicata allo sport. Aspetti energetici, nutrimenti e performance,  William D. McArdle

L'allenamento ottimale di J. Weineck - laFeltrinelli.it‎

Progressive dehydration causes a progressive decline in basketball skill performance. Baker LB , Dougherty KA , Chow M , Kenney WL  Medicine and Science in Sports and Exercise

Muscle water and electrolytes following varied levels of dehydration in man D. L. Costill, R. Cote, W. Fink Journal of Applied Physiology Published 1 January 1976 Vol. 40 no. 1, 6-11 DOI

Body composition measurements in normal man: The potassium, sodium, sulfate and tritium spaces in 58 adults R.N. Pierson Jr. Author links open the author workspace.J. Wang. Author links open the author workspace.E.W. Colt. Author links open the author workspace.P. Neumann

Is bioelectrical impedance accurate for use in large epidemiological studies? Mahshid Dehghancorresponding author1,2 and Anwar T Merchant3  https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2543039/

http://www.my-personaltrainer.it/allenamento/bioimpedenza-BIA.html

http://www.melcalin.com/mus.html

Daniele Surdo

Daniele Surdo

Laureato in Scienze Motorie - Esperto in nutrizione
Dottore in Scienze motorie magistrale • Docente nei corsi NBFI, SBB • Professionista nell’attività motoria preventiva e adattata • Esperto di ricomposizione corporea • Maestro di Karate e consigliere della società Niji-Do Karate OBIETTIVO Insegnare correttamente la cultura dell’allenamento sportivo, la programmazione, e la qualità del movimento a utenti comuni/atleti e a professionisti del settore Condurre in un percorso che abbracci la soggettività, la conoscenza, la predisposizione del cliente per migliorare la sua qualità di vita, la saluta e la ricomposizione corporea Alberto Franceschi ha il ruolo di sport scientist e assistente allenatore presso Eracle Academy, il centro di sviluppo della prestazione per l’atletica leggera di Chivasso (Torino).
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